Il giardino d’oriente

La Bulgaria, terra di confine quintessenza dei Balcani
Scritto da: franxx
il giardino d'oriente
Partenza il: 10/09/2010
Ritorno il: 21/09/2010
Viaggiatori: 1
Spesa: 500 €
Bulgaria. Capitale: Bucarest. Un qualcosa che ha a che fare con lo yoghurt (bacillus bulgaricus). Lottatori o sollevatori di pesi alle olimpiadi. Rose. Cori di voci armoniose. Uomini con i baffi.

Ai nostri occhi la Bulgaria è un Paese senza volto, eppure non è lontana da noi.

Ultimo bastione della Cristianità prima dell’Islam che lambisce i suoi confini, crocevia tra Oriente e Occidente, terra di frontiera e di battaglie, la Bulgaria è il segreto meglio conservato dei Balcani, che proprio dalle antiche montagne che attraversano il Paese, prendono il loro nome.

Un viaggio in Bulgaria non può che iniziare da Sofia, la capitale. Elegante ma non bella, moderna ma fermamente ancorata alle sue tradizioni, Sofia è la quintessenza della Bulgaria.

In se racchiude mille facce, che spaziano dai bei palazzi dei primi del novecento a lussuose BMW che sfrecciano lungo gli ampi viali, dagli zingari che suonano per strada alle insegne al LED che campeggiano da edifici stalinisti scrostati dal tempo. Ciminiere che sputano fumo e ragazze in minigonna dalle gambe lunghissime che fanno la coda per entrare in qualche discoteca alla moda. Icone di Cristi barbuti e insegne di Cola-Cola in cirillico.

Quando io vi arrivo, Sofia è avvolta nel buio. Un buio pesto, scuro, che non mi offre nessun punto di riferimento se non le varie insegne luminose di hotel e bar. E così, seguendone una, mi trovo a salire su per le scale dell’ Hotel “E”, nome minimalista ma pulito, economico e abbastanza centrale.

Inizio ad assaporare Sofia partendo dalla grande Sinagoga, la più grande Sinagoga Sefardita di tutti i Balcani, dove un signore barbuto mi apre il cancello e mi accompagna nella mia visita, spiegandomi in un misto tra Bulgaro ed Ebraico – ahimè non parlava Inglese – la storia di questo luogo. Continuo recandomi al bazar di Hani, un mercato coperto dove si trovano olive greche, dolci orientali, miele bulgaro e formaggi macedoni. Qui i gusti e i profumi dei Balcani giocano tra di loro, si mescolano in questo spazio impregnato d’Oriente, facendo cadere in tentazione chiunque venga ammaliato dal fascino levantino di questo mercato. Di fronte al bazar si trova la Moschea di Banya Bashi, l’unica memoria sopravvissuta del periodo Ottomano .

Continuo la mia conoscenza di Sofia percorrendo il lungo viale che mi porta nella ex Piazza Lenin, oggi conosciuta come “Il Largo” che fu il cuore del regime nel bene e nel male, visto che proprio qui aveva sede il Partito Comunista Bulgaro e sempre qui, nel 1989, si spensero le luci sul governo di allora.

La cacofonia di campane dell’ imponente Cattedrale Ortodossa di Alexander Nevskij mi portano ad ammirare questo tempio sovrastato da giganti cupole d’oro ed entrare lasciandomi guidare dal forte profumo d’incenso, da quell’atmosfera mistica e misteriosa che nasconde icone preziose e decorazioni suggestive.

Uscendo, una vecchia mendicante dai lunghi capelli bianchi e dai piedi fasciati da stracci, che sembra uscita da un libro di Tolstoj, borbotta una specie di litania che diventa un lungo lamento non appena qualche moneta finisce tra le sue mani. Un signore che mi è vicino mi traduce le parole che mi ha detto quando le ho dato dei soldi, – “ti ha benedetto” – mi dice, e così con la sua benedizione scendo i gradini della Cattedrale e mi avvio verso il vicino mercato delle pulci, dove si trovano icone, spille dell’epoca comunista, matrioske, macchine fotografiche della DDR, monete,colbacchi di pelliccia, poster della propaganda socialista, piccoli oggetti di legno intarsiato, perfino busti di Lenin. Sacro e profano sembrano viaggiare insieme qui a Sofia.

