Il nostro sogno: Polinesia e Isola di Pasqua

Non ho mai avuto dubbi su quale fosse, per me, un viaggio da sogno..la Polinesia ci chiamava da sempre e dalle spiagge della mia Sicilia, sentivo echi di mari lontani e cristallini e pensavo che il nostro viaggio di nozze avrebbe avuto, come sfondo, quei magnifici atolli. Il quattro luglio ha inizio l’avventura : partiamo,infatti, per New York...
Scritto da: Francesca1778
il nostro sogno: polinesia e isola di pasqua
Partenza il: 04/07/2009
Ritorno il: 23/07/2009
Viaggiatori: in coppia
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Non ho mai avuto dubbi su quale fosse, per me, un viaggio da sogno..La Polinesia ci chiamava da sempre e dalle spiagge della mia Sicilia, sentivo echi di mari lontani e cristallini e pensavo che il nostro viaggio di nozze avrebbe avuto, come sfondo, quei magnifici atolli. Il quattro luglio ha inizio l’avventura : partiamo,infatti, per New York , prima tappa di un lungo viaggio durante il quale la gioia non mi ha permesso di riposarmi un attimo.

Arrivati in America, prendiamo il volo per Tahiti e, lungo il tragitto, siamo allietati da danze tipiche e inebriati dal profumo dei fiori di Tiarè. Giunti a Papeete intorno a mezzanotte ora locale,dopo 22 ore di volo complessive, siamo subito accolti dall’atmosfera tipica del luogo: canti e musiche suonate con l’ukulele, strumento nazionale simile ad una chitarra, e giovani ragazze che regalano ghirlande di fiori ai turisti.

Il primo giorno in città, purtroppo, non è bellissimo perché le piogge tropicali, anche se momentanee, rattristano quell’angolo di paradiso ma, non ci perdiamo d’animo, e andiamo a visitare il mercato coperto di Tahiti . Ci accorgiamo subito che i prezzi sono piuttosto alti, ma è impossibile non acquistare qualche pareo dipinto a mano e una borsa intrecciata con foglie di banano. La passeggiata prosegue con la visita della cattedrale dell’Immacolata, dove sembra che gli abitanti si incontrino più per parlare che per pregare, del parco Bouganville e della chiesa evangelica dalla facciata di un rosa acceso. Al ritorno in albergo, notiamo che i festeggiamenti dell’Heiva, che si svolgono ogni anno a luglio, sono iniziati e veniamo coinvolti in balli tipici, mentre osserviamo le sapienti mani delle donne polinesiane che realizzano bijoux.

