In scooter dall’Italia alla Guinea Bissau
Dall’Italia alla Guinea Bissau. Due amici, due scooter a tre ruote e tanta voglia di avventura e di solidarietà.
Testo di Marco Ronzoni
Foto di Marco Ronzoni e Alberto Dormeletti
È una cupa sera di gennaio quando le due ruote anteriori dei nostri scooter lasciano il freddo acciaio del traghetto della G.N.V. per toccare il tiepido suolo del porto di Tangeri. La terza ruota, quella posteriore, arriverà pochi istanti dopo… Eh si, perché siamo a bordo di due scooter “QUADRO 3” con cui ci siamo imbarcati a Genova tre giorni orsono e con i quali abbiamo tutte le intenzioni di arrivare in Guinea Bissau.
Mi sembra già di sentire la curiosità che si accende… Che intenzioni abbiamo con due scooter in Africa? E dov’è, ma soprattutto cos’è la “Guinea Bissau”? Beh, per prima cosa la Guinea Bissau si trova in Africa occidentale a sud del Senegal ed è uno dei Paesi tra più poveri al mondo; è a circa 4700 chilometri da Tangeri e per arrivarci via terra bisogna attraversare tutto il Marocco, il Sahara Occidentale, la Mauritania, il Senegal e la Gambia.
Conosciamo bene quelle strade avendole già percorse su e giù diverse volte, in moto, in 4×4 ed anche in ambulanza, ogni volta per consegnare mezzi di soccorso a Missioni cattoliche, comunità e centri sanitari di quel piccolo Paese africano; stavolta i due scooter verranno donati ad un ospedale pediatrico della capitale e trasformati in “moto mediche” a disposizione del personale locale.
Basta come spiegazione?
Dal vasto porto di Tanger Med raggiungiamo Tangeri città, distante una cinquantina di chilometri, guidando lungo la buia e tortuosa costa. Mentre Alberto è da tempo scooterista convinto e praticante, io da buon motociclista non sono mai nemmeno salito su uno scooter, ne con due ne tantomeno con tre ruote quindi per me è la prima esperienza di questo genere. Per fortuna i primi chilometri marocchini già bastano per prendere confidenza con i mezzi e trovarli molto intuitivi. Li abbiamo avuti in dono dall’Azienda QUADRO S.A. che ha aderito al progetto e che ce li ha consegnati pochi giorni prima della partenza. Li abbiamo equipaggiati con una piccola dotazione di viaggio montando artigianalmente sui portapacchi due bauletti portautensili sopra i quali abbiamo fissato una gomma posteriore di scorta. Sotto la sella una tanica di benzina da 5 litri, olio motore e filtro olio, cinghia trasmissione, attrezzi vari, KIT forature e primo soccorso ed un piccolo estintore.
Tangeri – Marrakech – Km 638
Da Tangeri ci spingiamo subito a sud con un lungo salto fino a Marrakech, evitando strade panoramiche e percorrendo la via più diretta. E’ un peccato non assaporare lo stupendo Marocco ma purtroppo non possiamo permetterci di fare i turisti; ci attende tanta strada e le difficoltà sono sempre imprevedibili. Guidiamo tutto il giorno facendo soste solo per fare rifornimento e mangiare un boccone. La temperatura è piacevole, da inizio primavera. Quando cala il sole però rinfresca parecchio, per cui passiamo la serata nella piazza Jemaa El Fna di Marrakech sorseggiando fumante e dolcissimo tè alla menta.
Marrakech – Tiznit – Km 467
Il rigore del mattino di Marrakech ci accompagna fino alla costa atlantica dove ad Essaouira improvvisamente un accogliente tepore ci permette di rilassare un po’ i muscoli contratti da ore di freddo e nebbia. Non ci aspettavamo 5 gradi nel cuore del Marocco ed abbiamo dato fondo a tutto l’abbigliamento disponibile per coprirci e ripararci dall’umidità. La strada è bella, soprattutto fino ad Agadir, mossa da pieghe e dislivelli ed impreziosita dallo splendido spettacolo dell’Oceano. Gli ultimi 100 chilometri fino a Tiznit, che si trova lontana dalla costa, sono piuttosto noiosi lungo un’anonima strada a doppia corsia che, attraversando i centri urbani, si complica in un caotico traffico. Troviamo rifugio in un hotel già utilizzato altre volte dove sappiamo che si dorme decentemente e si mangia alla grande. Ed anche stavolta facciamo centro.
