In treno tra Polonia e Ucraina
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In ucraina
L’indomani approfittiamo del sole per visitare alcuni luoghi dedicati alla memoria storica degli Ebrei polacchi, tra cui la fabbrica Schindler, famosa grazie all’omonimo film. Siamo inoltre incuriosite da una collinetta perfettamente tondeggiante e completamente verde che vediamo in lontananza. Scopriamo, leggendo sulla nostra guida, che si tratta del “tumulo di Krakor”, leggendario fondatore della città le cui ceneri si dice essere sepolte sotto questa collina. Decidiamo quindi di dirigerci verso di essa, senza sapere bene come giungerci. Il nostro istinto non ci tradisce e finalmente giungiamo ai piedi di questa meravigliosa collina che sembra essere stata disegnata, tanto è perfetta, tutta ricoperta di erba curatissima. Un breve sentiero “a chiocciola” ci conduce fino alla vetta, da cui il panorama sulla città e i suoi dintorni è assolutamente mozzafiato. Recuperati gli zaini in ostello corriamo verso la stazione, dove rischiamo quasi di perdere il treno a causa di una sosta troppo lunga al supermercato, dove compriamo i rifornimenti necessari alle 21 ore di treno. Sul treno abbiamo prenotato la cabina per tre persone, perciò ci mettiamo subito comode e il viaggio procede molto tranquillamente. In fondo ad ogni vagone vi è uno spazio in cui si può fumare. Caratteristico è stato senz’altro il cambio di carrello del treno presso l’ultima stazione polacca, Przemys lGlowny: aitanti uomini polacchi in camicia a scacchi hanno sollevato il treno, per prepararlo ai binari ucraini. Dopo questa lunga pausa possiamo procedere verso la dogana, dove ci fermiamo, al tramonto, per consegnare i nostri passaporti ai doganieri ucraini che ce li riporteranno col timbro del visto. Dopo una lunga dormita, cullate dallo sfrecciare del treno, facciamo colazione mentre il treno giunge in una soleggiata Kiev. Siamo estasiate: ci sembra di essere di nuovo in Russia. Palazzoni sovietici, case di legno, prati, babushke che vendono cibo, chioschi di fiori: tutte queste cose convivono in quell’armonia paradossale che solo ad est si può trovare. Alle 10 di mattina scendiamo dal treno e siamo catapultate nella frenesia della stazione centrale della capitale ucraina. Come d’abitudine ormai, cerchiamo la biglietteria delle partenze internazionali e prenotiamo un altro treno notturno, questa volta in direzione ovest: Varsavia. Assicurato il nostro posto sul treno che si rivelerà essere l’esperienza più caratteristica del nostro viaggio, usciamo dalla stazione e diamo inizio ai nostri cinque giorni nella meravigliosa Kiev. L’ostello dove desideriamo pernottare si trova in pieno centro, in una traversa del viale Chreschatyk, l’arteria principale del centro città. Dalla stazione quindi prendiamo la metropolitana (che ci ricorda tanto quella moscovita) e scendiamo a Chreschatyk. Qui ci accoglie una fantastica sorpresa: essendo domenica, il traffico di veicoli lungo il viale è vietato fino a sera, perciò le sue otto corsie sono invase da soli pedoni, pattinatori e skater. Il cielo azzurro e la tranquillità con cui Kiev ci dà il suo benvenuto ci fanno presagire che non dimenticheremo facilmente questo splendido luogo. Kiev è una città molto grande, elegante, ricchissima di verde