Esperienze africane

Parchi, deserti, villaggi, missioni del Senegal
Scritto da: frasca giuseppe
esperienze africane
Partenza il: 21/11/2018
Ritorno il: 29/11/2018
Viaggiatori: 4
Spesa: 2000 €
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Questo in Senegal è stato il mio primo viaggio deciso di impulso ed organizzato nel giro di una settimana. Al punto che, sull’aereo che mi portava a Dakar, continuavo a chiedere a me stesso se avessi valutato tutte le condizioni per un viaggio in sicurezza, dal momento che mi sentivo responsabile delle tre donne che viaggiavano con me. Timori fugati all’arrivo in quanto mi sono subito reso conto che, per la sicurezza, il Senegal non è diverso dagli altri Paesi africani visitati in precedenza. La solita cautela nelle città e, soprattutto durante la visita ai mercati, occhio ai borseggiatori. Lo stesso discorso che per gli altri Paesi africani vale anche per gli alberghi senegalesi: manca sempre qualcosa (un asciugamano, il sapone, una porta che cigola, l’acqua calda…). In compenso i prezzi degli alberghi sono eguali a quelli italiani. Le prese della corrente sono di tipo D a tre poli. Comunque non abbiamo mai adoperato gli adattatori in quanto abbiamo inserito le spine dei nostri apparecchi elettrici direttamente nei due poli inferiori. Di zanzare ne abbiamo trovate poche, concentrate nella zona del deserto di Lampoul. Turisti pochi: qualche coppia di francesi. In compenso tantissime donne attempate, sempre di nazionalità francese, accompagnate da giovanissimi servizievoli senegalesi. Si mangia sempre pesce (a colazione, pranzo e cena); abbondano i cefali di cui i senegalesi vanno ghiotti. Il costo di un pasto si aggira sui 5/10 euro. La maggioranza della popolazione è musulmana. Presente una nutrita comunità cattolica. Non ci sono problemi religiosi sia perché sono frequenti i matrimoni fra membri delle due comunità, sia perché, la loro, è una religiosità sincretistica in quanto il loro credo integra elementi animisti. L’unico problema che abbiamo riscontrato durante il nostro soggiorno è la ritrosia della maggioranza dei senegalesi a farsi fotografare. Il viaggio, da Catania, lo abbiamo effettuato con l’Air Italy di cui non posso che dare un giudizio positivo per la puntualità, il cibo servito a bordo, la cordialità dell’equipaggio. Unico neo è che bisogna prenotare, contestualmente al biglietto, anche il bagaglio in stiva. Non lo abbiamo fatto e siamo stati costretti a stipare tutto nei bagagli a mano. La stiva era piena in quanto ogni senegalese che va o ritorna dal suo Paese, porta da 5 a 10 valigie.

La prima giornata scorre tranquilla. Visitiamo, di buon mattino, a Dakar, il monumento del Rinascimento africano che sorge sull’unica collina del Senegal, Paese senza alture. Il monumento, alto 49 metri, è imponente, in puro stile stalinista. Infatti è stato realizzato da maestranze nord-coreane. La visita della città non presenta elementi di novità. Attirano la nostra attenzione una ventina di palestre gratuite, a ridosso della spiaggia, all’aria aperta, frequentate da centinaia di giovani. Verso le undici ci rechiamo al porto per imbarcarci con destinazione Gorèe, dichiarata Patrimonio dell’Umanità. Questa è un’isola famosa per essere stata, fino al 1848, il punto da cui sono partiti milioni di schiavi africani per un viaggio senza ritorno dalle Americhe. Visitiamo la Casa degli Schiavi dove quest’ultimi venivano ingrassati per tre mesi, fino a raggiungere il peso di Kg 65 e poi barattati, nel cortile della casa, con una carabina o per il suo equivalente in valore. Struggenti la prigione delle vergini, i locali alti un metro per chi osava ribellarsi e la porta del non ritorno dove le famiglie venivano divise per sempre. L’isola, pur pensando al suo penoso passato, è incredibilmente bella. Passeggiamo fra le case colorate e ricoperte di bouganville, attorniati da bimbi vocianti, appena usciti dalla scuola.

Prossima tappa Il Lago Rosa, a circa 30 Km a nord dalla capitale, già punto d’arrivo della Parigi/Dakar. Il colore di questo lago è effettivamente di un rosa intenso ed è dovuto all’azione di una particolare alga che vive nelle acque ad alto tasso di salinità. La concentrazione della salinità arriva al 40%, superiore a quella del Mar Morto. Blocchi di sale vengono staccati, con lunghi bastoni, dal fondo del lago e, trasportati vicino la riva da barconi, vengono prelevati da donne le quali, per 5 euro al giorno, li trasportano sulla spiaggia per farli asciugare. Con una jeep esploriamo il deserto circostante il lago e facciamo una breve visita ad un villaggio di etnia wolof.