Tiznit – Laayoune (Sahara Occidentale) – Km 610
Il tratto di strada che ci attende subito dopo Tiznit è l’ultimo piccolo sforzo in salita dei nostri scooter. Da qui in poi ci dimenticheremo degli splendidi rilievi dell’Atlante marocchino; una volta raggiunto nuovamente il litorale, il percorso si fa prevalentemente piatto ma incantevole per la magnifica vista che si gode. La costa Atlantica sarà un po’ il “leitmotiv” che ci accompagnerà fino a destinazione, in quanto l’itinerario continuerà a seguirla allontanandosi e riavvicinandosi a più riprese. La meta odierna è Laayoune, la porta d’ingresso nei territori dell’ex Sahara Spagnolo, ora provincia interna del Marocco. La strada oltre Guelmim inizia ad essere solitaria, preludio alla magnifica monotonia che ci attende domani; solo alcuni lievi scollinamenti nascondono per pochi minuti l’orizzonte ed i posti di controllo della Polizia Marocchina armata di Telelaser. Oggi è giornata di vento che tira dall’Oceano verso l’interno desertico, a volte tanto impetuoso da provocare una violenta mareggiata che solleva fitte nubi di rugiada salmastra che raggiungono il nastro di asfalto inzuppando noi ed i nostri scooter. L’ingresso al tramonto a Laayoune è come sempre emozionante. Per il suo recente turbolento passato legato all’agognata indipendenza del Sahara Occidentale, Laayoune è caratterizzata da un’imponente presenza militare sia Marocchina che dell’O.N.U. L’aria che si respira è comunque serenamente anonima ma si percepisce di essere in una città di frontiera oltre la quale si aprono territori ben diversi da quelli attraversati fin’ora. L’albergo prenotato da casa non ha la minima idea di chi siamo quindi ci tocca trovare un altro alloggio. La sera trascorre pigramente lungo il corso principale tra il rumoroso concerto dei veicoli sapientemente “diretti” dai fischietti dei poliziotti agli incroci ed i bar affollati di uomini intenti a guardare partite di calcio sui maxischermi dei dehors, fumando come ciminiere e sorseggiando l’immancabile tè alla menta.
Laayoune – Dakhla – Km 564
Nei 750 chilometri che ci separano dal confine con la Mauritania troveremo solo due città, l’ultima delle quali a 200 chilometri dalla frontiera. Da qui iniziano le decine di posti di blocco che Esercito, Polizia e Gendarmeria Reale si distribuiscono tra loro per frammentare il viaggio. Il vento non ha mollato un attimo e ha soffiato tutta la notte mischiandosi con l’umidità del mare. Non ci piace guidare col vento laterale, come penso non piaccia a nessuno. La sorprendente stabilità dei nostri tre ruote ci aiuta parecchio ma l’impegno mentale più che quello fisico è comunque stancante. Le ore di guida passano lente come i chilometri, scanditi dalle pietre miliari che ci informano quanto ancora manca a Dakhla, la tappa di oggi. L’Oceano è sempre lì al nostro fianco ed il suo azzurro fa da contrasto con l’ocra della terra. Questa è una regione desertica dove non si trovano che rarissime dune di sabbia; il resto è un piatto e monocromatico “hammada” sassoso tagliato da grigi rettilinei infiniti. Unici intermezzi i gruppi di dromedari semiselvatici e le sperdute stazioni di servizio che offrono una breve sosta polverosa con benzina di scarsa qualità ma che costa meno di 0,60 Euro al litro. Nel tardo pomeriggio, superato l’ultimo posto di blocco, iniziamo i 40 chilometri più belli della giornata. La penisola al cui termine si trova Dakhla è stupenda. Percorrendola verso sud si attraversano scenari lunari incorniciati ad est dalle calme acque ventose della baia interna, colorata da decine di vele di kite-surf, e ad ovest dalle ruggenti onde oceaniche. Dakhla è accogliente e ben fornita di strutture ricettive. Il solito ristorante spagnolo ci permette di bere un’ultima buona birra. Siamo in un Paese Musulmano. Da qui in avanti ce la sogneremo per un bel pò…
