E’ difficile descrivere berlino, non la si afferra

“e’ difficile descrivere berlino, non la si afferra” v. ŠklovskijIl russo Viktor Šklovskij, giunto in esilio a Berlino nei primi anni del Novecento, avverte un senso di estraneità. Egli ha vissuto da straniero a Berlino, alla ricerca di una comunità russa lontana dalla “Grande Madre Russia”. Dopo più di un secolo dalla...
Scritto da: irenedelio
e’ difficile descrivere berlino, non la si afferra
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“e’ difficile descrivere berlino, non la si afferra” v. Šklovskij

Il russo Viktor Šklovskij, giunto in esilio a Berlino nei primi anni del Novecento, avverte un senso di estraneità. Egli ha vissuto da straniero a Berlino, alla ricerca di una comunità russa lontana dalla “Grande Madre Russia”. Dopo più di un secolo dalla testimonianza di un letterato che da Berlino è fuggito, dopo decenni di trasformazioni profonde, distruzioni e ricostruzioni alle quali la città è stata sottoposta, il turista che si affaccia sulla capitale della popolosa Germania continua ad avvertire la medesima sensazione. Berlino è un “mare di pietra” che intimorisce (ma solo inizialmente!). Per molta, molta gente che ci abita rimane un vero indovinello. Ancor prima della costruzione del muro, Berlino si presentava come una grande officina a cielo aperto, in perenne cambiamento. Il muro ha estremizzato questa caratteristica di mutevolezza oltre ad aver fatto di Berlino un simbolo nella storia dell’umanità.

La città è “giovane”, non solo storicamente (è formalmente capitale della Bundesrepublik Deutschlands dal 1999) o sotto il punto di vista architettonico (della Berlino antica rimane ben poco a seguito dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale). Gli abitanti, in larga concentrazione di età compresa fra i 20 ed i 35 anni, fanno sì che la capitale si adegui alle esigenze di una massa che richiede il nuovo. La biografia della città è piuttosto breve: tra la fine del 1600 e l’inizio del 1700 si ha una notevole espansione del centro abitato, grazie ai territori strappati alla palude e successivamente bonificati. L’unificazione delle piccole città, sorte ai margini del nucleo originario, risale al 1709. Reminiscenze di un passato recente rimangono in rari punti: Potsdamer Platz è uno di questi. Emblema di una veloce ed entusiasta ricostruzione, la piazza era zona invalicabile ai tempi del muro che la divideva in “due Germanie” differenti. Da sempre fulcro di una modernità che vuole imporsi, ha ospitato il primo semaforo nella storia del traffico: la vecchia “Ampel”, conservata nel museo storico della città, in copia identica occupa un posto centrale, sull’incrocio fra la Potsdamer Platz, la Ebertstrasse e la Leipzigerstrasse – dove originariamente svolgeva la sua funzione. Dietro svettano i capolavori di architetti contemporanei, fra cui l’italiano Renzo Piano, che hanno donato un volto definito ad una zona che non è esistita per oltre venti anni, durante la divisione.

A Berlino si costruisce, si distrugge, si ricostruisce molto velocemente. Le nuove mode e tendenze si consumano rapidamente, hanno durata breve. La sperimentazione è la chiave per poter comprendere la natura di una città che rinasce, che sta conoscendo nel presente l’epoca di una fioritura mai avuta in precedenza.

