Camminando per Amsterdam
21 gennaio 2010
L’aeroporto di Malpensa è completamente avvolto da una nebbia ovattata e spessa.
A terra è fastidiosa e pericolosa ma dall’alto del nostro volo KLM crea uno scenario spettacolare, una coltre bianca e uniforme che si infrange sulle alte cime innevate delle Alpi.
Atterriamo ad Amsterdam Schiphol alle 15.45, che più che...
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21 gennaio 2010 L’aeroporto di Malpensa è completamente avvolto da una nebbia ovattata e spessa. A terra è fastidiosa e pericolosa ma dall’alto del nostro volo KLM crea uno scenario spettacolare, una coltre bianca e uniforme che si infrange sulle alte cime innevate delle Alpi. Atterriamo ad Amsterdam Schiphol alle 15.45, che più che un aeroporto a noi sembra una gigantesca sala relax con piante e poltrone dappertutto. Prendiamo un treno puntuale e pulito (che per noi italiani non è una regola ma quasi un miracolo) che per 3,80 euro a testa ci porta direttamente alla Centraal Station. La prima cosa che ci si presenta davanti è un esercito di biciclette posteggiate in ogni centimetro libero e la bellissima chiesa di San Nicola. Imbocchiamo a piedi Spuistraat e notiamo subito alcune delle caratteristiche piu “folcloristiche” della città: botteghe di funghi allucinogeni, coffee shops e succinte donzelle in vetrina. Dopo 5 minuti di cammino, stando attenti a non essere investiti dai pazzi in bicicletta che ci sfrecciano vicino, arriviamo al nostro albergo: NH City Centre. Sembra subito esserci qualche problema con la nostra prenotazione così che il mio sangue raggiunge la stessa temperatura (ghiacciata!) che c’è all’esterno; le due receptionists, nel loro incomprensibile olandese, confabulano tra di loro e finalmente ci lasciano la chiave della stanza, che si rivela essere non tanto grande ma accogliente, molto pulita e… ghiacciata; regolato al massimo il calorifero, usciamo a prendere confidenza con la città. La giornata è uggiosa e umida, c’è una leggera pioggerellina e la temperatura è vicina allo zero, anche se non essendoci vento il freddo è sopportabile. Ci incamminiamo lungo Kalverstraat, una strada ricca di negozi di marche che si possono trovare in ogni città europea. Guardiamo attraverso una finestra senza tende al livello della strada aspettandoci di vedere un negozio o un ufficio, quando con nostra sorpresa notiamo che si tratta di un salotto di un appartamento completamente in vista. Arriviamo in Dam Platz dove, con la nostra solita fortuna, i principali edifici che vi si affacciano sono in fase di ristrutturazione e quindi totalmente coperti di pannelli. Damrak è la via che parte dalla piazza piena di ristoranti di ogni gusto, cultura e prezzo. Per spirito di emulazione più che per vera fame prendiamo un cartoccio di patatine fritte misura small, la cui traduzione in questo caso è… gigante, se avessimo preso il large saremmo andati via con una carriola. Siamo arrivati a lambire il quartiere a luci rosse, ce ne accorgiamo dai negozi di condom e dvd hard, anche i ristoranti si adeguano al “clima” tanto che incontriamo un Indian Restaurant Kamasutra. Per cena scegliamo un ristorante vicino alla stazione, il De Keuren Van 1870, un’antica mensa di cui conserva ancora i tavolini in legno e la cucina a vista, il cibo è buono, economico e soprattutto olandese: scegliamo un piatto di riso con pollo e verdure e lo stamppot, piatto misto di carne e purè di verdure ricoperto di cubetti di pancetta croccante. 