Austria, tour romantico “per forza”

Da Salisburgo a Vienna, io e lei, passando per Laghi e... Lager
Scritto da: us01234
austria, tour romantico per forza
Partenza il: 17/07/2013
Ritorno il: 26/07/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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17 luglio – Verso Salisburgo

Con la nostra Golf quindicenne che ancora ci accompagna, ma senza i figli diciannovenni/sedicenni che d’accompagnarci non ne voglion più sapere, io e Laura, romantici per forza, partiamo per un Austria tour di cui chi non è voluto venire si dovrà pentire! (Ho preso bene il fatto che i figli non vengono più con noi, vero?)

Partiamo di buonora, diciamo al mattino, e dopo un comodo viaggio (ah, le Golf…) di 8 ore, con pause annesse, arriviamo a Salisburgo alle 17:30. Abbiamo prenotato con Booking.com una stanza al Altstadt Horfwit Hotel a due passi dalla zona pedonale che porta in dieci minuti nel centro della città.

Vengo colto da un leggero appisolamento scambiabile lì per lì per morte apparente, ma risorgo risorgiamo, Laura mi copia sempre ed è deceduta pure lei…) un’oretta dopo e così siamo pronti per un giretto per Salisburgo.

La città verso sera è tranquilla, nessuna traccia dell’affollamento paventato dalla Lonely Planet. La prima cosa che colpisce è, dal ponte sul fiume, la vista sulle cupole ed i campanili e, là in alto, la fortezza, bella quanto è complicato il nome: Festung Hohensalzburg. Giro per le stradine e le piazze, tanto per farci un’idea, ma è giunta l’ora in cui la mia idea fissa è: cibo!

Seguiamo il consiglio della signora dell’hotel e della Lonely ed andiamo da Alter Fuchs (ci andremo tutte le sere) per assaggiare la Wienerschnitzel di cui va famosa. Io la ordino e Laura prende una roba che sembra, sul menu, qualcosa col prosciutto. Ed invece le portano uno stinco di maiale al forno che sembra che parli. Ma a Laura fa un po’ impressione: è un piatto più alla Fred Flinstone che alla Audrey Hepburn e quindi facciamo cambio. Lei la Wiener ed io, yabadabadooo! lo stinco. Buonissimo!

Stanchissimi ci ritiriamo, ma faticheremo un po’ a dormire perché la stanza al primo piano lato strada è decisamente rumorosa.

18 luglio – Fortezza e casa di Mozart

Stamattina ci si incammina verso la fortezza: ci sarebbe la funivia, ma noi siamo gente che scarpina e quindi: vai di suole per la salita!

Non è faticoso, comunque: il giro della fortezza è interessante. Ci sono diverse sale, compresa quella della tortura, ma il pezzo forte è il panorama che si ammira da lassù: spettacolare! Una quintalata di foto e si scende.

Prendiamo un po’ di cibarie in un supermercato ospitato al piano terra della casa di Mozart (!) e ci sediamo in un posto all’ombra a consumare il nostro picnic urbano. Di fianco a noi un signore svizzero mi fa i complimenti per la birra che ho scelto e ci mettiamo a chiacchierare un po’: sta facendo un giro in Austria su una bici elettrica. È un tipo interessante, è stato anche nei Caschi Blu sul Golan. Alla fine ci offre pure metà del suo dolce. Bel tipo.

Dopo il pranzo facciamo una tappa chic: la Einspannen (caffè con panna) al Caffè Tomaselli. Detta così sembra una figata. In realtà il caffè con panna che fa il mio bar vince per distacco (sono un po’ sciovinista, lo so. Però non è veramente niente di che). La Lonely non è scritta da italiani altrimenti non decanterebbero ‘sto caffè così tanto. Ma, preso al tavolino sulla terrazza sulla Alt Markt Platz, è già un bel godere.