Chi giunge in aereo rimane incredibilmente sorpreso. La capitale di uno degli stati più potenti d’Europa saluta lo “straniero” con un piccolo aeroporto, concepito in forma circolare. Dalla struttura centrale si dipanano i gates, in un ambiente che risulta circoscritto. Questo è “Berlin-Tegel”, aeroporto della ex Germania dell’ovest. Chi avesse l’ardimento di arrivare in treno dall’Italia, dopo un viaggio che attraversa quasi l’intero paese, si troverà immerso direttamente in uno dei poli centrali: “Zoologisches Garten”. La stazione di “Zoo”, che prende appunto il nome dal giardino zoologico, è solo uno dei fulcri. A Berlino infatti manca un vero e proprio centro. Chi cerca di rintracciare un punto ideale di raccordo rimarrà deluso: Berlino, per quanto meno popolosa rispetto alle grandi metropoli quali Parigi o Londra, è tuttavia molto estesa. Con la divisione del muro ciascuna delle due parti è divenuta autonoma rispetto all’altra. L’aspetto più inquietante di questo sviluppo è che a Berlino tutto è doppio, in un gioco perverso di ripetizione, riflessione, copia doppia o diversa. Esistevano due stazioni ferroviarie, due municipi, due aeroporti, due università, due palazzi dell’opera, due reti distinte di collegamenti urbani, due biblioteche cittadine. Lo stesso “Berliner Mauer” era in realtà un confine composto da due differenti anelli di mura di cemento. Con il tempo le due parti sono andate integrandosi, grazie al lavoro forsennato e all’impegno dei cittadini tedeschi che fortemente hanno voluto l’unità. I nostalgici di un passato ormai perduto continuano comunque a riconoscersi in luoghi differenti: chi ad “Alex” (Germania est) chi altrove nell’ovest.

La piazza deve il suo nome allo Zar Alessandro I che visitò Berlino nel 1805. Presidio dei punk negli anni Ottanta, è una piazza anomala se si pensa alla conformazione canonica di una piazza. Attraversata dalla S-Bahn, che la divide facendo perdere la cognizione delle reali dimensioni, Alex si estende da ambedue i lati della stazione. La prima linea della metropolitana passa proprio per questo punto della città. Da un lato svetta la “Fernseherturm”, l’antenna della televisione, alta 368,03 metri, dalla quale è possibile catturare con lo sguardo l’intera città nei giorni in cui il cielo lo consente.

La torre, detta confidenzialmente dai tedeschi “Telespargel” (asparago), ha una struttura affascinante e futuristica, se si pensa che è stata eretta nel 1969. Tappa fondamentale per il turista “principiante” per la prima volta a Berlino e un punto di riferimento che non si perde mai di vista. Dalla parte opposta ai binari della metro si apre il “mitico” est con i suoi mastodontici palazzi in stile sovietico. In serie, tutti uguali, della medesima altezza e fattura, formano un reticolato preciso e ordinato. Da Alexanderplatz verso est si sviluppa il Karl Marx Allee, un viale lungo e molto ampio, simile alle grandi arterie di comunicazione della Mosca comunista. Qui si possono visitare alcuni spazi, una volta funzionali al regime. Il “Cafè Moskau”, oggi locale molto alla moda, è ricavato da uffici della dirigenza dell’ex Berlino sovietica. Lo stile real-sovietico è evidente. Questo lungo viale conduceva a Mosca passando attraverso la Polonia. Nel periodo della divisione, per celebrare la potenza dell’URSS, prese il nome di Stalinallee, in omaggio al personaggio politico.

E’ affascinante percorrere questo “stradone” e sentirsi terribilmente piccoli davanti alla decaduta macchina-stato sovietica.

Uno di questi enormi condomini, durate il giorno sede di uffici amministrativi, assicurazioni e servizi di varia natura, il fine settimana è tappa fondamentale del divertimento. Si entra nell’androne, tutto in marmo lucido e si attende l’arrivo di un ascensore che conduce gli ospiti al quinto piano, dove al posto di uffici si trova un locale molto alla moda. La location è del tutto insolita, un po’ destabilizzante ma di sicuro sorprendente, soprattutto perchè il locale è circondato da vetrate dalle quali si ammira l’intero perimetro di Alexanderplatz e le luci in lontananza. Il “Week-end”, nome poco intuitivo, visti i giorni di apertura, venerdì e sabato, fa tendenza fra la gioventù berlinese. Non è difficile da trovare, nonostante tutti i palazzi si assomiglino: una fila di gente, ordinatamente aspetta il proprio turno fuori dalle porte di vetro scorrevoli alla base del colosso, incuranti del freddo e dell’attesa.

