Coast to coast 3

Quando: agosto Durata: 30 giorni Viaggio: aereo Costo a persona: (spesa approssimativa) 7000 euroEra un sogno che io e la mia ragazza Viviana avevamo rimandato più volte. Ora , per tutta una serie di coincidenze ( un mese di ferie ad agosto entrambi, i risparmi di anni di lavoro, nessun disastro all’orizzonte ) era giunto finalmente...
Scritto da: vivi1
coast to coast 3
Partenza il: 01/08/2008
Ritorno il: 30/08/2008
Viaggiatori: in coppia
Quando: agosto Durata: 30 giorni Viaggio: aereo Costo a persona: (spesa approssimativa) 7000 euro

Era un sogno che io e la mia ragazza Viviana avevamo rimandato più volte. Ora , per tutta una serie di coincidenze ( un mese di ferie ad agosto entrambi, i risparmi di anni di lavoro, nessun disastro all’orizzonte ) era giunto finalmente il momento di realizzarlo. Così già a partire da febbraio ho co- minciato a girare presso la nostra agenzia di viaggi di fiducia. Ci ho lavorato a lungo anche assieme al nostro amico Alexis e dopo varie correzioni è uscito il nostro viaggio ideale. Abbiamo prenotato con Hotelplan un tour un po’ personalizzato degli U.S.A. E siamo rimasti molto soddisfatti! Così una bella domenica d’agosto prima di mezzogiorno ci siamo ritrovati a Malpensa. Il volo per l’aero- porto di Newark faceva scalo a Monaco dove i vari controlli per poi sbarcare negli U.S.A. Erano sta- ti molto severi. Siamo atterrati a New York con un certo ritardo e piuttosto preoccupati perché era- vamo attesi per il trasferimento in albergo. Fortunatamente dopo aver ritirato i bagagli ed esserci av- viati verso l’uscita ecco che scorgiamo un ragazzetto con in mano il cartello a forma di mela verde che riporta la scritta “OPENTOUR USA”. Ci dirigiamo alla macchina e partiamo diretti verso l’iso- la di Manhattan. I sedili in pelle sono congelati dall’aria condizionata, un vizio degli americani con il quale è meglio abituarsi a convivere presto! Durante il breve tragitto i pensieri che ci passano per la testa sono molti; essere così lontani da casa per un mese intero, il fatto di non sapere la lingua a menadito, il fatto di realizzare di essere davvero lì, ecc… Riconosciamo in lontananza il profilo del- l’isola di Manhattan e devo dire che fa uno strano effetto. Dopo essere passati sotto l’Hudson River, in breve raggiungiamo l’albergo che è già notte e apriamo ufficialmente le danze con la prima man- cia! Alloggiamo al Tirthy Tirthy che si trova in una posizione abbastanza centrale. Domani ci sarà la prima escursione prenotata direttamente con l’agenzia da casa. Quindi appoggiamo i bagagli e u- sciamo giusto il tempo di cercare il punto d’incontro da dove avrà inizio l’escursione. Trovato l’al- bergo e calcolato che dista circa 10-15 minuti dal nostro, rientriamo stanchissimi e ce ne andiamo a nanna.

1° giorno New York Incomincia l’avventura! Con addosso il fuso orario ma eccitatissimi, raggiungiamo l’albergo di ieri sera con un certo anticipo. L’escursione di oggi è il tour “VISITA DELLA CITTÀ E STATUA DELLA LIBERTÀ”. Ci spostiamo in pullman per la città facendo numerose soste nei punti di mag- giore interesse. Vediamo quindi l’imponente edificio dei Dakota Apartments ( dove all’ingresso è stato assassinato John Lennon ), il Flatiron Building, le case di Harlem, beviamo un caffè a Little Italy e ci fermiamo a Ground Zero. Qui però non ci fanno nemmeno avvicinare! Sul pullman ci ven- gono consegnati i biglietti per l’escursione alla Statua della Libertà. Il giro in pullman si conclude a Battery Park, sulla punta meridionale dell’isola da dove partono i ferry per Liberty Island, Staten Island, ecc… Il tour in pullman sinceramente non ci ha entusiasmato però ci serviva più che altro per farci immediatamente un’idea della città e soprattutto per carpire quelle preziose informazioni che ci avrebbero aiutato nei giorni seguenti quando avremmo dovuto cavarcela da soli! Così ci inco- lonniamo in coda a Battery Park per circa 2 ore. Finalmente smaltita la trafila per la sicurezza, ci imbarchiamo verso Liberty Island. Durante il tragitto passiamo davanti ad Ellis Island, dove un tem- po si facevano severi controlli medici sugli immigrati e si decideva se potevano entrare a New York oppure no. Dopo appena 5-10 minuti giungiamo a destinazione. La vista della Statua della Libertà è da pelle d’oca. Non sembra vero dopo averla vista per anni nei films, nei documentari, sui depliants, di averla lì a un passo da noi! Sbarchiamo sull’isolotto e ci trascorriamo un po’ di tempo. Peccato che dopo l’11 settembre non sia più possibile accedere alla testa e alla fiaccola della statua! Ci go- diamo la vista dell’isola di Manhattan, di Brooklyn e del New Jersey e torniamo a Battery Park. Il trasferimento per l’hotel è libero e la nostra visita dell’isola continua dalla punta meridionale a sali-re. Decidiamo di tenerci il ponte di Brooklyn per il tramonto e vediamo prima l’edificio della Borsa di New York, Wall Street, il World Financial Center e la City Hall ( il municipio cittadino). Tornia- mo al ponte di Brooklyn e incominciamo a percorrerlo. È molto diverso da come ce lo immaginava- mo. La parte pedonale e ciclabile rimane rialzata rispetto alla strada percorsa dalle automobili, ed è in legno. Bisogna stare anche molto attenti perché la metà ciclabile è attraversata dai ciclisti che scampanellano a gran velocità! Arrivati a metà circa, riusciamo a distinguere anche la Statua della Libertà. Dopo questa romantica passeggiata di circa un km al tramonto, arriviamo a Brooklyn che incomincia a fare buio. Per ritornare sulla “nostra” isola decidiamo di servirci della metropolitana e raggiungiamo la zona centrale. Andiamo a dormire con in mente le immagini pazzesche della bellis- sima giornata trascorsa.

2° giorno New York Riprendiamo la visita della città da dove l’avevamo interrotta ieri sera. Quindi con la metropolitana raggiungiamo nuovamente la punta meridionale. Oggi passeggiamo per i quartieri di New York. At- traversiamo Chinatown, Little Italy, Tribeca, Soho, ma quello che ci piace di più è sicuramente il Greenwich Village. Visitiamo il piccolo parco di Washington Square e il Washington Arch ( da do- ve parte la 5th Avenue ). Sempre salendo raggiungiamo nuovamente il Flatiron Building. Qui so- stiamo per un panino in un baretto sulla strada proprio con la vista su questo particolarissimo gratta- cielo a forma di ferro da stiro. Adesso visto che siamo in zona, cerchiamo gli uffici OPENTOUR USA per ritirare il biglietto per l’EMPIRE STATE BUILDING OBSERVATORY prenotato già da casa. Decidiamo di tenerci anche questo brivido per il tramonto.Manca ancora parecchio tempo e continuiamo la nostra visita con il Madison Square Garden. Non troviamo comodo spostarci in me- tro perché quella di New York non siamo riusciti a capirla! Alcune fermate vengono saltate, dove dovevi scendere magari non puoi e alla lunga invece di semplificarci le cose, ce le complica! Per- correre invece New York a piedi, si rivela semplicissimo! Ordinata com’è in una griglia con le streets a salire e le avenues che vanno da Est a Ovest suddividendola sempre in comodi rettangoli, non ci si può proprio sbagliare! Già, ma per le grandi distanze? Così per la prima volta alziamo ti- midamente la mano per fermare un taxi. Impareremo che è un mezzo comodissimo che non costa molto e che in breve ti permette di arrivare dappertutto. Infatti nei giorni successivi ci prenderemo davvero gusto e alzeremo la mano con una certa disinvoltura. Con il nostro primo taxi raggiungia- mo il Pier 17 e passeggiando risaliamo lungo l’East River. Passiamo sotto il ponte di Brooklyn, sot- to il Manhattan Bridge e finiamo piuttosto fuori mano. Ci ritroviamo in una zona dove non si vedo- no taxi e dove Viviana si guarda intorno un po’ preoccupata. In realtà fra le informazioni abbiamo appreso che dopo l’11 settembre New York è la 5° città più sicura degli U.S.A. Si percorrono ben pochi metri senza vedere un poliziotto e se non lo si vede è solamente perché è in borghese. Final- mente riusciamo a prendere un taxi e ci facciamo portare direttamente all’Empire. Con i biglietti già in mano facciamo solo la coda per la sicurezza e saliamo sull’ascensore che in un attimo ci porta in alto. La vista di New York da qui è qualcosa di sbalorditivo! Lontano sotto di noi si distingue il brusio della città ma qui si respira una strana sensazione di pace. Restiamo a lungo in silenzio a go- derci il panorama da tutte le angolazioni e soltanto quando siamo davvero sazi ci decidiamo a scen- dere. Per non rientrare in albergo e poi faticare a tornare dove siamo, optiamo per raggiungere diret- tamente Times Square senza cambiarci d’abito. Times Square è un trionfo di luci, come una piccola Las Vegas. Restiamo disorientati dal traffico pazzesco di macchine e gente. E pensare che prima di partire, avevamo deciso che la sera dopo una certa ora per sicurezza ci saremmo barricati in alber- go! Cosa ci saremmo persi! Rientriamo in albergo sfiniti, al termine di un’altra giornata carica di grandi emozioni.

3° giorno New York Oggi ci aspetta un altro tour che abbiamo prenotato da casa. Si tratta dell’”HARLEM GOSPEL TOUR”, che ci permetterà sia di visitare Harlem, che di assistere a un’autentica funzione religiosa in una Chiesa Battista completamente incentrata sulla musica Gospel. Raggiungiamo il punto d’in- contro con il giusto anticipo e quando saliamo sul pullman la giornata sembra cominciare male. Ci sono due signori che prenotando per conto loro e vittime di qualche truffa, stanno occupando i posti di altri due signori regolarmente prenotati.Solo dopo un estenuante disputa i primi si convincono a scendere e il pullman con un po’ di ritardo può finalmente partire.Ci hanno tutti vivamente sconsi- gliato di girare da soli per Harlem, ma con questo tour facendo diverse fermate riusciamo anche a vedere questo quartiere con le case in legno più vecchie dell’isola ed altri importanti edifici come l’università. Dopodiché veniamo portati alla chiesa e il nostro gruppo viene fatto accomodare su un balconcino per godersi al meglio la messa cantata. I cori Gospel sono troppo coinvolgenti e in que- sta fantastica atmosfera dove si balla, si battono le mani, si piange e si gioisce, mi accorgo di fare fatica a trattenere le lacrime ma posso leggere la stessa emozione anche negli occhi della mia com- pagna. Al termine della messa, il pullman ci riaccompagna al punto di partenza. Dopo aver mangia- to qualcosa, procediamo soli con la nostra visita della città. Vediamo il Chrysler Building ( la cui hall merita senz’altro un’occhiata ), il palazzo dell’ONU, la New York Public Library ( quella di “THE DAY AFTER TOMORROW”) e la Grand Central Station ( molto bella la volta stellata ). Oggi praticamente più che altro percorriamo la 5th Avenue con la St. Patrick’s Cathedral e i grattacieli che vi si affacciano. Raggiunto il Rockfeller Center, ci concediamo la vista dell’Empire dal 70° piano. Ma anche la vista di Central Park non scherza! Verso sera ci spostiamo sulla 2° Avenue per salire al prezzo di un biglietto della metro, sulla funivia che affianca il Queensboro Bridge. Ci godiamo la vista delle strade dall’alto e scendiamo per un attimo su Roosevelt Island, un isolotto proprio al centro dell’East River. Mi riesce difficile non pensare ad una scena del film “SPIDERMAN”. Rientriamo con calma in albergo per poi uscire e concludere nuovamente la serata in Times Square!