Visitiamo la casa natale di Mozart (10€ a testa!) dove sono esposte varie cose interessanti come la corrispondenza tra Wolfgang (è un amico, ormai), il padre, la madre e la sorella ed altre molto meno come ciocche di capelli, bottoni delle giacche ed altre inutilità. Scartabile, a mio giudizio.

Facciamo tutta la Getreidegasse, la strada dei negozi e delle insegne di ferro battuto, dove troviamo la folla di cui parlava la Lonely ma il nostro obiettivo è al fondo della via e per nulla al mondo rinunceremmo: l’ultimo negozio è Fürst, la pasticceria dove sono state inventate le “Palle di Mozart”. Laura non le aveva mai assaggiate: ora ha sviluppato una sorta di dipendenza…

Non stanchi, oddio, ci dirigiamo ai giardini dello Schloss Mirabell; da qui si ha la miglior vista sulla foresta e si possono ammirare i giardini veramente belli, tutti fioriti di fiori per lo più sconosciuti.

Sono le 18:30, ora dello svenimento: torniamo in hotel per sbrigare la pratica e quindi torniamo da Alter Fuchs a mangiare … neanche stasera la Wienerschnitzel. Ho qualche problemino e decido di virare su cibo un po’ più sano…

Alla sera non c’è proprio movimento e, belli satolli e stravolti, ce ne torniamo in albergo a dormire.

19 luglio – Eisriesenwelt (Grotte di ghiaccio)

Oggi ci alziamo un po’ prima e ci dirigiamo verso Werfen, 45 km a sud di Salisburgo, per vedere un “pallino” di Laura, le grotte di ghiaccio (Eisriesenwelt).

Posiamo la macchina nel parcheggio, ci bardiamo per il freddo e poi, con la funivia, arriviamo alla partenza di una strada che in venti minuti di cammino porta al buco nella montagna. Prima della piccola passeggiata vediamo, però, uno spettacolo cui capita di assistere solo in alta montagna: una distesa di nuvole copre la valle e sembra un enorme letto di panna con le montagne che sbucano dal bianco. Bellissimo e per di più a soli 1600 mt.

Il buco della montagna cela una meraviglia della natura: in fila indiana con alcune lampade al magnesio (io non l’ho avuta, @##@!!§§ç@!!!) ci addentriamo nel ventre freddo della terra e subito ci accoglie un’enorme stalattite di ghiaccio e poco più in là un’altra. La guida ha dei filamenti che incendiandosi illuminano tutto con una tonalità azzurrina e quando li accende dietro le colate di ghiaccio vediamo dei giochi di luce bellissimi. Questa grotta ha una temperatura tale che impedisce al ghiaccio di sciogliere tanto che lo strato più antico ha 500 anni! Ho visto altre grotte, ma come questa mai. Non perdetevela.

Finita la gita usciamo dal buco e la panna non c’è più e così possiamo ammirare un altro panorama, quello sulla valle. Più anonimo. Tranne che per un castello, dal nome improbabile, abbarbicato su un cucuzzolo.

Torniamo a Salisburgo perché Laura (comanda lei. Anche qui….) vuole vedere la Residenz che, però, è chiusa. Ci dedichiamo così al vagabondaggio che avrebbe un altro nome ma non posso scriverlo (inizia per c e finisce con zzeggio, manca solo una vocale…).

Altra cena ad Alter Fuchs e finalmente mi pappo la Wienerschintzel. Buona! Ah, la Wiener è semplicemente una bistecca impanata che gli austriaci (Radetzky, per essere precisi) hanno copiato dai milanesi. Ma han copiato bene, bisogna dirlo.

