Indonesia: Rinca, Flores e Bali

Premessa Il nostro è un viaggio piuttosto inconsueto: non per il paese che visiteremo, l’Indonesia, né per una delle nostre mete, ovvero Bali, che pure cercheremo di vedere da un punto di vista leggermente diverso dall’usuale. La particolarità sta soprattutto nelle altre due mete che raggiungeremo: Rinca, molto meno nota della vicina...
Scritto da: graziano
indonesia: rinca, flores e bali
Partenza il: 22/08/2006
Ritorno il: 07/09/2006
Viaggiatori: in coppia
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Premessa Il nostro è un viaggio piuttosto inconsueto: non per il paese che visiteremo, l’Indonesia, né per una delle nostre mete, ovvero Bali, che pure cercheremo di vedere da un punto di vista leggermente diverso dall’usuale.

La particolarità sta soprattutto nelle altre due mete che raggiungeremo: Rinca, molto meno nota della vicina Komodo, e soprattutto Flores, l’indonesiana Nusa Tenggara.

Si tratta di una parte del grande arcipelago asiatico poco nota al turismo, tanto da essere pressoché ignota agli operatori turistici italiani.

Abbiamo organizzato tutto via Internet, attraverso un sito balinese, tramite il quale abbiamo trovato la crociera (anzi il tour, perché la maggior parte dei trasferimenti è via terra), i due alberghi di Kuta e Sanur e due gite a Bali.

22 agosto 2006 : Torino-Roma-Volo per Kuala Lumpur Sveglia alle 4 del mattino, pullman per Caselle e si parte. Il viaggio non sarà breve, visto che raggiungeremo Denpasar 24 ore dopo essere partiti da Torino.

Il volo da Fiumicino è pieno di italiani residenti in Australia che tornano al loro paese e inganniamo le 4 ore di attesa ascoltando la vicenda di un viaggiatore che ha come destinazione finale Melbourne e la cui valigia è andata persa da Lamezia Terme (!) a Fiumicino.

Il volo euro-asiatico è interminabile e non particolarmente allietato da un catering mediocre.

23 agosto 2006: Bali (Kuta) Finalmente alle 13 ora locale siamo a Denpasar: viene ad accoglierci un incaricato dell’operatore locale che ci ricorda come sia stato proprio lui a risponderci quando telefonammo allarmatissimi dall’Italia, visto che il sito era irraggiungibile e la posta elettronica tornava indietro.

Dopo tutte queste ore di volo (Roberta ha dormito, io per nulla) siamo stanchi, ma vogliamo assolutamente trascorrere l’intera giornata a Kuta. Prima di tuffarci (metaforicamente…) nella nota località regno dei surfisti, diamo un’occhiata al nostro hotel. E’ il Matahari Bungalow, si trova nella centralissima Legian Street e ha almeno due non trascurabili pregi: una bella piscina con bar che permette di consumare stando a mollo nell’acqua e un prezzo assai conveniente (35 euro per la camera). A dire il vero abbiamo il dubbio che ci abbiano dato la standard room al posto della de luxe, comunque la garden view promessa c’è davvero.

Non mi dilunghero’ sulla spiaggia di Kuta, nota per le distese di sabbia e le onde cavalcate dai surfisti. Voglio ricordare invece il bel monumento alle vittime dell’attentato del 2002, molto toccante.

Dopo una lunga passeggiata sulla spiaggia affollata, torniamo in albergo e siamo pronti la cena: abbiamo prenotato da Poppies. E’ uno dei ristoranti piu’ eleganti di Kuta e lo si vede anche dal tizio che ci controlla all’ingresso. Roberta prende un Nasi Tempura che somiglia al nasi goreng ma è piu’ dolce ed è in parte aromatizzato al cocco, io una occidentalissima Pepper steak. Conto di 18 euro: poco o tanto, dipende dai punti di vista.

24 agosto 2006: Bali (Kuta) – Flores (Labuan Bajo) – Rinca Si parte per il tour. Al mattino, la fanciulla che ci viene a prendere per condurci in aeroporto vorrebbe prenderci le megavaligie e custodirle in agenzia, ma nessuno ci aveva avvisati dell’opzione e cosi’ partiranno con noi. Sul foglio notizie datoci stamattina c’è scritto che è opportuno un solo bagaglio, ma non c’è problema perché saremo gli unici a fare il tour e la barca è da 8 posti. Al termine del volo per Flores, fatto con un grazioso piccolo aereo ad elica, atterriamo a Labuan Bajo e facciamo la conoscenza della nostra guida, Kanis. Sarà con noi per tutti e 9 i giorni del tour.

Oggi era in programma l’escursione all’interno del Komodo International Park, con visita dell’omonima isola, famosa per gli enormi Komodo dragons, sorte di lucertoloni giganti che arrivano a 4 metri di lunghezza.

Kanis ci dice subito che è meglio dirigerci verso Rinca, la seconda isola del parco, perché l’avvistamento dei varani (o draghi) sarà piu’ facile. Per noi è lo stesso, e Kanis si sbilancia dicendo che “l’avvistamento dei draghi è sicuro” (mentre il foglio notizie non dava certezze, come è giusto, perché gli animali sono selvaggi e non siamo allo zoo).

Oltre tutto, Rinca, ha una fauna molto piu’ varia di quella di Komodo.

