Caleidoscopica Sao Paulo

Caleidoscopica Sao Paulo Quando ci sono stato Sono stato in vacanza a Sao Paulo per una settimana nel luglio 2003, nella seconda parte di una vacanza in Brasile durata due settimane in tutto (la prima settimana a Maceiò, nel Nordeste brasiliano). Nonostante Sao Paulo non sia una località turistica, ho deciso di visitarla poiché sapevo che...
Scritto da: Paolo Cipollone
caleidoscopica sao paulo
Viaggiatori: da solo
Spesa: 2000 €
Caleidoscopica Sao Paulo Quando ci sono stato Sono stato in vacanza a Sao Paulo per una settimana nel luglio 2003, nella seconda parte di una vacanza in Brasile durata due settimane in tutto (la prima settimana a Maceiò, nel Nordeste brasiliano). Nonostante Sao Paulo non sia una località turistica, ho deciso di visitarla poiché sapevo che sarei stato ospitato e “guidato” da un mio vecchio amico: Renato, un paulistano DOC, i cui nonni erano campani e toscani. E’ stata una scelta azzeccata, ho potuto rivedere un amico, essere ospitato a casa sua e visitare assieme a lui il “centro” del Brasile contemporaneo. Scrivo infatti per suggerire la stessa scelta ai tanti italiani che hanno parenti o amici che vivono in questa megalopoli. Andateci e non ve ne pentirete, non sarà una città affascinate come Rio o Bahia, ma merita sicuramente una visita se uno vuole capire qualcosa del Brasile di oggi.

Un po’ di dati e fatti Prima di tutto un po’ di numeri: l’area metropolitana di Sao Paulo è vasta circa 8000 km quadrati (circa una volta e mezza la Liguria), ha una popolazione di 17,8 milioni di abitanti e produce il 18% del PIL brasiliano. Lo “stato” di Sao Paulo (il Brasile, come gli USA, è una federazione) ospita il 21% della popolazione e produce il 35% del PIL del Brasile.

Renato, Rosana e Flavia Ma veniamo alla mia vacanza: atterrato all’aeroporto trovo ad attendermi Renato, la sua compagna Rosana (per metà di origine italiana e per metà di origine portoghese) e la loro figlia Flavia di 5 anni. Dall’aeroporto percorriamo i 20-30 chilometri per arrivare a casa loro, nel quartiere di Vila Madalena.