Dopo cena nella piazza c’è una cerimonia ufficiale di non so cosa, forse l’inizio del Festival di Salisburgo. Una sacco di gente, orchestre che suonano dai balconi. Tizi in giro col costume tipico (questa non è una novità, però. Qui sono un po’ suonati: ci sono un sacco di uomini che vanno in giro con i pantaloni corti verdi, le bretelle, la camicia a scacchi tipo tirolesi. Ma così, senza che sembri una messa in scena. E anche le donne con i gonnelloni, i grembiuli. Sembra Carnevale ma loro sembrano a loro agio: magari lui è vestito da balengo e lei con vestiti normali. O viceversa. O, il massimo, tutta la famiglia! Quasi quasi, quando torno, mi compro un vestito da Gianduia e vado in giro conciato così.)

Fine gita salisburghese

20 luglio – Laghi del Salzkammergut

Oggi giornata bucolica. Scendiamo a sud di Salisburgo e dopo 20 minuti raggiungiamo Mondsee: una tranquilla cittadina su un lago. Il paese è il classico villaggio da cartolina: case tutte colorate, fiori alle finestra e, ancora, gente in costume che gira come fosse vestita all’ultima moda… Bah.

Facciamo alcune foto al lago e respiriamo la pace del posto: per dei “maturi” come noi è un bel posto, per dei meno maturi potrebbe essere un po’ troppo tranquillo.

Risaliamo in macchina e raggiungiamo Sankt Wolfgang circumnavigando il lago omonimo: paesaggi fatti apposta per essere fotografati. Fossi capace a far fotografie…

Sankt Wolfgang è “famosa” (non sapevate che esistesse, vero?) perché in un albergo di qui era ambientata una “famosa” operetta: “Al cavallino bianco”. Io la ricordo perché mia madre me l’aveva fatta vedere e quindi vai di foto all’albergo da mostrare a mamma e poi pranzo su una panchina, da barbun, e giretto sul lago dove c’è un sacco di gente che fa il bagno: fa caldo, avessimo il costume ne approfitteremmo e invece proviamo solo invidia.

Scendiamo ancora a sud dove raggiungiamo Halstatt un ameno paesino su un altro lago. Facciamo un giretto: c’è una bella chiesa e tanta pace. Ci sediamo su una panchina nella piazza e ci facciamo un’ora di riposo totale. Oggi va così: di riposo e godimento di paesaggi. Ah, qui si usa (vediamo se riesco a spiegare) piantare un pero a ridosso delle case e poi si lavora a far crescere i rami attorno alle finestre. Scenografico, quasi sempre. Chi non riesce nel compito si trova una casa invasa dal pero…

Mangiamo in riva al lago (ho mangiato il gulash) con dei giovani che suonano strumenti sconosciuti (una chitarra da tavolo) e conosciuti, ma usati in modo alternativo (violini suonati come chitarre).

Una giornata rilassantissima tra paesaggi da cartolina: se avete più di quarant’anni passateci, altrimenti aspettate qualche anno.

Abbiamo alloggiato nella Gasthof Pension Grüner Anger una pensioncina fuori Halstatt dove siamo stati “abbastanza” in pace: gli unici giovani del circondario si erano dati appuntamento nel circolo sportivo lì vicino per una festa a base di “tunz-tunz”. La cosa meno bucolica della giornata, ma almeno abbiamo scoperto che qualche under-40, in giro, c’è.

21 luglio – Sankt Florian, Mauthausen, Steyr

Altra tappa di avvicinamento a Vienna.

Saliamo vicino a Linz e visitiamo l’abbazia di Sankt Florian: affollatissima. Ad attendere la visita delle 11 eravamo in quattro: noi ed una coppia veneziana.

Dal momento che tutto il folto gruppo era composto da italiani ci hanno scovato una ragazza, Lisa, che ci ha fatto da guida usando la nostra amata lingua. È stata una bella visita con Lisa che si ingegnava (ha studiato italiano nelle superiori e quindi, ovviamente, zoppicava un po’) a trovare le parole e, grazie anche al nostro aiuto e del marito dell’altra coppia che conosceva il tedesco, abbiamo fatto tutto il giro divertendoci anche un po’ (va anche detto che Lisa era piuttosto carina…).