La barca da 8 persone è in realtà un guscio piccolissimo e dopo due ore di piacevole navigazione nell’arecipelago, con la curiosa visione di una scuola che i bambini raggiungono “by boat”, arriviamo a Rinca giusto verso le 15, ovvero l’orario migliore per osservare i draghi.

Io non so se Komodo sia altrettanto bella, ma devo dire che la scelta di Rinca mi è parsa davvero azzeccata: i draghi sono dappertutto sull’isola e ne vediamo sia all’arrivo, vicino all’attracco, sia durante la passeggiata di circa 10 km che facciamo in compagnia di una giovane guida.

L’aspetto degli animali è del tutto pacifico, normalmente non attaccano l’uomo, sono pero’ carnivori e per di piu’ sanno salire sugli alberi (solo da piccoli, perché oltre i 2 metri non ci riescono piu’) e nuotare, tanto che i locali li chiamano coccodrilli di mare.

Fa caldo ma non ci pesa arrancare lungo lo stretto sentiero che percorre l’isola. Divertente è la visione di un varano che percorre velocissimo lo stesso sentiero in senso opposto, costringendo Roberta a spostarsi.

Anche scimmie e bufali appaiono sul nostro cammino e verso le 17 torniamo alla barca, felici della bella giornata trascorsa, come si direbbe nei temi.

Va subito precisato che questa non è una vacanza per nottambuli: alle 6 di sera è già buio, alle 7 abbiamo finito di mangiare una semplice ma ottima cena sulla barca e dopo poco la notte dell’arcipelago ci culla mentre dormiamo sul pontile.

25 agosto 2006: Rinca – Flores (Bidadari – Ruteng) Risveglio dolcissimo e fresco in un’alba da cartolina. Dopo due ore di barca ci attende l’isola di Bidadari per la prima giornata di snorkeling. E’ una sorta di acquario naturale con ogni sorta di pesce e non di umani: la piccola isola è infatti deserta, con l’eccezione di due poliziotti (marini…), confinati nel posto di polizia piu’ tranquillo (e anche un po’ noioso) del mondo.

Verso le 12,30 si riparte in barca verso Flores.

Poiché il nostro itinerario è da ovest verso est, ci dirigeremo verso Ruteng, ridente cittadina di montagna non facile da raggiungere. Impariamo subito infatti che le strade (???) a Flores sono quasi inesistenti e molto raramente si superano i 30 km orari.

Del resto, a Flores le macchine private sono una rarità, ci sono solo scooter e pittoreschi bus affollatissimi.

Dopo una Parigi-Dakar di buche, arriviamo nella fresca Ruteni. Pernotteremo al Sinda Hotel: è centrale, ma definirlo modesto è un pietoso eufemismo: letto con copriletto, 1 lenzuolo e coperta, bagno “all’indonesiana” e veranda esterna con 2 poltrone che hanno visto (forse…) giorni migliori.

Un giro nel centro della cittadina di 45.000 abitanti ci consente di scoprire che è animata e, a suo modo, graziosa; la popolazione è gentile, molti ci salutano e non sembrano davvero esserci pericoli di sorta. Alle 19,30, quando andiamo a cena, la città è pero’ già quasi addormentata.

Vale la pena di ricordare questa cena, perché il ristorante cinese “Lestari” è ottimo e il mio “beef in salsa Lombok”, ovvero col peperoncino, sarà una delle cose migliori mangiate a Flores.

26 agosto 2006: Flores (Ruteng – Bajawa) Sveglia alle 6 per salire sul Monte Golocuru da cui si gode un nel panorama di Ruteng.

C’è una statua mariana ma la vista non è nulla di eccezionale.

Colazione in camera (!) con tè, una sorta di pane e l’unica marmellata reperita a Flores, quella d’ananas.

La strada verso Bajawa è immersa nel verde e circondata da terrazzamenti coltivati a riso molto scenografici. Dopo una sosta al Ranamese Lake con passeggiata nel verde, ripartiamo: è un’autentica foresta tropicale con papaya, noci di cocco, palme, banane. Lo spettacolo della vegetazione è impressionante, nemmeno a Bali, lussureggiante per definizione, ho visto nulla di simile.

Prima di Aimere, ci fermiamo in una piantagione: dalle palme si estrae un succo che diventa arak, il whisky di Flores. Ne vediamo l’intero processo produttivo, che piu’ artigianale non si può e ne compriamo due bottiglie per 40.000 rupie: Kanis si raccomanda di berne poco e scopriremo che il consiglio è del tutto sensato.

Dopo un pranzo ad Aimere in un ristorante non certo da ricordare, arriviamo a Bajawa. Kanis ha cambiato l’albergo rispetto al programma, perché sostiene che il previsto Kembang è troppo modesto. In effetti il Bintang Wisata è principesco per Flores. C’è l’acqua calda nella stanza e ci consente di imparare cos’è uno spring bed: è un letto normale come quello di casa e non un sottilissimo materasso per terra come avevamo sul pontile della barca (ed è ovvio) e al Sinda (e lo è un po’ meno). Non ho visto il Kembang, ma questo è certamente meglio, tenuto conto che dell’altro la Lonely Planet diceva: “servizi igienici alla turca privi di zanzariera”… Dopo una breve sosta in albergo, ripartiamo alla volta del villaggio di Bena: è un insediamento tradizionale degli Ngada, ma, intendiamoci, è un villaggio vero, dove la gente abita e non una ricostruzione per turisti. E’ bellissimo,con le case con il tetto in paglia disposte su due file in mezzo a ngadhe e bhaga, simboli maschili e femminili contornati da tombe simili a quelle megalitiche.