4° giorno New York Ci siamo tenuti Central Park per l’ultimo giorno. Quindi partiamo dal nostro albergo percorrendo la Avenue of the Americas ( la sesta ). Qui sembra di assistere ad una sfilata di grattacieli tutti molto simili, tra i quali spicca la Radio City Music Hall. Eccoci arrivati ad una delle entrate del grandissi- mo parco. Seguendo una cartina improvvisata, andiamo alla ricerca dei punti più interessanti. Visi- tiamo il mosaico Imagine dedicato a John Lennon e torniamo sul luogo dove è stato assassinato. Poi continuiamo con il Bow Bridge, la Bethesda Fountain, la statua di Andersen e il Belvedere Castle. A questo punto raggiungiamo il Reservoir, il grande lago attorno al quale corrono sempre anche nei films. La parte più a Nord del parco, sconfina praticamente in Harlem per cui la nostra visita di Central Park finisce qui. È bellissimo il contrasto di questo stupendo parco con i modernissimi grat- tacieli che lo circondano. Usciamo e mangiamo degli Hot Dogs per poi riprendere la strada del ri- torno. Sembra incredibile ma a volte per strada si sente il freddo dell’aria condizionata che esce dai negozi! Dopo aver visitato F.A.O. Schwarz ( il più grande negozio di giocattoli del mondo ), rien- triamo in albergo e ci prepariamo per raggiungere Little Italy e mangiarci una pizza. Visto che do- mani lasceremo New York, l’intenzione era quella di cenare nei pressi del ponte di Brooklyn, per poterlo salutare di notte tutto illuminato. New York è una città meravigliosa che nonostante la sua grandezza ci ha messo subito a nostro agio e dalla quale già ci spiace doverci separare. Ma ci consola in parte il fatto che il tour che incominceremo domani si chiuderà tra qualche giorno pro- prio qui. Ci salutiamo ma è un arrivederci a presto! Ah, sul ponte di Brooklyn tutto illuminato non ci sbagliavamo, è davvero da non perdere! Ci incamminiamo per il Pier 17 convinti che qui sarà più facile trovare un taxi. Ne troviamo uno da brivido. Costeggia l’East River a salire, tutto ad una velo- cità pazzesca sballottandoci qua e là e in men che non si dica eccoci in albergo. Con un velo di ma- linconia prepariamo i bagagli e verifichiamo bene il punto d’incontro da dove domani partirà il tour “TRIANGOLO DELL’EST”.

5° giorno New York / Niagara Prendiamo un taxi per arrivare all’Holiday Inn Express Madison Square Garden e non trascinarci per strada gli ingombranti bagagli. Da qui partiremo per un tour in pullman che in 5 giorni e 4 not- ti ci farà visitare le cascate del Niagara, Toronto, Washington e Philadelphia per poi chiudere il cer- chio a New York. Subito facciamo la conoscenza di due sposini in viaggio di nozze ( Pina e Gian-ni), in difficoltà per pagare il taxi col quale anche loro giungono qui. Oggi percorriamo quasi 600 km facendo poche fermate e nel giro di brevissimo tempo passiamo da città superaffollate a paesag- gi campestri dove non si vedono case per centinaia di km. Il gruppo risulta diviso a metà fra italiani e spagnoli e l’unica pecca di questo tour, impareremo essere la difficile convivenza. Non per altro, ma le nostre abitudini sono molto diverse e poco conciliabili. Non ci troviamo mai d’accordo su niente a partire dall’aria condizionata sul pullman, agli orari per mangiare, ecc… In più la guida parlante italiano, è spagnola e pende nettamente dalla loro parte. A volte fa loro dei discorsi chilo- metrici e a noi riassume tutto in ben poche parole. Strada facendo la guida ci propone 5 escursioni facoltative ed io e Vivi scegliamo le 3 che più ci allettano e cioè: 1) la grotta dei venti, 2) la cena al ristorante della panoramica Skylon Tower, 3) La visita alla CN Tower di Toronto. Nel tardo pome- raggio arriviamo a Niagara Falls e ci godiamo le cascate dal versante americano. Quindi ci in colon- niamo per fare la “grotta dei venti”. Ci vengono consegnati ciascuno un impermeabile giallo e un paio di sandaletti di gomma. Dopodiché si incomincia una passeggiata lungo un percorso fatto di passerelle in legno che si snoda tutto sotto la cascata americana. Nel punto in cui si è più vicini alla cascata, tira un vento tremendo e ci si bagna che è un piacere. Ci siamo divertiti un sacco e la mia compagna gridava come una matta! Quando tutto il gruppo ha concluso, il pullman ci accompagna al nostro albergo. Alloggiamo al Crowne Plaza, l’albergo più bello di tutto un mese in America. C’è una vasca che mentre fai la doccia, potresti anche ballare, tanto è lo spazio! Abbiamo il tempo di prepararci per poi uscire a cena sulla Skylon Tower, sul lato canadese di Niagara falls e vedere anche i fuochi d’artificio. Peccato che il pullman passi alla dogana un’eternità e quando finalmente arriviamo alla torre i fuochi sono già cominciati. Prendiamo l’ascensore che stavolta corre sull’esterno e arrivati in cima, i fuochi sono già finiti. La cena è a buffet e si mangia davvero bene, anche molto pesce. Noi e i partecipanti del nostro gruppo ci sediamo ad un’unica tavolata dalla quale oltre il vetro ci godiamo lo spettacolo della cascata del versante canadese, tutta illuminata con dei faretti che le cambiano continuamente colore! Cenare guardando la cascata, non ha prezzo! Al termine il pullman ci riaccompagna in albergo dopo aver passato un’altra ora buona alla dogana e ognuno può continuare la nanna già incominciata sul pullman.

6° giorno Niagara / Toronto / Niagara Di primo mattino partiamo per Toronto e puntiamo sulla CN Tower. Non tutti se la sono sentita di salire e così mentre una parte del gruppo si mette pazientemente in fila, l’altra può passeggiare nei dintorni. Dopo una lunga attesa arriviamo ad uno strano metal detector, mai visto prima. Funziona mediante dei fori che ti soffiano addosso ed è in via sperimentale in quanto il sistema è anche molto costoso. Finalmente l’ascensore ci porta all’osservatorio all’altezza di 351m ( in totale la torre più alta del mondo ne misura 553,33 )! L’osservatorio ci consente di vedere un bel panorama sull’Onta- rio e sui grattacieli di Toronto, ma non solo. Ci sono delle lastre di vetro anche nel pavimento (glass floor ), che ci permettono di guardare giù in strada. Viviana ha il coraggio di salirci e vedere l’effet- to che fa, io non me la sento. Ho la sensazione infondata e irrazionale che il pavimento si possa sfondare! Certo che guardare giù le persone e le macchine da quest’altezza, fa tremare le gambe! Quando scendiamo, ci spostiamo in pullman facendo una visita orientativa della città preoccupati perché oggi che dobbiamo visitare la cascata dal versante canadese, piove! Pranziamo in un grosso centro commerciale. Io e Vivi optiamo per una pizza insieme a Pina e Gianni e un’altra coppia, Sara e Andrea con i quali siamo entrati in confidenza. Dopodiché ripartiamo per Niagara Falls sperando di lasciarci il maltempo alle spalle. Infatti quando arriviamo non c’è un gran sole ma perlomeno il tempo sembra tenere. Scendiamo dal pullman e ci mettiamo tutti in coda per salire sul battello “Maid Of The Mist”. Qui gli impermeabili che ci consegnano sono invece blu. Una volta saliti tutti, il battello parte verso il “ferro di cavallo”. Passiamo davanti all’American Falls dove ieri abbiamo fatto la “grotta dei venti” e ci avviciniamo sempre più. Quando siamo proprio sotto, il rumore della acqua che precipita è tale che per capirsi bisogna gridare! Scattare foto senza trovarvi gocce impres- se, è proprio impossibile, sembra di stare in mezzo a una tempesta! Eravamo d’accordo con la guida e con l’autista, che avrebbero aspettato il ritorno del gruppo fino ad una certa ora, dopodiché se qualcuno non si presentava, era perché rientrava a piedi. Una volta sbarcati, io, Vivi e Pina e Gian- ni, tra foto e popcorn per 5 minuti appena ci perdiamo il pullman. Poco male, decidiamo di fare una bella passeggiata costeggiando la cascata e rientrare con calma in albergo dopo cena. Più tardi cam- minando per le giostre di Niagara Falls ritroviamo anche Sara e Andrea che come noi hanno perso il pullman per un soffio. Ci accorgiamo che si prepara un temporale formidabile e così dopo aver mangiato uno spuntino, ci affrettiamo per rientrare. Giungiamo al ponte Rainbow ( che separa Ca- nada e U.S.A.) e per attraversarlo a piedi scopriamo che bisogna pagare un pedaggio. Armeggiamo un po’ con le monetine e lo attraversiamo di corsa sotto un’acqua pazzesca, con Sara che ha una fifa matta dei temporali! Raggiungiamo il nostro albergo fradici, ma ci siamo anche tanto divertiti.

7° giorno Niagara / Washington D.C.

Carichiamo nuovamente i bagagli sul pullman e partiamo per Washington. Oggi percorriamo quasi 700 km e strada facendo attraversiamo anche la Pennsylvania Dutch Country, una regione agricola al centro di un’area molto industrializzata, dove però si respira un’atmosfera di fine ‘800, per desi- derio dei suoi abitanti detti Amish.Questi coloni hanno scelto di vivere una vita semplice e modesta lontana da tutto ciò che è moderno. Purtroppo non siamo fortunati perché non è oggi, giorno di mer- cato e attraversando questa terra si può solo cercare di intravederli nelle loro case. Tra l’altro il pull- man per non disturbarli, quasi nemmeno rallenta così li vediamo proprio solo di sfuggita e senza po- ter scattare loro nemmeno una decente fotoricordo. Arriviamo a Washington nel tardo pomeriggio e ci sistemiamo all’Hotel Marriott Wardman Park. Io e Vivi non facciamo l’escursione di questa sera pertanto usciamo subito e prendiamo un taxi che ci porta alla stazione. L’interno della Union Sta- tion è bellissimo, di un lusso sfrenato, la stazione più bella che abbiamo mai visto. Dopo essercela rimirata bene anche dall’esterno, ci spostiamo fino alla Sede della Corte Suprema degli U.S.A. Con- tinuiamo la nostra visita con la Biblioteca del Congresso, fino a giungere al Campidoglio. Ci arri- viamo da dietro, quindi passiamo sul davanti e quando mi giro verso il Mall, esplodo in un’esclama- zione di meraviglia che fa voltare e ridere alcuni italiani seduti sulle scale. Ma la vista del Mall e del monumento a Washington al tramonto, ci lasciano davvero di stucco! Facciamo una bella passeg- giata percorrendo il Mall fino a raggiungere il Washington Monument. Sono un paio di km e quan- do ci arriviamo incomincia a fare buio. Decidiamo di svoltare e dirigerci verso la Casa Bianca che vediamo di notte tutta illuminata. Mi ero annotato il nome di un buon ristorante prima di partire e continuiamo la camminata lunghissima finché non ci arriviamo. Ci accomodiamo e mentre aspettia- mo di cenare, vediamo una giovane coppia italiana al tavolo vicino al nostro, che di ritorno dallo Ovest, mangia che è un piacere guardarli! Ci dicono che sono soddisfatissimi e che era da un sacco di tempo che non mangiavano più così bene. Il ristorante è gestito solo da italiani e si chiama “Tira- misù”. Anche noi siamo usciti soddisfatissimi, anzi se capitate da quelle parti andateci, ve lo consi- gliamo vivamente! Non contento, prendiamo un altro taxi per tornare al Campidoglio e fotografarlo di notte, e ne prendiamo un altro per tornare in albergo. Qui incontriamo alcuni elementi del nostro gruppo di ritorno dall’escursione e ci diamo la buonanotte.

8° giorno Washington D.C.

Oggi è prevista la visita di Washington di mezza giornata con un’altra guida che parla benissimo lo italiano. Il pullman ci accompagna al cimitero di Arlington, dove riposano gli eroi di guerra ed è da qui che si comincia. Visitiamo la tomba di J.F.Kennedy e della moglie Jacqueline e in seguito quel- la del fratello Robert. Al termine della visita del cimitero, il pullman ci riaccompagna in centro. Passando per il Korean Veterans Memorial, raggiungiamo il Lincoln Memorial dove all’interno ci aspetta la statua assisa di Lincoln seduto con un’espressione severa. Da qui si ha anche una bella vi- sta sul Reflecting Pool, il laghetto dove si specchiano il Washington Monument da un lato ed il Lin- coln Memorial dall’altro. Poi vediamo il Veterans Vietnam Memorial, un muro nero che incomincia basso basso per arrivare a un’altezza di 2,50 – 3,00 m con incisi i 58156 nomi dei soldati morti in Vietnam. È un momento molto commovente. In seguito visitiamo la Casa Bianca ( ma anche qui dopo l’11 settembre non è più possibile entrare ) e terminiamo con il Campidoglio. Washington è una città molto piacevole, pulita, ordinata, molto verde e ricca di monumenti commemorativi. Non ha niente a che vedere con i grattacieli di New York, assomiglia più ad una bella capitale europea. Oggi abbiamo il pomeriggio libero e assieme alle coppie di nostri amici, fra i musei che è possibile visitare lungo il Mall, optiamo per l’Air & Space Museum. È un museo un po’ diverso dai soliti, contenente aerei, missili, mezzi con i quali l’uomo è stato sulla Luna, cabine di pilotaggio e quant’altro! Mangiamo qualcosa al Mc Donald’s all’interno del museo, poi io e Viviana decidiamo di congedarci dai nostri amici per poter visitare quello che non abbiamo ancora visto e che loro han- no visto ieri sera. Ci dirigiamo al Washington Monument e questa volta svoltiamo sul lato opposto a quello della Casa Bianca, cioè verso il Jefferson Memorial. Davanti all’ingresso c’è il bellissimo Ti- dal Basin, un laghetto collegato al fiume Potomac, mentre all’interno del memoriale ci accoglie la statua in piedi di quest’altro presidente. Decidiamo di oltrepassare il Potomac per riuscire a dare al- meno un’occhiata da lontano al Pentagono. Ci accorgiamo di essere ben distanti dal centro e mentre armeggiamo con la cartina, ecco che si ferma un simpatico ciclista. Approfittando per fare una pau- sa, prende subito il suo navigatore e comincia a smanettare cercandoci la strada del ritorno più velo-ce. Altro che la disponibilità di noi italiani, e senza avergli chiesto nulla! Così riattraversiamo il Po- tomac da un altro ponte quando ad un tratto sentiamo suonare e vediamo un ciclista che agita la ma- no. È ancora il nostra amico che ci saluta mentre attraversa il ponte. Siamo ancora lontani dal nostro albergo ed avendo un appuntamento con i nostri amici per cenare tutti insieme, prendiamo un taxi per accelerare i tempi. Scegliamo la trattoria italiana proprio davanti al nostro albergo e prendiamo una fregatura indimenticabile. Abbiamo ordinato quasi tutti degli spaghetti immangiabili e nel loca- le d’italiano c’erano solo i turisti raggirati! Diffidate sempre dalle insegne che riportano “trattoria italiana”, “ristorante italiano”,ecc… Quindi finita la cena siamo rientrati in albergo e siamo andati a dormire.