22 gennaio 2010 Stamattina la giornata è grigia come ieri e purtroppo fa più freddo. Notiamo oggi che dalla nostra camera al quinto piano si vedono tutta una serie di case disomogenee ma che tra loro formano un insieme ordinato, peccato che il tempo non renda giustizia ai loro colori. Per dimenticare per qualche istante il grigiore dell’inverno olandese ci rechiamo subito al Flower Market, un’isola di colore ai bordi del Singel Canal dove fanno da padroni tulipani di ogni colore. Oggi abbiamo la conferma di quello che immaginavamo prima di partire: Amsterdam è una città da vivere e visitare passeggiando lentamente e osservando attentamente tutto ciò che si incontra; bisogna tenere gli occhi bene aperti e spaziare ovunque con lo sguardo, stando però attenti a non essere investiti da biciclette e tram. Se si vuole non ha monumenti famosissimi o strade leggendarie come possono avere Parigi o New York ma ogni cosa (edificio, canale o vetrina) ha un dettaglio che la rende interessante e unica. Camminando senza una meta precisa vediamo il Magere Brug, il ponte levatoio più antico della città e uno degli ultimi rimasti; Nemo, il museo a forma di nave progettato da Renzo Piano situato nel porto vecchio, dal tetto del quale si ha una visuale dall’alto della città. Tramortiti dalla fame, ci sbraniamo tre cartocci delle deliziose patatine fritte di Vlaams Frites Huis, è una bettola ma è una meta irrinunciabile per chi viene ad Amsterdam. Subito dopo è il turno del Begijnhof, tranquillo cortile dove una volta abitavano le beghine, un ordine laico cattolico poi “soppiantato” dai protestanti inglesi che vi hanno insediato una graziosa chiesetta ancora oggi visitabile. Il posto, nonostante l’ultima beghina sia morta nel 1971, è ancora oggi abitato da sole donne. In pochi chilometri e in pochissimo tempo passiamo, come direbbe il poeta, dall’amore sacro all’amor profano: infatti entriamo a De Wallen, il quartiere a luci rosse. Contrariamente a quello che si potrebbe sospettare, questo luogo è tutt’altro che squallido ma pieno di vita, tutto si svolge alla luce del sole, insegne colorate di locali con spettacoli erotici dal vivo, versioni estreme di sexy shop e vetrine da cui ammiccano maliziose le prostitute. La presenza di ragazze per strada è inversamente proporzionale a quelle nelle vetrine, si vedono principalmente maschi, anche di una certa età, che si aggirano tra gli stretti vicoletti del quartiere e intorno alla austera e vigile chiesa Oude Kerk. Giobby è una delle poche eccezioni e giustamente si sente spaesata e imbarazzata. Personalmente non abbiamo nulla in contrario rispetto a quello che vediamo, il tutto è sottratto alla giungla dell’illegalità e questo tutela in primo luogo coloro che, volenti o nolenti, praticano il mestiere più antico del mondo. Dirimpetto a De Wallen sta la zona che più abbiamo apprezzato: Oude Zijde o parte vecchia, con le sue strette stradine attraversate da piccoli canali e punteggiate da innumerevoli ristoranti (siamo veramente impressionati da quanti ristoranti ci siano ad Amsterdam, in qualsiasi punto e in qualsiasi momento si dovesse essere presi dalla fame si troverebbe di che saziarsi). Sono le 15.30 e considerato che ci sembra presto per tornare in camera e soprattutto perché è spuntato un debole sole a riscaldarci le ossa, decidiamo di fare la crociera lungo i canali; per 8 euro a testa un comodo battello riscaldato e con posti a sedere ci conduce per un’ora lungo i corsi d’acqua di Amsterdam, permettendoci così di ammirarla dal basso. Vediamo una miriade di case galleggianti di ogni stile e dimensione, che se legalmente riconosciute dal comune sono dotate di gas, acqua ed elettricità. Tra le interessanti notizie divulgate dalla voce in inglese dell’audio guida ci colpisce sapere che, nonostante le protezioni, in media un’autovettura a settimana finisce nel canale. Sarà mica colpa dei coffee shops? Per cena andiamo a mangiare al ristorante argentino At James sul Damrak: ottima grigliata di carne, personale molto gentile e posto tranquillo e carino. Insomma rimaniamo completamente soddisfatti. 