E’un cristianesimo intriso di culture animiste quello degli Ngada, che si ritrovano tutti a Bena per la festa di Reba, in programma a gennaio. L’atmosfera di pace assoluta che emana questo villaggio è davvero straordinaria e Bena è certamente uno dei luoghi piu’ affascinanti dell’intero viaggio.

L’unico difetto (ma è cosa da poco) è la fatica per arrivarci: Bena è a 18 km da Bajawa ma la strada è disastrosa e ci vuole piu’ di 1 ora.

Tornati al nostro principesco albergo, ci prepariamo per cenare al Camelia Restaurant che le guide danno come eccellente. In realtà, pur se nel locale ci sono ben 6 stranieri (e nessun altro), il mio pollo in salsa di pomodoro con patate fritte è scadente e la cosa migliore è la macedonia di Roberta.

27 agosto 2006: Flores (Bajawa – Riung) Oggi è una giornata di tutto relax. Iniziamo le visite con il mercato di Bajawa: non vende nulla di sconvolgente ma ha il pregio di avere frutta e verdura coloratissime. E’ il caso di ricordare che tutti sono gentili, si lasciano fotografare con piacere e non c’è nessuno, dico nessuno in tutta Flores, che chieda nulla, né soldi né qualsiasi altra cosa: niente venditori importuni, un vero paradiso del turista forse proprio perché i turisti sono scarsi.

Dopo il mercato, dove comperiamo papaya, frutto della passione, mango e altro, una parentesi occidentale: ci rechiamo nell’unico Internet Point di Bajawa e capiamo perché a Flores pochissimi usano Internet. La linea è esasperatamente lenta e per mandare 2 e-mail brevissime ci mettiamo 20 minuti.

Terminate le incombenze informatiche, partiamo per le sorgenti calde di Soa. Si tratta di sorgenti d’acqua talmente calda che nella piscina naturale dove si affollano parecchi indonesiani è assolutamente impossibile fare il bagno: credo che pochi di coloro che leggono abbiano fatto un bagno cosi’ caldo, nemmeno nella vasca! Molti ne approfittano per lavarsi, sia uomini che donne (queste ultime, pero’, vestite). A tal proposito, occorre dire che a Flores, isola quasi totalmente cattolica, l’abbigliamento delle donne potrebbe definirsi “castamente occidentale”: niente abiti tipici, ma jeans e maglietta, peraltro abbastanza lunga da non scoprire alcunché.

Dopo il pasto “lunch box” con molta frutta, si riparte verso Riung. Anche qui Kanis ha cambiato l’albergo: dal previsto Pondok SVD al Nirvana Bungalow. Non so se la sostituzione sia favorevole come la precedente, ma almeno si tratta di un posto caratteristico, tutto a bungalow con il letto circondato da una (utile!) zanzariera.

Il bagno è aperto ma pulito e alla fin fine non possiamo lamentarci: fin dall’inizio Kanis aveva detto che comunque Riung prevedeva sistemazioni “very basic”.

Prima di cena facciamo una passeggiata nel villaggio di Riung: è decisamente minuscolo, molto piu’ piccolo di Bajawa e Ruteng e l’unica cosa graziosa è il borgo di pescatori che sorge vicino al porticciolo.

Verso le 18, torniamo al nostro albergo e ne scopriamo un’incredibile particolarità: è gestito da una coppia di cui lui è un indonesiano piccolo e coi capelli lunghi fino alle spalle, lei è alta, bionda e …Svizzera. La forza dell’amore, sentenzia Kanis: e riesce davvero difficile immaginare un’altra ragione che possa portare una graziosa fanciulla da Zurigo a Riung (non a Giacarta, a Riung!!!).

La cena è in programma nell’ unico ristorante di Riung, dove ci sono, incredibile, due altri turisti e per di piu’ italiani. Il pollo con salsa di pomodoro non è male anche se non è cresciuto ad estrogeni e quindi è magrolino; meglio i noodles con calamari di Roberta.

Di notte la temperatura scende molto e rimpiangiamo di dormire pressoché all’addiaccio, perché il Nirvana non ci ha dato né coperta né lenzuolo.

28 agosto 2006: Flores ( Riung) Oggi la giornata è dedicata allo snorkeling. Di buon mattino partiamo dal grazioso porticciolo di Riung alla volta di una delle isole che stanno di fronte al villaggio. In tre quarti d’ora arriviamo a Tiga Island: è un autentico paradiso terrestre. Prima ci fermiamo al largo per fare snorkeling in un’acqua cristallina piena di pesci colorati, poi ci accostiamo alla spiaggia e anche lì una laguna, una sorta di acquario naturale ci accoglie. Immaginate una spiaggia bianca finissima, un sole stupendo, un’isola deserta e tanti pesci colorati in un’acqua cristallina: questa è Tiga Island. .

Verrebbe da dire: un’oasi di pace, se non fosse che qui, per fortuna, è pace dappertutto.

Dobbiamo ringraziare la nostra guida che ha scelto questa isola e non quella sulla quale saremmo dovuti andare. Anche l’altra, a dire il vero è deserta, ma ha delle sedie per il picnic che ci sembrano davvero troppo occidentali…A Tiga Island c’è invece solo una piccola capanna di paglia sotto la quale facciamo pranzo con delizioso pesce arrostito e papaya.

