Il sud tunisino: vedere per credere

La Tunisia non era una meta condivisa: mia moglie si era come sempre ben preparata e aveva tentato più volte di convincermi della bellezza e della singolarità dei paesaggi (il sud) che avremmo avuto modo di conoscere; figuriamoci, deserto, miseria, terrorismo internazionale. Ma dove? La Tunisia è un posto molto bello, fatto di gente ospitale,...
Scritto da: gibo
il sud tunisino: vedere per credere
Partenza il: 12/06/2007
Ritorno il: 19/06/2007
La Tunisia non era una meta condivisa: mia moglie si era come sempre ben preparata e aveva tentato più volte di convincermi della bellezza e della singolarità dei paesaggi (il sud) che avremmo avuto modo di conoscere; figuriamoci, deserto, miseria, terrorismo internazionale.

Ma dove? La Tunisia è un posto molto bello, fatto di gente ospitale, dignitosa ed onesta.

Certo taluni costumi sono tipici (e da noi occidentali difficilmente condivisibili) – il velo integrale, la contrattazione esasperata, l’assalto all’arma bianca dei venditori di nulla – e il contrasto stridente (e un pò di vergogna) tra la nostra opulenza e la loro perenne lotta contro la desertificazione e la carenza assoluta di acqua – da bere, per lavarsi, per irrigare.

Verrebbe effettivamente da pensare alla nostra ricerca di (finto) benessere, lo shopping (compulsivo?), l’ultimo modello di auto, via l’abito di moda lo scorso anno, l’estetista; ci si immerge in una dimensione nella quale viene naturale ripensare ai valori veri, l’essenziale; poi al rientro svanisce tutto . . .

Seppure (dicono) la Tunisia si possa fare in fai da te (e in auto), abbiamo preferito quella che per noi è stata anche la formula Messico e che utilizziamo per simili destinazioni: base in villaggio/albergo ed escursioni; è vero che si “perdono” gli euro già sborsati al Tour Operator, ai quali si aggiungono quelli da sborsare in loco, ma la comodità (che vuol dire buona organizzazione logistica e adeguati tempi di riposo) è impagabile e consente, per luoghi comunque disagevoli – caldo, vie di circolazione improvvisate, rete di distribuzione carburante carente – a noi comuni mortali comunque curiosi, di non trasfomare un viaggio in un’incubo.

Superfluo precisare che questo vale, ovviamente, con 2 condizioni: non troppo tempo a disposizione e relativa concentrazione dei siti da visitare.

La nostra visita ci ha comunque confermato la bontà della scelta perchè, a nostro modo di vedere, non è molto interessante percorrere con il proprio mezzo le grandi vie di comunicazione (come può esserlo in altri paesi quasi nati per il Fly and Drive – su tutti gli Stati Uniti) e nemmeno fermarsi a scoprire i centri urbani (grandi o piccoli) che si incontrano perchè, in fondo, sono tutti uguali e tutti, se vogliamo, anonimi, oltre che poveri (per chiarire che non siamo in contraddizione, troviamo ugualmente affascinante, ognuno a suo modo, il Grand Canyon, il deserto tunisino, Vienna e gli Champs Elysees).

Quindi base Djerba: Bravo Club (***) e via. Il villaggio è bello, accogliente e ben tenuto negli spazi comuni; il mangiare è ottimo, le camere (a volte) un pò meno. Lo staff di animazione assolutamente valido e non troppo invadente; il MiniClub affollato e ben organizzato. La spiaggia e il mare, ma in generale in tutta la Tunisia, niente di eccezionale, dimentichiamo Mar Rosso, Maldive, Polinesia, Caraibi o Sardegna; vento (almeno nel nostro periodo – giugno) generoso per i velisti ed alghe in abbondanza.

La zona dove insistono i villaggi e gli alberghi è sostanzialmente omologata; le uniche lamentele che abbiamo sentito dagli altri ospiti che abbiamo incontrato durante le escursioni, erano tutte relative alla presenza di alghe sulla spiaggia, ma, generalmente, tutto il litorale si presenta trascurato e un pò sporco.