23 gennaio 2010 Quando usciamo dall’albergo alle 9.00 la città è ancora intorpidita nella mattina umida e caliginosa, tutti i negozi sono ancora chiusi, per strada solo turisti mattinieri come noi e qualche simpatica vecchietta in bicicletta. Prima tappa della giornata è uno dei motivi principali per cui siamo venuti ad Amsterdam, il Van Gogh Museum, situato nel complesso del Museumplein, ampio spazio verde con pista di pattinaggio e la famosa scritta bianca e rossa Iamsterdam. Giobby ha una passione sfrenata, per non dire fanatica, per il pittore olandese; fortunatamente questa volta si tratterrà e non assisteremo alle scene di esaltazione psicotica già viste al Musée d’Orsay a Parigi. In ogni caso c’è da rimanere strabiliati pensando che Van Gogh, da autodidatta, sia riuscito a entrare nella storia mondiale dell’arte dipingendo soggetti semplici come autoritratti, persone umili come contadini e allevatori e paesaggi di campagna, il tutto in una vita breve e tormentata. Il museo si sviluppa su 4 piani, i quadri si ammirano piacevolmente anche perché essendo mattina presto la calca è minima e le pareti sono disseminate di chiare didascalie in inglese. Usciamo dal museo dopo circa 2 ore di visita che la giornata è pessima e fa molto freddo, tanto che di lì a poco comincerà a nevischiare. Facciamo quattro passi tra i laghetti ghiacciati e i patiti di jogging sotto zero del Vondelpark, dopodiché, zigzagando per viali residenziali più o meno esclusivi, arriviamo nella zona dei canali occidentali di Jordaan. Qui pranziamo nella bottega turca Mercan dove mangiamo una sottilissima pizza turca guarnita con insalata e salsa piccante. Nel pomeriggio abbiamo in programma la visita alla casa di Anna Frank, solo che abbiamo prenotato l’entrata online alle 17.30 e siamo in anticipo di 3 ore. Decidiamo di riposare in camera un paio d’ore e tornare dopo, quando troveremo la stessa coda di prima, meno male che una volta tanto siamo stati previdenti prenotando prima di partire… Entriamo in silenzio con rispetto e commossa partecipazione, stessi stati d’animo che riscontriamo in quasi tutte le persone presenti. Vediamo le stanze (lasciate vuote per volontà del padre di Anne, unico superstite della famiglia) in cui i Frank e i Van Pels si sono rifugiati nella speranza vana di sfuggire alla furia nazista. Qui hanno mangiato, dormito e vissuto per 2 anni, qui hanno sperato, qui hanno pianto e sognato un futuro migliore, qui hanno tremato, qui sono stati catturati perché traditi da una telefonata anonima e qui dovrebbero venire tutti coloro che negano, minimizzano e deridono le sofferenze del popolo ebraico e, perché no, vergognarsi. Usciamo che una soffice nevicata ci accompagna all’albergo raffreddando un poco le emozioni provate poco prima dentro al museo. Visto il protrarsi della nevicata, ceniamo in un minuscolo ristorante spagnolo proprio di fronte all’albergo, in compagnia di un gruppo di olandesi rumorosi e piuttosto alticci, che crediamo di sapere dove andranno a concludere la serata… 24 gennaio 2010 La nevicata di ieri ha imbiancato la città regalandoci per il nostro ultimo giorno la vista di Amsterdam tutta innevata. Scattiamo bellissime foto di piazza Dam sotto la neve e dei canali della città vecchia con biciclette ricoperte da una coltre bianca legate alle ringhiere. Ci portiamo in Italia dei bulbi di tulipani che proveremo a piantare a casa, sperando di riuscirci e di non farli seccare subito. La nostra ultima passeggiata si snoda tra i tre vicoli di Negen Straatjes dove ci sarebbero i negozi maggiormente caratteristici, peccato che essendo domenica aprono tutti alle 12. Alle 13.30 prendiamo il treno per l’aeroporto salutando una città civile, accogliente, tollerante ma non per questo insicura e priva di regole, le trasgressioni e i vizi sono permessi in misura maggiore che altrove ma sono confinati in spazi ben precisi e regolamentati. Gli abitanti di Amsterdam non ricalcano lo stereotipo della persona del Nord Europa fredda e chiusa ma anzi ci sono parsi cordiali e disponibili. L’unico neo è stato il tempo ma venendo a gennaio sapevamo quello che ci aspettava, ci ripromettiamo che se dovessimo ritornare lo faremmo in primavera-estate. Per chi volesse qualche consiglio utile può scriverci all’email matteogiusto@yahoo.it