e di storia. Appare cosmopolita, non le manca nulla rispetto ad una qualsiasi capitale europea. Tuttavia, è impossibile dimenticarci dove siamo: cupole dorate e residui dell’epoca sovietica compaiono ovunque. Vi sono moltissime cose da vedere e visitare, per tutti i gusti, o anche solo luoghi in cui passeggiare in tranquillità. Per evitare un monotono resoconto giorno per giorno di quanto io e le mie amiche abbiamo visitato, mi limiterò a riportare alcune delle più emozionanti esperienze fatte in questa città. Quindi, il mio consiglio è quello di passeggiare lungo Chreschatyk Bulvar, fino all’enorme Maydan Nezhalenosti, piazza dell’Indipendenza, dove ci si può sedere ed osservare i passanti, assaporare la città. Da qui, proseguire per un breve tratto fino all’arco dell’amicizia tra i popoli, un enorme arcobaleno (illuminato la sera!) sotto il quale svettano enormi statue esemplari del realismo sovietico. Da questa terrazza poi, verrete rapiti dal panorama mozzafiato sul Dnipro e sull’altra sponda, dove i palazzoni bianchi si perdono a vista d’occhio. Prendere la metropolitana e raggiungere Hydropark: in questo modo, potrete godervi lo spettacolo del treno che attraversa il fiume su di un ponte, da cui si può ammirare lo spettacolo della vista del Lavra (antico monastero delle grotte di Kiev) e della maestosa Rodina Mat’ (Grande madrepatria, colosso d’acciaio di epoca sovietica). Passeggiare lungo i prati che conducono proprio al Lavra, scendere le buie scale che portano alle reliquie dei santi, camminando per i cunicoli alla sola luce della candela che avrete in mano, insieme ai devoti pellegrini che faranno oscillare le loro luci in preda al trasporto mistico. Dal Lavra, continuare la passeggiata fino a Rodina Mat’, la cui maestosità è indescrivibile, perdersi ad osservare le statue in onore della grande guerra patriottica e lo straordinario museo della storia ucraina, posto proprio alla base dell’enorme statua d’acciaio. Il tutto arricchito da un accompagnamento musicale d’eccezione: musica di epoca sovietica viene diffusa in tutto il parco. Visitare, almeno da fuori, le numerosissime chiese dalle cupole d’oro e azzurre e verdi, fermarsi sulle panchine degli innumerevoli parchi e giardini che abbelliscono la città. Comprare, o almeno dare un’occhiata, alle paccottiglie sovietiche vendute da anziani e taciturni signori lungo la strada. La sera, osservare la gioventù locale nel luogo più trash del mondo, Hydropark, ricco di locali dove ubriacarsi è facilissimo, visti i prezzi molto bassi. Oppure, passeggiare lungo il viale Chreschatyk, che la sera si accende a giorno. Sorseggiare un paio di bicchieri di vodka, servita con il tradizionale cetriolino, e chiacchierare coi giovani del luogo, i quali si ostineranno a rispondere in inglese, nonostante voi gli abbiate parlato in russo, quasi a voler mostrare di saper essere anche loro occidentali. A Kiev abbiamo trovato solo persone gentili, disponibili, volenterose di condividere qualcosa della loro esperienza con chiunque ne fosse interessato. Dopo questa mia “dichiarazione d’amore” verso la città, è facile intuire quanto a malincuore ci siamo recate alla stazione per prendere il treno per Varsavia, che dalle 4 del pomeriggio sarebbe dovuto giungere nella capitale polacca l’indomani mattina.