Dakhla – Nouadhibou (Mauritania) – Km 484
Oggi affronteremo la prima frontiera entrando in Mauritania. Via da Dakhla incrociamo il Tropico del Cancro, segnalato da piccoli cartelli. La temperatura continua ad essere fresca, non al punto da congelarci ma sufficiente a penetrare nelle ossa nonostante un abbigliamento a strati il cui capo più esterno è una giacca antipioggia che non molliamo da Tangeri… In circa tre ore siamo in frontiera. Ok, armiamoci di pazienza, tiriamo fuori tutto l’ossequioso francese che conosciamo, facciamo i piacioni ed aspettiamo il nostro turno in un formicaio di decine e decine di veicoli scassati e di innumerevoli persone, chi agitato, chi rassegnato, chi strafottente. Tra loro una moltitudine di gente che si spaccia per esperta di pratiche doganali e che si offre di aiutarti a districarti nel caos documentale che ti attende. Ovviamente a pagamento. Uomini e donne inamidati dentro divise impolverate piene di stellette della Police, della Gendarmerie, della Douane e dell’Esercito ci sfiniscono di richieste, di pretese, di carte e di timbri finché finalmente l’ultima sbarra si alza e ciao ciao Marocco. La “Terra di Nessuno” è una fascia di qualche chilometro che divide i territori dei due stati ma di cui, da come si intuisce, a nessuno dei due non gliene frega niente. Fino ad un paio di anni fa era totalmente sterrata; niente strada, niente pista, niente tracce se non i segni delle ruote dei veicoli passati prima di te. Solo terra, sabbia, rocce, polvere e centinaia di carcasse di veicoli abbandonati oltre a tonnellate di spazzatura. Stavolta la troviamo asfaltata. Incredibile. “Vuoi vedere che oggi non rischiamo di forare o di restare insabbiati?” Il sogno dura poco. L’asfalto improvvisamente finisce e con un gradino di una spanna si precipita tra terra, sabbia, rocce e polvere. In compenso le carcasse e la spazzatura sono aumentate. Dopo diverse bestemmie ed una caduta senza danni di Alberto, arriviamo alla frontiera di ingresso in Mauritania. Si ricomincia con attese, pretese, controlli, tasse e timbri. Il giochetto di uscire dal Marocco ed entrare in Mauritania alla fine si prende quasi quattro ore ed una buona fetta della pazienza portataci da casa. Ma l’importante ora è filare verso la vicina Nouadhibou, seconda città del Paese e tappa serale. Trovato un albergo carissimo, ci sgranchiamo le gambe giracchiando nel centro città. Sappiate che in Mauritania le sistemazioni decenti che si spacciano come pluristellate costano come il Burj al-Arab di Dubai, ma a volte non c’è l’acqua calda. E a volte nemmeno quella fredda… Nonostante tiri ancora un forte vento, per fortuna la temperatura è salita ed ora il primo vero caldo ci sta coccolando. Nouadhibou è incasinata, sporchissima, banale ma affascinante. Il suo enorme porto commerciale è un catalizzatore per migliaia di lavoratori e raccoglie il materiale ferroso che arriva dalle lontane miniere dell’interno su un treno merci lungo chilometri. Il vicino faro con il suo caratteristico relitto incagliato offre un bellissimo scorcio sull’Oceano ed il cimitero dei pescherecci è uno scenario fiabesco. Domani attraverseremo il Paese lungo uno dei tratti più “impegnativi” del viaggio sia perché è quasi tutto Sahara e la strada è spesso insabbiata, sia perché qui banditi e simil-terroristi rapiscono gli occidentali… E non ci sono alternative.
