I tesori della Valchiavenna
Prima di entrare nei dettagli vale la pena spendere qualche parola sulle vicende storiche della Valchiavenna al fine di comprenderne il passato valore commerciale e quindi la presenza delle ricchezze ancora oggi visitabili.
Grazie alla sua posizione ai piedi del Passo dello Spluga e di quello del Maloja, valichi alpini di collegamento fra la nostra penisola e il resto d’Europa, la valle assume l’importante ruolo di crocevia per lo scambio di merci fin dal X secolo e infatti, non a caso, Chiavenna può vantarsi di essere il comune più antico della provincia di Sondrio istituito nel lontano 1030. Vista la stretta vicinanza con la Svizzera ne subisce immancabilmente l’influenza e le caratteristiche case in legno ‘importate’ dalla migrazione di alcune famiglie elvetiche Walser, a cui le abitazioni devono appunto il nome, ne sono un semplice esempio. Nei secoli a venire il commercio prospera insieme a un’intensa attività artistica e culturale toccando l’apice nel 1400 durante la dominazione dei signori di Milano, tuttavia la crisi è vicina. Al termine del XV secolo Ludovico il Moro costruisce le mura intorno all’abitato per difendersi dalle razzie dei Grigioni ma i suoi sforzi di proteggere Chiavenna risultano vani perché le armate svizzere riescono a conquistare il territorio e successivamente lo governano senza rivalutarlo. Finalmente nel 1797 Napoleone libera la vallata istituendo la Repubblica Cisalpina e il territorio diviene poi parte del Regno d’Italia nel 1814. Questa sembrerebbe una svolta positiva, invece Chiavenna inizia a perdere la sua importanza di via commerciale a causa della nascita di nuovi tracciati e all’apertura del Traforo ferroviario del San Gottardo nel 1882 che agevola notevolmente il transito delle merci verso la Svizzera interna e la Germania, ora non più costrette a essere trasportate attraverso i ripidi valichi alpini. Fortunatamente lo sviluppo dell’industria nel XIX secolo riesce ad attutire il colpo anzi, favorisce la conversione dell’economia dal settore terziario a quello manifatturiero e grazie alla filatura del cotone, insieme alla produzione della birra, la Valchiavenna ritorna al suo antico benessere economico. Oggi di quelle attività è rimasto un lontano ricordo tranne che per il birrificio Spluga riaperto a Gordona con adiacente pub ristorante.
Entriamo nel vivo delle attrazioni cominciando dalla prima meta di giornata situata a Piuro, piccolo paese a 2,5 chilometri da Chiavenna sgranato lungo la carrozzabile 37 del Passo Maloja. Per raggiungere il Palazzo Vertemate Franchi bisogna lasciare la strada principale infilandosi tra le case dell’abitato disposte sulla parte iniziale del ripido fianco della montagna.
Giunti a destinazione, dopo la salita, pare impossibile che le mura di cinta del palazzo possano ospitare un ampio terreno quasi completamente pianeggiante coltivato a orto, vigneto e frutteto sul davanti, a vasto castagneto sul retro e a bel giardino all’italiana su un lato con tanto di enorme vasca. La semplicità esteriore dell’edificio inoltre trae in inganno noi visitatori che mai ci aspetteremmo di trovare degli interni così sfarzosi e curati.
Ma facciamo un passo indietro perché la visita guidata, unica modalità d’ingresso al Vertemate Franchi, inizia dalla cappella della tenuta e il curatissimo esterno terrazzato da cui si gode di una rilassante vista sui tetti di Piuro e verso le montagne ancora innevate sopra Chiavenna.