A varsavia
Il viaggio inizia in maniera tranquilla, anche qui abbiamo la nostra cabina, trascorriamo le prime ore di viaggio leggendo la guida di Varsavia, dove staremo solo per un giorno e mezzo, pianifichiamo la nostra visita e parliamo del più e del meno. A questo punto, occorre fare una premessa importante. In Ucraina le sigarette costano veramente poco, un euro al pacchetto per le marche occidentali, meno della metà per le sigarette locali. Pertanto, ogni persona ha il diritto di portare con sé, lasciando il Paese, solamente due pacchetti di sigarette. Fatta questa precisazione, si potrà capire perché il nostro viaggio sul confine tra Ucraina e Polonia diventerà un’esperienza unica. Dopo un paio di ore di viaggio bussa alla nostra porta una giovane ucraina, sorride e solleva una grossa borsa. Ci chiede gentilmente se può appoggiarla nella nostra cabina. Noi tre, intuendo che nella borsa ci possano essere delle sigarette, le diciamo che non vogliamo rischiare. Lei tenta di convincerci dicendo di avere un bimbo piccolo, ma noi, dure, continuiamo ad opporci. Quando la ragazza se ne va, siamo molto fiere della nostra fermezza. Almeno fino a quando un “gentile” signore, dalla stazza decisamente superiore a quella della ragazza di prima, entra nella nostra cabina e senza troppi complimenti piazza la borsa sul letto rimasto libero. Restiamo di stucco ed iniziamo ad arrabbiarci, dicendo che alla dogana avrebbe dovuto portarsi via la sua roba. Lui ci guarda, ride e se ne va. L’agitazione inizia a crescere nella nostra mini cabina: cosa avremmo detto ai doganieri se ci avessero controllato la cabina? Tra un’ipotesi e l’altra, una delle mie compagne di viaggio esce in corridoio diretta in bagno. Non fa in tempo ad aprire la porta che subito rientra e ci dice: “Voi non sapete che sta succedendo qua fuori”. Ci affacciamo e rimaniamo sconvolte: lungo tutto il corridoio, uomini e donne sono all’opera nello smontare le pareti ed il soffitto del treno, togliere i pannelli, riempire i buchi di stecche di sigarette per poi richiuderli alla bell’e meglio. Siamo sul treno del contrabbando. Nelle lunghissime ore seguite alla sconcertante scoperta, rimaniamo chiuse nella nostra cabina, alternando momenti di panico a risate isteriche. Nel frattempo si è fatto buio e giungiamo sul tardi alla frontiera ucraina. I controlli procedono tranquilli, sebbene verremo prese in giro per la nostra provenienza (“Italia mafia!”). Non ci controllano i bagagli e non si accorgono che il treno è imbottito di sigarette. Passati tutti i controlli, sentiamo i nostri compagni di viaggio brindare a suon di vodka e banchettare a suon di cavoli bolliti, il cui odore aleggia per tutto il treno, ma che noi abbiamo la fortuna di assaporare appieno in quanto il quartier generale dei festeggiamenti era proprio la cabina accanto alla nostra. Iniziano poi a smontare il treno un’altra volta e a riprendersi giustamente le loro stecche. Dopo una notte travagliata, scese dal treno a Varsavia tiriamo un lunghissimo sospiro di sollievo: siamo in Europa! Dopo una tale esperienza, decidiamo di visitare la città in maniera molto tranquilla, e devo dire che il luogo si presta bene a questo intento. Dopo aver lasciato gli zaini nel nostro ostello, non lontano dalla stazione, passeggiamo fino al centro della città, interamente ricostruito dopo la guerra. Ciò non significa che la visita non sia meritevole: la ricostruzione è stata effettuata talmente bene da meritarsi il titolo di Patrimonio dell’Umanità da parte dell’Unesco. Ci concediamo una cena in un locale del centro, a base del piatto tipico polacco: i pierogi, ravioli ripieni di qualsiasi cosa. Esauste, rientriamo presto in ostello, godendoci sullo sfondo l’illuminazione dell’imponente Palazzo della Cultura, di epoca sovietica. Varsavia non è una città ricchissima di attrazioni turistiche, tuttavia il centro è molto vivibile, e se vi capitasse di passarci, una giornata è sufficiente a farsi un’idea generale della città. La mattina dopo quindi, non avendo fretta di vedere nulla di particolare, dopo la visita del giorno prima, ci concediamo una colazione nella più antica pasticceria di Varsavia, consigliatami da un’amica di origine polacca. Ad un prezzo imbattibile ci servono una colazione completa, con cioccolata, spremuta, brioche fresche, pane, burro, marmellata, cioccolato, yogurt e muesli. Così, appagate e deliziate, facciamo l’ultima passeggiata prima di prendere l’autobus per l’aeroporto e tornare a casa, ricche di malinconia ma soprattutto di ineguagliabili ricordi.
Margherita