Al pomeriggio, dopo avere esplorato l’isola che ha si’ e no 50 metri di diametro, partiamo in barca verso Ontoloe Island : è un’isola circondata da mangrovie che crescono direttamente in acqua su cui si posano migliaia di pipistrelli vocianti. E’ uno spettacolo affascinante che osserviamo direttamente dalla barca.

Tornati a Riung, ci godiamo per un po’ la piacevole veranda del nostro bungalow e subito vengono ad offrirci del tè: non si puo’ dire che non siano gentili al Nirvana, e penso che alla fin fine questo posto ci resterà nel cuore, anche se very basic un po’ lo era.

A cena ritorniamo allo stesso ristorante di ieri sera (è l’unico, l’ho già detto) dove ci sono dodici avventori, un record. Una strepitoso tappeto di stelle ci saluta prima della seconda e ultima notte a Riung. 29 agosto 2006: Flores ( Riung – Moni) Al mattino Dominique e l’asiatico consorte vengono a salutarci e si parte per Moni. Non è dato comprendere come il programma potesse prevedere un’altra giornata di snorkeling e poi il viaggio verso Moni, visto che per il trasferimento occorrono 10 ore e la strada, specie nell’ultima parte (che avremmo dovuto fare di notte) è pessima.

Comunque il paesaggio è piacevole perché ci consente di ammirare scenari diversi: dopo Riung, tutto è brullo e l’unica pianta è l’albero del cotone, mentre verso Ende il paesaggio ridiventa verdeggiante. La città sembra decisamente piu’ ricca delle altre anche se l’attraversiamo soltanto. Ci fermiamo alla spiaggia delle pietre blu ma francamente non è che ci dica molto.

L’ultimo tratto, da Ende a Moni, è sofferto: la strada è tortuosa, in salita e ad un certo punto ci sono lavori in corso che bloccano la circolazione. E ‘ inquietante vedere la fila di auto (eppure non passava nessuno…) e un ragazzo che gira a vendere generi di conforto… Siamo pero’ fortunati e dopo poco si passa. Arrivati a Moni, una sorpresa: il Sao Wisata, dove dovevamo alloggiare, è al completo e dobbiamo dirigerci all’Hotel Flores Sari. Costa di piu’, ma l’altro era piu’ caratteristico con i bungalow abbarbicati sulla montagna.

L’hotel ha un piccolo ristorante dove la cena è un’avventura perché la luce va via di continuo e viene sostituita da piccoli neon che attirano nugoli di zanzare, anche perché l’albergo è in mezzo alle risaie.

30 agosto 2006: Flores ( Moni – Maumere) E’ il giorno del Kelimuthu, forse la maggiore attrattiva di Flores: si tratta del vulcano che offre la spettacolare visione di tre crateri con altrettanti laghi di 3 colori diversi: verde, nero e marrone. Poiché il Kelimuthu si copre dopo le 8, lo spettacolo dei suoi colori va visto all’alba. Ci alziamo percio’ alle 4,30 per metterci in auto e giungere ad 1,5 km dalla cima. Da li’ si prosegue a piedi per una strada che definire ripidissima è un eufemismo. La fatica è abbondantemente ripagata dalla spettacolare visione dei tre laghi che sfoggiano orgogliosi i loro colori in un’alba limpidissima.

Le popolazioni locali pensano che le anime dei morti si rechino in questi laghi: i giovani in quello verde, gli anziani in quello marrone, i ladri e gli assassini in quello nero. Il fascino del luogo vale da solo il viaggio fino a qui e ben si comprende come affascini tutti i visitatori: oggi peraltro eravamo in pochissimi, solitari testimoni di una meraviglia del Creato.

Verso le 7 scendiamo, facciamo colazione e partiamo. Oggi visiteremo alcuni villaggi tipici alla ricerca di nuovi “ikat”, ovvero sorte di sciarpe tessute a mano con colori naturali ricavati dalla frutta.

I villaggi odierni sono molto meno interessanti di Bena: sembrano piu’ fatti per i turisti, ed infatti alcune donne ci chiamano per offrirci i tessuti, cosa mai vista a Flores. Il pranzo è stata la cosa migliore della giornata: grilled fish in un ristorante sul mare a Paga Beach. Nel pomeriggio, la visita al museo etnologico salta perché è chiuso e verso le 16 siamo al Sao Wisata Resort, una piacevole struttura a 12 km da Maumere. Purtroppo, siamo pur sempre a Flores anche se Maumere è la città piu’ grande con mezzo milione di abitanti: percio’ dalle 16 alle 18 manca totalmente la luce e dalle 18 alle 22 è operativo un piccolo generatore che non permette il funzionamento dell’aria condizionata: la cosa non è secondaria perché fa parecchio caldo. Prima di andare a cena al ristorante dell’albergo, esploriamo il nostro resort : è decisamente di un altro livello rispetto agli hotel precedenti, è sul mare con una graziosa piscina e tanti bungalow indipendenti sparsi in un ampio territorio.

La cena non è a buffet come promesso, ma è comprensibile, perché siamo gli unici due ospiti.

31 agosto 2006: Flores ( Maumere) E’ l’ultimo giorno di tour e lo passiamo in parte a Maumere ed in parte in gita per un’ultima tornata di snorkeling.