La visita al parco nazionale di Djoudj, che effettuiamo il giorno dopo, ci lascia frastornati e stupiti. Già prima di imbarcarci su una piroga che ci porterà nelle anse del fiume, avvistiamo dei facoceri. Il Parco, patrimonio Unesco dal 1981, è un vero santuario ornitologico popolato da oltre 350 specie di uccelli. Avvistiamo garzette, aironi, cormorani, marabutti, aquile, spatole, pellicani e tanti altri uccelli che non riusciamo ad identificare. I pellicani, in particolare, a migliaia sono radunati su un isolotto e si esercitano in voli acrobatici. Non mancano i coccodrilli. Soddisfatti prendiamo la via per Saint Louis. Il centro storico di questa città si sviluppa su un’isola sabbiosa alla foce del fiume Senegal ed è unita alla terraferma dal ponte di Faidherbe, una struttura in ferro di circa 500 metri. La città la visitiamo in carrozzella. Indubbiamente ci sono, nei palazzi coloniali, tracce del passato splendore; ma tutto è degradato se non fatiscente. Folcloristiche le enormi barche multicolori dei pescatori che ritornano dalla pesca accolte da migliaia di persone che fanno ressa per contrattare e comprare il pescato.

Nel pomeriggio proseguiamo per Lompoul, un deserto con dune di sabbia fine dove le donne che mi accompagnano si esibiscono in cavalcate con dromedari e surf sulle dune. Dormiamo in tende. La sera ci raduniamo attorno al fuoco per ascoltare dei locali che si esibiscono con i tamburi.

Prossima tappa Touba, un importante centro religioso, meta, ogni anno, di mezzo milione di pellegrini che si radunano per onorare il fondatore del muritismo, Bamba, la cui tomba è nella moschea al centro della cittadina. All’ingresso della città -oltre alla solita spazzatura che viene abbandonata all’ingresso di ogni abitato- troviamo cartelli che invitano a non fumare e a non bere alcolici. La moschea che visitiamo è veramente bella per i marmi policromi che l’adornano e per i suoi alti minareti.

Breve fermata al mercato di Koalak, uno dei più grandi del Senegal ma poco interessante. Proseguiamo per Toubacouta dove ci fermeremo per due notti.

Dopo cena assistiamo, ai bordi della piscina, ad uno spettacolo folcloristico veramente coinvolgente.

La mattina successiva facciamo una escursione in barca nello splendido Parco Nazionale del Delta del Saloum, dichiarato dall’Unesco riserva della biosfera.

Nel parco vivono oltre 600 specie diverse di uccelli. Ne vediamo a centinaia appollaiati sulle mangrovie o sugli alti alberi che costeggiano le rive del fiume: aironi, fenicotteri, aquile, cicogne. Avvistiamo anche un delfino e ci fermiamo a pescare al bolentino. L’incontro più straordinario lo facciamo aderendo alla richiesta di passaggio sulla nostra barca da parte di una signora che si sbraccia dalla riva per attirare la nostra attenzione. La nostra guida la riconosce subito per la regina dei mandinga che si era recata a fare la spesa e che ora ci chiede di accompagnarla sulla sua isola. Ovviamente le chiediamo di sbarcare con lei e di fare la conoscenza della sua gente. L’accoglienza è molto calorosa e veniamo invitati anche a visitare le capanne e la piccola scuola.

Nel pomeriggio visitiamo una cooperativa di donne che provvedono ad affumicare il pesce. Purtroppo c’è il blocco biologico della pesca e le donne sono in ferie: quindi ci limitiamo a vedere gli strumenti che adoperano. Lì vicino assistiamo alla costruzione di una barca di pescatori.

Siamo all’ultimo giorno della nostra permanenza in Senegal. Per raggiungere il villaggio di Joal Fadiouth, al quale siamo diretti, c’è da fare molta strada. Fra l’altro c’è da prendere anche un traghetto antidiluviano che, arrancando e sbuffando, arriva con più di un’ora di ritardo. Dopo avere traghettato visitiamo un villaggio dell’etnia Serere. Ci invitano nelle capanne, i bambini ci fanno festa. Come al solito lasciamo alcuni piccoli regali. Dopo avere percorso una lunga e disagevole pista, facciamo visita ad una piccola missione cattolica gestita da padre Emanuele, originario di Codogno, ma da 40 anni in Africa.

Finalmente arriviamo alla nostra meta, accessibile solo tramite un lungo ponte di legno. Joal Fadiouth, denominata anche l’isola delle conchiglie per l’abbondanza di queste ultime, è un’ isola abitata prevalentemente da cattolici. C’è anche una piccola comunità di musulmani che va perfettamente d’accordo con quella cattolica. Infatti il piccolo panoramico cimitero dell’isola, anch’esso raggiungibile tramite un ponte di legno, è l’unico al mondo dove sono sepolti insieme cattolici e musulmani, anche se in settori diversi. Ovunque ci sono maiali che dormono o sguazzano nel fango.

Completiamo il nostro viaggio visitando un grande mercato del pesce allocato vicino all’attracco di grosse barche che stanno tornando da una battuta di pesca nell’oceano atlantico.



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