Ci troviamo nello storico est. Questa parte della città si sposta in tram.

L’Unione Sovietica prediligeva questo mezzo di trasporto, divenuto rappresentativo di una stile “ossi” (questo è il nome, adottato in senso vagamente dispregiativo dai “wessi”, ovvero gli abitanti della Germania occidentale, per definire i vicini dell’est). I binari della “Strassenbahn” percorrono i quartieri orientali da sempre; chi ci abita preferisce di gran lunga il tram alla metropolitana, che in questi quartieri è apparsa solo dopo la riunificazione.

Dietro la Fernseherturm, al centro di questa metà della piazza c’è una fontana – che non ha nulla a che vedere con quella dalla parte opposta – accanto alla quale è situata la statua commemorativa ai due filosofi Karl Marx e Friederich Hengel. Questa porzione di piazza è disadorna, fatta eccezione per le due figure che risaltano nel vuoto.

I due volti bronzei richiamano alla tendenza speculativa e riflessiva del popolo tedesco, che ha dato i natali ai padri della filosofia moderna, molti dei quali sono passati per Berlino, o qui vi hanno insegnato, nelle università dell’est e dell’ovest. Einstein ha insegnato all’Istituto di Fisica di Berlino dal 1914 al 1933, anno in cui fu costretto dal regime a lasciare la Germania. Hegel ha insegnato dal 1818 fino alla sua morte, avvenuta nel 1881 proprio all’Università della città. Walter Benjamin ha tenuto per alcuni anni le sue lezioni alla Freie. Ma anche Brecht, Mendelsohn-Bartholdy, i fratelli Grimm, Richard Strauss e altri.

Se si procede lungo la “Karl-Liebknecht Strasse”, si giunge ad uno dei punti più turistici della città, spesso paragonato agli Champs Elysee di Parigi: ”Unter den Linden”, alla lettera “Sotto i Tigli”. Questo bel viale, rimasto pressoché intatto nel corso degli anni – fatta eccezione per i tigli che sono stati sostituiti a seguito di una grossa epidemia che ha portato alla morte tutti gli alberi, abbattuti – ospita il duomo della città, la Humboldt Universitaet, la Staatsoper, la Biblioteca Nazionale e il Deutsche Guggenheim.

Il duomo è forse una delle attrattive meno interessanti, specialmente per i turisti italiani viziati dalle “città d’arte” in patria. La struttura è tuttavia una delle poche sopravvissute ai bombardamenti, è una testimonianza delle Berlino “non ricostruita”, della “Berlino-originaria”.

Dalla parte opposta della strada si impone alla vista, o meglio si imponeva, il famigerato “Palast der Republik”.

Dopo decenni di trattative, progetti, ripensamenti, è stato abbattuto il palazzo sede del governo dell’est, un simbolo per gli abitanti della DDR. Da quelle mura – di amianto tossico – dipendeva il destino di un popolo; simbolo di repressione per alcuni, baluardo nostalgico di un tempo che fu per altri. Nel corso del 2006 è stato smantellato pezzo per pezzo, con cura, onde evitare che la polvere d’amianto potesse nuocere alla salute della gente disperdendosi nell’aria: un passato che stenta ad allontanarsi.

La struttura è assolutamente estranea al contesto nel quale si trova: pannelli iridescenti di un arancione/rame riflettono il canale che scorre proprio in quel punto. La nostra passeggiata prosegue “sotto i tigli”.

La Humboldt, la più antica università della città, fondata dall’omonimo scienziato/ linguista/ filosofo un tempo finì per essere l’università dell’est, in base alla spartizione territoriale tracciata dal muro. Chi viveva dalla parte opposta non poteva accedervi. Di qui la necessità di istituire una università destinata alle generazioni di Berlino Ovest. Il governo americano, che si era spartito la parte occidentale della città, assieme ad Inghilterra e Francia, fonda la “Freie Universitaet”, “libera” già dal nome.