Al mattino, Kanis ci porta a Wuring, piccolo borgo di pescatori vicino a Maumere. Questo insediamento vene spazzato via dallo tsunami nel 1992 ed è stato ricostruito. Sono case su palafitte davvero poverissime e circondate da grande sporcizia. Il posto non è privo di fascino ma certo non stupisce che il colera rappresenti un problema. Dopo questa visita, ci rechiamo al mercato principale di Maumere. E’ meno colorato anche se piu’ grosso di quello di Bajawa: divertenti i banchi del pesce a profusione e, come al solito, la grande varietà di frutta e verdura.

Subito dopo andiamo in banca per cambiare gli euro in rupie: il fatto merita di essere citato perché il cambio qui è molto peggio che a Bali: 1 euro è pari a 9000 rupie contro 11.300 di Denpasar. Una differenza davvero enorme!!! Verso le 10 prendiamo la barca per una gita fuori programma, per un’ultima tornata di snorkeling. E’ “extra budget” come si affanna a ripetetere Kanis, e ben lo so comprende visto che l’albergo vuole l’iperbolica cifra di 650.000 rupie. La gita è piacevole anche se dopo il pranzo andiamo in una parte di Flores disabitata dove il mare è abbastanza mosso. Domani partiremo per Bali ed è tempo di tirare le conclusioni di questo tour che ci ha visti per 9 giorni nell’isola dei fiori.

Dal punto di vista dell’accoglienza, le stesse caratteristiche costituiscono i pregi ed i difetti di Flores: non è un’isola turistica, almeno in questo periodo (ma credo che non lo sia mai, perché siamo nell’estate indonesiana e in agosto per cui il periodo dovrebbe essere il migliore) ed il livello degli alberghi è davvero basic; soprattutto manca qualsiasi attenzione ai dettagli, anche i piu’ banali.

Per di piu’, mi sembra che ai locali non interessi piu’ di tanto promuovere se stessi e l’isola: quasi nessun albergo ha un dépliant o un biglietto da visita, nessuno ha un sito Internet, che del resto a Flores nessuno, in pratica, potrebbe vedere. In tutta l’isola non si trovano cartoline di nesun genere, nemmeno del Kelimuthu.

Il punto forte di Flores è proprio l’assoluta ignoranza delle “regole”: nessuno vuol vendere nulla, tutti sono felici di farsi fotografare, allegri e riconoscenti per ogni cosa per ogni cosa e soprattutto realmente ospitali nel vero senso della parola.

E poi c’è il paesaggio: il mare, luoghi magici come il Kelimuthu o il villaggio di Bena, la selvaggia singolarità della vicina Rinca con i suoi Komodo dragons, la vegetazione tropicale davvero esagerata se mi si passa il termine, uno spettacolo continuo davvero entusiasmante. Insomma, l’Indonesia non è solo Bali o Giava ma anche l’isola dei fiori ha molto, molto da dire.

01 settembre 2006: Flores ( Maumere ) – Bali (Ubud) Al mattino colazione con la vista dell’ultimo mare di Flores e poi si va in aeroporto.

Salutiamo la nostra guida e il nostro autista che iniziano il lungo viaggio che li riporterà a Labuan Bajo dove abitano.

Con venti minuti di ritardo arriviamo a Bali. Dal solito sito Internet abbiamo prenotato il secondo albergo, a Sanur, e comperato due gite con guida in italiano.

Facciamo appunto la conoscenza con la nostra guida, che ha il notevole nome di Oka: si tratta di un giovane che parla un buon italiano oltre al russo, lo spagnolo e l’inglese. Dopo un’ora di macchina giungiamo ad Ubud dove alloggeremo per tre giorni al Matahari Cottage, un bed & breakfast che in Internet ci aveva molto ben impressionato.

E’ un luogo letteralmente di fiaba che, non esagero, ci resterà nel cuore per sempre.

I primi 2 gg staremo al Barong Cottage, una fantastica stanza in stile balinese che piu’ che descrivere, vi consiglio di vedere sul sito www.Matahariubud.Com C’è anche uno splendido bagno con vasca in pietra all’aperto in cui l’acqua sgorga da una pietra scelta, dice la Lonely, tra le opere dei migliori artigiani di Ubud.

Dopo avere fotografato in lungo e in largo il nostro buen ritiro balinese , compresa anche la graziosa libreria, facciamo una prima passeggiata per Ubud lungo la via principale e visitiamo l’Ubud Palace, un lussuoso palazzo ora teatro di danze tipiche pubblicizzate ad ogni angolo.

I templi chiudono alle 17 e percio’ vediamo soli il Pura Marayan Agung . Ci sarà tempo per gli altri nei prossimi giorni.

Tornati al Matahari non resistiamo al pensiero di fare subito un bagno nella piccola piscina idromassaggio all’aperto con l’acqua che ci culla dolcemente.

Fra le 14 e le 17, il bed & breakfast offre ogni giorno un tè diverso: oggi è il turno del tè viennese, da sorseggiare insieme a torte, sandwich, strudel sotto un pergolato immerso in un’atmosfera di fiaba.

Per cena, Roberta ha prenotato (via Internet un mese fa!) il Cafè Lotus.

E’ un ristorante immerso in uno splendido giardino che merita comunque una visita.

A parte l’ambientazione, pero’, poco o nulla di trascendentale da segnalare: alla fine devo dire che la cucina povera di Flores ci convinceva di piu’. Proviamo finalmente un cocktail con l’arak, il whisky indonesiano. Non è male, sembra grappa, e non è una cattiva notizia visto che a Flores ne abbiamo comperate due bottiglie… 02 settembre 2006: Bali (Ubud) Oggi avremo una gita in italiano con la nostra guida Oka che non perde tempo e ci accompagna subito (ma era nel programma) in due negozi di argenti e quadri, nei vilaggi di Celuk e Batuan.