Varcato un arco in pietra abbellito dalla lavorazione a bugnato e il portale realizzato con la stessa fattura entriamo nell’edificio, lasciandoci alle spalle il piacevole tepore del sole che qui crea un microclima eccezionale per le coltivazioni. Dall’atrio si accede alla grande Sala di Giove e Mercurio rimanendo subito folgorati dai meravigliosi affreschi. D’altronde i fratelli Luigi e Guglielmo Vertemate Franchi, appartenenti a una facoltosa famiglia di Piuro, non badarono a spese quando costruirono questa residenza estiva nel XVI secolo. Il loro casato si era orgogliosamente arricchito con i traffici commerciali durante il periodo più prospero della Valchiavenna e l’importanza di tali origini è ricordata mediante l’incisione nel legno dello studiolo del motto ‘Industria auget Imperium’, ovvero il commercio accresce il potere.
Tutto all’interno trasuda ricchezza. Pareti e soffitti a volta sono affrescati con scene mitologiche, le stanze dette Stue appaiono come dei veri e propri capolavori d’artigianato grazie al rivestimento in legno finemente intarsiato e a completare la lussuosa atmosfera intervengono i monumentali camini, le stufe in maiolica e gli arredi.
Ai piani superiori si curiosa nella stanza del vescovo, dotata di botola nel soffitto da cui probabilmente si calavano delle accompagnatrice ad allietare le sue notti, e si tocca l’apice della fastosità nel superbo Salone della Zodiaco. Curiosità vuole ci sia persino una stanza preparata apposta per ospitare Napoleone Bonaparte, anche se qui il famoso politico e militare francese pare non sia mai arrivato.
Ovviamente nell’edificio non mancano neppure i dipinti. Fra tutti, i due più emblematici ritraggono il territorio di Piuro prima e dopo la devastante frana del 1618 la cui violenza fece scomparire gran parte del paese, seppellì i suoi abitanti e con essi le altre residenze dei Vertemate a eccezione del palazzo, salvatosi per la sua posizione rialzata e decentrata rispetto al nucleo dell’abitato.
Concludiamo la visita con una breve passeggiata nel castagneto e il piccolo gruppo di rustici in sasso. Un ultimo sguardo al bel panorama verso la vallata quindi puntiamo decisi alla seconda attrazione di giornata, questa volta naturale, dove l’acqua è l’indiscussa protagonista.
Per le informazioni su orari, costi, storia e molto altro consultate il sito internet: www.palazzovertemate.it/index.php?l=it
Nella vicina frazione di Borgonuovo di Piuro e a pochi passi dalla solita strada statale 37 del Passo Maloja lo spettacolo delle Cascate dell’Acquafraggia toglie il fiato. Per un attimo ci sembra di essere tornati nella selvaggia Islanda, invece siamo nel bel mezzo della civiltà e purtroppo le cartacce abbandonate qua e là da qualche maleducato (in realtà nella mia testa l’ho apostrofato in un altro modo ma non posso scriverlo) ce lo ricordano. Il fiume che le disegna nasce a oltre 3000 metri di altezza e dopo aver dormicchiato un po’ in un lago alpino precipita per 1800 metri creando diversi salti, da qui il nome d’origine latina ‘Acqua Fracta’, Acquafraggia, cioè acqua spezzata. Sono talmente maestose che persino Leonardo da Vinci ne rimase impressionato durante il suo viaggio in questi luoghi montani. Bellissimo è pure il paesaggio ai piedi delle cascate dove il prato pian piano lascia spazio al sottobosco di un castagneto con un incredibile tappeto naturale di Aglio Orsino, una pianta erbacea dalle foglie oblunghe e i particolarissimi fiori bianchi dal profumo intenso.
Nelle vicinanze partono diversi percorsi escursionistici che toccano suggestivi paesini arroccati su speroni di roccia come l’antico borgo di Savogno, ma noi ci accontentiamo di una breve passeggiata pianeggiante per ammirare dal basso questa meraviglia della natura; il pranzo ci attende e non possiamo, o meglio non vogliamo, tardare.