I paesaggi naturali sono dapprima sconvolgenti, poi affascinanti; quelli urbani disorientanti; quelli umani pure.

In sostanza l’impressione è quella di attraversare la porta ed accingersi ad entrare nel terzo mondo.

Il paeasaggio desertico è fantastico, pare strano ma è così; quelle che dapprima sembrano misere baracche, una volta che hai vagato per chilometri nel nulla, appaiono quasi come regge, dove pur mancando tutto, in realtà non manca nulla, cioè il necessario per vivere; il silenzio ti avvolge e ti compenetra e ti dà modo e tempo di riflettere; è la stessa sensazione di profondità che si prova di fronte all’oceano o ammirando la maestosità di una montagna.

Da non perdere: il Lago Salato (Chott El Jerid) – una distesa bianchissima come la neve, senza fine e Douz, la porta del Sahara, sotto i nostri piedi una sabbia ancora bianchissima e finissima e di fronte ai nostri occhi dune a perdere. Non è il campo tendato, non sono le notti sotto il cielo stellato, ma ne vale comunque la pena; da sorbirsi la dromedariata turistica, ma è comunque l’occasione, forse unica nella vita, di cavalcare (si dice così?) questi animali.

Solo carucce le oasi di montagna -Tamerza e Chebika – al confine con l’Algeria – interessanti Tozeur, Medenine e Tatouine; non vi si trovano particolari pregi architettonici o urbanistici o eccezionali testimonianze di arte passata o civiltà perdute, ma si respira un’aria d’Africa a misura d’europa, dove si possono osservare (e dove si viene osservati con simpatia) abitudini di vita tanto diverse dalle nostre.

Nei volti delle persone parrebbe di leggere una consapevole rassegnazione circa la precarietà dell’esistenza che consente di guardare con occhi disillusi e non affatto rancorosi, quasi ironici, gli ospiti che si parano innanzi.

Affrontando il deserto si matura la convinzione che non sia l’uomo ad essere riuscito a vincere una natura così inospitale, ma, al contrario, sia questa, in verità, ad averlo piegato.

Il governatorato di Matmata, con le case troglodite, è un’altro sito interessante e fotogenico; ancora una volta si resta stupiti della semplicità con la quale le popolazioni indigene hanno trovato il modo di affrontare le difficoltà, dalle invasioni arabe dell’anno 1.000, alle inclemenze del clima; ed ammirati.

Un’altra tappa fondamentale nell’esplorazione del sud tunisino è la scoperta del deserto di montagna della regione del Ksour, degli antichi insediamenti berberi.

A consuntivo possiamo dire che quello che abbiamo visto con questa escursione sarebbe valso da solo il viaggio. A Toujene c’è un’atmosfera di pace assoluta, un silenzio irreale per noi abituati al caos delle città occidentali, un’odore di spezie che permea tutta l’aria.

Un’altro capolavoro, della natura e dell’uomo, è il villaggio di Chenini, un’eremo abbarbicato in cima ad un cucuzzolo, di colore ocra e perfettamente mimetizzato nel contesto; stride un pò con la visione poetica che indurrebbe il sito, il frenetico andirivieni di fuoristrada (unici mezzi che si spingono su queste impervie strade di montagna) pieni di turisti.

Il cellulare prende dovunque, ma è carissimo.

I piatti tipici tunisi, il cuscus, i dolci, la frutta e la verdura, sono molto buoni; noi ci siamo limitati a mangiare e bere nei ristoranti organizzati per i turisti, ma il consumo di verdura cruda e frutta e dell’acqua per lavarsi i denti, nonchè l’assaggio del the verde, veramente buono, non ci ha provocato alcun problema intestinale.

La lingua può essere un problema: si riesce a comunicare solo con i nativi che capiscono un pò d’italiano oppure se i foresteri parlano il francese.

Dal punto di vista economico la vacanza, 2 adulti ed 1 bambino, 1 settimana, con 3 giorni di escursione (2 + 1) ci è costata complessivamente 2.200,00 euro (volo charter Tunisair senza problemi, durata circa 2 ore), tutto compreso (anche i regali).

Un viaggio sicuramente interessante e, tutto sommato, economico.

Buona Tunisia a tutti



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