L’antica Kutaisi, in Georgia
Beh, non è vero che non ha nulla di unico: ad esempio non mi era mai capitato di atterrare in un aeroporto con un solo aereo. Uno solo. Che tra l’altro riparte dopo pochi minuti. Un aeroporto senza aerei. Abbastanza peculiare. Il controllo passaporti è veloce, e quando ti ridanno il passaporto aggiungono come benvenuto una piccola bottiglia di vino georgiano! Un ottimo inizio direi!
Quel vino ci verrà buono poco dopo perché arrivati in centro a quasi mezzanotte siamo usciti per cercare un locale dove mangiare e bere qualcosa e non abbiamo visto un solo posto aperto, tranne il McDonald’s. Non sono una sua fan, men che meno quando sono all’estero e voglio provare il cibo locale, ma non c’erano altre opzioni. Almeno il vino era locale! La vita notturna di Kutaisi ci è sembrata veramente scarsa, per non dire nulla, soprattutto considerando che era sabato sera. Se a questo sommi un vento gelido e le strade buie piene di cani randagi…beh siamo andati a letto presto.
Su internet non ero riuscita a trovare molte informazioni riguardo orari, trasporti, quindi il giorno dopo la prima tappa è stata il Tourist Office. Deserto, tutto per noi. Ci hanno dato qualche informazione utile soprattutto sui trasporti per vedere le cose fuori città.
Poi abbiamo iniziato con un walking tour in cui eravamo gli unici. Praticamente un tour privato! Questi walking tour sono il modo migliore per iniziare la conoscenza di una città, non solo ti fanno vedere in poco tempo le cose principali, ma ti danno anche tante utili informazioni su cibo, locali, trasporti; per i turisti fai da tè sono un must.
È d’obbligo un po’ di storia: Kutaisi è un nome praticamente sconosciuto per noi italiani, ma è una delle città più antiche dell’Eurasia. Era la capitale del famoso regno della Colchide, e Medea era la figlia del re Eeta. Ecco perché ci sono molti posti che si chiamano Medea! A noi risulta un po’ strano perché di solito è un nome che evoca qualcosa di negativo ma per loro è un’antica principessa. Kutaisi è stata visitata dagli Argonauti che andavano alla ricerca del leggendario Vello d’Oro. Quindi ha origini antichissime!
I voli Ryanair sono iniziati da pochi giorni e i turisti in città sono pochissimi, per non dire nessuno. Il centro è davvero piccolo, in un’oretta lo giri comodamente. C’è poco da vedere oltre alla piazza principale con la fontana della Colchide. Abbiamo visto la Sinagoga, la chiesa dell’Immacolata Concezione (ottima tempistica visto che era l’8 dicembre), il mercato (interessantissimo, da non perdere!), il Ponte Bianco, l’arco Mon Plaisir, uno dei pochi residui art decò. Davanti al Mon Plaisir c’è un complesso di statue molto soviet e dall’altro lato un paio di opere di street art. Bella anche la parete scolpita sul lato del mercato. Ci sono altre case art decò in giro per la città ma sono talmente annerite dal tempo che è quasi impossibile vederle. Molte case sono costruite in legno, hanno grandi balconi, alcuni tenuti assieme con il fil di ferro (meglio non sostarci sotto). Diciamo che se si potesse rimettere a nuovo tutte le case di Kutaisi mantenendo il vecchio progetto la città diventerebbe un vero gioiello.
Ci sono due grandi teatri, uno sulla piazza principale e il Teatro dell’opera, ma purtroppo non c’erano spettacoli nelle sere in cui eravamo lì e non abbiamo potuto vederli. Abbiamo mancato La Traviata per un solo giorno, mi sarebbe piaciuto vederla a Kutaisi!
Su una collina appena oltre il fiume c’è la Cattedrale di Bagrati, bella ma con una ristrutturazione un po’ invadente. È abbastanza in alto e da lì si gode la vista di tutta la città, anche se lo skyline dì Kutaisi non è dei più memorabili.
Invece vale la pena proseguire dopo la Sinagoga sulla Boris Gaponov e arrivare alla chiesa Mtsvanekvavila. La strada attraversa l’Old District, ci sono case in pessimo stato ma che restaurate avrebbero molto fascino. La chiesa era chiusa quindi non abbiamo potuto vederla ma è interessante il cimitero. Sulle lapidi sono “stampate” le foto dei defunti. Non siamo riusciti a capire con quale tecnica, sottili incisioni, litografie… ma alcune foto sono grandissime, quasi a dimensione naturale. Altre tombe hanno un busto o una testa scolpita del defunto. Le tombe sono inserite in quadrati o rettangoli dove in un angolo c’è spesso un tavolo di marmo e attorno ci si può sedere, come se fossero fatti per andarci in tanti a fare un picnic, una cosa stranissima!