La Valchiavenna è famosa per i Crotti, ovvero dei ristoranti ricavati in grotte naturali un tempo utilizzate per conservare vino, formaggi e insaccati in quanto al loro interno spira una brezza che mantiene la temperatura costante durante tutto l’anno. Fra i molti presenti sul territorio scegliamo il Crotto al Prato alle porte del centro storico di Chiavenna, punto di partenza ideale per le escursioni del pomeriggio. La cucina è gustosa e genuina, l’ambiente è rustico e informale, il servizio veloce e il rapporto qualità prezzo ottimo, soprattutto se si opta per i menù completi. La specialità principe sono i pizzoccheri bianchi, una sorte di gnocchi al cucchiaio fatti con farina e pane raffermo, conditi con formaggio casera e un soffritto di cipolla, burro e salvia. Ottimi sono anche gli affettati, la polenta taragna, la salsiccia con patate alla piòta e a fine pasto gli irrinunciabili biscottini di prosto, delle squisite bombe caloriche a base di burro.
Vista la notorietà del luogo se capitate nel fine settimana vi consiglio di prenotare così da riuscire a mangiare all’interno del crotto vero e proprio, altrimenti verrete fatti accomodare nei tendoni esterni, sempre se trovate posto. Questo è il sito internet del Crotto al Prato: www.crottoalprato.it/chiavenna. Per informazioni generali sui Crotti consultate il sito internet: www.valchiavenna.com/it/tradizioni-e-artigianato/I-Crotti-della-Valchiavenna.html.
Con la pancia piena e il palato appagato ci avviamo lentamente ai piedi dei due spuntoni rocciosi su cui sorge il giardino botanico e archeologico Parco Paradiso, destinazione ideale per smaltire le calorie del pranzo. Il fascino di questo giardino selvaggio aumenta a ogni ripido gradino superato per raggiungerne la sommità e la fatica è ampiamente ripagata dal panorama che circonda la rupe più alta, chiamata Castellaccio per la presenza di antichi ruderi. Probabilmente il castello nacque intorno all’anno mille e col passare degli anni fu ristrutturato passando nelle mani di diverse famiglie come i Visconti, gli Sforza e i Medici. Poi se ne appropriarono gli spagnoli, i Grigioni e numerosi altri proprietari fino al recente 1955 quando finalmente divenne un parco. Da qui si domina Chiavenna e la vallata e si scorge ciò che rimane degli antichi 1840 metri delle mura di cinta e dei 14 torrioni eretti intorno all’abitato da Ludovico il Moro per difendersi dai Grigioni.
Avventurandosi nel Parco Paradiso ci s’imbatte nelle Marmitte dei Giganti, un raro fenomeno naturale risalente alle antiche glaciazioni e risultato della strabiliante azione erosiva/modellante dei ghiacciai. Durante le stagioni più calde la parte superficiale del ghiaccio fondeva creando dei veri e propri fiumi che precipitavano nei crepacci portando con sé massi duri, ghiaia e sabbia i quali, incentivati dalla caduta e dai vorticosi volteggi, agivano come una mola erodendo la roccia sottostante. A volte i detriti responsabili del moto corrosivo si possono ritrovare ben arrotondati sul fondo delle ‘marmitte dei giganti’.
Quest’area protetta non finisce di stupirci grazie alla particolarissima ‘Caurga’. Caurga, in dialetto, indica l’antica cava di pietra ollare d’epoca romana che a causa delle continue asportazioni ha creato una suggestiva spaccatura della roccia (lunga 45 metri e profonda fino a 39 metri) nonché i due spuntoni rocciosi appartenenti al Parco. Dalla pietra ollare, roccia adatta per la lavorazione al tornio, si ricavavano i ‘laveggi’ ovvero delle pentole per la cottura dei cibi tutt’oggi acquistabili nei negozi d’artigianato. Grazie alle sue peculiarità anche il Parco Paradiso è un’attrazione della Valchiavenna da non perdere e l’esplorazione dei suoi sentieri è un’attività particolarmente indicata dopo un’abbuffata ai crotti. Per le informazioni su orari, costi, storia e molto altro consultate il sito internet: http://www.valchiavenna.com/it/cultura/Il-Parco-archeologico-botanico-del-Paradiso.html.