Un primo approccio con la città Dopo aver depositato scaricato il mio trolley, andiamo a cenare in un ottimo ristorante giapponese. Infatti qui la cucina giapponese è di casa da sempre, poiché Sao Paulo ospita la più numerosa comunità di origine giapponese al di fuori dei confini del Giappone. Il giorno dopo andiamo in centro con la metropolitana. Ma alla fermata della metropolitana arriviamo dopo 5 minuti d’automobile: questo perché la distanza è breve ma la pendenza è tanta. Infatti realizzo che Sao Paulo, situata tra i 700 e i 900 metri d’altitudine, si è sviluppata su un altopiano attraversato da tutta una serie di colline e montagnole che fanno impallidire quelle di San Francisco. Il centro è moderno, affollato di grattacieli che la fanno sembrare una città nordamericana, anche se l’anima è latina: Sao Paulo è stata infatti popolata e costruita soprattutto da immigranti europei e non: italiani (soprattutto), portoghesi, spagnoli, ebrei dell’Europa centrale, giapponesi, tedeschi, libanesi e siriani cristiani. Queste ondate migratorie sono state molto importanti e hanno dato alla città il tono indaffarato e produttivo che la distingue, un individualismo di marca latina e mediterranea, un’ampia classe media con un tenore di vita non distante da quello italiano, anche se più modesto. Insomma la parte più centrale di Sao Paulo (comunque milioni di abitanti) chiarisce che il Nordeste della mia prima settimana di vacanza è un altro paese, che questa parte di Sao Paulo è per molti versi più vicina a Milano che a Maceiò, che le immagini stereotipate del Brasile (mulatte svestite, sfilate del carnevale, spiagge e samba) sono l’equivalente delle immagini dell’Italia a base di baffetti neri, mandolino e pasta Voiello. I simboli della città Il più imponente biglietto da visita della città è l’Avenida Paulista, irta di grattacieli, edifici per uffici, gente indaffarata e traffico. Poco distante c’è il grattacielo più alto della città (168 metri) che si chiama “Edificio Italia”. Infatti, l’impronta lasciata dagli immigrati italiani è stata così forte che l’accento “paulistano” DOC è simile all’accento di un italiano che parli il portoghese. Invece sono modeste, o quasi inesistenti, le vestigia del passato: Sao Paulo, fondata nel 1554, aveva, ancora alla metà dell’ottocento, solo 20000 abitanti. Una cosa che invece mi ha positivamente sorpreso è stato il MASP, Museo de Arte de Sao Paulo: mi aspettavo di vedere solo opere che andassero dall’impressionismo in avanti, invece ho potuto ammirare un museo di medio livello europeo, con quadri che vanno dal Rinascimento al Novecento e alcuni bei pezzi d’autore (tra i migliori alcuni Goya, Renoir, Van Gogh e Modigliani). A spasso per la megalopoli Nei giorni successivi ho continuato con Renato la visita della megalopoli e dei suoi dintorni: è curioso come Sao Paulo si sia sviluppata fino all’inizio degli anni “80 prevalentemente in senso orizzontale. Appena fuori dall’area più centrale, le case venivano costruite prevalentemente a uno, due, massimo tre piani, mantenendo nella maggioranza dei quartieri e delle cittadine suburbane un’aria piacevole di cittadina di provincia. Il tutto è stato però guastato dalla mancanza pressoché assoluta di parchi e aree verdi. Poi, a partire all’incirca dagli anni “80, si è sviluppato un impressionante processo di verticalizzazione, con la costruzione, anche a decine di chilometri di distanza dalla parte centrale della città di grappoli di grattacieli residenziali (ovvero per abitazioni, non per uffici). Insieme a questo fenomeno si è andato sviluppando quello dell’edificazione di enormi e modernissimi centri commerciali all’americana, che stanno progressivamente sostituendo la vecchia struttura distributiva di negozi “polverizzati” (quella che, almeno per il momento, domina ancora in Italia). Il risultato è che, nonostante l’indole affabile dei Paulistani, la città rimane poco a misura d’uomo.

Un parco finalmente, anche se ai margini della megalopoli Proprio perché continuavo a notare la mancanza di parchi, Renato e Rosana mi hanno portato a vedere, ai margini dell’area metropolitana (ma dentro i suoi confini amministrativi) il parco statale della Cantareira, che culmina nella Pedra Grande a 1000 metri di quota, da cui si vede in lontananza la megalopoli. Qui il verde abbondava, anche se l’aria non era comunque delle più pure, vista la prossimità al traffico cittadino. La vera sorpresa sono stati i macachi, liberi nei boschi, abituati all’uomo, scrocconi e, soprattutto, rumorosissimi. Quando ho sentito il loro fracasso da lontano, io ho pensato che fosse un rumore di tamburi! Donne Premesso che non ero “in caccia”, devo però dire che una piccola delusione sono state le donne: la grande maggioranza sono tali e quali le italiane, o le portoghesi, o le spagnole. Sono però molto meno curate e molto spesso vestite in maniera abbastanza sciatta. Le mulatte sono una minoranza e, soprattutto, le mulatte carine sono una minoranza della minoranza. Ancora cucina Un altro excursus nella cucina locale è stato in una elegante “churrascaria”, con cucina gàucha a base di carne, tipica degli stati del Sud del Brasile. Il tutto innaffiato da vino argentino (un po’ pesante quest’ultimo). Una nota un po’ kitsch era un gigantesco quadro che ritraeva il defunto Ayrton Senna in tuta da pilota. Senna era infatti paulistano e filantropo (faceva un sacco di beneficenza in forma anonima) oltre che campione di formula uno. I maccheroni cucinati a casa da Rosana sono stati invece un ottimo e squisito ritorno a casa.