9° giorno Washington D.C. / Philadelphia / New York Lasciamo Washington puntando verso New York. Strada facendo facciamo una visita orientativa della città di Philadelphia in Pennsylvania. Abbiamo modo di vedere persino la statua di Rocky Bal- boa! Saliamo la scalinata come faceva anche lui nel film e ci godiamo la vista di questa bella città dall’alto. Più tardi il giro prosegue con la Liberty Bell e l’Indipendence Hall ( dove fu firmata la di- chiarazione d’indipendenza e scritta la costituzione degli U.S.A. ). Raggiungiamo New York nel primo pomeriggio e scendiamo ad una delle fermate che fa il pullman insieme a Sara e Andrea che scopriamo pernottare nel nostro stesso albergo, l’Edison Hotel. Oggi visto che le cose più importan- ti le avevamo già visitate, ci concediamo una passeggiata tranquilla sulla 5th Avenue. Approfittia- mo poi anche per visitare il centro commerciale di Macy’s. Quando stiamo per uscire ecco che scoppia un temporale. Ma dura proprio un attimo e quindi rientriamo in albergo. Ceniamo con i no- stri amici Sara e Andrea nel nostro albergo e finiamo la serata facendo shopping a Times Square. Con il cambio Euro – Dollaro a noi favorevole, fare acquisti è davvero un piacere! Peccato non aver potuto riempire di più le valige già stracolme in partenza dovendo comunque stare via di casa un mese e spostandosi quasi tutti i giorni. Ci salutiamo d’accordo per fare colazione insieme l’indoma- ni.

10° giorno New York / Los Angeles Salutiamo i nostri amici che in giornata partiranno per tornare a casa mentre noi nel pomeriggio vo- leremo da New York a Los Angeles. Abbiamo però tutta la mattina libera, quindi decidiamo di la- sciare i bagagli nell’apposita stanza dell’albergo e usciamo per andare a visitare almeno uno dei musei di New York. Scegliamo l’American Museum Of Natural History ( quello di “Una notte al museo” ), dove al 4° piano mi posso davvero sbizzarrire con i miei adorati dinosauri! Assistiamo anche a un documentario che non vediamo finire perché si è fatto tardi e dobbiamo tornare in alber- go per ritirare i bagagli e partire. Usciti dall’albergo, prendiamo un taxi che ci accompagna all’aero- porto La Guardia, dove il simpatico tassista ci aiuta con le partenze. Il volo dura circa 8 ore facendo scalo a Nashville per un’ora. Ingenuamente non scendiamo nemmeno a comprare qualcosa da man- giare non sapendo che durante tutto il volo, non ci verrà servito niente. Ci addormentiamo e quando apriamo gli occhi, il posto a sedere accanto a Viviana che era libero, è stato occupato da una simpa- tica signora bionda di mezza età e di bell’aspetto. Si chiama Kate e cerco a fatica di sostenere una conversazione con lei che non demorde pur vedendomi in difficoltà. Ma gli americani sono così: an- che se qualcuno fa fatica con la lingua, ti danno tutto il tempo di trovare le parole e mai si arrendo- no a troncare una conversazione. Il ricordo più bello che ci resta di quel volo, è la fase d’atterraggio a Los Angeles. Ci dicono di allacciare le cinture, mancano circa 20 minuti all’atterraggio ed è prati- camente buio. Sotto di noi questa città immensa grande come Torino, Milano, Genova, tutta illumi- nata. Solo casette all’infinito e un piccolo grappolo di grattacieli che Kate ci dice essere la Down- town. 20 minuti di volo senza che si capisca l’inizio e la fine di una città gigantesca! Una volta at- terrati, recuperiamo i bagagli e incontriamo ancora Kate, vestita come una cantante country, con tanto di chitarra e stivaloni. Molto educatamente ci presenta suo marito e si congedano da noi. Al- l’uscita dall’aeroporto c’è già pronta tutta una fila di taxi che molto ordinatamente a turno, carica la gente con i suoi bagagli. Scopriamo che sapendolo prima, al nostro albergo ci saremmo potuti anda- re anche a piedi, era proprio vicino. Siamo molto stanchi, ma dobbiamo ancora capire da dove do- mani mattina presto partirà la nostra nuova escursione. Quindi appoggiamo le nostre valige in alber- go e usciamo alla ricerca dell’altro. Lo raggiungiamo in 10 – 15 minuti a piedi e nella hall vediamo un po’ di gente. Chiediamo se il nostro tour partirà da lì, ma un’anziana guida ci dice che lei non lo ha mai sentito, che non viaggiamo con lei. Così torniamo al nostro albergo e ci corichiamo un po’ preoccupati anche se in effetti l’indirizzo è proprio quello giusto.

11° giorno Los Angeles / Santa Maria Oggi partiamo con un altro tour in pullman, il “Costa Californiana In Miniatura”, che in 2 giorni e una notte ci permetterà di percorrere il tratto di costa tra Los Angeles e San Francisco. Il ritrovo con la guida per la partenza del tour è previsto alle ore 7:30 all’Airport Hilton, l’albergo che raggiungia- mo tirandoci dietro i nostri ingombranti bagagli. In realtà la nostra guida si presenta con un ritardo non trascurabile mentre seguiamo via via il formarsi di gruppi che dalla hall se ne vanno prima di noi. Finalmente viene composto anche il nostro gruppo e così caricati i bagagli sul pullman, si parte per Santa Barbara. Qui ci fermiamo a visitare la bellissima, storica Missione fondata da Serra nel 1786. Subito dopo visitiamo il tribunale e dopo aver preso l’ascensore ci godiamo la vista di questa bella città, dall’alto. Ci viene dato il tempo necessario per mangiare qualcosa potendo scegliere tra i vari localini del centro. Quindi ripartiamo per la regione di St. Ynez, dove visitiamo un vigneto e possiamo fare la degustazione del vino della casa. Riprendiamo il tour e facciamo un’altra sosta nel caratteristico paesino di Solvang, che ricorda in tutto e per tutto un paesino danese. Il tempo di un gelato e ripartiamo per Santa Maria che raggiungiamo nel tardo pomeriggio. In serata il resto del gruppo andrà in centro in pullman, ma io e Vivi preferiamo uscire per conto nostro. Scopriamo pre- sto camminando, che il centro dista proprio tanto dal nostro albergo, quindi compriamo qualcosa da mangiare e rientriamo al più presto. Siamo molto stanchi, abbiamo ancora addosso il fuso orario e ieri sera non abbiamo riposato granché. Decidiamo di rimediare andando a letto presto. Già, peccato che quasi appena preso sonno il telefono della nostra camera comincia a squillare. Rispondo e sento una voce confusa e preoccupata che ci dice che dobbiamo lasciare la stanza, che si tratta di una emergenza. Comunichiamo a fatica, mi spiego anche peggio di come capisco ma faccio presente seccato, che stavamo dormendo. Però una volta riattaccato ci guardiamo preoccupati; per svegliarci così deve trattarsi di qualcosa di grave. Le pensiamo tutte, perfino che dev’esserci stato un terremo- to e che vengono a portarci via prima dell’arrivo di uno Tsunami. In ogni caso ci affrettiamo a fare i bagagli. Quando apriamo la porta c’è un po’ di trambusto nel corridoio e una scena degna dei mi- gliori C.S.I, con tanto di sigilli. Riusciamo finalmente a chiarirci con una signora che ci sta passan- do davanti. Scopriamo che una donna si è tolta la vita con delle pasticche proprio nella camera ac- canto alla nostra! Praticamente volevano solo spostarci di camera per non disturbarci con il viavai che ci sarebbe stato quella notte.Chiedo se non sia proprio possibile restare in quella dove ci trovia- mo, e ci viene detto che se vogliamo così, anche per loro va bene. Richiusa la porta, siamo rimasti un bel momento seduti sul letto perplessi a fissare il vuoto. Riprendere sonno è stata dura, altro che andare a dormire presto e riposare!

12° giorno Santa Maria / Monterey / San Francisco Proseguiamo il nostro tour costeggiando l’Oceano Pacifico fino a raggiungere Monterey. Qui fac- ciamo una sosta ed io e Vivi optiamo per pranzare al Fisherman’s Wharf di questa cittadina. Si trat- ta di un molo molto caratteristico, con graziosi negozietti e ristorantini. Ed è proprio in uno di que- sti, con vista sul mare che ci fermiamo a mangiare qualcosa. Ancora adesso ricordiamo le favolose teste d’aglio al forno serviteci come antipasto! Più tardi, passeggiando lungo il molo facciamo la co- noscenza dei leoni marini che giocano a spintonarsi in acqua. Quindi ci riuniamo al gruppo per ri- partire, raggiungere e percorrere la 17- Mile Drive con i tratti di costa più suggestivi di tutta la Cali- fornia. Facendo numerose soste, vediamo bellissime ville di ricchi proprietari, L’Isola degli Uccelli, la casa dove Hitchkock ha girato il film “Gli Uccelli” e il Cipresso Solitario, uno degli alberi più fo- tografati al mondo. Una volta ripartiti ci fermiamo poi a Carmel, un’altra caratteristica cittadina che si affaccia sul Pacifico. Facciamo una sosta abbastanza lunga ed io e Viviana ci spingiamo dal cen- tro fino ad arrivare alla spiaggia. È un bel pezzetto di strada, specie se si considera che al ritorno è tutta salita. Questo tour si conclude a San Francisco nel tardo pomeriggio e io e la mia compagna scendiamo ad uno dei tanti alberghi, non facendo il pullman, la fermata al nostro. Appena finito di attraversare la Costa Californiana, siamo vestiti con sandaletti, pantaloncini e maglietta, ed è così che l’impatto col clima rigido di questa città ci congela appena tocchiamo terra. Alziamo una mano per chiamare un taxi, ma qui non siamo a New York. Traffico ce n’è abbastanza, ma taxi ne passano pochi e tutti occupati nelle loro corse. Decidiamo allora di spostarci un po’ dall’incrocio dove ci tro- viamo ma non cambia niente. Quando il freddo comincia a farsi sentire, all’improvviso eccone uno che mette la freccia e si ferma davanti a noi. In realtà si era fermato per far scendere alcuni passeg- geri, ma quindi per fortuna ne possiamo approfittare! Ci carica le valige un tipo di bell’aspetto con la camicia sbottonata per metà, con quel freddo! Partiamo in direzione dell’hotel Holiday Inn Fi- sherman’s Wharf e abbiamo modo di constatare che le strade di San Francisco sono proprio come le dipingono. E così dopo vari sali e scendi lungo le sue numerose colline a gran velocità, arriviamo a destinazione. Ci sistemiamo nella nostra camera, ma siamo così intirizziti dal freddo che non abbia- mo nessuna voglia di uscire di nuovo. Mangiamo qualcosa che viene a galla frugando nei nostri zai- ni e in breve ci infiliamo al calduccio sotto le coperte.