Da Piazza Castello, ai piedi del Parco Paradiso, in pochi passi giungiamo al Complesso della Collegiata di San Lorenzo sovrastato dall’alto campanile cinquecentesco e abbellito dall’elegante porticato costruito attorno a quello che un tempo era il cimitero. In una sala aperta sul colonnato giace il famoso Fonte Battesimale, una vasca in pietra ollare dalla forma circolare con circonferenza di ben 6 metri e abbellita da sculture in mezzorilievo. L’acqua benedetta contenuta in esso veniva utilizzata per battezzare a Pasqua e a Pentecoste tutti i nati nella chiesa di San Lorenzo. Grazie alle scritte incise sul bordo della vasca si può rilevare la data di creazione dell’opera: il lontano 1156.
Altra attrazione ospitata nel complesso della collegiata è il Museo del Tesoro, piccolo eppure prezioso, nel quale trovano posto vari oggetti religiosi dal periodo romanico al 1700 tra cui paramenti e arredi sacri finemente decorati, dipinti, statue religiose e un raro codice musicale dell’XI secolo quando ancora il pentagramma non era stato inventato e il ritmo era scandito con dei segni indicanti il movimento della mano del maestro sopra le parole. Il gioiello più pregiato del Museo è di certo la Pace di Chiavenna. Si dice si tratti della copertina di un evangelario o del coperchio della sua custodia ed è formata da ben 25 lamine d’oro fissate su una tavolozza di noce. L’opera risale all’XI secolo e sembra sia stata realizzata da un’officina lombarda, inoltre leggenda vuole che il manufatto costituisse la donazione del vescovo accompagnatore del Barbarossa quando questi arrivò a Chiavenna nel 1176 per l’incontro con Enrico il Leone.
Più si osserva la PACE e più se ne rimane incantati, catturati dai dettagli di oreficeria minuziosamente realizzati. Ascoltando poi l’interessante video esplicativo si comprende il significato e il valore di ogni singolo elemento applicato sulle lamine d’oro. Per esempio i bassorilievi dorati racchiusi in uno spazio quadrato rappresentano i simboli dei quattro evangelisti mentre le quattro placche ovali in smalto raffigurano, partendo dall’alto e in senso orario, il Pantocratore, la Madonna, la Visitazione e l’Angelo Gabriele. Il tripudio di perfezione e ricchezza lo si raggiunge tuttavia esaminando i rosoncini tondi e la croce centrale in filigrana sui quali si contano 97 gemme e 94 perle, numeri che farebbero certamente gola anche al più famoso ladro di gioielli della letteratura, e poi della televisione, Arsenio Lupin. Per informazioni su orari, costi, storia e molto altro consultate il sito internet del Museo del Tesoro: www.valchiavenna.com/it/cultura/Museo-del-Tesoro.html.
Non c’è modo migliore di concludere questa intensa giornata di cultura e soddisfazioni culinarie con una rilassante passeggiata per il nucleo storico di Chiavenna, durante i fine settimana gremito di gente. Gustando un gelato acquistato in una delle tante piccole gelaterie lungo la strada selciata pedonale, è davvero piacevole girovagare senza fretta fino alla Piazza Rodolfo Pestalozzi. Da qui si svolta a destra ritrovandosi sul ponte sopra il fiume Mera per osservare la sorta di piccolo orrido scavato dall’acqua e sulle cui pareti rocciose poggiano i muri delle abitazioni più antiche della cittadina. D’estate si può godere dell’aria fresca raffreddata dal Mera e naturalmente incanalata dalla gola del fiume, mentre nelle serate invernali quando la neve crea una sorta di cappello sopra i sassi e la luce dei lampioni filtra a malapena fin qui, pare di essere in un libro di Stephen King.
Ogni stagione è ideale per visitare la Valchiavenna che è di certo uno dei tanti piccoli scrigni sparsi per l’Italia a cui mi riferivo all’inizio dell’articolo; una meta suggestiva dove arte, storia e cucina si fondono egregiamente.