La Humboldt è ospitata in una struttura antica. Il mercato di libri usati e nuovi allestito su bancarelle lungo la cancellata è pieno di offerte; qui si possono trovare volumi antichi, edizioni rare ma anche libri ancora nuovi a prezzi molto convenienti. A proposito di libri dalla parte opposta della strada, un luogo storico della repressione nazista: Babel Platz. Questo angolo racchiuso dai palazzi sembra non avere nulla di particolare. In realtà proprio qui nel 1936 si è svolto il rogo dei libri messi all’indice dal regine nazista. Le opere di grandi autori di lingua tedesca e non solo sono andate distrutte in un delirio ideologico quale è stato il nazionalsocialismo. In memoria in una tragedia così grande per la storia delle idee e per la libertà di pensiero, è stato creato, sotto il livello del suolo, protetto da una vetrata sulla pavimentazione, un involucro bianco, vuoto.

La rappresentazione simbolica di una biblioteca senza cultura, della memoria di un popolo distrutta è di forte impatto. Poco più avanti, sempre lungo questo bel viale alberato, nascosta da una facciata di colonne, si nasconde l’attuale Biblioteca Nazionale. Dopo la divisione divenne la biblioteca della DDR; con la riunificazione il patrimonio, non solo in termini di volumi, ma anche di manoscritti e documenti antichi, è duplicata, dovendo ospitare parte del materiale custodito nelle biblioteche dell’ovest. Il cortile è suggestivo. La facciata interna è coperta da un verde manto di edera, un luogo da sogno nel quale studiare o trascorrere semplicemente qualche ora di relax dalla suggestioni metropolitane.

Gli interni, fra moquette di un anonimo beige, i tavoli da studio di legno consunto, l’odore particolare riportano indietro nel tempo.

Proseguendo questa passeggiata sempre nella medesima direzione incrociamo Friedrichstrasse. A questo punto ci sono due possibilità: continuare fino alla fine del viale, che passando davanti all’ambasciata russa – indubbiamente la più bella e imponente – e all’Adlon Hotel, albergo di lusso, storico luogo (è stato inaugurato nel 1907) di incontro di celebri amanti (D’Annunzio e la Duse, la principessa di Sassonia e Toselli, Mata Hari e il principe di Hohenlohe, Guglielmo II e le sue innumerevoli amanti) conduce al monumento che ci ricorda la Germania già dalla moneta: la Brandenburger Tor. Altrimenti lasciarsi catturare dalla Friedrichstrasse e arrivare alla stazione di Check Point Charlie. Noi svoltiamo e proseguiamo lungo questa via carica di negozi chic, saloni di esposizioni di auto di lusso, librerie e alberghi lucenti. Freidrichstrasse in questo tratto è una via del tutto simile alle arterie commerciali di qualunque città. Non molto distante, svoltando sulla sinistra si giunge a Gendarmenmarkt.

Questa è forse una delle piazze più suggestive di Berlino, interessante anche perchè su un lato ospita una cioccolateria storica, molto accogliente nelle giornate mai troppo calde di Berlino. Nella caffetteria si possono guastare cioccolate calde in tazza con diverse percentuali di concentrazione di cacao, alla maniera “Italiana”; sì, perchè ovunque a Berlino, ma in Germania in generale, ogni qual volta chiederete della cioccolata calda vi vedrete servire una bella tazza sostanziosa di latte e cioccolato, poco densa. Tornando sulla Friedrichstrasse un tappa la meritano i Friedrichstadt-passagen, un gruppo di gallerie, perlopiù negozi di lusso, all’interno di una struttura in vetro, mattonellata in marmo bianco e nero, che riflette la figura al passaggio. All’interno del “centro commerciale” non per tutti i budget che prende il nome di Quartier 207 ci sono i rinomati Magasin de Lafayette.