13° giorno San Francisco Oggi incominciamo l’ultimo tour in pullman, il “Sulle Piste Dei Pionieri”, che in 14 giorni e 13 not- ti ci consentirà di visitare la maggior parte dei più bei parchi dell’Ovest. In realtà il gruppo al quale ci uniremo, sarà qui soltanto stasera sul tardi perché il primo giorno del tour include il volo Malpen- sa – San Francisco. Ma noi che invece siamo già qui, dobbiamo approfittare di questo giorno libero! Ed infatti già dall’Italia avevamo prenotato la visita al penitenziario di Alcatraz e nei giorni scorsi la avevamo riconfermata per oggi nel primo pomeriggio. Quindi ci conviene cercare di sfruttare al me- glio la mattinata. Usciamo prestissimo, con i pantaloni lunghi, le scarpe chiuse e le giacchettine a vento per affrontare il clima di San Francisco. Infatti anche oggi fa freddo e c’è una nebbia che av- volge tutto al di sopra di una certa altezza. Ci dirigiamo subito al capolinea delle mitiche Cable Car più vicino al nostro albergo. Queste carinissime carrozze, sono guidate soltanto da un manovratore mediante due leve. Una funziona da freno e l’altra permette alla carrozza di agganciarsi o staccarsi dalla fune che corre ininterrottamente sotto la sede stradale, per muoversi o arrestarsi. Soltanto di notte le Cable Car stanno a riposo. Facciamo il biglietto per tutto il giorno e attendiamo impazienti di partire con la prima corsa essendo in effetti molto presto. Ci entusiasmeremo al punto che duran- te tutta la giornata, ci divertiremo a prendere al volo le Cable Car ogni volta che il nostro giro ce lo permetterà anche solo per un breve tratto! Ecco che partiamo e ci arrampichiamo sulla prima colli- na. Fa un bel effetto guardare le strade che ci lasciamo dietro e quelle che ci corrono a fianco. Deci- diamo di scendere alla fermata che ci consentirà di visitare la Lombard Street, la strada più tortuosa del mondo. La percorriamo un po’ lungo i suoi tornanti e un po’ lungo le scalinate per i pedoni. Do- podichè raggiungiamo il St. Francis Hotel per un piccolo brivido. Avevo letto da qualche parte di prendere l’ascensore che dà sull’esterno di questo albergo per provare una bella emozione. L’effetto che fa, salire così velocemente mentre vedi in un attimo prima la terra e poi i grattacieli più alti, fa tremare le gambe. Viviana non sembra gradire molto questa esperienza e così mi aspetta di sotto, mentre io la ripeto ancora qualche volta esaltatissimo. Ci spostiamo ancora con una Cable Car ma a differenza di stamattina che abbiamo viaggiato seduti, a quest’ora le stiamo aggrappati in piedi per- chè è affollatissima. Facciamo visita a due storici alberghi: il Fairmont Hotel e il Mark Hopkins Ho- tel. Quindi raggiungiamo il quartiere finanziario della città e arrivati davanti alla Bank of America Building, notiamo qualcosa di strano. All’ingresso ci sono numerose persone sdraiate e non capia- mo subito cosa stia succedendo. Scopriremo che si trattava di un’esercitazione e che stavano aspet- tando i pompieri. Con un’altra Cable Car e camminando qualche ripida salita, raggiungiamo poi la Coit Tower. Da questa torre in una bella giornata, si gode di una vista della baia e del Golden Gate Bridge senza eguali. Peccato che con la nebbia che c’è non si veda nemmeno a un palmo dal naso! Andiamo a prenderci un caffè nello storico Vesuvio Cafè nel quartiere di North Beach e in seguito ci dirigiamo al Fisherman’s Wharf. Qui seguiamo i latrati pazzeschi dei leoni marini fino al Pier 39 dove oziano ammassati in gran quantità. È ormai ora di rientrare in albergo per prepararsi all’escur- sione. Per combinazione chiedendo alla ragazza della reception un’informazione sul taxi che deve venire a prenderci in albergo, scopriamo di trovarci nell’albergo sbagliato. Un piccolo incidente di percorso dovuto al fatto che l’altro albergo che dobbiamo raggiungere e nel quale domani ci unire- mo al gruppo per il tour, ha quasi lo stesso nome del nostro. Quindi corriamo velocemente in came- ra, buttiamo tutto in valigia e scendiamo in strada. Chiedo ad un taxi fermo, se può portarci all’altro albergo e mi risponde che è proprio lì vicino, che ci conviene andarci a piedi. Lo raggiungiamo pre- sto e lasciamo i bagagli nell’apposita stanza, dopodiché aspettiamo fuori il nostro taxi. Anche un’al- tra coppia sta aspettando, si tratta di Francesca e Gianluca, due simpatici toscani con i quali in se- guito scopriremo avere molto a che fare. L’Italiano che viene a prendere tutti e quattro, strada fa- cendo ci spiega bene tutto sull’escursione, ci dà dei consigli e i biglietti per il trasporto dal molo al- l’isola e ingresso al penitenziario. Ci accompagna fino al molo, ci fa incolonnare e ci saluta. Dopo un paio di km percorsi sul traghetto al freddo, sbarchiamo sul famosissimo isolotto. Facciamo tutta la salita prendendocela con calma come ci ha suggerito il tassista, fino a raggiungere il penitenza- rio. Una volta entrati, ci vengono consegnate le cuffie che ognuno sceglie in base alla propria lin- gua. Seguendo le istruzioni in cuffia, ci muoviamo lungo un percorso guidato e ci viene narrata via via tutta la storia di Alcatraz. Vediamo quindi le celle dei detenuti, il cortile dove prendevano aria e giocavano a Baseball, le foto delle guardie e dei detenuti famosi, gli sportelli per le visite, i quattro direttori che si sono alternati negli anni. Possiamo anche guardare la baia da Alcatraz e provare a immaginare cosa pensassero i detenuti ad avere la città a poche bracciate da qui, ma non poterla raggiungere! È stata una sensazione molto particolare entrare proprio in quelle celle in cui avevano vissuto certi pericolosi criminali. Per finire vediamo le celle da dove tre detenuti sono evasi, il corri- doio che hanno attraversato per arrivare ai tetti e la mensa. Siamo molto soddisfatti di questa escur- sione, è stata molto intensa e toccante. Non posso non comprarmi una felpa di Alcatraz prima di an- darcene! Torniamo al molo di San Francisco che è già tardo pomeriggio. Mangiamo un gelatone al Ghirardelli Square e finiamo la serata girando su e giù per le colline sulle Cable Car, inseguite da curiosi turisti in automobile, che le immortalano con i flash.

14° giorno San Francisco Dopo la colazione, davanti all’albergo vengono formati tre gruppi a ognuno dei quali verrà affidata una guida per tutto il tour. La nostra guida è Leo e scopriremo a tour finito che tra tutte le guide che ci potevano capitare, si rivelerà la migliore. Nel nostro gruppo ritroviamo anche Francesca e Gian- luca, la simpatica coppia di ieri, anche loro entusiasti dell’escursione ad Alcatraz. In mattinata è prevista la visita orientativa della città, mentre nel pomeriggio saremo liberi. Grazie al pullman pos- siamo percorrere velocemente grandi distanze e quindi visitare tutto ciò che io e la mia compagna non siamo riusciti a vedere ieri. Cominciamo dal municipio, per dirigerci ad Alamo Square e foto- grafare le Painted Ladies, le bellissime case ottocentesche che hanno i grattacieli del quartiere fi- nanziario come sfondo. Un bellissimo contrasto che saremmo riusciti a vedere se non fosse stato per la nebbia che anche oggi trionfa all’orizzonte! In seguito attraversiamo tutto il Golden Gate Bridge e sostiamo dall’altra parte il tempo di qualche foto. Per finire pranziamo tutti insieme in un bel ri- storantino del Fisherman’s Wharf e ognuno può organizzarsi il pomeriggio a piacere. Io e Viviana abbiamo in mente di percorrere a piedi almeno un tratto del Golden Gate Bridge, quindi ci alziamo da tavola al più presto e ci incamminiamo. Questo mitico ponte è alquanto fuori mano e decidiamo di avvicinarci il più possibile con un taxi. In realtà una volta scesi dal taxi dobbiamo camminare an- cora a lungo prima di raggiungerlo. Lo vediamo pian piano ingrandirsi sempre più finché finalmen- te non gli siamo a lato. Ancora una faticosa scalinata e possiamo cominciare ad attraversarlo. Il Gol- den Gate Bridge è un capolavoro e le sue dimensioni sono da capogiro. Accessi compresi, è lungo circa 2700 m, le due torri che lo sorreggono sono alte 227 m, l’altezza media della strada dall’acqua è di circa 67 m, i due cavi principali hanno un diametro di circa un metro e la lunghezza totale di fili metallici è sufficiente a fare tre volte il giro della terra. Sono numeri che a un europeo ( e non solo ) possono fare davvero girare la testa! A differenza del ponte di Brooklyn, la corsia pedonale e quella ciclabile corrono lateralmente rispetto alla strada attraversata dagli automezzi che resta centrale. Sul ponte tira un vento formidabile, gelido. Ma lo spettacolo della baia di San Francisco e l’isola di Al- catraz, davvero non ha prezzo! Camminiamo fina a metà del ponte togliendoci una bella soddisfa- zione. Percorrerlo tutto, non avrebbe senso, anche perché dall’altra parte ci siamo già stati stamatti- na, quindi piano piano facciamo la strada del ritorno. Purtroppo essendo così fuori mano, taxi non se ne vedono proprio e dobbiamo praticamente farcela a piedi dal ponte fino al centro, sostando nei supermercati per integrare gli zuccheri con qualche Coca. Una volta in centro, non è difficile ferma- re un taxi per farci portare a Chinatown prima che faccia buio. Tra le altre cose passiamo di nuovo davanti al Fairmont Hotel dove è atteso Obama, ma senza vederlo. Il tassista cinese o giapponese ci lascia davanti al Chinatown Gateway e da qui facciamo un percorso suggerito da un libro, attraverso le vie di Chinatown. Valeva davvero la pena visitare la Chinatown di San Francisco, ricca di profu- mi e di colori, molto meglio di quella di New York. In serata andiamo a cenare al Fisherman’s Wharf, in un localino molto caratteristico. Purtroppo quando arriviamo il locale è al completo e ci consegnano una specie di cercapersone chiedendoci se rimanevamo in zona. Così ad un certo punto, passeggiando per i negozietti sento vibrare qualcosa in tasca. È il cercapersone che s’illumina d’az- zurro per segnalarci che si è liberato un posto. Raggiungiamo il ristorantino, ma che delusione quando ho visto arrivare al nostro tavolo, i miei spaghetti alle cozze, completamente cosparsi col pecorino! Proprio a me che non sopporto il formaggio! 15° giorno San Francisco / Yosemite / Mammoth Lakes Facciamo colazione e dopo aver caricato tutti i bagagli lasciamo San Francisco attraversando l’altro suo ponte importante: l’Oakland Bay Bridge. Il primo parco che andiamo a visitare è il Yosemite National Park e lo raggiungiamo intorno a mezzogiorno. Mangiamo sui tavoli all’aperto, qualcosa che ci siamo procurati strada facendo e di tanto in tanto sulla panchina con noi si accomoda uno scoiattolo molto intraprendente e abituato al contatto con i turisti. Dopodiché Leo ci propone di fare una passeggiata fino a raggiungere le sequoie giganti anziché portarci a vedere le altissime cascate del parco che però in questo periodo dell’anno di acqua ne hanno soltanto un filo. Accettiamo di buon grado e cominciamo la discesa lungo un sentiero nel bosco. Finalmente arriviamo a destina- zione e ci meravigliamo delle dimensioni di quest’albero; non avevamo mai visto una sequoia prima d’ora. È un peccato però che il tronco sia protetto da una recinzione, così da non poterla nemmeno toccare. Nel risalire verso il pullman notiamo anche un cerbiatto che per niente spaventato dalla no- stra presenza, continua a mangiare indisturbato. Una volta ripartiti, facciamo altre soste in questo suggestivo parco. Una al fresco sulle vette più alte con un panorama non indifferente e un’aria puli- tissima, e un’altra ad un limpido laghetto di montagna. Qui dopo una passeggiata lungo la sua riva, ci sediamo un momento a stretto contatto con la natura. In seguito attraversando il Tioga Pass, fac- ciamo una di quelle fermate che ci fa riflettere a lungo sugli spazi infiniti dell’America. Queste ve- dute così ampie, dove lo sguardo si perde per chilometri e chilometri. Raggiungiamo Mammoth La- kes, un piccolo paesino di montagna nel tardo pomeriggio e ci sistemiamo nelle nostre camere. Per finire ceniamo tutti insieme in questo delizioso albergo e andiamo a riposare.