Heliopolis: una favela urbanizzata Sao Paulo non è solo una città popolata da immigrati europei, ma anche una città popolata da immigrati “nordestini”, ovvero provenienti dal Nordeste del Brasile. Il Nordeste è il Brasile a cui si pensa generalmente in Italia, della miseria, dei latifondi, dei mulatti e dei “meninos de la rua” (bambini di strada). A partire dagli anni “50, con il boom dell’industria automobilistica e meccanica, sono immigrati a Sao Paulo milioni di poverissimi contadini nordestini, che, privi di tutto (e abbandonati da quasi tutti), hanno tirato su delle sterminate favelas ai margini delle aree già urbanizzate. Ora le cose sono molto migliorate rispetto a 40 anni fa e le favelas, in origine sterminati e spaventosi agglomerati di catapecchie, sono divenute delle favelas urbanizzate: ovvero alle catapecchie si sono nella grande maggioranza sostituite delle modeste case in mattoni grezzi (ovviamente tirate su senza uno straccio di piano regolatore), ma dotate di acqua corrente, bagni, elettricità e con i tetti irti di antenne tv. Siamo andati a visitare un centro “dopo-scuola” creato da una ONLUS cattolica italiana, ed ora finanziato anche dalla municipalità di Sao Paulo, situato nella favela urbanizzata di “Heliopolis”. L’obiettivo di questo centro è di tenere lontani dalla strada i bambini al di fuori dall’orario scolastico regolare: i bambini vengono seguiti da degli educatori, che li guidano nei compiti, li incoraggiano alla lettura e li seguono nei loro giochi. Ho provato un certo orgoglio quando uno di questi educatori mi ha detto che erano molto grati a questa ONLUS italiana, per loro un punto di riferimento. Renato mi ha poi detto che il “Partito dei Lavoratori” di Lula (l’attuale presidente brasiliano), nutre simpatie per le centrali sindacali italiane e tedesche che hanno fornito consulenza e formazione ai tempi della dittatura, quando il sindacato di Lula doveva lottare ogni giorno per ottenere le garanzie più elementari per i lavoratori. Abbiamo poi girato, accompagnati, per Heliopolis, e devo dire che ho visto meno miseria lì che a Cuba. Vi è però una grande delinquenza, che è legata soprattutto allo spaccio di droga e rende la zona infrequentabile di notte: i morti ammazzati non si contano. Eravamo a una ventina di chilometri dal quartiere dove vive Renato (una zona di ceti medi, non extra-lusso), ma sembrava di vivere in un altro paese. Contraddizioni della società brasiliana La zona di Renato, Vila Madalena, sembrava più vicina al mio quartiere di Milano, che a Heliopolis, non tanto in termini economici, quanto soprattutto per cultura, mentalità e stile di vita. Villa Madalena ha una popolazione in stragrande maggioranza bianca, discendente da immigrati latino-europei, con famiglie come le intendiamo noi, con figure paterne presenti. A Heliopolis, con una popolazione quasi totalmente di mulatti e sanguemisti, è prevalente (o comunque molto frequente) un modello di famiglia matricentrata, simile a quella che avevo già visto nei barrios cubani: il padre tendenzialmente si disinteressa dei figli e abbandona spesso la famiglia, mentre la madre, anche per necessità, si mette assieme con altri uomini e fa il secondo o il terzo figlio con loro. Renato mi ha infatti detto che ormai la municipalità di Sao Paulo assegna e intesta le case popolari alle donne, che, comunque, rimangono coi figli. Più che miseria materiale (che pure è un problema) i problemi più forti in queste favelas urbanizzate sono soprattutto la sicurezza, l’educazione, l’assistenza alle donne che vivono sole con i loro bambini. Infatti, ho visto relativamente poche catapecchie allo stato puro, che invece avevo visto spesso durante la mia settimana a Maceiò. Il parco nazionale della Juréia Prima di concludere non devo dimenticare di menzionare la visita alla “Riserva ecologica della Juréia”, un parco nazionale che ospita uno delle aree superstiti della Mata Atlantica, la foresta pluviale del Sudeste brasiliano. E’ veramente una zona molto suggestiva, dove la foresta sub-tropicale è rimasta vergine, fittissima e presenta una stupefacente biodiversità (varietà di specie vegetali che coesistono sulla medesima area). Raccomandazione finale Mi ripeto, se avete amici o parenti a Sao Paulo, non perdete l’occasione, andate a trovarli. Avrete una immagine parziale del Brasile (del resto inevitabile per un paese così vasto e contraddittorio), ma più vera di molte delle “cartoline” che vengono spesso proposte ai turisti.



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