I musei sono pochi, piccoli, gratis o quasi. Nel National Museum of Military Glory ci sono tante foto delle varie guerre in cui è stata coinvolta la Georgia, alcune molto vecchie, fino agli atti ostili della Russia nel 2008. Siamo stati accolti da una ragazza giovane che ci ha seguito nel giro e un signore che ci ha chiesto dell’Italia, voleva sapere da dove venivamo, ci ha fatto firmare il “libro dei visitatori”. I turisti sono davvero pochi e quindi I georgiani sono curiosi.
Poi abbiamo visto il Museum of Georgian Sport. Nell’atrio c’erano tre o quattro scrivanie con varie persone che lavoravano, forse. Non si capiva bene. Quella che parlava un pochino più di inglese ci ha fatto entrare, ci ha acceso la luce, e ci ha fatto fare un tour per le tre stanze piene di vari cimeli sportivi di atleti di Kutaisi, o Georgiani…non sono sicura. Velocità del tour degna di un record olimpico dei 100 metri!
Nella David Kakabadve Kutaisi Art Gallery all’entrata c’erano due guardie giurate, hanno chiamato l’addetta alla biglietteria che ci ha fatto i biglietti e a sua volta ha chiamato la guida che ci ha accompagnato e acceso le luci delle stanze del museo (2 in tutto). Dopo un po’ è arrivata una ragazza che parlava molto bene inglese e ci ha spiegato che stava inaugurando una nuova esposizione di giovani artisti di Kutaisi, che erano presenti in sala. Quelli che pensavamo fossero altri visitatori erano gli artisti. In tutti questi musei eravamo gli unici visitatori.
Infine il Kutaisi State Historical Museum. Qui eravamo ben in tre! Ci sono vari cimeli dalla preistoria a epoche più recenti.
Ma la cosa più affascinante di questi musei è il capitale umano. Tantissimo personale per pochissimi visitatori, e spesso sono tutti chiusi in una stanzetta, l’unica riscaldata, in attesa che arrivi qualcuno. Controllano, se possono aiutano, ma la lingua è una barriera importante. Pochissimi i giovani che fanno questo lavoro, anzi sembra un’occupazione per chi aspetta di andare in pensione. Sinceramente vista la staticità del lavoro a me sembra qualcosa di più adatto ad un ultrasessantenne che a un ventenne e secondo me anche noi dovremmo prendere spunto. Il personale in genere abbonda, in questo secondo me hanno mantenuto la mentalità comunista, non guardano alla produttività e alla redditività ma alla piena occupazione, e sono sempre più convinta che abbiano ragione.
Bello il Ponte Bianco con la statua del ragazzo che regge il cappello e con il pavimento fatto di vetro che ti permette di vedere il fiume, e nelle immediate vicinanze ci sono i locali forse più carini. Invece davanti al Ponte Rosso parte la strada per salire al vecchio parco divertimenti sulla collina. C’è anche una teleferica che però non era in funzione e sembra molto più vecchia del “Boxer” con l’immagine di Mohamed Ali; meglio fare le scale! Per scendere abbiamo scelto una via alternativa, dopo tanti tanti tanti scalini siamo arrivati in fondo per trovarci davanti un cancello chiuso. Proprio non avevamo voglia di rifarli tutti in salita! Fortunatamente è bastato salire un muretto e scendere aggrappati al cancello. Il parkour mi mancava. Non mi sono rotta niente ma non sono molto soddisfatta dei tempi della mia prestazione, dovrò allenarmi!
A proposito dei “Boxer”, quelle macchinette che c’erano nei Luna Park in cui i bulli del luogo si sfidavano a chi dava pugni più forti; ce ne sono ovunque in giro per la città, così se ti fai un biccherino di troppo e hai voglia di sfogarti a pugni puoi farlo senza far male a nessuno!
Tutto questo si vede in un giorno, al massimo un giorno e mezzo. Le chiese sono quasi sempre aperte ma i musei hanno un orario molto flessibile. Le distanze sono corte e si fa tutto a piedi.