Il secondo giorno a Papeete, lo trascorriamo guardando negozi di perle nere, un vero must da queste parti, ma rimandiamo l’acquisto ai giorni successivi anche perché nel pomeriggio partiamo per Maupiti, un vero spettacolo della natura! Prendiamo, quindi, il nostro primo volo interno con il tipico aereo con le eliche, L’atr 42, che, pur essendo nuovo, mette un attimo di ansia. Appena superato il tratto di mare che separa Papeete da Raitea, Huahine e Taha’a, non riesco più a chiudere la bocca per lo stupore. Le immagini che si mostrano ai miei occhi, sono superiori a qualunque aspettativa: la barriera corallina è di un blu incredibile e l’arrivo a Maupiti resterà per sempre nei nostri cuori. L’isola è un susseguirsi di motu e piccole lingue di sabbia bianca finissima intervallate da acque trasparenti, mentre l’isola vulcanica principale sembra quella di Robinson Crosue. L’aeroporto è piccolissimo e a terra è ricco coralli che hanno perso il loro colore e lì ci aspetta la proprietaria del nostro bed and breakfast che ci aiuta a caricare i bagagli sulla barca, per raggiungere un altro motu. La pensione è molto carina ed è completata da un romantico pontile, ma quello che subito ci attira è l’odore di cibo che si tramuta in polpettine di pesce spada con una salsa simile al ketchup e in poisson cru, pesce spada con latte di cocco e limone. Sublime!!! Mentre in Italia è sera, a Maupiti inizia un’altra splendida giornata, ricca di sole, mare e verde. Una breve passeggiata mattutina, ci porta in una baia con un’acqua che sembra una immensa piscina naturale, incorniciata da palme e altre strisce di sabbia intorno. Il tratto di mare è basso e iniziamo a “passeggiare” da una spiaggia all’altra, a contatto continuo con i pesci tropicali, fino a perderci…Tanto che nel tardo pomeriggio, saranno un gruppo di locali a riportarci con la barca alla pensione. Durante la notte veniamo svegliati da una tempesta tropicale e capiamo subito che il giorno successivo non riusciremo ad andare a Bora Bora. La pioggia, infatti, continua ininterrotta e l’aereo non parte, ma noi ci divertiamo lo stesso a girare tutta l’isola in bicicletta, osservando dei giganteschi granchi che escono fuori dal terreno per la grande umidità. La gita improvvisata ci fa meglio capire le abitudini di questo popolo, che amano seppellire i propri cari nel giardino di casa, che realizzano abiti e gioielli a mano e che vivono di pesca e agricoltura. È il nostro quinto giorno in Polinesia e, verso sera, arriviamo finalmente a Bora Bora, dove trascorreremo solo una notte in un hotel a cinque stelle in overwater, sul mare cristallino. Questo sarà l’unico soggiorno di lusso di tutto il viaggio di nozze, visto che per nostra scelta abbiamo deciso di prenotare le stanze nei villaggi di pescatori, per meglio comprenderne le abitudini. La nostra stanza è bellissima: il pavimento è tutto trasparente e i pesci vengono a salutarci non appena ci sentono camminare; il tavolino è a forma di tavola da surf, mentre il letto ha le zanzariere ed è tutto lavorato in legno…Ma il vero protagonista è lui: il mare perfetto delimitato da una verde collina vulcanica! Poche ore in questo eden, perché le prime luci dell’alba ci portano via, verso la parte forse più bella del viaggio: il giro in barca delle isole di Raiatea, Taha’a e Huahine! La nuova avventura, ha inizio dalla laguna di Huahine, sulla barca dove ci siamo solo io, Massimo e la coppia di proprietari e intorno a noi un gruppo di donne che si allenano con le canoe per la festa dell’Heiva . Qui l’acqua cambia profondità in continuazione e, di conseguenza, i colori tendono a mutare creando un contrasto cromatico interessante. Dopo un’ora di viaggio Claude, il nostro skipper, ci porta nel reef per farci fare un poco di snorkeling e farci entrare, per la prima volta, realmente in contatto con la natura incontaminata dei fondali marini. Coralli cotone, a fiore, a corna e pesci coloratissimi ci accolgono in un mondo unico e affascinante, tanto che riportarci sulla barca per l’ora di pranzo non è affatto un’impresa facile. Il pomeriggio, invece, è dedicato all’entroterra con una lunga scalata su per la montagna di Huahine; ma ne vale la pena, lo spettacolo dall’alto è davvero insuperabile.

Siamo al settimo giorno di vacanza e a vele spiegate, ci dirigiamo verso Taha’a. Lo spostamento è lungo e, al nostro arrivo, le nuvole non ci scoraggiano e con Claude e Martine andiamo a fare una escursione lungo il reef fossile, mentre su uno dei motu dell’isola notiamo quel che ha provocato una recente tempesta tropicale…Alberi sradicati e qualche cocco aperto per il forte impatto.

Il dodici luglio, tuttavia, il tempo torna ad essere splendente e Claude ci porta al tratto di mare chiamato “l’acquario di Taha’a” dove fare snorkeling diventa un momento di vita così perfetto da sembrare una veloce visita in paradiso: pesci, coralli e trasparenze cromatiche sono così difficili da raccontare che neppure una foto può rendere giustizia alla zona.

Un veloce riposino, mentre partiamo alla volta di Raiatea e poi altra fermata per concederci un bagno ristoratore. L’aria, infatti, è molto calda ,ma intorno a noi nessun bagnante, solo giovani polinesiani in piroga che si allenano per l’Heiva. Del resto nemmeno Claude e Martine, se la sentono di bagnarsi, per loro questo periodo rappresenta l’inverno polinesiano! Alle sei del mattino seguente sappiamo che dovremo lasciare la barca, ma la prossima metà è addirittura patrimonio dell’Unesco e, infatti, Fakarava lascia letteralmente senza parole tanto è perfetto e tranquillo e di fronte a tutto questo, io credo, che nessuno può dubitare della presenza di Dio!! Tuttavia il viaggio per arrivare è piuttosto lungo, perché costellato da scali: Raiatea-Huahine, Huahine- Papeete, Papeete- Rangiroa e, finalmente, Fakarava. Qui Massimo mi confessa che preferisce queste isole chiamate Tuamotu, a quelle precedenti, dette della Società.