Nouadhibou – Nouakchott – Km 532
Quando suona la sveglia, il rumore del vento e la vista delle palme che si agitano nella polvere fanno presagire che oggi saranno cazzi nostri… Vento e sabbia non sono proprio quello che ci si augura lungo i 500 chilometri di deserto che ci separano da Nouakchott, la capitale. In più sappiamo bene della scarsità di benzina di questa parte di viaggio in quanto non c’è che un’unica stazione di servizio dove spesso si trova solo gasolio; in alternativa c’è carburante vario di pessima qualità venduto lungo la strada in bottiglie di plastica a prezzi folli. Avendo già fatto i conti in passato con questo “piccolo dettaglio”, ci siamo procurati un po’ di scorta di benzina che teniamo in taniche da 5 litri sotto le selle e dentro le ruote di scorta. Ma non siamo comunque tranquilli perché non sappiamo quanto consumeranno i nostri scooter in queste condizioni. Partiamo con un forte vento che cambia diverse volte direzione per poi stabilizzarsi da est verso ovest quando puntiamo a tutto sud. Arriva dall’interno del Sahara e porta con sé una vera e propria tempesta di sabbia che a fasi alterne ci sfinirà quasi fino a destinazione facendoci sbandare e viaggiare “appoggiati” al vento inclinati di 30°. Dopo un centinaio di chilometri rabbocchiamo i serbatoi presso una baracca con un liquido che dovrebbe essere benzina. Per eccesso di prudenza ce ne facciamo dare altri 8 litri infilandoli in un boccione dell’acqua che passava di lì per caso spinto dal vento e che starà con me fino all’indomani legato tra le mie gambe. “Combien pour l’essence?” “50 euro”. Mi sembra onesto per meno di 25 litri di benzina… Viaggiamo per ore, con i chilometri che non passano mai, ipnotizzati dalla sabbia che oscura tutto; a volte nasconde alla vista la strada confondendola col deserto, a volte la ricopre in tratti dove le ruote dei nostri scooter affondano pericolosamente. All’improvviso veniamo risucchiati da un groviglio di veicoli e di uomini con i volti coperti come Tuareg e le tipiche vesti azzurre svolazzanti che emergono dalla nebbia affollando una pompa di benzina semi insabbiata. Come automi ci infiliamo nel caos e riusciamo a fare un altro rabbocco ai serbatoi tenendo intatta la nostra preziosa scorta. Proseguiamo sempre più tesi finché ad una ventina di chilometri da Nouakchott ci appare come un miraggio la vista della specie di superstrada che conduce direttamente in città. Arriviamo esausti in centro, ritrovando una capitale che non è molto diversa dalla sorella del nord lasciata stamane, se non fosse che qui il mare non è così vicino. Stessa sporcizia, stessi prezzi da rapina degli alloggi, stesso casino di veicoli arrugginiti tra cui spiccano grosse e fumanti 4×4 di diplomatici vari nelle vie ingombre di sabbia. Una bella Moschea ed un incredibile mercato multicolore e multiodore chiamato Marché Central sono le uniche due attrattive. Ma anche qui c’è fascino. Non sappiamo perché ma tutto questo ci appaga.
Nouakchott – Saint Louis (Senegal) – Km 262
Se tutto va bene oggi si entra in Senegal. Lasciamo Nouakchott e puntiamo verso la frontiera senegalese lontana quasi 200 chilometri. La temperatura è tiepida ma il vento non smette. Subito fuori città affrontiamo lunghi tratti sterrati e sconnessi, zeppi di buche e fondo soffice dove impietosamente i veicoli che arrivano dalla parte opposta ci riempiono di polvere e quelli che ci sorpassano ci sparano addosso sassi e terra. Paradossalmente siamo felici quando arriviamo alla deviazione che porta alla frontiera secondaria di Djama in alternativa alla dogana più diretta ma pazzescamente assurda di Rosso; la stiamo aspettando da giorni, pur sapendo che saranno una cinquantina di chilometri di pista piuttosto difficoltosa che noi ben conosciamo per averla già fatta diverse volte (allora erano quasi 100 ma ora una parte è stata asfaltata). Il tracciato attraversa scenari straordinari di lagune e paludi abitate da milioni di uccelli migratori; facoceri, dromedari e mandrie di bovini attraversano la pista, sperdute baracche di pescatori appaiono dal nulla con le loro reti appese e le canoe pronte in acqua. Il tutto in un polveroso ma suggestivo nulla. Date le difficoltà stagionali (il periodo delle piogge la rende totalmente impraticabile) sono relativamente pochi i veicoli che percorrono la pista. Pur consapevoli che un guasto qui significa grossi problemi (in passato ne abbiamo avuto una prova), dobbiamo ammettere che questi sono i chilometri più belli del viaggio. Dopo la parentesi aulica, si rientra alla realtà quando arriviamo in frontiera. Le formalità di uscita dalla Mauritania e di ingresso in Senegal sono piuttosto sbrigative nonostante le continue svariate e colorite richieste. Diciamo che la stranezza dei nostri scooter qui ci ha fatti diventare un po’ più personaggi che turisti… Finalmente in Senegal puntiamo come di consueto su Saint Louis distante una trentina di chilometri. L’inconfondibile silhouette del ponte Faidherbe (progettato niente di meno che da Monsieur Eiffel) che si staglia sul fiume che divide la terraferma dall’isolotto su cui sorge il vecchio abitato, ci conferma di essere arrivati. E qui, nel nostro solito albergo, ritroviamo il caldo africano ed il gusto di una buona birra fresca dopo un’intera giornata di digiuno.
