Francesi

Il solito gruppo di zelanti studiosi garantisce che il Monte Bianco sta venendo in Italia: forse sono gli stessi che continuano a ripetere che "fra poco" Bari sarà in Albania e la Sicilia cozzerà con la Sardegna. Niente di straordinario, mercanzia per pochi eletti, sta di fatto che per gli imponderabili misteri della geologia la cresta innevata...
Scritto da: Davide Pardi 1
francesi
Partenza il: 10/09/2003
Ritorno il: 14/09/2003
Viaggiatori: da solo
Spesa: 500 €
Il solito gruppo di zelanti studiosi garantisce che il Monte Bianco sta venendo in Italia: forse sono gli stessi che continuano a ripetere che “fra poco” Bari sarà in Albania e la Sicilia cozzerà con la Sardegna. Niente di straordinario, mercanzia per pochi eletti, sta di fatto che per gli imponderabili misteri della geologia la cresta innevata del Bianco si muove verso Courmayeur. Courmayeur ringrazia.

Alcuni italiani farebbero volentieri ai francesi un cappotto di legnate, per un motivo che, forse, non ricordano nemmeno loro. Un astio antico che arriva da lontano, qualcosa di simile a quello che succede in provincia tra il borgo grosso e la frazione. Per stabilire chi dei due è il borgo e chi la frazione bisogna vedere se il confine lo si guarda da “qui” oppure da “ici”. Sfumature, si direbbe, ma per due popoli di tanto longeva tradizione artistica anche le sfumature hanno il loro peso.

L’antipatia verso lo straniero è però qualcosa che bisogna lasciare a casa quando si viaggia. La risorsa filosofica ed il contributo in umanità che rivela il viaggiatore è forse anche questo: egli è per primo lo straniero e sa come ci si sente a sedersi da ospite alla tavola degli altri.

Ho un’aneddoto che non riesco a far calzare con una raccomandazione che mi è stata elargita prima di partire per “La Via delle Alpi”: in pratica pare che, oltre al fatto non si lavano mai, i francesi se possono ti guardano sempre dall’alto verso il basso. Non mi calza, perciò questa ve la racconto.

Appena iniziata la lunga salita all’Iseran incrocio un tedesco che viene avanti a spinta. Mi fermo come di consueto e cerco di capire qual’è il problema: il problema era terribile, di quelli ai quali neppure un buon meccanico può metterci una pezza: mancava la benzina. Gli indico il distributore che ho visto poco prima e riparto. “Un tedesco che rimane a secco!” questa è tanto grossa che non so dove metterla! Il tedesco viaggiatore è per definizione preparatissimo, organizzatissimo, equipaggiatissimo. Come si fa a rimanere a secco? Non sono molto sveglio e per umiltà certe cose rinuncio a capirle sorridendoci su.

In quella mi si accende la spia della riserva.

Che la benzina si consumi fa parte delle leggi fisiche e meccaniche che regolano le cose delle macchine, eppure quando mi si accende la spia della riserva trovo che sia innanzitutto una profonda ingiustizia. Tant’è, non mancavano che poche curve a Val d’Iser e la riserva tiene cinque rassicuranti litri, che in chilometri fanno cento.

Domegge di Cadore non è mai stata famosa per aver ospitato in gran pompa importanti gare di sci, anzi. Tuttavia questa Domegge di Cadore ha i suoi bei due o tre distributori lungo la statale. A Val d’Iser ce n’è uno solo, appena arrivati in paese: quel giorno chiuso per turno.

Dopo Val d’Iser c’è solo l’Iseran e i suoi 2770 metri: non è bene rimanere a secco proprio li. Comunque questo è un distributore automatico, che fa egregiamente il proprio dovere perchè, mentre mi fermo, un tale richiude il serbatoio e riparte.

Stiro il mio deca come se fosse la foto preziosa di un caro estinto. Non parlo il francese ma posso assicurare che ho inteso ugualmente benissimo il cartello: niente contanti, solo carte di credito rigorosamente francesi. Mi torna in mente il tedesco, e mi viene da sorridere qualcosa di meno.

In questi casi mi prende una tremenda umiliazione e rimango stordito per qualche minuto. Resto fisso come una pertica a rileggere il cartello come se, rileggendolo, magari le parole si riescano a combinare altrimenti e si possa trovare il modo di ficcare in qualche buco il pezzo da dieci euro e far benzina.

Mi risveglia una gran brutta parola che dico sempre ad alta voce, fingendo che sia la conclusione di una lunga considerazione mentale.

Escludo la Gendarmeria. Cosa gli racconto? Che sono rimasto a secco? C’è solo una cosa che un uomo in difficoltà può fare: un buon caffè.

Entro in un bel bar e la bellezza della cameriera mi rende loquace. In inglese, si capisce, lingua che parlo più fendendo l’aria a gesti che a parole. Ma il momento è drammatico e arrivo anche a lanciarmi in costruzioni complesse, esortative, esclamative. La cameriera mi dice che lo sa, che è un problema e che spesso hanno fatto reclamo al Municipio perchè in una zona visitata da tanti stranieri non si può pretendere che tutti viaggino con una carta di credito francese. E qui inizia il miracolo, roba da Notte di Natale del ’15. La cameriera apre l’elenco ed inizia a telefonare a tutte le stazioni di servizio della zona per vedere se ce ne sono di aperte. E’ domenica, ed è anche passato il mezzogiorno. Niente da fare. Poi chiama la padrona del bar, una ragazza sulla trentina molto meno affascinante e un po’ più prosperosa. Ascolta la mia storia dal racconto della cameriera. E’ gente spiccia questa, gente di montagna. Mi dice di andare al distributore, lei mi segue a piedi.

La padroncina del bar arriva quasi di corsa, infila la sua carta di credito nella colonnina, e mi fa fare i miei dieci euro di benzina. Ho un lessico così ridotto di inglese che posso solo ripetere “grazie” una decina di volte.

Gli passo il mio famoso deca e mentre finisco di dire “grazie” arriva una banda di motociclisti. Stessa scena: rimangono impalati con il loro bel deca in mano davanti alla colonnina.

Non c’è stato bisogno di chiedere nulla, mi sono allontanato mentre la padroncina riforniva di carburante le moto di quella banda.

Davide www.Laviadellealpi.Com



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