Un altro mercatino che non voglio perdermi prima di lasciare la capitale, è quello di Piazza Slaveikov, non troppo distante da dove mi trovo ora.

E’ un paradiso di libri usati, e per chi come me, adora i libri, ci si può passare tranquillamente mezza giornata sbirciando qua e la, cercando un qualche tesoro tra i tanti libri qui presenti che formano un’autentica Babele di lingue.

Un giorno o due sono sufficienti per apprezzare Sofia, la vera Bulgaria è più in la.

Parto verso est, verso il cuore storico di questo paese, dove zar medievali regnavano, dove rivolte finirono nel sangue, dove i monasteri preservarono le tradizioni e la lingua durante la lunga occupazione ottomana.

Veliko Tarnovo, la capitale storica della Bulgaria, fa la sua comparsa dopo 3 ore di autobus da Sofia, adagiata all’ombra della cittadella medievale fortificata di Tsarevets.

La fortezza sorge su di una collina che domina tutta la città e ancora oggi emana potenza e gloria.

Scendendo dalla collina, seguo le case in legno che s’arrampicano verso il cielo e che mi conducono lungo stretti viali che brulicano di vita, dove laboratori artigianali, vecchi empori e atelier di artisti producono oggetti di ottima fattura.

L’atmosfera cittadina è davvero rilassante e cordiale e provo esattamente la stessa sensazione quando trovo rifugio presso l’Ostello “Mostel”, situato in una vecchia casa adornata di colorati tappeti e dall’aria vissuta. Il personale dell’Ostello è semplicemente squisito e sotto loro consiglio, opto per la cena di provare la deliziosa cucina del ristorante Starata Mehana, che offre piatti locali innaffiati da un’ ottimo vino bulgaro. Crocevia delle cucine slava, greca e orientale, la cucina bulgara come tutte quelle balcaniche, è influenzata da quella turca. Le ricette bulgare sono semplici e spesso utilizzano prodotti freschi, rustici, con un sapore un po’ piccante. Ordino una saporita zuppa e un piatto di carne di maiale, e confermo con piacere ciò che di buono mi era stato detto sulla cucina di questo posto.

Una delle cose da fare a Veliko Tarnovo dopo cena, è di guardare lo spettacolo “luci e suoni” che si svolge davanti la fortezza e che narra con epica precisione la storia di questo luogo.

Veliko Tarnovo è l’anima bulgara che è stata risparmiata dal comunismo e dalla globalizzazione, un posto davvero imperdibile, pieno di fascino e di emozione, senza età e senza tempo.

Proseguo verso sud, puntando verso Plovdiv, la seconda città della Bulgaria per grandezza dopo Sofia e la seconda per bellezza e storia dopo Veliko Tarnovo.

Pernotto presso l’Ostello “Hikers”, dove verrò accolto da una doccia talmente dispettosa da allagare tutto il bagno prima di zittirsi per sempre. Ah, come rimpiango l’Ostello del giorno prima a Veliko Tarnovo!

La piazza principale, Piazza Djumaya non è lontana, facendosi riconoscere per il minareto che domina la Moschea Djumaya, la più antica dei Balcani.

Ma Plovdiv è sicuramente più famosa per le sue rovine. Vicino al foro romano, una statua in bronzo di Filippo il Macedone (padre di Alessandro Magno) punta vittoriosamente verso l’orizzonte, ricordandoci che questa, una volta era Filippoli. Essendo il megalomane che era, Filippo si erge alto quanto il minareto, se non anche un qualche centimetro in più.

L’anfiteatro romano è semplicemente stupendo e le rovine dell’ippodromo e dell’acquedotto ci danno idea delle millenarie vicende storiche che l’hanno popolata.