La prima gita fuori porta è quella verso i monasteri di Gelati e Motsameta. Abbiamo capito dopo come funzionano i trasporti per questi due Monasteri. Bisogna prendere la marschrutka che va a Gelati e parte dietro al Teatro. Queste marschrutka sono dei piccoli pulmini, credo privati. Sali, a una fermata o forse anche dove capita, non abbiamo capito bene. Paghi quando scendi. Le condizioni igieniche sono…diciamo migliorabili. Ma in inverno sei ben coperto quindi la pelle non ha contatto diretto con i sedili. Comunque, prendi la marschrutka per Gelati (informandoti bene sull’orario perché ce n’è una ogni due ore) e chiedi all’autista di farti scendere per il Monastero di Motsameta. Prosegui a piedi per una ventina di minuti. Con molta calma visiti il Monastero e poi torni sulla strada principale e prendi la marschrutka seguente che sale verso Gelati. Tra una marschrutka e l’altra passano due ore quindi puoi fare il giro con molta calma. Quando arrivi a Gelati il pulmino aspetta una ventina di minuti e hai il tempo di visitare il Monastero e tornare in centro con lo stesso trasporto. Noi non avevamo capito bene il meccanismo e per tornare da Motsameta abbiamo preso al volo un taxi. Contrattato il prezzo di 8 Lari (2,5/3 euro), al ritorno ha caricato anche una signora che aspettava l’autobus e un amico che ha trovato per strada. Avevamo già pagato noi per tutti!
Comunque, Motsameta non è nulla di speciale, mentre Gelati per me è più bello. Begli affreschi, le tegole di ceramica variopinta ma soprattutto verdi. Vari edifici dove vivono i monaci, tutto molto tranquillo, e c’è una bella vista. Qui siamo stati rapiti da una signora che sembrava la perpetua del luogo e che, dopo aver baciato tutte le icone, ci ha fatto fare il tour completo portandoci anche in stanze che sembravano chiuse e raccontandoci tante cose, in un mix di georgiano, russo e tedesco. A Gelati c’è anche la tomba di David the Builder, uno dei loro re più importanti. Qualcosa abbiamo capito, molto abbiamo immaginato!
Il meglio del viaggio per me è stato Tskaltubo. Che posto!
Non so se riuscirò a descriverlo…. fino al dissolvimento dell’URSS era una località termale rinomatissima. Ci passavano 100/125.000 persone all’anno, incluso Stalin a cui veniva riservato un intero balneario. Con la caduta dell’Unione Sovietica il posto è andato in rovina. Tutti quei meravigliosi alberghi, i balneari, le piscine, tutto è stato abbandonato. All’inizio degli anni ‘90 molti sono stati occupati da profughi georgiani che sono dovuti scappare dall’Abcasia e ci vivono tuttora.
Ci si arriva con la marschrutka 100 che parte vicino al ponte rosso. L’hotel più grande è chiuso e recintato e non si può visitare perché è proprietà privata, ma negli altri si può entrare liberamente. Sono quasi tutti attorno ad un enorme parco. Nel primo che abbiamo visto siamo entrati cautamente, era uno di quelli abitati. Galline all’entrata, una scalinata maestosa ornata da statue, balconi con fregi e stucchi e panni stesi e parabole. Qualcuno bruciato. Una vecchina alla finestra, tutta vestita di nero, ci dice di salire. Entriamo nell’atrio. Stupendo. Le colonne sono ancora di un bel blu lapislazzulo, poi si entra in un cortile interno tutto sui toni del verde. Pezzi di muro caduto, vegetazione che si sta mangiando il cemento, scale che sembrano pericolanti, ma il tutto ha un fascino che non riesco a spiegare. Ci sentiamo un po’ intrusi ma la curiosità è tanta. Poi arriva la vecchina, insiste perché andiamo a casa sua a bere qualcosa ma non ce la siamo sentita. Avrei voluto avere il coraggio di accettare ma come si fa….e poi la barriera linguistica è totale. Decliniamo l’invito con molti sorrisi e ringraziamenti e andiamo oltre.