In questa zona, che geograficamente rappresenta il cuore di Berlino, le stazioni della metropolitana si susseguono a breve distanza. Siamo “in centro”, se si tiene conto che una delle fermate lungo la via si chiama proprio “Stadtsmitte”. Alle spalle abbiamo lasciato la S-Bahnhof Friedrichstrasse. Per chi ha fatto esperienza della divisione questo nome ha un significato particolare: la stazione della metropolitana di superficie sanciva il confine fra le due parti della città. L’originale labirinto di corridoi, scale, posti di controllo non esiste più. Ciò che rimane è un edificio, adibito oggi a teatro, che fungeva da sala di aspetto per tutti coloro che attendevano un permesso, un visto di lascia-passare per transitare dall’est all’ovest e viceversa. Il palazzotto azzurro si chiama “delle lacrime/Traenenpalast” in quanto era il punto estremo di saluto per i berlinesi delle due parti.

Check – Point – Charlie: forse il luogo più affollato dai turisti stranieri. Alpha/Bravo/Charlie, secondo l’alfabeto internazionale, sono i nomi dei vari punti di attraversamento del muro. Charlie passava esattamente in questo preciso punto sulla carta, simbolo della guerra fredda: in questa manciata di metri era posto il confine fra il dominio territoriale sovietico e quello americano. Storiche sono le foto dello schieramento dei carri armati delle rispettive nazioni nel 1961. Il museo istituito a fianco della strada ricorda tutti quegli impavidi eroi, fortunati e non, che con l’astuzia, l’ingegno, la costanza e la “progettazione” sono riusciti a fuggire da una parta all’altra. Il museo, nato grazie alla testimonianze dei sopravvissuti, è qualcosa di assolutamente imperdibile.

Dopo questa lunga passeggiata, che tempo permettendo scorre velocemente, si può tornare sugli Unter den Linden e dalla parte destra della strada attendere l’autobus n. 100. Per chi avesse voglia di un tour comodo, che permette di avere una prospettiva generale interessante senza faticare e a prezzo contenuto – quello del ticket urbano, un po’ caro, ma pur sempre conveniente = 2.10 euro – il bus 100 è la soluzione ideale. Percorre la parte rimanente del viale, davanti allo storico caffè “Einstein”. Qui si beve un buon cappuccino, forse di fianco a qualche personaggio famoso che vive in città, a noi sconosciuto, forse al tavolo adiacente a quello di un politico. Qui Alec, cameriere esperto, sarà lieto di farvi gustare l’arte del caffè, cosa purtroppo rara in Germania. Dal locale sono passati attori e artisti, come testimoniamo le fotografie appese alle pareti ingiallite dal tempo. Le torte sono qualcosa di assolutamente sublime.

L’autobus nei pressi della Porta di Brandeburgo, chiusa al traffico, svolta per giungere davanti al parlamento. La visita della cupola di vetro, gratuita, è suggestiva, se non fosse per la fila infinita all’entrata, anche nei giorni in cui fuori tira un venticello a -18°! Chi ne ha voglia si armi di pazienza, neanche molta, perchè le file in Germania scorrono velocemente – non è leggenda! I tempi di attesa previsti nelle code, alle fermate degli autobus, presso le stazioni della metropolitana, nei musei, sono rispettati fedelmente. Chi non avesse voglia di scendere dal bus e volesse gustarsi Berlino in formato finestrino avrà il piacere di giungere alla Colonna della libertà, sulla cui sommità è fissata la statua dorata di un angelo.

La Siegessaeule (colonna trionfale) o detta anche Grosser Stern è uno dei quei monumenti rappresentativi della città che ogni turista ricorda al suo ritorno. Le immagini cinematografiche fissano nella memoria questa foto-cartolina.

Lo celeberrima “Love Parade” che si tiene in luglio, conduce la fiumana di gente proprio intorno alla colonna.