Grazie a questa visita abbiamo avuto conferma, però, che l’Italia non ha rivali nel campo del patrimonio artistico: l’abbazia è bella (barocchissima), ma qui viene descritta come fosse un tesoro inestimabile. In Italia figurerebbe tra le abbazie eventualmente da visitare, non “l’abbazia”.

Pranzo in un Mc Donald’s (già, Mac Donald’s…) in riva al Danubio, che finalmente abbiamo incontrato, poi ci facciamo coraggio e ci avviciniamo alla visita più triste, ma necessaria del nostro tour: il campo di concentramento di Mauthausen.

Il campo è collocato in cima ad una collina con un panorama spettacolare (‘sti nazisti erano stronzi pure in questo) ed è molto grande.

Come quello di Dacau (che abbiamo visitato a Monaco in un inverno di anni fa) dopo la guerra era stato smantellato e riutilizzato per altri scopi, quindi si sono conservate solo alcune baracche, ma tutto l’armamentario di morte.

Quello che m’ha impressionato è l’organizzazione del campo: un grande cortile “ospitava” i nuovi giunti per la quarantena: venivano spogliati nudi e lasciati lì, all’aperto, per qualche giorno. Così per sfoltire il gruppo. Poi, venivano fatti entrare nel campo. Mauthausen era un campo di lavoro: sotto la collina c’era una cava e quindi tutti i giorni i prigionieri (son passati di qui più di 230.000 persone, di 44 nazioni diverse e 120.000, centoventimila, non sono tornate a casa!) scendevano, si caricavano un masso sulle spalle (ce n’era uno d’esempio: sono riuscito a malapena a sollevarlo) e risalivano la “scala della morte” per portarlo nella macchina che lo triturava. Chi non ce la faceva soccombeva sotto il masso… Ci sono delle foto molto esplicative che mi tengo come ricordo e non vi descrivo.

Poi le cose hanno preso la piega che sappiamo ed i campi hanno cominciato a riempirsi a causa della “soluzione finale”, quindi oltre a farli morire lavorando bisognava sfoltire gli ospiti giustiziando i non idonei (poi quasi tutti). Anche qui erano organizzati: in una stanza c’era l’angolo della morte dove i prigionieri venivano freddati con un colpo alla nuca, accanto c’era il mortuario, una stanza refrigerata dove i corpi venivano ammassati. Quindi c’era la sala delle autopsie che veniva usata per insegnare un po’ d’anatomia e fare esperimenti e poi i tre forni crematori. Solo a scrivere ho la pelle d’oca.

Quando il metodo sequenziale non è più stato sufficiente si è passato a quello parallelo: la camera a gas. Basta, non c’è altro da dire. Anzi ci sarebbe ancora molto da dire, solo che non ce la faccio.

Questi posti DEVONO continuare ad esistere perché la generazione che ha sofferto tutto questo sta scomparendo e noi NON POSSIAMO DIMENTICARE. Molto significativa la stanza dei nomi (una simile c’è a Berlino sotto il monumento dell’Olocausto) con l’elenco dei nomi dei morti sul pavimento e l’elenco completo dei prigionieri contenuto in quattro tomi negli angoli della stanza.

L’unica cosa “positiva” è stata l’aver visitato il campo in una giornata di pieno sole. Quando siamo andati a Dacau era il 2 gennaio, dopo una nevicata, ed il senso di freddo era più reale. Ma state sicuri che se vedete un posto così, anche vestiti da Arlecchino e con un gelato in mano, non potrete mai più scordare il senso di vuoto, smarrimento, tristezza e rabbia che proverete.

Scendiamo da questo luogo innominabile e ci avviamo verso la tappa finale della giornata: Steyr.

Qui troviamo una bella pensione, Fruhstuckspension Leichfried, andateci: costa poco ed è molto accogliente.

Steyr è piazzata sulla confluenza di due fiumi, molto suggestiva. Anche qui pochissima gente. Ho mangiato i Kasespatzl, dei gnocchetti gratinati al formaggio con speck e cipolla. Buonissimi.