Saint Louis – Dakar – Km 268
Lasciamo questa splendida e lurida perla d’Africa, nonché Patrimonio dell’UNESCO, per continuare verso sud. Prima di partire pensavamo una volta in Senegal di collaudare strade alternative alle solite percorse, pur consapevoli che giunti qui di certo avremmo dovuto fare i conti con la nostra stanchezza ma soprattutto con le condizioni degli scooter. Beh, non possiamo dire di non essere provati; il vento e le strade mauritane sono stati davvero pesanti sia per noi che per i mezzi e quindi non possiamo permetterci di non ottimizzare il resto del viaggio, sia per tempi che per chilometri. Ci dirigiamo così a Dakar distante oltre 200 chilometri, tentando di prendere il ferry che in meno di 24 ore ci condurrà a Ziguinchor nel profondo sud del Paese, a pochissimi chilometri dalla frontiera con la Guinea Bissau. Ciò ci permetterà di risparmiare gli scooter e di arrivare un giorno prima a destinazione. E’ un traghetto riattivato da pochi anni dopo un naufragio che aveva tragicamente provocato decine di morti diversi anni orsono. La tratta verso sud parte di martedi e quella inversa che ritorna a Dakar di venerdi. Ed oggi è proprio martedi. Adesso fa davvero caldo e voliamo quindi al porto districandoci con difficoltà nel bordello di veicoli del centro. Arriviamo in tarda mattinata e ci presentiamo alla biglietteria con tutto l’ottimismo europeo. Alle 17:00, superata una lista d’attesa di un centinaio di persone, paghiamo la cabina ed entriamo con gli scooter nello “scalo”. Ed eccoci trattati come lebbrosi da personaggi indisponenti che sparano costi astronomici solo per poter imbarcare gli scooter, inventandosi incredibili storie. Dato che la pazienza per un po’ va bene poi finisce di colpo, non essendo disposti ad essere presi per deficienti, alziamo la voce finendo quasi alle mani con gli addetti al carico. La scenata funziona: ci viene restituita metà della somma richiestaci “per sbaglio” per gli scooter e finalmente possiamo salire a bordo. Ovviamente il traghetto parte con ore di ritardo ma chi se ne frega.
La navigazione si svolge in prevalenza di notte. Il ferry da Dakar segue la costa, supera le acque territoriali della Gambia per poi inoltrarsi prima dell’alba nella foce del fiume Casamanche. Ne percorre le sinuosità procedendo lentamente tra le due sponde, tenendosi prudentemente nel centro dove il fondale è più profondo mentre gruppi di delfini giocano con la scia lasciata dallo scafo. Sbarchiamo a Ziguinchor in pochissimo tempo; è il primo pomeriggio e i 30° si sentono. Prendiamo alloggio in un buon albergo perché siamo attesi a destinazione domattina e ci regaliamo qualche ora di relax in città camminando tra le sue vie sterrate, i suoi mercati e la spiaggia sul fiume dove scorrono le barche dei pescatori dai lunghi scafi colorati. Siamo affezionati a questo luogo perché, essendo così vicino alla frontiera, ci ha sempre ospitati in arrivo o in ripartenza in quasi tutte le nostre esperienze in Guinea Bissau, sia da volontari che da viaggiatori. Ed è anche stato il posto dove per anni, durante le lunghe settimane di lavoro in Missione, si poteva trovare un telefono pubblico che ci permettesse di sentire le voci care di casa.
Ziguinchor – Bissau (Guinea Bissau) – Km 166
Ultima tappa. Saliamo sui nostri scooter con l’emozione del prossimo arrivo. Percorriamo la decina di chilometri che ci separano dalla dogana e finalmente ecco la Guinea Bissau. Il passaggio in frontiera avviene con poco spreco di tempo nonostante i soliti numerosi controlli. E poi è solo terra rossa, palme da olio e rade case di fango lungo la strada. Arriviamo al primo abitato dove facciamo dogana; da lì mancano circa 140 chilometri alla capitale. La strada è malamente asfaltata con lunghi tratti pieni di profonde buche che zigzaghiamo o evitiamo su percorsi sterrati paralleli. L’arrivo a Bissau è una grande soddisfazione. L’Ospedale pediatrico “Cieu e Terra” ci sta aspettando. E’ una struttura che cura le peggiori patologie di madri e neonati. Si trova alla periferia della città e per arrivarci dobbiamo percorrere gli ultimi chilometri sterrati tra le povere abitazioni, in netto contrasto con la confusione delle vie del centro. Varchiamo il cancello e spegniamo per l’ultima volta i nostri QUADRO 3. Saranno affidati a due medici locali che li utilizzeranno per visite di routine o interventi d’urgenza in particolare nella capitale o nel villaggio ad una trentina di chilometri a nord. Come sempre la gente ci accoglie e ci ringrazia, quando invece saremmo noi a doverli ringraziare per quello che fanno e per averci dato la possibilità di vivere esperienze come questa.