16° giorno Mammoth Lakes / Death Valley / Las Vegas Dopo colazione partiamo per Las Vegas attraversando il paesaggio incredibile della Death Valley. Oggi ci aspettano circa 680 km di strada entrando tra l’altro in un altro stato, il Nevada ed il bello di questo tour sta anche nella diversità di un giorno con l’altro. Se ieri eravamo al fresco in alta monta- gna, oggi facciamo un percorso che è quasi tutta discesa con un caldo torrido. Facciamo diverse fer- mate lungo il tragitto per visitare l’aspetto curioso di questo parco. In un’occasione ad esempio scendiamo in pieno deserto con 38,9° C e il passaggio dall’aria condizionata del pullman al vento caldo e secco che ci aspetta a terra è notevole. Abbiamo l’onore di fare qualche passo in mezzo alle dune e in un’altra occasione visitiamo Zabriskie Point, dal paesaggio quasi lunare. Strada facendo la nostra guida ci propone un’escursione facoltativa per questa sera, la “Las Vegas By Night” e tutti aderiamo entusiasti. Raggiungiamo il nostro albergo a Las Vegas nel pomeriggio e subito Leo fa la solita distribuzione delle chiavi delle stanze. Dobbiamo prepararci abbastanza in fretta, perché per godere a fondo la serata, bisogna cenare piuttosto prestino. Ceniamo a buffet nel nostro albergo mangiando peraltro benissimo e non abbiamo quasi nemmeno finito che la nostra guida già ci radu- na per incominciare l’escursione. Las Vegas è una città enorme, un gigantesco parco giochi all’inse- gna dell’esagerazione! Corriamo di qua e di là tutta la sera ben attenti a non perdere mai di vista la guida e il resto del gruppo. Leo sostiene di avere un sistema infallibile per non perdere d’occhio il gruppo e cioè gli elementi che stanno davanti ogni tanto camminando alzano la mano e come un’on- da, via via quelli dietro. Ed è così che ad un certo punto della serata effettivamente due componenti del gruppo ce li perdiamo! Fortunatamente li ritroviamo poco dopo alquanto irritati. Comunque sia- mo riusciti a vedere diversi alberghi che con 1000 – 2000 camere sono dei veri paesi, come il Vene- tian Hotel che riproduce fedelmente Venezia in ogni particolare, da Piazza San Marco ai canali con tanto di gondole. Addirittura alzando la testa notiamo un cielo dipinto sul soffitto ed è difficile non prenderlo per vero. In seguito sempre salendo e scendendo dal pullman raggiungiamo la Fremont Street, la strada più illuminata del mondo, nella Downtown. Qui aspettiamo di assistere ad uno spet- tacolino che viene proiettato su una grande volta sopra le nostre teste. A dire il vero a me e a Vivi non dice un granché. Cantiamo la solita “Happy Birthday” a Francesca che compie gli anni e sem- pre di corsa raggiungiamo il Luxor Hotel. Gli alberghi si rifanno tutti a qualche soggetto, ricordan- do New York, Parigi, Roma, l’Egitto, ecc… ma più o meno sono tutti strutturati alla stessa maniera. Ci sono varie entrate che portano sempre a queste immense sale da gioco tempestate di slot machi- ne, roulettes e quant’altro, tutte strapiene di gente e poi sopra, svariati piani di camere. Terminiamo la nostra escursione davanti al Bellagio Hotel dove ci godiamo lo show delle sue spettacolari fonta- ne a tempo di musica, molto bello. Per fortuna però, io e Vivi avremo poi modo di ritornarci qui a Las Vegas, perché con questa escursione non siamo rimasti troppo soddisfatti di quello che abbiamo visto. Certo, le cose da vedere sono molte e il tempo a disposizione è quello che è, ma abbiamo dav- vero finito per correre tutta la sera come matti senza gustarcela a dovere! Al rientro nel nostro alber- go quasi tutti tentano la fortuna, noi rimandiamo questa tentazione per l’ultima notte che trascorre- remo nuovamente a Las Vegas.

17° giorno Las Vegas / Zion / Bryce Canyon N.P.

Dopo la solita colazione e dopo aver caricato i soliti bagagli, ripartiamo per lo stato dello Utah che assieme a quello dell’Arizona che vedremo più avanti, è quello che ci è piaciuto di più. Pranziamo lungo il percorso e i due parchi che visitiamo oggi sono lo Zion ed il Bryce Canyon. Il primo ci af- fascina per il Checkerboard Mesa, una montagna rigata da linee orizzontali e verticali, come se qualcuno ci avesse disegnato un’immensa scacchiera. Il secondo, che raggiungiamo nel tardo pome- raggio ci lascia davvero a bocca aperta facendoci provare una gioia e un’emozione che fatichiamo a controllare. Questo parco è profondamente diverso dagli altri e la vista dell’Anfiteatro dal Bryce Point ci abbaglia con la sua varietà di colori che spaziano dal rosa all’arancione, dal rossiccio al bianco delle punte delle sue “guglie”. Ci camminiamo tutto intorno con il gruppo godendo dei colo- ri stupendi di questo parco al tramonto finché Leo non ci regala una chicca. Chi se la sente può ten- tare la discesa lungo un sentiero che porta alla base di queste guglie. In realtà la nostra guida dipin- gendo il sentiero più ripido e pericoloso di quello che è veramente, un po’ scoraggia le persone che magari ci avrebbero impiegato troppo tempo a scendere per poi risalire e così diversi elementi del gruppo aspettano sul pullman. Io, Vivi e il resto del gruppo cominciamo la discesa percorrendo lo Under – The – Rim Trail. Scendendo lungo il sentiero con i suoi tornanti, possiamo apprezzare altre sfumature del Bryce Canyon e sicuramente sentirci più parte di esso. Ogni tanto diamo un’occhiata in alto verso la strada percorsa e il contrasto tra le punte e il cielo è molto bello. Procediamo attra- verso gli anfratti più stretti, dove tuttavia qualche albero è cresciuto cercandosi e guadagnandosi un’uscita, ed arriviamo in fondo. Restiamo un attimo a goderci la strana intimità fra queste rocce prima di incominciare la faticosa risalita. Comunque era una camminata fattibile, mi dispiace per i compagni che sono rimasti sul pullman perché si sono davvero persi qualcosa! Quindi raggiungia- mo l’albergo e mangiamo in camera della frutta che ci siamo procurati nel piccolo supermercato lì vicino.

18° giorno Bryce Canyon N.P. / Capital Reef N.P. / Canyonlands / Arches N.P. / Moab Prosegue il tour e oggi ci aspettano addirittura tre parchi. Per primo visitiamo l’affascinante Capital Reef National Park con la sua terra rossastra e le rocce coperte da formazioni di arenaria che ricor- dano gli scogli del mare. Dopo aver pranzato a pic-nic lungo il percorso, ci dirigiamo al Dead Horse Point ( dove hanno girato tra l’altro “Thelma & Louise” ), da dove si gode un’impareggiabile vista del Canyonlands National Park, meraviglia di rocce rosse e profondi canyons, e non ultima la vista del Colorado che qui disegna un vistoso gomito. Concludiamo nel tardo pomeriggio con l’Arches National Park, il parco con la più grande concentrazione nel mondo di archi naturali, dovuti all’ero- sione combinata di acqua e vento. Dopodiché ci sistemiamo nel nostro albergo a Moab, una grazio- sa cittadina, tranquilla ed accogliente. Più tardi io e Viviana usciamo con due simpatici signori di Ravenna, Renza e Vito, con l’intenzione di gustarci una bella steak americana. Purtroppo il locale che scegliamo è affollatissimo e quindi ci mettono in lista d’attesa. Ed ecco sopraggiungere mentre aspettiamo all’ingresso, altri membri del nostro gruppo, tra i quali Francesca e Gianluca. Con loro ci sono anche due signori di Bologna e un ragazzo col proprio padre, di Genova. Quindi attendiamo tutti insieme che si liberi un tavolo da dieci e passiamo la serata a ridere e scherzare mangiando dell’ottima carne, prima di rientrare in albergo a riposare.

19° giorno Moab / Arches N.P. / Mesa Verde / Durango Dopo colazione ritorniamo all’Arches N.P. Per godere di questo parco anche con le prime luci del giorno. Leo, sempre piuttosto severo ci insegna ad apprezzare tutti questi posti in rigoroso silenzio per non rovinare la particolarissima atmosfera. Proseguiamo il nostro viaggio sostando nel parco di Mesa Verde, nello stato del Colorado, famoso per le costruzioni indiane scavate nella roccia. Noi, degli indiani Anasazi visitiamo in modo approfondito la Spruce Tree House, vedendo ben da vicino questo insediamento. Nella fermata successiva invece vediamo dall’alto il Cliff Palace, un’altra co- struzione nella roccia che però osserviamo soltanto da lontano, senza recarci sul posto. Per pranzo proviamo tutti la specialità del Taco, questo impasto somigliante a una focaccia dove sopra ci si può sbizzarrire a mettere di tutto, dal pomodoro all’insalata, dal pollo ai fagioli, ecc… e non è affatto male. In serata raggiungiamo Durango, famosa città del vecchio West. Anche qui usciamo numerosi e nell’indecisione totale su dove e cosa mangiare, ce la caviamo optando per un bel gelato.

20° giorno Durango / Chama / Santa Fè / Albuquerque Facciamo colazione e ripartiamo per effettuare la prima sosta a Chama, l’ultimo tratto della Rio Grande Railway. Qui ci beviamo un discreto caffè e alla stazione aspettiamo di vedere partire un vecchio treno a vapore. Purtroppo tutta la preparazione che comprende il caricamento del carbone, l’aggancio dei vagoni, ecc… richiede parecchio tempo e così quando con la prima fumata nera il treno è pronto a partire, la nostra guida ci richiama con una certa insistenza perché siamo già in ri- tardo sulla tabella di marcia. Quindi ripartiamo per raggiungere Santa Fè, capitale del New Mexico. Qui facciamo una sosta piuttosto lunga e ognuno è libero di girarsi il mercato e la città come meglio crede. Io e la mia compagna ci separiamo dal gruppo e poco dopo ci incolonniamo per mangiare al- meno un Taco. Io ho ancora appetito e mi concedo una pannocchia di granturco intrisa nel burro che senza fare coda mi dà molta più soddisfazione. Visitiamo poi la Mission of San Miguel e giriamo a lungo per il mercato e i negozietti della capitale. Ce ne sono di molto carini che già espongono i vari presepi di Natale con tutte le lucine. Secondo noi questa sosta però è stata un po’ troppo lunga, ma- gari sarebbe stato meglio arrivare qui un po’ più tardi, ma riuscire a vedere partire il treno di stamat- tina. In secondo luogo il mercato distrae molto da quello che è il centro storico con le costruzioni nel tipico stile adobe che risultano molto defilate. Si fa l’ora dell’appuntamento col gruppo alla San Francis Cathedral e ci affrettiamo a salire sul pullman perché incomincia a piovere. In serata rag- giungiamo Albuquerque e ci sistemiamo nelle nostre stanze all’hotel Hilton Albuquerque, un alber- go molto dispersivo e un tantino fuori mano. Ceniamo tutti in un ristorante che raggiungiamo in pullman e concludiamo la serata nel nostro albergo dove stanno festeggiando contemporaneamente diversi matrimoni. Di tutto l’Ovest questa è stata la giornata meno stimolante, forse abbiamo sentito troppo la mancanza di almeno una visita ad un parco. D’altra parte le immense distanze fanno dise- gnare itinerari ben precisi che portano anche a giornate “di passaggio”.

21° giorno Albuquerque / Canyon De Chelly / Kayenta Subito dopo la colazione il pullman ci accompagna in centro ad Albuquerque, dove assistiamo ad una messa nella chiesa di San Felipe de Neri e il prete rivolge un saluto a noi turisti. Dopodiché ri- partiamo per Canyon de Chelly, parte della riserva indiana dei Navajos, in Arizona. Questo è un parco molto suggestivo, dove dalle sue alture possiamo godere di una vista incredibile sulla Spider Rock e sulle zone sottostanti ancora oggi abitate dagli indiani. Respiriamo un’aria molto particolare, dovuta anche al fatto che da una certa direzione ci sta inseguendo un temporale. Infatti in lontanan- za si distinguono chiaramente i fulmini e un cielo plumbeo che scarica l’acqua come se stesse filan- do. Quindi ci rintaniamo ben presto sul pullman e ripartiti, seguiamo dai finestrini l’alzarsi della sabbia spazzata dal vento. In serata arriviamo a Kayenta, cittadina indiana dell’Arizona. Ceniamo in albergo e più tardi assieme ad alcuni amici tra i quali una famiglia che si chiama come il paese dove viviamo io e la mia compagna (Masera), raggiungiamo la strada principale. Siamo proprio in mezzo al deserto, come abbiamo visto spesso in tanti films. C’è soltanto un supermercato al di là della stra- da che corre diritta da entrambi i lati senza che si capisca dove porti e un numero importante di cani randagi che se ne vanno qua e là però del tutto inoffensivi. Facciamo un giretto in questo supermer- cato e osserviamo una volta usciti, gli strani colori del cielo che minacciano temporali in arrivo. Riattraversata la strada, incontriamo altri membri del nostro gruppo fuori dall’albergo e restiamo a raccontarcela a lungo prima di andare a riposare.