Il bus prosegue nei grandi viali delle ambasciate, ognuna contrassegnata dalla propria bandiera fino a tornare alla stazione di “Zoo”, passando davanti ad una delle entrate monumentali del giardino, quella sorretta da due elefanti, in stile orientaleggiante. Se la stagione lo permette, magari meglio con un po’ di sole, una visita allo zoo è valida. Nei vialetti interni, di fronte a centinaia di specie diverse di animali, il tempo passa velocemente: è facile trascorrere delle ore senza rendersene conto. Uscendo dallo zoo, distretto urbano forse noto ad alcuni per il celebre racconto biografico di Kristiane Effe “Noi ragazzi dello zoo di Berlino”, ci si imbatte nelle rovine di una chiesa.

La chiesa-monumento, uno dei simboli della città, è stata lasciata intenzionalmente nella sua ultima forma “fatiscente”.

L’edificio originario è andato distrutto nei bombardamenti del 1943.

Le macerie rimosse sono state portate verso ovest. Nei pressi di Grunewald, al margine del quartiere di Charlottenburg sorge oggi una bella collinetta verdeggiante, luogo preferito dai berlinesi per le gite “fuori-porta” nelle tiepide estati, ideale per fare passeggiate in bicicletta. Quell’altura non esisteva prima della Seconda Guerra Mondiale; è sorta “grazie” anche alle macerie di quella chiesa.

Dopo i bombardamenti è rimasto soltanto il campanile centrale, che si presenta come un sorta di torre “mozzata”, dal tetto devastato, le pareti esterne prive di uniformità, scalcinate. Il risultato è un forte impatto visivo, una suggestione difficile da descrivere.

Sul luogo dove una volta la struttura centrale è stato eretto un memoriale, composto da due strutture ottagonali: la prima è un campanile che affianca la torre dell’orologio, poco più basso di questo, mentre la seconda è una nuova chiesa. Da fuori non se ne percepisce bene la caratteristica più spettacolare: le otto pareti sono mosaici di vetri blu che con la luce esterna si accendono donando all’interno un’atmosfera suggestiva.

Questo quartiere cittadino, oltre ad essere molto interessante, architettonicamente parlando, è noto per lo shopping; con tutta la buona volontà sarà difficile non farsi distrarre dalle innumerevoli vetrine e dai negozi che si susseguono l’uno accanto all’altro, dai prezzi peraltro molto competititvi.

Questo è il Ku’damm, una delle più eleganti strade di Berlino, se non una delle più antiche.

Costruito intorno alla fine dell’Ottocento il Kurfuestendamm è cambiato nei decenni, mai uguale a se stesso, si è adattato ai mutamenti dei gusti, delle mode, delle tendenze.

Arteria molto lunga, nei primi del Novecento ospitava caffè e atelier, punto di incontro di artisti e intellettuali.

Il vecchio Café des Westens all’angolo del Kurfürstendamm e della Joachimsthaler Strasse, dove più tardi sarebbe venuta la filiale occidentale del Café Kranzler tutt’oggi esistente, riporta nostalgicamente indietro nel tempo, ad una Berlino primo novecentesca che ha segnato le nuove tendenze europee. Ancora oggi è affascinante sedersi ai tavoli dei caffè e leggere un libro o un giornale, distratti di tanto in tanto dalla vita berlinese, tutt’altro che frenetica.

Una pausa…E poi si riparte alla scoperta della Berlino eno-gastronomica.

Se si ha voglia di fare uno spuntino e si cerca magari qualcosa di “tipico berlinese” si rimarrà alquanto delusi. La regione del Brandeburgo e Berlino in modo particolare non hanno nulla a che vedere con la Baviera ad esempio, e in verità anche poco con la Germania così come siamo abituati ad immaginarla. Non esiste un piatto tipico berlinese, niente stinco di porco, sidro di mele o quant’altro, ma “Curry Wurst 36”. A Mehringdamm, appena fuori dalla stazione della metropolitana in una bottega che ha l’aspetto di un chiosco all’aperto, con tavoli alti dove si può solo mangiare in piedi viene servito il miglior wurst al curry con patatine che si immagini. Sempre affollato, anche nelle serate gelide quando tutto richiede tranne cenare all’aperto, qui si mangia un piatto che può essere considerato “tradizionale”. I prezzi sono ridicoli e ne vale la pena perchè qui si incontrano dei personaggi assurdi, stravaganti,dai visi vagamente “vichinghi”.