Proviamo ad entrare nel prossimo hotel ma ci sono un paio di cani sciolti che ci vengono incontro abbaiando, stiamo entrando a casa loro e magari non gradiscono, quindi torniamo indietro. Poi finalmente in fondo al parco troviamo l’ufficio turistico, sotto alla vecchia stazione ferroviaria. La ragazza ci dice di andare tranquillamente a vedere tutto quello che vogliamo, che i cani non ci faranno alcun male e la gente è molto ospitale anche se entri a casa loro. Non aspettavamo altro! Ci dà una mappa dove ci segna i posti più belli e continuiamo la scoperta. Il padiglione 6, che era quello dove andava Stalin, è ancora operativo. Qui non c’è degrado ma eleganza art decó. Vediamo solo l’atrio ma forse avremmo potuto avventurarci anche oltre, dalla reception nessuno ci ha chiesto nulla.
Nel mezzo del parco avevamo notato un edificio rotondo ma sembrava così scuro che non avevamo avuto il coraggio di avvicinarci. Invece, scortati da un cane magrissimo che nel frattempo era diventata la nostra guida e guardia del corpo, entriamo. Tutto distrutto ma il colore verde delle pareti è vivissimo. Si vedono ancora le vasche individuali. Probabilmente c’era una cupola di vetro e adesso c’è un gran buco al centro del soffitto quindi c’è molta luce. Doveva essere stupendo. Entriamo anche in un altro con tante stanze con grandi vasche, peccato che non si potesse salire al primo piano perché mancava completamente la prima rampa di scale. Macerie ovunque e piante che entrano dalle finestre. Ma traspare la vecchia eleganza anche se la natura si è ripresa il suo spazio.
Ormai non abbiamo più paura dei cani e dei locali quindi continuiamo il giro. Ad un certo punto però vediamo da lontano dei cani un po’ oversize. Un po’ troppo. Non sono cani. Spero siano capre. Non sono capre. Sono maiali! No a me i maiali fanno paura, mi devono aver raccontato qualcosa di terribile da piccola. Poi vediamo che sono dalla parte opposta della strada (capirai) ma soprattutto vediamo che sono legati. Ok, andiamo. Deviamo su una stradina secondaria per andare in un hotel con una parte rotonda sorretta da colonne ma l’entrata è molto nascosta, in fondo a una stradina stretta. La strada principale è lontana, non si vede nessuno, non mi sento molto a mio agio. Troviamo l’entrata principale, stiamo per avvicinarci, la vegetazione è alta…un rumore! Oddio non ci saranno dei maiali liberi??? No, una mucca! No, due mucche! Anzi tre! Ma le mucche non attaccano gli uomini! E se sono tori??? Guardando meglio non sembrano tori e sono anche molto magre ma non sono tranquilla. Mi avranno raccontato terribili storie anche sulle mucche! Poi riusciamo ad entrare nell’hotel dall’altro lato e abbiamo visto dalla posizione privilegiata e sicura al primo piano le mucche che continuavano tranquille a pascolare tra le vecchie piscine e i roseti dell’hotel. Impressionante. Forse per oggi può bastare.
Cerchiamo un taxi per portarci alle Grotte di Prometeo. È lunedì, tutti dicono che sono chiusi ma all’ufficio turistico insistono che sono aperte e in effetti lo sono. Solo che non hanno detto praticamente a nessuno che hanno cambiato giorno di chiusura e quindi siamo gli unici visitatori della giornata. Vediamo tutte le grotte da soli con la guida, tour privato. Si cammina per più di un chilometro, alcune “stanze” sono spettacolari, altissime, davvero impressionanti. Valgono sicuramente la pena nonostante il biglietto sia abbastanza caro per gli standard locali (circa 8 euro).
Torniamo a Kutaisi più che soddisfatti accompagnando a casa con il nostro taxi la guida che ha finito il turno e poi caricando il fratello del tassista che abbiamo causalmente incontrato sulla strada del rientro. Insomma paghiamo sempre noi per tutti. Mah!
Rientrando a Kutaisi vale la pena fare una piccola deviazione e andare a vedere il Parlamento. L’ex Presidente aveva deciso di spostarlo a Kutaisi e così hanno fatto. Hanno costruito un edificio bellissimo, modernissimo, costato una fortuna, che oggi è completamente vuoto e inutilizzato, perché appena è arrivato un nuovo Presidente ha deciso che il Parlamento doveva tornare a Tbilisi. Sembra che per il momento almeno stiamo facendo la manutenzione e a parte il parcheggio con un po’ di vegetazione (ma neanche tanta), l’edificio è ancora in ottime condizioni. Sarebbe un peccato abbandonarlo perché è veramente bello, ma dopo aver visto quello che è successo a Tskaltubo….