22° giorno Kayenta / Monument Valley / Grand Canyon Prima della colazione, non mi perdo l’opportunità di scattare una fantastica foto a Kayenta con le prime luci dell’alba. Una volta ripartiti oggi, siamo diretti alla Monument Valley, lo scenario moz-zafiato che è sempre stato il set di indimenticabili films western come “Ombre rosse”. Già nei gior- ni scorsi Leo, ci aveva proposto un’escursione facoltativa, la “Navajo Land Tour”, che a bordo di mezzi sgangherati guidati proprio dagli indiani, ci avrebbe permesso di percorrere le strade sterrate all’interno del parco altrimenti impraticabili (se non con dei fuoristrada). Tutti abbiamo aderito en- tusiasti ed ecco che i Navajos vengono a prenderci al pullman con i loro mezzi di fortuna. Durante l’escursione abbiamo modo di godere delle rocce scolpite nelle forme più diverse facendo alcune fermate. In una, troviamo addirittura delle bancarelle esposte da questi indiani, dove si possono ac- quistare catenine, braccialetti, ecc… I lineamenti di questa gente sono davvero particolari ma non ci è concessa nessuna fotografia. Pranziamo lungo il percorso e nel pomeriggio raggiungiamo il Grand Canyon. Purtroppo in questo parco troviamo la giornata peggiore! Nella prima fermata che faccia- mo piove quasi subito e in quelle successive il cielo è comunque coperto, spegnendo i meravigliosi colori che avremmo dovuto trovare. Oltretutto il Grand Canyon stesso è avvolto in una sottile neb- biolina che sicuramente ne attenua il fascino. Però camminando lungo un paio di sentieri che lo co- steggiano, possiamo renderci conto della sua estensione e dell’altezza dei suoi strapiombi. La fer- mata che troviamo più suggestiva è quella di Mather Point, che di fronte a tanta bellezza ci fa senti- re davvero tanto piccoli! Lasciamo questo parco incantevole per raggiungere in serata il nostro al- bergo, anche questo grandissimo e con tutte le comodità. Ceniamo tutti qui accomodandoci a grandi tavoli per poi tentare un’uscita veloce. Come al solito notiamo che il centro è piuttosto lontano e che nei dintorni non c’è praticamente niente. Pertanto trascorriamo la serata in albergo chiacchierando a lungo mentre alcuni si concedono una partita a Bowling.

23° giorno Grand Canyon / Scottsdale Questa mattina dopo colazione, chi voleva, come escursione facoltativa, poteva fare un volo in eli- cottero sul Grand Canyon. Un po’ per paura di salire sull’elicottero, un po’ per il costo (circa 160$ a persona), non tutto il gruppo ha aderito e Leo ha disposto tutto in modo che chi non partecipava, po- tesse dormire più a lungo ed essere recuperato in albergo dal nostro pullman, più tardi. Così io, Vivi e gli interessati all’escursione abbiamo raggiunto in pullman l’eliporto. Ci incolonniamo formando i vari gruppetti che saliranno insieme sull’elicottero, ma non potendo portare niente con noi a parte la macchina fotografica, mi accorgo che ho dimenticato i soldi nel marsupio che ho lasciato sul pull- man. Corro immediatamente fuori dall’eliporto e vedo il nostro autista Bob che se ne va con il pull- man. Lo rincorro come posso finché non mi nota nello specchietto e si ferma. Recupero in fretta il denaro necessario e torno di corsa all’eliporto dove la fila è ormai arrivata a Viviana che mi aspetta molto preoccupata. Comunque arrivo giusto in tempo e sbrigata tutta la procedura usciamo verso le piste d’atterraggio. Non siamo mai saliti su un elicottero e al decollo siamo elettrizzati. Indossiamo le cuffie che ci isolano da un rumore pazzesco e in breve ci dirigiamo verso il Grand Canyon. Oggi siamo molto fortunati, è una bella giornata e ci godiamo questa meraviglia del mondo scolpita in milioni di anni dal fiume Colorado e da altre forze della natura, in tutti i suoi incomparabili toni di colore. Eravamo un po’ preoccupati, ma l’elicottero a parte una leggera e costante vibrazione, si di- mostra molto stabile. Il volo dura relativamente poco ma le immagini che ci regala ci riempiono di una gioia che non trova parole. A un certo punto invertiamo la rotta e sorvolando la foresta del Kai- bab Plateau rientriamo all’eliporto. Qui facciamo un po’ di shopping mentre attendiamo che anche tutti gli altri compagni concludano il loro volo. Sempre fissato con la tabella di marcia Leo, ci mette fretta per partire e passare in albergo a prelevare il resto del gruppo. Dopodiché partiamo per Sedo- na facendo alcune fermate lungo il percorso. Vediamo quindi alcuni scorci della Route 66, come un vecchio distributore con auto d’epoca e riusciamo anche a vedere passare in lontananza, un treno a vapore con scritto “Grand Canyon”, compensando così quello che non siamo riusciti a veder partire a Chama. In seguito sostiamo a Sedona per il pranzo e poi ripartiamo per Scottsdale attraversando l’Oak Creek Canyon lasciandoci alle spalle i parchi. Lungo il tragitto facciamo anche una fermata per vedere da vicino dei cactus giganti, alcuni dei quali superano abbondantemente i 5 m! Nel po- meriggio arriviamo a Scottsdale e alloggiamo in un fantastico villaggio turistico dove ogni coppia o famiglia ha a disposizione un miniappartamento con tanto di Jacuzzi nel giardino privato esterno. Leo ci teneva a farci arrivare qui un po’ presto per farci rilassare qualche ora nella splendida piscina del villaggio. Oggi in effetti è anche il primo giorno da quando siamo arrivati in America, che gron- diamo di sudore senza far niente per il caldo-umido davvero insopportabile. Quindi giusto il tempo di trovare i costumi nei meandri delle valigie e ci ritroviamo più o meno tutti in piscina. Qui ci con- cediamo qualche ora di dolce far niente (e un po’ ci voleva) stando a mollo o tuffandoci con gli amici. In serata io, Vivi e parte del gruppo, ceniamo in un ristorante veneziano dove mangiamo dav- vero bene, però torniamo in camera così infreddoliti per l’aria condizionata di quel locale che non ce la sentiamo più di spogliarci per fare l’idromassaggio. Che peccato!!!

24° giorno Scottsdale / Los Angeles Dopo colazione partiamo in direzione Ovest attraversando il deserto della California. Ci aspettano circa 610 km di strada e visto che Leo vuole raggiungere Los Angeles per un orario che ci consenta di non passare ore imbottigliati nel traffico, a parte pranzare lungo il percorso e le fermate stretta- mente necessarie, facciamo tutta una tirata. Io, Vivi e le altre persone che per la rotazione dei posti a sedere sul pullman oggi, viaggiamo davanti, facciamo un viaggio d’inferno perché l’aria condizio- nata su queste file non funziona. Raggiungiamo Los Angeles nel tardo pomeriggio e restiamo tutti impressionati dall’intreccio di autostrade che servono questa caotica città. Penso a quando prima di partire avevo messo giù il programma dove ad un certo punto arrivavamo a Los Angeles con un’au- to a noleggio e sorrido. Per fortuna che poi l’abbiamo cambiato! Secondo il tour potevamo alloggia- re al Crown Plaza Beverly Hills oppure all’Holiday Inn Beverly Garland. Sfortunatamente scopria- mo di essere finiti al secondo. Infatti io e Vivi abbiamo prenotato già da casa l’escursione agli Uni- versal Studios per dopodomani e verranno a prenderci invece nel primo albergo. È una situazione che dovremo chiarire con Leo, anche perché le distanze in questa città sono pazzesche e non sappia- mo bene come muoverci. Comunque adesso dobbiamo riposarci un attimo nella nostra stanza, per- ché dopo, in serata usciremo nuovamente in pullman per recarci ad una delle rinomate località di Los Angeles, Santa Monica. Anche questa è un’escursione facoltativa proposta dalla nostra guida, che nessuno ha rifiutato. Arriviamo a Santa Monica e subito io e la mia compagna ci separiamo dal gruppo per scendere la lunga scalinata che da dove si è fermato il pullman, porta alla spiaggia. Ci interessa infatti vedere il famoso molo con la suggestiva giostra in legno ancora funzionante. Ci go- diamo poi la bellissima spiaggia al tramonto, fra le torrette dei bagnini e le attrezzature sportive vi- ste e riviste in tanti “Bay Watch” alla tele! Io non ho pensato di portarmi una felpa, e una volta an- dato giù il sole, devo ammettere che l’escursione termica si fa sentire! Saliamo la scalinata di prima, lasciandoci alle spalle l’oceano e passeggiamo un po’ per la città. Ho modo anche di acquistarmi delle splendide tennis che come al solito con il cambio, non mi costano un’esagerazione. Poi man- giamo qualcosa in un Mac Donald’s del centro e in seguito guardiamo uno spettacolino per strada, con dei simpatici cagnolini. Uno va sullo skateboard spingendosi da solo, e l’altro prende in bocca i soldi offerti dal pubblico e li deposita in un cappello. Incontriamo poi alcuni amici del nostro grup- po e incominciamo a dirigerci verso il pullman che ci aspetta là dove ci aveva lasciati. Il mitico Bob nel frattempo ha sostituito il pullman degli scorsi giorni con un altro per ovviare al problema della aria condizionata. Non che adesso ce ne sia bisogno, anzi! Siamo tra i primi a risalire sul pullman, ma non ne potevo più dal freddo. Ripartiamo per il nostro albergo dove andiamo a riposare stan- chissimi.

25° giorno Los Angeles Oggi ci aspetta la visita della città degli angeli di mezza giornata, mentre avremo il pomeriggio a di- sposizione per attività individuali. Il tempo di fare colazione e partiamo diretti ad Hollywood, la mecca del cinema. Qui ci viene concesso del tempo per visitare l’esterno del Teatro Cinese, dove per terra sono impresse le impronte e le firme degli attori che hanno fatto la storia del cinema. Ci di- vertiamo a confrontare le loro impronte con le nostre e facciamo due passi lungo la Walk of Fame, un tratto della Sunset Boulevard davanti al Teatro Cinese, dove sui marciapiedi compaiono le stelle con i nomi di attori e musicisti famosi. Saliamo poi in un centro commerciale vicino, dal quale è possibile leggere la scritta “Hollywood” situata in cima ad una collina. Almeno di solito, perché og- gi a causa del clima umido, la scritta più famosa del mondo è avvolta nella nebbia! Dopodiché rag- giungiamo Beverly Hills e ci concediamo una passeggiata in Rodeo Drive, una delle strade dello shopping più eleganti al mondo. Tra l’altro in una delle fermate prima di risalire sul pullman, discu- to con Leo la questione dei due alberghi e mi dice che in effetti distano parecchio l’uno dall’altro. Ci consiglia di metterci d’accordo con due ragazze del gruppo che hanno lo stesso nostro problema, almeno per dividere il costo del taxi. In seguito ci spostiamo nella Downtown dove possiamo vedere la Walt Disney Concert Hall e visitare la Union Station nel pueblo di L.A. Alla fine di questo giro scendiamo davanti agli Universal Studios , perché quasi tutto il gruppo vi trascorrerà il pomeriggio libero. Io e Vivi, per ovvi motivi a questa escursione non abbiamo aderito e scopriamo che tra i pochi che non partecipano, ci sono anche Francesca e Gianluca che come noi hanno prenotato la giornata agli Universal Studios, direttamente da casa per domani. L’idea di poter trascorrere con loro l’intera giornata agli Studios, non può che farci piacere! Mangiamo in un simpatico ristorantino dedicato a Forrest Gump e in seguito chi non si incolonna per entrare agli Studios, viene riaccompagnato in albergo con il pullman. Ma prima di scendere, Leo chiama me e Viviana al microfono, per parlarci in privato una volta arrivati là. Ci spiega che il nostro problema degli alberghi per domani è stato risolto. Verrà a prenderci un’automobile nel pomeriggio per accompagnarci nell’altro albergo senza costo. Facciamo presente però che a dire il vero dovremmo già trovarci là la mattina presto per poterci recare poi agli Universal Studios. Severo da un lato, ma sempre gentile e disponibile dall’altro, Leo ci risolve anche questo piccolo problemino. Ci consegna un bigliettino da dare al conducente domani, dopodiché insieme agli altri ragazzi lo salutiamo definitivamente. E naturalmente salutiamo anche il mitico Bob, il gigante buono che tutti i giorni si è dovuto caricare e scaricare l’immenso bagaglio della mia compagna (una volta ci ha persino chiesto se ci fosse dentro qualcuno). Chiariamo con Francy e Gian il discorso del cambio albergo, in modo che domani nel peggiore dei casi, la prima coppia che entrerà agli Universal Studios, aspetterà l’altra. A questo punto tutta la banda decide di andare a fare shopping, ma noi non ce la sentiamo e restiamo soli a valutare il da farsi. Sono circa le 2-3 del pomeriggio e noleggiare adesso un taxi per raggiungere una spiaggia da qui, se incappassimo nel traffico, potrebbe rivelarsi davvero molto dispendioso e in fondo siamo già stati a Santa Monica ieri sera. Optiamo allora per prendere un taxi e farci portare nuovamente fuori dagli Universal Studios per passare un po’ di tempo facendo shopping nei graziosi negozietti. Ma rientriamo quasi subito in albergo, anche perché ci accorgiamo proprio che negli ultimi giorni la stanchezza si sta facendo sentire. Quindi andiamo a dormire. È il primo pomeriggio da quando siamo partiti che ci concediamo un po’ di riposo. In serata, mentre faccio la doccia, una delle due ragazze con le quali avremmo dovuto dividere il taxi di domani, suona alla nostra camera e sento Viviana che le spiega quello che Leo ha già spiegato a noi. Più tardi abbiamo appuntamento con alcuni amici del gruppo per l’ultima cena lì in albergo, l’ultima steak tutti insieme.Gli altri elementi ci raggiungono dopo cena raccontandoci la splendida giornata trascorsa e dandoci delle dritte per la nostra di domani. E purtroppo con domani si conclude il tour e la maggior parte di loro farà ritorno a casa. Ovviamente i saluti sono un po’ dolorosi, ma prima dei saluti ci godiamo il mini-show di Gianluca che su una panchina da buon toscano intrattiene tutto il gruppo, imitando la nostra guida.

