In Abruzzo per la festa dei serpari di Cocullo

In processione con la statua di San Domenico avvolta dai serpenti. Un'intensa giornata di tradizione popolare antica
Scritto da: balzax
in abruzzo per la festa dei serpari di cocullo
Partenza il: 01/05/2018
Ritorno il: 01/05/2018
Viaggiatori: 1
Spesa: 500 €
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La festa di San Domenico e i serpari di Cocullo

Cocullo è un paesino di poco più di 200 abitanti in provincia di L’Aquila, nascosto tra la Valle Peligna e la Marsica. Questo minuscolo borgo vive praticamente nell’anonimato per 364 giorni all’anno, ma si rianima e rivive ogni primo maggio: in questo giorno qui si celebra da secoli un rito unico al mondo, qualcosa che mescola religione e tradizione popolare. I protagonisti di questo rito sono i serpenti e il ricordo di San Domenico. In questa giornata migliaia e migliaia di persone convergono qui da tutta Italia e persino dall’estero per assistere alla festa dei serpari e alla processione di San Domenico.

All’uscita dal casello di Cocullo sulla A 25 Torano-Pescara una lunga coda preannuncia l’afflusso dei visitatori e dei curiosi. Bisogna avere pazienza: dal casello fino al paese si sta in coda procedendo a passo d’uomo. Le strade di accesso all’abitato sono state chiuse, perché non sopporterebbero l’afflusso di tanta gente e per evitare disagi ai residenti. Parcheggi non ce ne sono: alla fine riesco a trovare un posto per la macchina scendendo lungo la statale che porta ad Anversa degli Abruzzi, ma siamo già nella frazione di Casale a 3 km dal centro abitato. Bisogna farsi la salita verso le case di Cocullo a piedi, pazienza. Per fortuna non fa molto caldo, anzi è nuvoloso e minaccia pioggia.

Finalmente arrivo in paese, un po’ in ritardo per assistere alla messa solenne delle 11 celebrata dal vescovo di Sulmona (ammesso di riuscire ad entrare nella piccola chiesina del borgo), ma ancora in tempo per la processione che inizia alle 12.

Per tutto il mese di aprile i serpari (o “ciaralli”, in termine dialettale) hanno setacciato i boschi attorno al paese, frugato sotto ogni roccia, controllato ogni cavità dei faggi e dei vecchi ulivi, alla ricerca dei rettili che saranno protagonisti della cerimonia e della processione. I serpenti sono quelli comuni delle montagne del Centro Italia: cervoni, saettoni, bisce dal collare e biacchi. Sono tutti innocui. Gli unici che se irritati possono mordere sono i biacchi, ma sono privi di veleno e comunque lo fanno solo per difesa. I serpenti catturati hanno dimensioni ragguardevoli: alcuni cervoni raggiungono i due metri e obiettivamente, benché innocui, suscitano un po’ di inquietudine.

Al termine della messa solenne i serpari preparano la statua di San Domenico per la processione. La avvolgono con un groviglio di serpi varie al collo, alle spalle e ai piedi, facendo bene attenzione a lasciare liberi gli occhi e controllando che i serpenti rimangano aggrappati senza scivolare verso il basso. Diversi sono i patronati attribuiti a San Domenico: tra questi proprio la protezione contro le morsicature di serpenti, che quindi nella credenza popolare rimarranno attaccati al corpo e al saio senza provocare lesioni al santo.

Alle 12 in punto, con puntualità svizzera, la processione ha inizio: prima il gonfalone verde del borgo, poi la banda, poi il sindaco e gli amministratori con fascia tricolore di prammatica, poi due ragazze in bellissimo costume tradizionale abruzzese, che portano in testa i panieri con i dolci e i cinque pani sacri canditi detti “ciambellati”, tipici del luogo. Seguono il vescovo e le autorità ecclesiastiche, e finalmente la statua di San Domenico portata a braccia, con i serpenti che stringono le spire attorno al collo e ai piedi del santo. Dietro, nelle prime file ci sono i notabili locali (immagino che ci siano il medico comunale e il farmacista, come ancora si usa nelle sagre di paese), poi i fedeli più devoti con serpenti al collo e tra le mani. E’ un momento di alta tensione umana: contadini poco avvezzi al pianto avanzano commossi ondeggiando, molte donne in costume lungo tradizionale, poi i braccianti e la gente delle masserie. In questo evento tutti recuperano la loro identità sociale e culturale, a rischio di smarrimento per le esasperazioni del modernismo. Al suono della banda, avanzano cantando inni devozionali: bellissimi il canto di entrata in chiesa e il canto di partenza, eseguito camminando a ritroso, secondo l’etichetta di omaggio del suddito che mai deve volgere il volto dal Signore.

La processione dura un’ora, durante la quale il corteo fa 3 volte il giro del minuscolo paesino, così tutti hanno la possibilità di trovare un buon punto di osservazione per i video e le foto ricordo.

Vista da vicino, la statua di San Domenico avvolta dalle serpi fa davvero impressione, anche perché alcuni serpenti sono di dimensioni ragguardevoli (vedere le foto allegate al diario). La gente tocca le serpi, c’è chi se le mette al collo, chi le accarezza e persino chi le bacia. I serpari, riconoscibili per il patentino identificativo che portano al collo, aiutano chi vuole farsi ritrarre con un bel cervone o un saettone in spalla esorcizzando la paura e il ribrezzo per i rettili, un significato apotropaico che è un po’ il senso della festa.

Intanto all’ingresso della bella chiesina di Santa Maria delle Grazie si è formata un’altra coda: sono i fedeli che compiono il rito della campana. Tirano con i denti la catenella di ferro che penzola da una campana, facendola suonare (meglio munirsi di un fazzoletto). Il riferimento è a un altro patronato attribuito a San Domenico: la protezione contro le odontalgie. Da qui, questo altro gesto scaramantico che vorrebbe donare protezione contro le malattie della bocca e dei denti.

Dopo la doverosa foto con un bel saettone di un metro e mezzo sulle spalle, mentre dietro rimbombano i botti dei fuochi artificiali, è arrivato il momento di lasciare questo paesino e la sua festa così speciale.

Lungo la discesa per raggiungere il parcheggio, a lato della strada si è formata una lunga fila di ambulanti: un festival di porchetta, arrosticini, salsicce, pecorini e provoloni, ciambelle sorane e piatti di amatriciana. Come rinunciare a queste delizie prima di ripartire?

Un’intensa giornata di tradizione popolare antica che è bello riscoprire ogni tanto. Un esorcismo contro la paura e la repulsione, qualcosa di misto tra religione, mistero, magia, devozione, lontano anni luce dall’appiattimento tecnologico della routine quotidiana. Chissà, magari avere vissuto da vicino questo rito servirà anche per affrontare meglio qualche difficoltà della vita di ogni giorno.

Per la cronaca, alla fine della processione i serpenti vengono riportati nei boschi e rimessi in libertà.

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Processione con la statua di San Domenico avvolta dai serpenti

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