Già che siamo in zona conviene fare un giretto sulla Bergmannstrasse una via del divertimento dove i club e i locali per bere qualcosa sono concentrati in neanche 500 metri di viale urbano. Qui si trova Al Kalif, un piccolo ristorante arabo non commerciale, dove si può mangiare sdraiati in terra su enormi vassoi d’argento. Occorre lasciare le proprie scarpe all’entrata – tranquilli che nessuno oserà prenderle – perchè il pavimento è completamente ricoperto di tappeti, fino al soffitto. Il caffè arabo bevuto qui è qualcosa di sublime, facendo attenzione a non ingoiare la polvere sul fondo.

La notte è giovane, possiamo andare ad Orienburgerstr., con la metropolitana diretta da Mehringdamm. Gli italiani amano questa via, un po’ per le frequentazione e un pò per il famoso Tacheles. Il locale ha avuto il suo apice negli anni del punk. Privo di un colore unitario, sotto mille strati di colori a spray, l’edificio era una casa occupata da punk perlopiù, ma anche da senza tetto, gente alternativa, anticonformisti, anarchici, dark, contestatori. Niente di tutto questo ritroviamo oggi lì, solo l’atmosfera, suggestiva, ci illude di poter tornare indietro nel tempo. Numerosi gruppi suonano in questo locale comunque sempre pieno.

In questo punto passa una Strassenbahn – tram urbano – che ci conduce verso nord, in quella zona che oggi è stata presa d’assedio da artisti, pittori, attori e musicisti, facendo lievitare il costo degli affitti, che altrove sono rimasti ragionevoli. Il quartiere verso il quale ci dirigiamo è Prenzlauerberg.

Gli italiani adorano vivere qui, a pochi passi dalla Kulturbrauerei. Questa fabbrica di birra, dismessa negli anni, oggi è stata adibita a centro “culturale”: durante la giornata ci sono mostre, proiezioni, allestimenti, ma la notte è fatta solo di “locali”, adatti a tutti i gusti. Molti berlinesi adorano trascorrere qui la loro nottata. Si va a ballare in uno di questi locali e quando si esce, specialmente in estate quando il sole sorge molto presto, schiarendo il cielo alle 3, ci si ferma per un ultimo capuccino o kebab nei chioschi intorno. Si torna con la metro a casa, perchè a Berlino i mezzi non si fermano mai e chi sta nell’est attraversa il “Warschauer Bruecke”, un ponte sul fiume costruito durante il dominio sovietico.

Dal ponte si gode di una vista sensazionale: la Sprea sotto, i locali sulle rive del fiume – aperti nel periodo estivo – il muro, che qui è rimasto intatto per il tratto più lungo. Dal ponte, percorribile anche a piedi, si intravede la East Side Gallery.

Questa porzione di muro, a seguito della riunificazione, è stat ridipinta da artisti contamporanei, in memoria di ciò che la divisione ha rappresentato per il popolo tedesco.

La passeggiata a fianco del muro è quanto di più suggestivo si possa immaginare: i pannelli di cemento, in realtà neanche molto alti, sono stati un limite assolutamente invalicabile per decenni, famiglie divise, palazzi spezzati da un giorno all’tro, monumenti abbattutti per costruirvi il muro, una parte di storia che ci appartiene.

Con questa nostalgia mista a suggestioni che provengono da un passato neanche troppo lontano nel tempo s conclude il nostro viaggio nella Berlino di oggi, con un ultimo saluto alla capitale e una foto ricordo sotto la Porta di Brandeburgo. Una cartolina dovuta

p.S Non sono riuscita a mettere le foto…



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