Ci scappa un quadro, bello ma costoso, e subito ci dirigiamo verso il palazzo di Giustizia di Klungkun. In realtà non è piu’ utilizzato e trasformato in parte in museo, ma è interessante soprattutto per le graziose decorazioni allegoriche.

Per pranzo, un discreto buffet al Puri Boya, che ha il notevole pregio di offrire una bellissima vista sulle risaie.

Nel pomeriggio, la prima visita è quella del Puri Besakih, il tempio madre: si tratta di di un complesso di ben 39 templi (!), il piu’ grande di Bali.

E’ davvero spettacolare e per di piu’ è appena finita una cerimonia ed è davvero interessante vedere i costumi (e la devozione!) dei partecipanti.

A Pura Besakih, i non induisti non possono entrare nella parte dedicata alle celebrazioni, ma la visita è egualmente molto interessante e la faticosa ascesa al tempio, sito alle pendici di un vulcano, ben simboleggia il desiderio di purificazione dell’anima.

Infine, l’ultimo tempio della giornata è quello di Kehen, famoso soprattutto per l’enorme ficus benjamin plurisecolare che si trova al suo interno. Per cena, abbiamo prenotato al Cafè Batan Waru, dove è obbligatorio gustare il miglior nasi goreng di Bali.

Effettivamente il riso non è colloso come al solito e anche l’Ayam Rica Rica di Roberta non è niente male.

Dopo cena, abbiamo prenotato il Royal White Mandi Lulur: è un massaggio tutto particolare, fattoci direttamente nella nostra stanza da due eteree fanciulle che unisce un’ora di massaggio balinese tradizionale ad un’ora di piacevolezze. Andiamo infatti ad immergerci nella nostra vasca in pietra che per l’occasione è ricolma di fiori profumati. Le graziose ancelle ci servono frutta e dolci da tuffare in una deliziosa fonduta di cioccolato. Il tutto si conclude con i nostri eroi che vengono cosparsi di borotalco. Non so se il vero massaggio balinese sia davvero questo o se non prevalga una componente turistica, ma il tutto è certamente piacevole e vale l’iperbolico prezzo di 17 euro a testa per due ore di trattamento.

03 settembre 2006: Bali (Ubud) Dopo una ottima colazione al nostro bed & brekfast preferito (non vorrei ripetermi, ma ogni giorno ci è stata servita una colazione diversa e in tutte i dolci, le spremute di frutta, il tè sono stati presentati con grande grazia), abbiamo affrontato una giornata non priva di difficoltà.

Per la verità, il primo adempimento era piacevole: dovevamo infatti spostarci dal Barong Cottage al Batavia Princess. E’ un altro dei cottage del Matahari, l’avevamo visto su Internet e ci era piaciuto: ecco perché avevamo preso l’inconsueta decisione di cambiare stanza a metà soggiorno.

Il Batavia Princess sembra una casetta di marzapane, con letto a baldacchino e colori davvero singolari.

Dopo le foto di rito, si parte, Ad Ubud, in ogni angolo si trovano taxisti che propongono il giro delle terrazze di riso: noi l’abbiamo fatto a piedi. E’ una passeggiata di 8 km da Ubud ad Ubud, del tutto piacevole anche se un po’ faticosa per via del sole.

Si parte dalla Monkey Forest, dove ci siamo divertiti ad osservare i macachi, invero piuttosto dispettosi, che si affollano intorno ai turisti soprattutto se in possesso delle agognate banane.

Terminata la visita della foresta sacra, siamo partiti per raggiungere le campagne, attraversando i villaggi di Nyuhkuhing, dove vediamo i preparativi per una festa che coinvolgono tutto il borgo in un turbinio di colori, Katik Lantang fino a giungere a Penestan.

Quest’ultimo è un grazioso villaggio noto per i molti atelier di pittori che si affacciano sulla strada.

Le tre ore sotto il sole ci consentono da un lato uno sguardo diverso (piu’ autentico?) sui villaggi che sono fuori dai normali giri turistici, dall’altro di vedere le famose risaie balinesi.

Tornati ad Ubud, abbiamo visitato il Pura Desa, che è il tempio principale di Ubud.

La ricerca del tempio successivo, il Pura Taman Saraswati è particolarmente difficoltosa: alla fine capiamo che si tratta del tempio che sorge praticamente dentro al giardino del Cafè Lotus.

E’ davvero bello, circondato da un laghetto con ninfee e fiori di loto.

Verso la fine del pomeriggio, abbiamo fatto un giro al mercato di Ubud: non staro’ a dirvi che bisogna contrattare su tutto, anche per una bustina di pepe…, né che non è possibile resistere a tutti i venditori. Comunque il posto è piacevole e vale la visita.

Tornati al Matahari, abbiamo preso il tè di oggi: si tratta del Victorian Tea. Come al solito, sono stati gentili perché, avendo noi saltato un giorno, ci sarebbe stato di nuovo il tè viennese ma ci hanno servito quello inglese che non avevamo provato, con dolci e delizie che è difficile descrivere.

04 settembre 2006: Bali (Ubud – Sanur) Ultima colazione al Matahari: oggi dobbiamo lasciare il bed & breakfast per trasferirci a Sanur.

Per prima cosa, ritorniamo alla foresta delle scimmie, dove vediamo i due templi minori. Come al solito, le scimmie sono numerose ed alquanto petulanti.