La nostra stanza è direttamente sulla spiaggia, ma non restiamo molto in camera e decidiamo immediatamente di prendere una canoa e fare un giro. Terminata la prima perlustrazione, affittiamo due biciclette e, tra cani che ci inseguono e che qui sono dovunque e la mia bici con il sellino rovinato, la passeggiata diventa un momento di gran divertimento ed anche di qualche doloretto al fondoschiena!La cena è ottima e abbondante e il proprietario ci annuncia che il giorno successivo ci porterà nella sua riserva per pescare qualche perla.

Siamo al decimo giorno di viaggio e già poco dopo l’alba, raggiungo il proprietario della nostra pensione per acquistare qualche piccola perla a buon prezzo; la missione è lunga e complessa, in quanto non è facile trovarne una che costi poco e sia quasi perfetta. Alla fine trovo un giusto compromesso e corro a fare un bel bagno, prima di assistere alla sua “lezione” di perle e “pescare” un’ostrica nella speranza di trovarne una. Con mia grande sorpresa, sia io che Massimo troviamo le perle che, a questo punto, diventano di nostra proprietà e si vanno ad aggiungere a quelle precedentemente acquistate. La giornata prosegue in modo frenetico perché dobbiamo prepararci per assistere ai festeggiamenti dell’Heiva, dall’altra parte dell’isola. Tutti insieme, con il truck della pensione, ci dirigiamo verso il villaggio e ceniamo nella grande piazza dove, per l’occasione, hanno preparato un immenso buffet a base di carote e mahi mahi, pesce tipico del luogo.

Lo spettacolo successivo è strabiliante tra colori e balli simili a quelli hawaiani, per diversi tratti accostabili alla danza del ventre. Sono tutti bravissimi e, soprattutto, snodabili perciò abbandoniamo da subito l’idea di imitarli. In questi giorni, abbiamo visto più volte giovani e adulti allenarsi e abbiamo capito che per loro il folklore è molto importante e la loro bravura nasce da un impegno duro e costante che inizia fin dalla tenera età.

Tra mare, perle, coralli e pesci colorati, trascorre serenamente anche la giornata successiva; in attesa di prendere l’ennesimo aereo interno verso l’ultima meta polinesiana: Rangiroa. Il villaggio di Rangiroa ci appare splendido, forse il più bello insieme a Fakarava e, dopo una veloce cena, ci addormentiamo sereni nell’attesa della prossima escursione.

Alle 8:30 saliti sulla barca, siamo pronti a salpare. Ci avvisano che la traversata durerà un paio d’ore, ma in quel frangente ci fermeremo a pescare e a bere il latte di cocco. Ci avventuriamo nel mare e i ragazzi che ci accompagnano, ci mostrano sin da subito come è facile prendere del pesce da queste parti. Le acque, infatti, sono così piene di fauna marina che possiamo star certi che mangeremo sempre cibo fresco. Due ore dopo arriviamo alle “sabbie rosa” davanti ad una curiosissima lingua di terra che è effettivamente di tale colore, probabilmente anche per effetto del sole. Intorno a questo tratto di terra emersa, girano indisturbate razze, piccoli squaletti, pesci guizzanti e i soliti “timidi” paguri, che rientrano nel guscio al nostro passaggio. Le foto sono d’obbligo e, quando già tutti iniziano a sedersi a tavola, noi siamo ancora lì che scattiamo. Il pasto di quel giorno non riusciamo ancora a dimenticarlo, tanto era buono…Pan di cocco fresco, poisson cru e pesce grigliato e appena pescato.

Anche Rangiroa ha il suo acquarium e, nel primo pomeriggio, andiamo a fare snorkeling da quelle parti per continuare la nostra conoscenza dei magnifici pesci polinesiani, prima di tornare in camera sfiniti ma felici.