22 luglio – Melk e la Wachau (Valle del Danubio)

Lasciamo Steyr e saliamo verso la Wachau, passando da Melk, sede dell’abbazia più grande d’Austria.

L’abbazia è collocata su una collina visibile da chilometri di distanza, da fotografia. Ed infatti noi non l’abbiamo fotografata… Entriamo a visitare questa struttura con il pensiero che avremmo anche potuto farne a meno, almeno io. Laura, invece, adora visitare gli interni di castelli, abbazie e vedere arazzi, mobili, letti a baldacchino che a me sembrano tutti uguali. Dimenticavo le stanze con le tappezzerie cinesi. Qui in effetti, devo dirlo, mancavano gli arazzi….

Eravamo senza guida ed abbiamo capito meno cose che a Sankt Florian che entrambi abbiamo preferito. Comunque Melk merita di essere inclusa in un tour dell’Austria. Peccato per gli arazzi.

Non merita nulla invece la visita al castello di Shallanburg, poco distante. Questo castello è tra le cose, anzi, è la cosa meno interessante di quelle viste fin qui. Un cortile con una fontana, un piccolo borgo medievale attiguo ed, all’interno, una mostra sull’India … perdibilissima.

Dopo un pranzetto da barboni nel parco di Melk partiamo per percorrere la Wachau, la valle del Danubio. Dopo pochi chilometri, tutti accanto al grande fiume, ci fermiamo in uno spiazzo che dà su una spiaggia, una vera spiaggia, sulla riva. Non possiamo far altro che svaccarci al sole ed ammirare il paesaggio e le chiatte enormi che passano: avete presente l’astronave dell’inizio di Star Wars? Ecco, le chiatte qui son così lunghe e vanno così adagio che il loro passaggio davanti a noi durava anche 5 minuti, giuro.

Dopo la veloce abbronzatura, e mia pennica all’ombra, facciamo l’ultimo pezzo della valle con la tentazione di rubare le albicocche dagli alberi lungo la strada. Ma la mia velocità di fuga mi rende raggiungibile anche da un anziano contadino grasso, quindi desistiamo dal progetto di furto.

Puntiamo su Krems an der Donau che la guida dice essere il centro più vivo della zona. Il concetto di “vivo” della Lonely Planet credo vada rivisto. In questa città non c’era praticamente nessuno!

Per cena abbiamo vagato un po’ per scegliere in quale ristorante andare. Abbiamo deciso di andare in quello aperto. Che quindi era abbastanza pieno: ecco dov’era la gente! Rinunciamo alla passeggiatina digestiva: troppa solitudine.

Torniamo nell’albergo Hotel unter-den-linden, carino, e nanna.

23 luglio – Vienna – giorno 1

Scendiamo su Vienna per l’ultima parte della vacanza. Albergo vicino al Prater, Hotel Wilhelmshof, prenotato, come gli altri, su Booking.com.

Posati i bagagli ci dirigiamo verso il centro, con la metro, dopo aver acquistato le Vienna Card per 72 ore (19,90€). Prima tappa d’obbligo, lo Stephandom. Usciamo nella Stephanplatz e già si respira l’aria di un posto più turistico, in contrasto con la pace vissuta negli ultimi tre giorni. Me è ovvio.

Lo Stephandom è una grande chiesa gotica costruita sulla precedente in stile romanico: la facciata infatti è di un inconfondibile stile romotico (un po’ di questo e un po’ di quello: non granchè per l’occhio). Ai lati della chiesa avrebbero dovuto sorgere due torri gemelle (diciamo uguali per non evocare cose tristi) ma, ora come allora, se non hai i soldi non costruisci nulla. E quindi le torri sono solo sorelle: una maggiore, altissima, bellissima, goticissima. L’altra, incompiuta, è più bassa: gotica fino ad un certo punto e poi, nel Rinascimento, le hanno piazzato, in cima, una cupolina campanaria che non c’entra nulla col resto).