Dopo avere dato un’occhiata ai graziosi negozi della Monkey Forest Road, torniamo al Mata Hari dove ci concediamo un ultimo bagno nella piscina Jacuzzi.

Con tristezza lasciamo il bed & breakfast ed Ubud per dirigerci verso Sanur.

Viene Oka a prenderci e ci conduce per prima cosa al tempio di Goa Gajah, piu’ noto come grotta dell’elefante.

Per la verità l’elefante non c’è, nel senso che la grotta, venuta alla luce unitamente a due piscine dopo un’eruzione vulcanica, è sovrastata da una scultura che ricorda vagamente un elefante.

La cosa piu’ bella del tempio è la statua di Ganesh, il dio dell’istruzione.

Dopo il tempio c’è un fuori programma e non poteva che essere dedicato agli acquisti. Oka ci porta infatti al giardino di spezie denominato “Amertha Yoga”, dove effettivamente c’è un’enorme coltivazione di frutta e spezie.

Vediamo l’albero del caffè, quello del cacao, quello della vaniglia, dei chiodi di garofano, dello zenzero…E poi la pianta dell’ananas (che, è una sorta di arbusto e fa crescere il frutto percio’ pressoché a terra, lo sapevate?), quella del salak… I titolari sono gentili e ci fanno assaggiare caffè, cioccolata calda, ginger tea, caffè con il ginseng. Roberta ricambia abbondantemente comprando di tutto; io prendo solo una graziosa e profumatissima scatola fatta interamente di chiodi di garofano.

Scopriremo poi che cio’ che ci hanno venduto si trova anche al supermercato a metà prezzo, ma non potremo tornare a dirglielo, anche perché credo che dopo i nostri acquisi l’intera famiglia sia partita per una lunghissima vacanza.

Dopo la visita del vivaio, ci rechiamo alla sorgenti di Tirta Empul a Tampaksiring, caratteristica soprattutto per le immersioni rituali dei fedeli.

Sempre a Tampaksiring, merita davvero una visita anche il tempio di Tirta Empul: non è facile da raggiungere perché bisogna scendere 200 scalini, pero’ è valsa la pena anche perché il tempio era agghindato a festa perché era prossima la festa annuale.

Verso sera, abbiamo raggiunto l’ultimo albergo del nostro viaggio: è il Puri Santrian a Sanur.

Pur col buio, ci ha fatto un’ottima impressione: certo, non è il Matahari, anche perché è enorme, ma appare davvero sontuoso e la nostra stanza “beach wings” è bellissima.

Per cena, andiamo al ristorante “Apa Kabar”, sulla via principale di Sanur. Il “Seafood basket” per due persone non è niente male: gamberi, calamari fritti, gamberetti, totani, due aragoste e vari pesci per una cena ottima ed economica. Con un “Arak Honey”, ovvero, alla fin fine, grappa col miele, paghiamo si e no 8 euro a testa.

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05 settembre 2006: Bali (Ubud – Sanur) La colazione a buffet del Puri Santrian è ricchissima, soprattutto di frutta, e ci predispone bene per la giornata. Alle 9 arriva Oka e per prima cosa ci accompagna a vedere la lavorazione del batik. Incredibilmente non compriamo quasi nulla, solo una cravatta, e siamo pronti per proseguire le visite.

Il primo tempio del giorno è il Pura Taman Ayun. Bello, ma è un peccato non poter entrare nel “paradiso”: possiamo solo guardare dall’esterno i meru altissimi (anche 11 piani) che vi sorgono.

Una volta ripartiti, ci dirigiamo verso le montagne per raggiungere il tempio sul lago. E’ una delle visite piu’ suggestive dell’intero viaggio, perché il tempio Ulun Dalu, illuminato da uno splendido sole, è veramente straordinario.

Il tempio è in parte in terraferma, e su una isoletta c’è un meru da 11 piani (non pensiate che ce ne siano molti, sono solo quattro in tutta Bali) veramente suggestivo.

Mentre siamo al tempio, passa una processione coloratissima di balinesi che vanno a ritirare l’anima di un defunto che tre giorni prima avevano buttato con le ceneri nel lago.

Per pranzo, un discreto buffet a Pacung Indah con altra vista sulle risaie.

Dopo pranzo, è la volta del mercato di Pedugul, interessante soprattutto per la frutta e le spezie.

Dopo una visita di modesto interesse al giardino botanico di Pedugul, dove vediamo l’unico giardino delle orchidee del mondo dove dei fiori non ce n’è neanche l’ombra, ci rechiamo ad un’altra Foresta delle Scimmie, molto meno interessante di quella di Ubud.

L’ultima visita della giornata è anche la piu’ bella: d’accordo, il tramonto a Tanah Lot non è un’idea originale, ma il piu’ bello dei templi di Bali, abbarbicato su una roccia in riva al mare, mantiene le sue promesse.

A differenza di dieci anni fa, scegliamo di goderci lo spettacolo dal terrazzo di un bar proprio di fronte al tempio: sfidiamo la Lonely, che ammonisce di non farlo perché i prezzi sarebbero elevati.

Giudicate voi: un cocco enorme aperto in due davanti a noi, uno stupendo succo di mango e una Sprite per piu’ o meno 2,70 euro seduti in prima fila di fronte ai colori di Tanah Lot non mi sembra un prezzo esagerato… Tra le 18 e le 18,10 arriva il tanto atteso tramonto, in un uragano di colori che ci lascia, oggi come dieci anni fa, senza parole.