26° giorno Los Angeles Aspettiamo l’arrivo della nostra auto davanti all’albergo con i nostri bagagli e accanto a noi France- sca e Gianluca sono pronti a salire sul loro taxi. Siamo diretti in due alberghi abbastanza vicini tra loro, situati a Beverly Hills. Quando arriva la nostra auto e partiamo, vediamo partire anche i ragaz- zi subito dietro di noi. Ci impieghiamo circa 20-30 min ad arrivare a destinazione perché a questa ora fortunatamente non c’è traffico e di tanto in tanto buttiamo un’occhiata dietro di noi, per verifi- care se siamo seguiti dal taxi dei ragazzi, finché le nostre strade non si dividono. Noi raggiungiamo il Crown Plaza Beverly Hills, dove ci aspetta un inconveniente; purtroppo non c’è la nostra camera. Discutiamo a lungo con la ragazza della reception facendo anche diverse telefonate, ma senza arri- vare a nulla. Il tempo passa ed ecco sopraggiungere infatti i nostri amici che hanno già lasciato le loro valigie nel loro albergo e ora sono qui per prelevarci con l’autista che ci accompagnerà oggi. Francesca ci raggiunge subito alla reception dandoci man forte con il suo inglese, ma la situazione richiede tempo. Pertanto visto che ci attende l’escursione agli Universal Studios, chiedo alla ragazza della reception, se possiamo lasciare i bagagli nell’apposita stanza e risolvere il tutto la sera al no- stro ritorno. E così finalmente partiamo con l’auto occupata solamente da noi quattro. L’autista è un tipo molto simpatico e parla benissimo l’italiano. Prima di accompagnarci all’ingresso degli Studios ci regala una chicca. Percorriamo una zona un po’ alta di Los Angeles e oggi che è una bellissima giornata vediamo bene da vicino la scritta “Hollywood”. Dopo averci consegnato i biglietti d’entra- ta e le cartine, discutiamo con lui alcuni dettagli prima di congedarci, dal momento che sarà sempre lui a venirci a prendere stasera. Quindi ci mettiamo d’accordo per l’orario ed entriamo. Certo che dopo tante grandi città e trionfi della natura, nel nostro viaggio ci stava bene una giornata dedicata solo allo svago! Il giro incomincia su un trenino che ci fa visitare numerosi set cinematografici, co- me “Casalinghe disperate”, “Psycho”, “La guerra dei mondi” e “Lo squalo”, dove al nostro passag- gio l’animale sembra davvero assalirci affiorando dall’acqua. E sempre mentre siamo sul trenino, viene simulato un terremoto nella metropolitana con camion che sta per travolgerci e l’acqua che ci vuole sommergere. Estremamente realistico! Trascorriamo una giornata indimenticabile con i nostri amici, passando da uno spettacolo dal vivo come “Waterworld” (stando attenti a non accomodarci nelle file che rischiano di essere bagnate dai motoscooter), a giostre emozionanti come Jurassic Park e La Mummia, dai vari trucchi usati nei film ai divertentissimi cinema in 3D come Shrek e Terminator che sembrano veri in tutto e per tutto (specialmente quando i protagonisti starnutiscono e sentiamo le goccioline addosso). E così a suon di risate e di code qua e là, facciamo ben presto se- ra, ma riuscendo a fare quello che più ci interessava e aveva ragione Leo: non si può lasciare Los Angeles senza aver visitato gli Universal Studios! Ci rechiamo all’uscita dove ci attende il nostro amico. Per evitare il traffico di L.A. A quest’ora, facciamo una strada in collina potendo ammirare peraltro le ville di numerosi personaggi dello spettacolo, e potendo godere di una vista spettacolare della Downtown. Quando ad un tratto un coyote ci attraversa la strada, Gian commenta scherzando che abbiamo visto più cose con l’autista di oggi in un giorno, che con Leo in due settimane. Dopo- diché ci facciamo lasciare tutti e quattro al nostro albergo. Per domani io e Vivi abbiamo prenotato già da casa, una visita di mezza giornata di Los Angeles e quindi approfitto per riconfermarla diret- tamente all’autista, senza dover poi telefonare ai soliti numeri. Quindi scendiamo ricompensandolo entrambe le coppie con una meritatissima mancia. Francesca e Gianluca ci aspettano seduti fuori, mentre io e Vivi controlliamo che abbiano risolto il problema della nostra camera, ed è tutto a po- sto. Saliamo giusto un attimo e raggiungiamo in fretta i nostri amici. Cerchiamo un ristorantino av- vicinandoci al loro albergo per cenare insieme un’ultima volta. Questo saluto è ancora più sofferto! Anche loro domani faranno ritorno a casa e io e la mia compagna realizziamo che da domani sare- mo di nuovo soli io e lei, così come tutto era cominciato quasi un mese fa, e che questo meraviglio- so viaggio sta volgendo inesorabilmente al termine.

27° giorno Los Angeles / Las Vegas Prima di scendere, facciamo una magnifica foto alla vista della Downtown all’alba, che si gode dal- la finestra della nostra camera. L’escursione di oggi conta pochi elementi, solo noi, un’altra coppia e una signora giapponese, mentre la guida è un tipo alla Fonzie, con i capelli pettinati all’indietro e gli occhiali da sole. Raggiungiamo dapprima la Downtown dove facciamo la prima fermata. Rive- diamo quindi la Walt Disney Concert Hall e in lontananza distinguiamo anche il municipio. La no- stra guida ci mostra anche un punto dal quale si ha una bella panoramica della Downtown. Quindi ci spostiamo per recarci ad Hollywood, passando strada facendo anche davanti all’alberghetto dove è stato filmato il finale di “Pretty Woman”. Ad Hollywood facciamo un’altra fermata e torniamo a ve- dere di nuovo le impronte, le stelle e il Teatro Cinese. Questa volta però abbiamo a disposizione più di un’ora e questo ci consente di fare le cose con molta più calma! Ritorniamo poi in quel centro commerciale dal quale si vede bene la scritta “Hollywood”, e con il sole di oggi, la leggiamo ben ni- tida. Facciamo anche qualche scatto davanti al Kodak Theatre (dove si svolge l’assegnazione degli Oscar) e ripartiamo per Beverly Hills. Qui girando in auto abbiamo pure la possibilità di intrufolarci per quelle strade alle quali con il pullman non potevamo accedere. Visitiamo quindi tutta quella zo- na con le ville degli attori e musicisti più famosi e quella che più ricordiamo è la villa di Paul New- man con parcheggiata nel cortile tutta una sfilata di Ferrari. Beverly Hills è un comune con delle leggi tutte sue, pensate che non si può passare in auto più di due volte di seguito per una certa strada se in mezzo non è passato un arco di tempo ben preciso! L’ultima fermata la facciamo a Rodeo Dri- ve, dopodiché chi come me e Viviana alloggia nelle vicinanze, può anche non tornare all’auto. È più o meno mezzogiorno ed io e la mia compagna decidiamo di tornare a mangiare qualcosa nello stesso ristorantino dove ci siamo salutati con i ragazzi toscani, ieri sera. Ci resta un’ultima escursio- ne, per la quale è stato modellato un po’ tutto il viaggio, e cioè l’Indian Adventure & Skywalk. Il problema che avevamo riscontrato per questa escursione prima ancora di partire, era il fatto che da catalogo fosse possibile farla soltanto partendo da Las Vegas. Il nostro viaggio prevede quindi che questa sera intorno alle 20.00 voliamo da Los Angeles a Las Vegas. Ci resta ancora qualche ora da trascorrere passeggiando per Beverly Hills, stanchissimi e sotto un sole caldissimo, prima di ritirare i nostri bagagli in albergo. Attendiamo un po’ preoccupati l’arrivo del taxi che ci sembra in ritardo ed eccolo finalmente sopraggiungere. L’autista, non poco spericolato, ci fa percorrere tutto il tragit- to fino all’aeroporto, a gran velocità sballottando qua e là tutti i passeggeri. Purtroppo per un volo interno i nostri bagagli sono un po’ troppo pesanti, quindi dobbiamo spostare alcuni capi da una va- ligia all’altra e pagare una “multa” di 100 $! Il volo dura appena un’ora e non tolgo mai gli occhi dal finestrino. In lontananza a tratti, nel cielo, vedo i lampi di qualche temporale che squarciano il buio. La vista di Las Vegas dall’alto è affascinante, ma lo stupore che abbiamo provato nel vedere dall’alto le luci di L.A, non ha rivali! Arrivare a Las Vegas in aereo è divertente, un’esperienza da provare. Mentre camminiamo all’interno dell’aeroporto diretti al punto dove si ritirano i bagagli, già compaiono qua e là, le prime slot machines. Abbiamo una certa fretta, perché vogliamo comunque riuscire a sfruttare questa serata in questa sfavillante città. Quindi con il solito taxi raggiungiamo il nostro albergo, l’Excalibur Hotel & Casino, che ricorda un fantastico castello medievale ed è situato in una zona centrale. Certo che arrivare qui col gruppo ed arrivare qui da soli, non è proprio la stes- sa cosa! Davanti all’albergo scendiamo al volo dal nostro taxi per far scalare velocemente la fila de- gli altri taxi dietro di noi. È incredibile attraversare le sale da gioco trainando i nostri bagagli che “sprofondano” nella moquette mentre tutta la gente è presa dalla frenesia del gioco. Finalmente riu- sciamo a fare il check-in e a guadagnare l’ascensore per accedere alla nostra camera. Solo il tempo di appoggiare le valigie e scendiamo velocemente in strada. Domani dobbiamo alzarci molto presto, ed avendo già fatto tardi, decidiamo di rimanere vicini al nostro albergo. Così visitiamo il New York-New York e gli altri alberghi nei nostri paraggi. Prendiamo anche delle scale mobili che ci permettono di camminare poi sempre rialzati rispetto alla sede stradale, sempre congestionata dal traffico, in modo da non doverla mai attraversare a piedi. Lo stesso fa anche un trenino che collega alcuni alberghi viaggiando anche lui su un binario rialzato da terra e che siamo curiosi di provare. A un certo punto della serata Viviana è veramente alla frutta, non mi segue più. La faccio sedere un at- timo e scatto qualche foto a un paio di alberghi non lontani da lì. Dopodiché torniamo in albergo e cerchiamo la Rotunda Tour Lobby, da dove domani mattina presto, partirà l’ultima escursione e an- diamo a dormire sparati come due missili.