Entriamo per ammirare l’interno e notiamo che tra le navate non gira nessuno: la chiesa è tutta a pagamento e nessuno paga. E nemmeno noi. Comunque l’interno è maestoso: nella guida erano descritte un po’ di cose che, però, non abbiamo potuto (anzi, voluto) vedere.

È mezzogiorno, fa un caldo tremendo e la fame chiama: ci incamminiamo per vedere dove mangiare barbaramente come abbiamo fatto sinora, ma in centro non ci sono parchi: compriamo qualcosa e mangiamo su un muretto: tristissimo.

Nel pomeriggio ci dirigiamo ad Hofburg: il palazzo degli Asburgo. Una cosa che Vienna ti dice da subito è: guarda che io sono una ex-capitale di un Impero, eh. Palazzo austerissimo con delle aquile bitestute grandi così. Hofburg è l’apoteosi di tutto questo: non è un palazzo, è un intero quartiere. I cortili, ora, sono delle piazze.

Entriamo comprando il Sisi Ticket che permette l’accesso a Hofburg e Shonbrunn (più un Museo del Mobile che salteremo). Con un’audioguida (compresa nel biglietto) visitiamo il museo delle argenterie per capire il lusso e lo sfarzo in cui gli Asburgo vivevano. Poi il Museo di Sissi, la più famosa imperatrice del mondo.

Era bella sul serio, quello che si capisce nella visita è che era, però, un po’ str… non simpaticissima. Concentrata sulla sua triste (??) vita accanto ad un marito che l’adorava verso il quale non nutriva gran trasporto. Ha vissuto male la sua esistenza imperiale ed è finita pure peggio, uccisa da un anarchico italiano. Laura era ammirata dai vestiti e dalla cura con cui Sissi curava il proprio corpo. Tre ore al giorno di toeletta. Quasi come me…

Comincio ad avere qualche problema a dire alle mie gambe quel che devono fare: finita la visita optiamo per una capatina in albergo dove è scesa una nebbia dalla quale siamo riemersi per una cena ad ora tarda. Troviamo dalle parti di Fishermarkt strasse un ristorante dove mangio l’ennesima Wiener e veniamo visitati da .. un topo, bleah! E la cameriera mi ha pure chiesto la mancia. Ed io gliel’ho data!

24 Luglio – Vienna – giorno 2 (Shonbrunn)

Metro fino alla fermata Shonbrunn, camminatina per raggiungere il castello e, bum!, ci troviamo davanti ad un palazzo gigantesco.

Entriamo e giriamo, sempre audioguidati, tra le camere in cui passavano le estati gli Asburgo. Ho già detto che a me gli appartamenti regali sembrano tutti uguali, quello che colpisce è la vita spartana che conduceva Francesco Giuseppe, marito di Sissi. Lavorava tutto il giorno, poca mondanità. Un marziano..

Comunque non prestatemi ascolto quando dico che mi sembrano tutti uguali questi palazzi: non potete venire a Vienna senza visitare questo castello. Io l’ho preferisco a Hofburg, qui ci sono più cose, là è una visita più didascalica. Il parco, poi, è maestoso. Siamo saliti, sotto il sole, fino alla Gloriette, un padiglione sulla collina davanti al castello da dove si ammira un bel panorama.

Al ritorno ci fermiamo nello Stadtpark, un grande parco dove mangiamo e ci riposiamo un po’. Poi proviamo a fare la Ringstrasse con le bici, ma per noleggiarle servono due carte di credito, una per bici e, FORTUNATAMENTE, Laura non ce l’ha. Avremmo fatto un giro in bici, sì, ma il pericolo rappresentato da Laura cartamunita è troppo grande, per me!

Quindi saliamo sul tram 2 e facciamo il giro su questi viali che racchiudono il centro di Vienna e sul quale si affacciano degli splendidi palazzi.