Il diciotto luglio ci svegliamo con calma, affittiamo uno scooter e giriamo per intero l’isola di Rangiroa, approfittandone per acquistare gli ultimi souvenir. In questo modo le ore passano velocemente ed è già pomeriggio, l’ora di prepararci per il volo notturno alla volta dell’isola di Pasqua, ultima chicca prima del ritorno a casa. Sentiamo già una fitta allo stomaco perché vorremmo restare qui per sempre, ma siamo certi che anche la prossima tappa sarà indimenticabile.

Rapa Nui, l’ombelico del mondo, ci accoglie con una temperatura ben diversa da quella polinesiana e passiamo velocemente dagli abiti estivi, all’unico maglione di lana che mi ero portata e che mai avrei pensato di utilizzare.

Giungiamo all’aeroporto alle 10:30 del mattino, e qui la guida locale che ci accompagnerà nel tour organizzato, ci da indicazioni riguardo alle escursioni che faremo a partire dal giorno successivo. Io e Massimo, quindi, ci dedichiamo ad una visita del villaggio e del suo mercato artigianale, aspettando il tramonto che, da queste parti, è molto suggestivo.

Il venti luglio il tempo sembra migliore, fa freschetto ma si sta bene. La colazione è decisamente meno genuina di quella polinesiana, tutto a base di frittelline dolci e salate, salumi e uova, ma noi ci adeguiamo lo stesso. Alle 9:30 siamo già in giro e la nostra prima sosta è Vinapu, dove è stato trovato uno dei moai meglio conservati del posto(le statue monolitiche che si trovano esclusivamente in questa zona del Cile e sono legate ad un passato non del tutto chiaro). Ad Akahanga, invece, si trovano tante caverne primitive e anche delle “basi di moai” insieme a resti di “pukau”, il loro classico cappello.

Ahu Tongariki è il primo luogo che lascia senza fiato: una distesa di moai uno accanto all’altro che danno le spalle al mare, guardano fieri verso di noi. Peccato che, da qualche anno, non si possano più toccare; per evitare che vengano rovinati dai turisti, infatti, un breve sentiero di sassi tiene lontani i curiosi da queste incredibili costruzioni. Rano Raraku è altrettanto pieno di resti, ma trovandosi in una zona collinosa ha fatto si che i moai si piegassero con il tempo. È comunque molto divertente arrampicarsi e cercare di fotografarli, sempre con l’occhio attento dei guardiani! Prima di pranzo l’ultima tappa è la visita dei crateri principali dell’isola che in tutto sono quattro e, a questo punto, la fame ci impedisce di proseguire oltre. Il nostro pasto frugale a base di pesce e riso ci rimette in forze e ci consente di proseguire verso Ahu te Pito kura dove tanti cavalli vivono liberi e selvaggi(come in tutto il resto dell’isola) e dove si trova “l’ombelico del mondo”, una grossa pietra che fa impazzire le bussole per via di uno strano fenomeno magnetico. A questo punto, ci spostiamo velocemente in modo da raggiungere la spiaggia dell’isola di Pasqua: Anakena. Qui, nonostante io abbia un maglioncino di lana, vedo parecchi coraggiosi che fanno il bagno.

Prima di ritornare in albergo visitiamo Ahu Akui dove sono stati posti gli unici moai che guardano verso il mare, fieri e tutti con gli occhi severi. Torniamo in camera soddisfatti, ma molto stanchi.

Ultimo giorno di vacanza, stasera si parte e ci sentiamo molto tristi già dalle prime ore dell’alba. La nostra guida ci porta al villaggio di Orongo dove si scorgono antiche abitazioni a forma di barca rovesciata e a Tahai, dove si trova l’unico moai ancora con gli occhi (ovviamente ricostruiti in epoca successiva, per dare l’idea di come doveva essere l’originale). Ritornati nella nostra stanza siamo al settimo cielo per l’esperienza vissuta, ma rientrare a casa avendo visto il paradiso è veramente difficile…Guardandoci negli occhi ci promettiamo di tornare a visitare quest’angolo di mondo dove non esistono imperfezioni. Arrivederci Polinesia e Isola di Pasqua, non dimenticheremo mai di aver trascorso qui i giorni più belli della nostra vita!



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