28° giorno Las Vegas / Grand Canyon / Las Vegas Il ritrovo per l’ultima escursione è alle 6:40 presso la Rotunda Tour Lobby del nostro albergo. Quando la raggiungiamo, stentiamo a trovare il nostro pullman in mezzo a tutti gli altri e quando sa- liamo, ci hanno già chiamati all’appello più volte. Per arrivare all’aeroporto dal quale partono i voli panoramici come il nostro, il pullman ci impiega una buona mezzora e giunti a destinazione, ecco presentarsi un bel problemino. Prima di tutto va detto che dopo il tour dei parchi, dove non ho più avuto modo di parlare l’inglese, ho perso l’allenamento e scopro che qui fatico a dialogare e a farmi capire. Oltretutto è il primo posto da quando siamo partiti dove non c’è nemmeno un italiano. Sia- mo davvero in difficoltà, comunque la signora gentilissima che divide i gruppi, aiutandosi anche di- segnando, ci spiega che dal Grand Canyon hanno comunicato che non c’è bel tempo, che il cielo è coperto e che quindi l’escursione non si farà. Ci chiede se per noi non sia possibile farla l’indomani ma le spieghiamo che domani saremo su un aereo in volo per l’Italia. Rimaniamo d’accordo per aspettare il prossimo giro che si farà tra qualche ora sperando in buone notizie dal Grand Canyon. Così io e la mia compagna ci stendiamo sui divani dell’aeroporto stanchissimi, chiudendo un poco gli occhi. L’aria condizionata ci fa congelare e decidiamo di sederci all’esterno, dove in mezzo al deserto il clima caldo sì, ma secco, è molto più sopportabile. Rientriamo dopo un po’ e mentre ci stiamo per addormentare, sentiamo esultare la folla; l’escursione si farà! Raggiungiamo la pista di atterraggio con il nostro gruppo e vediamo il nostro piccolo aeroplanino bianco. Penso possa ospi- tare 20 passeggeri sì e no, i finestrini sono molto grandi e i posti a sedere, molto bassi, senza nulla a cui potersi eventualmente aggrappare. La cabina di pilotaggio è senza porta e quindi possiamo se- guire tranquillamente tutte le manovre dei due piloti. Indossiamo spavaldi le cuffie con le quali du- rante tutto il volo ci verrà narrata ogni cosa che vedremo, ignari di quello che ci aspetta. Il volo pa- noramico fino al Grand Canyon dura circa 30 min e ci offre davvero uno spettacolo incantevole, dalla Hoover Dam (diga-capolavoro dell’uomo che serve una città pazzesca come Las Vegas) al Colorado, dal deserto al Grand Canyon. Ma sono anche i 30 min peggiori di tutto il viaggio negli U.S.A! Incominciamo a ballare quasi subito e su questi aerei, la sensazione di dover cadere da un momento all’altro, è davvero forte. Io e Vivi ci guardiamo ripetutamente con lo sguardo terrorizzato e tiriamo davvero un bel respiro quando finalmente tocchiamo terra. A questo punto un pullman ci porta dalla pista d’atterraggio alla Skywalk e in seguito una ragazza secondo l’impostazione del no- stro tour, ci consegna un braccialetto. Quest’ultimo ci permetterà di fare la passeggiata nel cielo, di usufruire di un pasto e di accedere a un altro punto del Grand Canyon. E così eccoci! È arrivato per me il momento più temuto di tutto il viaggio, quello di dover camminare su una lastra di cristallo sospeso nel vuoto, con un dislivello di oltre 1000 m! Con in mente ancora il pavimento della CN Tower di Toronto, ci incamminiamo, ma ecco la prima fregatura! Dobbiamo lasciare tutto (marsupi, macchine fotografiche, ecc…) in appositi armadietti, prima d’intraprendere la passeggiata. Tutto sommato è meno spaventosa di come me l’immaginavo. Camminiamo su un tappeto scuro che corre accanto alla ringhiera e al riparo e questo un po’ attenua le vertigini. Certo che se guardiamo oltre il tappeto in un senso o nell’altro, siamo proprio nel vuoto! Ed è tutto trasparente! In tre punti della passeggiata, i fotografi ci scattano varie foto facendoci assumere ridicole posizioni. In realtà il tutto è molto scorrevole, si sta sulla Skywalk per ben poco tempo e arriviamo presto dall’altra parte, dove ci attende la seconda fregatura. Infatti giunti in fondo, tre ragazzi davanti al computer ci mostrano le nostre foto spiegandoci le varie opzioni per l’acquisto delle stesse e così per la “modica” cifra di 100 $ ci portiamo a casa il pacchetto comprendente quattro quadretti, un portacenere a forma di Skywalk e la chiavetta USB contenente tutte le foto che ci hanno scattato! Non abbiamo molta scel- ta, altrimenti torniamo a casa senza nemmeno un ricordo della Skywalk! Una volta smaltita la ten- sione consumiamo il nostro pasto stile Mc Donald’s ad un tavolo all’aperto e facciamo quattro passi nella riserva degli indiani Hualapai. Dopodiché prendiamo nuovamente il pullman che però non ci porta alla pista d’atterraggio, bensì a un secondo punto d’osservazione del Grand Canyon. Qui per- corriamo una striscia di terra racchiusa fra due strapiombi e in questa splendida giornata, il Grand Canyon ci offre i suoi colori più belli, facendosi peraltro rivalutare ampiamente! Quindi aspettiamo nuovamente il pullman che stavolta ci riporta all’aeroplanino. Viviana mi chiede angosciata se non ci sia modo di tornare a Las Vegas senza dover salire su quell’aggeggio infernale, ma siamo davve- ro lontanissimi e non abbiamo scelta. Sinceramente la cosa non piace nemmeno a me, anche perché al ritorno a differenza di quando siamo partiti, siamo ben consapevoli di quello che ci aspetta e così col cuore in gola riprendiamo i nostri posti a sedere. Fortunatamente al ritorno non balliamo molto e ci godiamo più serenamente il panorama. Giunti all’aeroporto scattiamo una foto-ricordo con il 2° pilota e risaliamo sul pullman che ci riaccompagna in albergo nel tardo pomeriggio. Ci rendiamo conto che se vogliamo finire il viaggio con una notte fantastica qui a Las Vegas, abbiamo assoluta- mente bisogno di riposare. Così puntiamo la sveglia e ci corichiamo per qualche ora. Al suono della sveglia ci alziamo alquanto acciaccati ma dopo una bella doccia, rieccoci in pista. Questa sera sia- mo intenzionati a visitare la Stratosphere (una torre della quale abbiamo tanto letto) e la Fremont Street. Quindi ci incamminiamo dal nostro albergo percorrendo un bel tratto della Las Vegas Boule- vard (soprannominata “strip”). È una serata magnifica, nonostante un vento fortissimo, ma caldo e secco. Passiamo nuovamente di fronte a grandi alberghi già visitati come il New York- New York, il Bellagio Hotel, ecc… e ne visitiamo di nuovi come il Ceasar’s Palace e il Paris. Purtroppo dopo un po’, la stanchezza torna a farsi sentire e Viviana si lamenta che non ce la fa più e che tra un po’ scoppierà a piangere. Anch’io non sento più la gambe, ma mi spingono avanti l’entusiasmo e la cu- riosità. In fondo non manca tantissimo e chissà se potremo mai tornarci a Las Vegas, quindi insisto. Quando tutto intorno le luci si fanno sempre più lontane e la zona sempre più deserta, finalmente di- stinguiamo la figura della Stratosphere e passati anche di fronte ad una Wedding Chapel (simpatica chiesetta dove ci si può sposare in fretta e senza troppe spese), la raggiungiamo. Nell’aspetto ricor- da un po’ la CN Tower di Toronto, ma molto più bassa seppur molto alta! Dopo aver superato una piccola coda per acquistare il biglietto per salire ed aver superato anche il metal detector, guadagna- mo l’ascensore che ci catapulta in un batter d’occhio al 108° piano. È stata una faticaccia, ma la vi- sta sul deserto e le luci di questa scintillante città, ci ricompensa eccome! Improvvisamente mentre ci godiamo lo spettacolo e scatto le dovute foto, sentiamo delle grida disumane e un braccio mecca- nico con a bordo un carrello contenente 6-8 passeggeri, si accosta di colpo alla nostra finestra facen- doli apparentemente precipitare nel vuoto, ma arrestandoli in realtà subito per poi riportarli alla po- sizione iniziale. Rimaniamo sbalorditi di fronte a quello che abbiamo appena visto e non possiamo non pensare a quanto siano pazzi questi americani! Fortemente incuriositi decidiamo di salire sul “tetto” della Stratosphere per vedere di che si tratta. Pensate che quindi al 109° piano di questa torre, all’aperto, ci sono delle giostre. Una è quella che abbiamo appena visto in azione, ma ce n’è anche un’altra, chiamata Insanity. Questa assomiglia ad una pala meccanica che carica 10 persone su 5 seggiolini e una volta messi in posizione di ciondolare nel vuoto, li fa girare vorticosamente. Restiamo a lungo ad ammirare i vari coraggiosi che si alternano sulle due giostre, mentre quassù il vento ci soffia addosso con una potenza tale da rallentare ogni nostro movimento. Quando scendia- mo a terra diamo un’occhiata in alto e riconosciamo la giostra Insanity che sta ruotando nel vuoto. A questo punto non ci resta che raggiungere la Fremont Street. Chiedo a un passante se manchi an- cora molto da qui, e mi risponde di no, che però siamo nella Downtown e quindi ci sconsiglia di proseguire a piedi. A fatica riusciamo a trovare il taxi che ci porta là, per scoprire che la Fremont Street non è altro che il posto dove siamo già venuti con Leo a vedere lo spettacolino quasi due set- timane fa. Fotografo l’insegna al neon della famosissima cowgirl Vegas Vickie e ci guardiamo un po’ intorno. Ricordiamo quella sera quando siamo stati qui in gruppo e a quell’ora era pieno di gen- te e osserviamo con un velo di malinconia come sia semideserto adesso che siamo rimasti solo noi due e a quest’ora tarda. È proprio tutto finito, non ci resta che tentare la fortuna e decidiamo di farlo nel nostro albergo. Siamo però lontanissimi e di rifare tutta la strada a piedi proprio non se ne parla! Allo stesso modo non possiamo farla nemmeno in taxi perché il traffico sulla “strip” è completa-

mente fermo e ci vorrebbe un’eternità a chissà quale prezzo! Optiamo per salire sul pullman-navetta che fa avanti e indietro lungo la “strip”. Sfortunatamente da una parte ma non dall’altra, dopo che abbiamo percorso nemmeno metà del tragitto, siamo fermi a un blocco di polizia perché c’è stato un incidente. Veniamo dirottati quindi sulla strada parallela alla “strip” dove però non c’è niente e sen- za traffico arriviamo ben presto nei pressi dell’Excalibur. Facciamo ancora una breve camminata tanto per non perdere l’abitudine e lo raggiungiamo. Scegliamo di giocare alle slot e per un attimo vinciamo circa 200 $, però cosa sono rispetto alla spesa di tutto il viaggio? Così insistiamo e come quasi sempre accade, perdiamo tutto. Anche se non si vince più con il caratteristico tintinnio delle cascate di monetine, ma si incassa la vincita con dei biglietti, giocare a Las Vegas ha un sapore tutto particolare e quindi andiamo a dormire molto sereni e soddisfatti anche senza avere vinto.

29° giorno Las Vegas / Los Angeles Stamattina per la prima volta da quando siamo partiti, ci siamo concessi di dormire un po’. Poi con un taxi abbiamo raggiunto l’aeroporto e nel fare il check-in abbiamo spostato nuovamente qualche capo da una valigia all’altra e nuovamente abbiamo pagato i 100 $. Quindi prima di mezzogiorno siamo decollati per atterrare a Los Angeles alle 13 passate. Non abbiamo nessuna voglia di lasciare questo paese, ma siamo consapevoli che da adesso in poi se il nostro viaggio continuasse, non sa- remmo più in grado di goderci nulla perché siamo troppo provati. E da un lato perlomeno tornare in Italia significa quel riposo di cui adesso abbiamo davvero bisogno. Il volo per Malpensa partirà solo alle 19:15 e saremo a casa soltanto domani sera. Così abbiamo tutto il tempo per fare il bilancio di quello che è stato senz’altro il viaggio più bello della nostra vita!

Siamo stati lontani da casa per un mese e con i vari fusi orari, chiamare casa non è sempre stato fa- cile. Ciò nonostante, non abbiamo mai sofferto la nostalgia di casa, sempre indaffarati in mille pic- cole e grandi cose. Abbiamo camminato le vie di grandissime città come New York, Washington, San Francisco, Los Angeles, Las Vegas, e attraversato parchi meravigliosi. Tra l’altro sotto i sandali della mia compagna abbiamo ritrovato il terriccio di chissà quale dei tanti. Abbiamo guardato il mondo dall’alto di torri e grattacieli di chissà quale città e dall’alto di chissà quale strapiombo natu-rale. Ci siamo commossi all’ascolto di un gospel e abbiamo deliziato i nostri palati con alcuni piatti tipici. Abbiamo viaggiato su aerei di linea, piccoli aerei, traghetti, cable cars, una funivia, una me- tropolitana, un elicottero, un numero imprecisato di taxi e abbiamo percorso solo di pullman qualco- sa come 7700 km. Abbiamo dormito in 20 alberghi diversi senza mai disfare veramente le valigie. Abbiamo retto bene tre settimane, poi certo la stanchezza si è fatta sentire, ma l’entusiasmo quello no, non è mancato mai! Alla fine i tempi di recupero si allungavano sempre più e il tempo per ripo- sare non siamo mai riusciti a trovarlo. Abbiamo scattato più di 2000 foto ma nemmeno la foto più bella che sia umanamente possibile scattare, potrà mai rendere giustizia ai posti che abbiamo visita- to. Non esistono parole per descrivere i colori dei deserti infuocati dell’Ovest o quelli della natura incontaminata dell’Est. Così come non ne esistono per descrivere cosa si prova a guardare giù dallo Empire State Building o nel vedere per la prima volta il Bryce Canyon. Abbiamo apprezzato in tutto e per tutto questo fantastico paese e la sua gente sempre sorridente, pronta ad aiutarti da un lato e a non guardarti mai come un alieno, dall’altro. Speriamo davvero nel profondo che questo non sia un addio ma un arrivederci a presto. L’America ci ha dato davvero tanto e non ultimo, degli amici spe- ciali con i quali siamo sempre in contatto e ai quali appena possibile facciamo volentieri visita, ri- cambiati della stessa cortesia.



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