I cani di Kutaisi meritano un paragrafo tutto per loro. A Kutaisi ce ne sono tantissimi. Ti seguono, a pochi centimetri di distanza, con il loro passo felpato, per diversi isolati. Molti hanno una clip nell’orecchio che indica che sono stati sterilizzati. Non c’è modo di convincerti ad andarsene. Lo fanno solo con i turisti e vorrei sapere come fanno a capire chi è un turista e chi non lo è. Sono buonissimi, non osano neanche pensare di saltarti addosso o dimostrare aggressività. A volte ti sorpassano, e tu li segui perché quella è effettivamente la via che dovevi prendere. Loro lo sapevano. Ogni tanto si fermano, guardano se ci sei ancora, e ripartono. Se provi a fregarli e cambiare strada tornano a cercarti. Ad un certo punto ti abbandonano e immediatamente vieni preso in consegna da un altro cane, evidentemente hai cambiato zona. Li abbiamo visti agitarsi un po’ e abbaiare tutto il loro disappunto solo con lo spazzino che stava vuotando i cestini dei rifiuti, lì dentro c’era la loro cena!
A proposito di cena, non si può non citare la rinomata cucina Georgiana e i loro vini. Abbiamo assaggiato varie cose, alcune molto buone come i Khachapuri: quello “imeretian” sembra una pizza, non mi è piaciuto molto perché fatto con un formaggio salatissimo (tipo feta ma più salato), ma quello classico con l’uovo sopra (acharuli) è ottimo! Ha una base di impasto tipo pizza con forma rotonda allungata su due lati, il formaggio viene lasciato in vista e in mezzo c’è un bell’uovo che si mescola con il formaggio e il burro fuso. Molto buono. Buono anche il Lobiani, un pane sottile ripieno di una specie di purea di fagioli. Non mi hanno entusiasmato i Khinkali, ravioloni tipo quelli cinesi. Quelli con il formaggio o le patate sono passabili ma quelli con la carne non mi sono piaciuti per niente: carne troppo speziata e brodosa, pasta troppo cotta, pallida e scivolosa. Serviti sempre in multipli di 5. La carne in generale è pessima: forse siamo stati sfortunati ma non siamo riusciti a mangiare un animale decente. D’altra parte le mucche pascolano per strada e sono scheletriche, non possono essere molto buone. Ci siamo consolati con il pane georgiano, buonissimo, e con una cosa che sembrava un pezzo di gnocco fritto e invece era strapieno di crema bollente, una specie di bombolone! Da provare assolutamente anche le Churchkhela, dei dolci che vedi soprattutto appesi nei mercati, hanno una forma stretta e lunga, sembrano delle candele o delle salsicce, e invece sono fatte con noci o nocciole immerse in uno sciroppo di frutta che poi solidifica: ci sono di vari colori dipendendo dalla frutta usata. I colori diversi dipendono dalla frutta utilizzata. Per qualche giorno dimenticatevi del caffè e provate tutti i tè locali.
Vino, rosso e potente, ottimo!
Locali da consigliare. Molto carini a cena il ristorante Sisters e il Palaty. Il Palaty a piano terra è anche un bar con una bellissima atmosfera. Non prendete la carne in nessuno dei due, restate sul cibo tipico. Occhio all’aglio, troppo presente per i miei gusti.
Consigli pratici: in aeroporto comprate subito una SIM locale. C’è un banco nella hall e si occupano loro di fare tutto, con 5 euro hai tutti i giga che ti servono. Se vuoi una SIM per fare anche chiamate costa un po’ di più.
Cercate di avere sempre i soldi contati, perché loro non hanno quasi mai il resto. Nei locali abbiamo quasi sempre usato la carta di credito ma a volte di chiedono i contanti, anche l’hotel ci ha chiesto di pagare cash.
Ci vuole un po’ di adattamento, non ci sono dei begli alberghi, anche se hanno 4 stelle il livello è molto più basso dei nostri, ma per una doppia in centro abbiamo pagato 34 euro a notte inclusa colazione. Si spende di più a stare a casa!
L’inglese lo parlano i giovani, ma gli altri sono comunque disponibili ad aiutare a gesti, non hanno la freddezza russa. La lingua georgiana purtroppo è incomprensibile, i caratteri sono totalmente diversi dai nostri.
Dicono che la Georgia sia sicurissima, e io non posso dire il contrario, non mi sono mai sentita in pericolo (tranne quando attraversavo le strade o ero su una marschrutka!).
È un paese da vedere al più presto, prima che cambi troppo. Pionieri del turismo non aspettate!!!