Consigli di viaggio:
Premettendo doverosamente che le nostre esperienze di questi anni, raccontate in parte in questo report, possono essere totalmente smentite da chiunque avendo a che fare (con il massimo rispetto) con Paesi africani dove tutto è possibile:
- Programmate con buona precisione il vostro viaggio, tenendo ben conto dei biblici tempi da perdere alle frontiere e/o per eventuali traghetti
- Prenotate con sufficiente anticipo le sistemazioni alberghiere su Internet in modo da evitare sorprese; la maggior parte degli alberghi si paga in loco con carta di credito (anche se a volte solo in contanti) e si possono disdire senza penali
- Se seguite i primi due punti, prima della partenza potrete registrarvi sul sito della Farnesina www.dovesiamonelmondo.it indicando con precisione date, tappe ed itinerario così da poter essere rintracciati in qualunque momento del viaggio
- Informatevi per tempo se i vari Paesi richiedono il visto di ingresso (la normativa in questi ultimi anni è cambiata diverse volte); ad oggi Marocco, Senegal e Gambia non lo richiedono, per la Mauritania viene rilasciato in frontiera e quello della Guinea Bissau va procurato prima della partenza tramite Consolato
- Portate con voi il Certificato di Proprietà del vostro mezzo perché durante i vari controlli qualcuno potrà richiedervelo (se non avete il documento cartaceo – da qualche anno non viene più rilasciato – procuratevi copia di quello elettronico scaricandolo dal sito); non averlo potrebbe significare lunghe attese, sottostare a richieste di denaro o addirittura essere fermati alla dogana
- Sappiate che ogni Stato necessita di una propria assicurazione per la circolazione dei veicoli da sottoscrivere appena varcato il relativo confine e da pagare in valuta locale; fate molta attenzione al periodo di copertura perché non è il caso di viaggiare senza assicurazione
- I veicoli con cui viaggerete vengono annotati sui passaporti del conducente all’ingresso di Mauritania e Senegal per poi essere nuovamente annotati in uscita, per cui entrare in uno di questi Paesi significa dover uscirne assolutamente con lo stesso mezzo pena guai molto seri
- I veicoli più vecchi di dieci anni, transitando in Senegal, sono gravati da una pesante tassa; per evitarla può essere preventivamente recuperato il Carnet de Passage rilasciato in Italia dall’A.C.I. ed i cui costi totali non sono molto differenti dalla tassa senegalese….
- Dal Sahara Occidentale in poi incontrerete innumerevoli posti di blocco dove cartelli quasi invisibili indicheranno “RALENTIR” o “ALT”; ricordate di attenervi scrupolosamente a quanto indicato, soprattutto ai cartelli di ALT dove dovrete fermarvi anche se non vedete nessuno in divisa e, se viaggiate in gruppo, una volta ottenuta con un cenno la possibilità di avanzare fino al controllo fatelo uno alla volta attendendo ognuno il gesto di proseguire e non tutti insieme (vi rimanderanno indietro)
- Procuratevi parecchie copie di “fiches”, schede riassuntive che contengono i vostri dati anagrafici ed i riferimenti documentali personali e dei veicoli (per il viaggio raccontato servono circa 40 copie); esibendoli ai posti di controllo eviterete inutili attese e sarete positivamente approcciati dagli operatori
- Non reagite alle provocazioni ma non fatevi nemmeno tiranneggiare; affrontate con fermezza tutto ciò che vi sembrerà eccessivo
- Evitate assolutamente di offrire denaro ai funzionari o ai militari per “chiudere un occhio” a seguito di qualche vostra mancanza o infrazione, perché potreste essere trattati molto peggio; se il denaro potrà risolvere un problema, state certi che in un modo o nell’altro e più o meno sottilmente vi verrà chiesto da loro…
- E, per finire, non date nulla per scontato e armatevi di tutta la pazienza che nemmeno pensate di avere, perché sicuramente verrete messi alla prova.
Marco ed Alberto sono a disposizione per fornire informazioni e supporto a chi mai volesse accostarsi a questo genere di viaggi. Potete scrivere a mronz@libero.it o a al.dormeletti@libero.it