Arriviamo al Rathaus, il municipio, che assomiglia a quello di Bruxelles (siamo gente di mondo, noi!) con un’alta torre e la sua austerità gotica.

Torniamo in centro facendo il giro di Hofburg e poi: Caffè Sacher! Ci sediamo ed ordiniamo la famosa torta. Buonissima.

Oggi siamo un po’ più in forma e torniamo in albergo a piedi, passando lungo il Donau Canal (un canale che attraversa la parte est della città).

Cena dalle parti di KarlPlatz e nanna.

25 luglio – Vienna giorno 3 (Belvedere)

Da Karlplatz ci dirigiamo verso il Castello del Belvedere, residenza di Eugenio di Savoia, un generale che ha servito l’impero ed in cambio ha ottenuto questa casetta.

I castelli sono due, quello inferiore e quello superiore. Noi visiteremo solo quello superiore che ospita una pinacoteca dedicata ai pittori austriaci, in particolar modo a Gustave Klimt.

Ammiriamo il famosissimo Bacio ed altre opere e poi facciamo il giro nel giardino che sta tra i due castelli. Viveva bene il nostro savoiardo!

Torniamo allo Stadtpark dove mangiamo e ci riposiamo molto, proprio molto. Con un laghetto romantico davanti a noi e la gente che prende il sole sull’erba. Qui si mettono proprio in costume da bagno!

Riposati ci dirigiamo verso il Prater: io sono per i mezzi pubblici, Laura per i mezzi autonomi, i piedi. Chi ha vinto? Vorrei dire che è stata una bella passeggiata. Vorrei. In realtà faceva un caldo suino e non abbiamo neanche attraversato chissà che quartieri. Molto sereno e ben disposto faccio i biglietti e saliamo sulla Riesenrad, la ruota panoramica ultracentenaria, simbolo della città-

Dall’alto ammiriamo il panorama e vediamo una strana giostra (il Prater è anche un parco di divertimenti): un palo altissimo attorno al quale girano i seggiolini, tipo le catene (il calcioinculo) delle feste paesane. Mi torna un po’ di buonumore quando Laura mi chiede: “Ci vuoi andare?”-

Andiamo: i seggiolini, a due, sono i classici delle giostre delle catene, si sale un po’ e si gira e girando si va sempre più su. Fino a 95 mt! Poi dopo un po’ di giri lassù, si riscende e quando si arriva ad una 15ina di metri la giostra accelera molto. Qui Laura ha perso il sorriso che aveva stampato in faccia durante la salita…

Ora sono allegro, riesco persino ad accompagnare Laura nel giro di acquisti dei souvenir per nipoti, figli, etc… Poi, lungo il Graben (via dello shopping) si arriva a Demel, la pasticceria degli Asburgo. E ci fermiamo a mangiare la Ana Demel Torte. Una bomba chimica di cioccolato e nocciola che ha il carico calorico di un cenone di Capodanno!

Cena sempre nei paraggi di Karlplatz dove mi pappo le Spareribs, costatine di vitello coricate sulle patate al forno. Una sfida! Che ho vinto! Al ritorno serve una dieta ferrea…

La gita austriaca è finita. Domani si torna.

Conclusioni

L’Austria è un posto con paesaggi incantevoli, più adatta al turismo ex-giovane.

I prezzi sono altini, tranne la benzina che costa mediamente 30 cent. in meno che da noi.

Ho apprezzato molto la civiltà della gente di qui: i limiti di velocità sono rispettati al chilometro, tutto molto pulito. E poi sembra che gli italiani siano abbastanza ben voluti, qui.

Salisburgo è una città che può essere visitata anche solo in una giornata, giornata e mezzo. I laghi del Salzkammergut sono un luogo molto bucolico dove io resisterei due giorni, al massimo tre. Bellissimi da vedere ma troppa pace, troppa.

Vienna è una bella città, una vera capitale asburgica. Si gira senza problemi ed a tutte le ore.



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