Prima di avviarmi verso le strade acciottolate che si arrampicano verso la città vecchia, do un’occhiata all’antica farmacia di Ippocrate, piena di barattoli pieni di erbe misteriose e pozioni dall’aria esoterica.

Tra il Settecento e l’Ottocento, Plovdiv ha conosciuto il suo periodo di massimo splendore, il rinascimento bulgaro, e ancor oggi splendidi palazzi e case che recano ancora i nomi dei possessori passati, incantano con la loro maestosità e bellezza.

Un’altra statua che domina lo skyline di Plovdiv è quella, gigante, del soldato dell’Armata Rossa.

Si trova non lontano dal centro, in una collina chiamata “dei liberatori”, in onore dell’esercito Sovietico, retaggio della fine della seconda guerra mondiale e solida promessa di amicizia con l’URSS.

La storia non finisce mai di stupire qui a Plovdiv, nemmeno quando si tratta di quella recente, che ancora popola le sue strade con il grigiore dei quartieri dormitorio in stile socialismo reale, le Lada e le Moskovitch che tossiscono in mezzo al traffico, le vecchie case turche ed armene.

Ahimè mi perdo il monastero di Bachkovo, situato vicino a Plovdiv, ma non manco sicuramente di perdere la perla dei Balcani, il tesoro della Bulgaria, il monastero di Rila..

Così, ritorno solo di passaggio a Sofia, e proseguo in autobus verso Dupnitsa, dove cambio autobus per Rila.

Il monastero di Rila è la culla dell’identità bulgara. E’ di una bellezza struggente, tale da mozzare il fiato, sia per i suoi affreschi che anche per la sua posizione.

Zahari Zograf, l’artista che ha dipinto metà dei monasteri di tutta la Bulgaria, qui ha creato un opera d’arte unica, illustrando sulle mura esterne della chiesa scene del purgatorio con diavoli pelosi e grassi peccatori, placidi angeli e draghi minacciosi. In un altro angolo della chiesa, ogni peccato è scrupolosamente raffigurato e descritto in antico Bulgaro.

L’iconostasi finemente scolpita è l’opera più preziosa ed è contenuta all’interno della chiesa del monastero.

Sarà per il blu intenso del cielo e degli affreschi, o forse per l’oro onnipresente, magari per il verde che circonda il monastero, ma Rila è davvero un posto unico, che è impossibile non amare o dimenticare.

L’ultimo sguardo che mi offre la Bulgaria prima di entrare in Grecia è Melnik, conosciuta affettuosamente come la città più piccola di questo paese.

Famosa per l’architettura unica delle sue case, costruite in stile bulgaro-rinascimentale lungo il placido fiume che l’attraversa, Melnik è anche famosa per le strane piramidi di pietra, chiamate “mels” che circondano il villaggio e che gli conferiscono un’aria un po’ enigmatica.

A rendere Melnik una piacevole località dove trascorrere un po’ di tempo, ci sono anche un paio di aziende vinicole, la più famosa la Mitko Manolev, dove si può assaggiare e comprare il vino qui prodotto.

La mia ultima immagine della Bulgaria è un pranzo veloce in un ristorantino sulla strada, verso il confine, pasteggiando con pomodori bulgari, conditi da olio greco e bevendo caffè turco, mentre intorno a me placide mucche camminano senza meta sull’asfalto e zingari chiassosi carichi di pacchi e valigie aspettano un passaggio da qualcuno che non sembra mai arrivare.

I Balcani iniziano e finiscono qui, e la Bulgaria è l’anima vera, sincera, l’essenza di questo angolo di Mondo che non è ancora Oriente ma non è nemmeno più Occidente.

Stranamente, la frontiera è trafficata solo verso una direzione, verso la Grecia, sembra che nessuno sia interessato a compiere il tragitto in senso contrario, e il dubbio mi sorge, la Bulgaria è davvero un segreto ben mantenuto o solo un tesoro che non è stato ancora scoperto?

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edificio, Sofia

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monastero Rila

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Cattedrale Alexander Nevskij, Sofia

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ci si arrangia come si può, Bulgaria

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tsarevets, veliko tarnovo

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Plovdiv



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