Verso le 20 siamo di nuovo a Sanur e ci fermiamo al ristorante Penjor per assistere allo spettacolo di Legong Dance, che non fa altro che confermarmi l’idea che le danze orientali non facciano per me.

06 settembre 2006: Bali (Sanur) E’ l’ultimo giorno intero e al mattino decidiamo di stare in albergo approfittando delle piu’ grande tra le piscine del Puri Santrian. A proposito di questo albergo, va detto che è indubbiamente piacevole: la colazione è eccellente, le piscine scenografiche e l’ambientazione accattivante; il personale è gentile, salvo qualche eccezione.

Non è colpa loro se il mare non è niente di che, come un po’ dappertutto a Bali, e infatti la gente il bagno lo fa in piscina.

A pranzo usciamo e scegliamo il Palay Restaurant dove mangio una “pizza” fantasiosa; peccato che a Roberta, dopo un’ora di attesa (il locale era deserto) dicano che il fondant au chocolat non gli è riuscito… Nel pomeriggio, facciamo un giro per Sanur ed entriamo da Handy, un supermercato posto a metà della via principale. Come sempre, il supermercato è il posto migliore per acquistare e le stesse spezie che “dal contadino” costavano 100 qui le danno per 30.

E’ caldamente consigliabile recarsi ai mercati per vedere quali articoli comperare ma poi acquistarli qui dove i prezzi sono fissi, si puo’ guardare senza essere assediati ad ogni angolo e le commesse sono gentilissime.

Verso sera, ci concediamo un massaggio tradizionale balinese in un salone vicino all’albergo (ma non nell’albergo , dove costava il triplo): un’ora di relax (non è un Mandi Lulur) nella quale veniamo manipolati da due graziose fanciulle provviste di oli e di molta energia.

Per cena andiamo al Cafè Bonsai, uno dei locali piu’ affollati di Sanur, posto direttamente sulla spiaggia. La sua fama è meritata, perché il posto è bello, il personale gentilissimo e soprattutto il cibo è eccellente e per nulla caro: poco piu’ di 7 euro per un ottimo antipasto a base di gamberetti serviti in un ananas, una bistecca messicana con tanto di tortillas e una birra che si chiama Bali Hai ma non è fatta a Bali.

07 settembre 2006: Bali (Sanur) – Kuala Lumpur E’ l’ultimo giorno e Roberta chiede a Oka di portarci al mercato di Denpasar.

E’ un enorme edificio aperto ai lati posto su 3 piani: al piano terra ci sono i cibi, al primo piano le spezie, al piano piu’ alto soprattutto vestiti.

Non c’è l’ombra di un turista, ed è piacevole girare soprattutto fra gli enormi e coloratissimi banchi di frutta e verdura.

Ci colpiscono soprattutto i banchetti che vendono le tradizionali offerte balinesi: nessun abitante di Bali, infatti, omette le offerte rituali e tutti i banchetti ne sono adorni.

E’ l’ora del commiato: lasciamo Oka e soprattutto Bali, che ci ha lasciato un’altra volta l’impressione di un’isola di pace senza confronti.

E’ il momento di tirare le somme anche per quanto riguarda l’isola dell’eterna primavera.

Bali è innegabilmente cambiata dopo l’attentato del 2002: il turismo è diminuito, pur se Sanur è sempre affollata, ma l’isola mantiene immutato il proprio fascino. La spiritualità degli abitanti è intatta e francamente non c’è posto al mondo che sembri piu’ tranquillo, tollerante, rispettoso.

Se a cio’ si aggiungono gli scenari incomparabili di Tanah Lot o del tempio sull’acqua, la cortesia di chiunque e i prezzi decisamente abbordabili, è il caso di dire che Bali è ancora piu’ che mai il paradiso di sempre.

Lasciata Bali, voliamo a Kuala Lumpur. Qui c’è un’appendice: infatti, nella capitale malese abbiamo 7 ore di stop e ne approfittiamo per fare un giro della città.

E’ facile: basta andare al controllo passaporti (velocissimo), compilare un modulo per un visto temporaneo e ci si avvia all’uscita.

Qui c’era un’insegna con la scritta “Airport Service”: abbiamo concordato un itinerario con ritorno alle 22 ( il volo per Roma era a mezzanotte). Ci è costato 70 dollari, che non è molto se si considera che l’aeroporto dista 1 ora dalla città. Per di piu’ l’autista è stato gentilissimo e ci ha persino prestato (!) i soldi (non avevamo rupie malesi) per salire sulla Kuala Lumpur Tower da cui si gode un fantastico panorama di luci. Abbiamo poi visto il “triangolo d’oro” dello shopping, le Petronas Tower (le torri gemelle malesi), la bellissima Merdeka Place ed in generale abbiamo buttato uno sguardo, rapido ovviamente, sulla capitale malese.

Al ritorno ci siamo fermati in uno splendido quartiere periferico dove ci sono i palazzi governativi ed è in costruzione la nuova moschea nazionale: è una zona veramente bella, con ponti uno diverso dall’altro disegnati da architetti famosi.

Certo, non abbiamo vissuto la città, ma era un peccato rimanere per 7 ore in aeroporto senza sfruttare l’occasione per un giro turistico prima di ripartire per l’Italia.

Chissa che per approfondire la conoscenza della città non ci voglia un altro viaggio: ma di questo parleremo un’altra volta…



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