Altamura, Matera, Trani, Castel del Monte

Un weekend in Puglia e Basilicata per ammirare cattedrali, castelli, grotte e paesi caratteristici
Scritto da: airada
altamura, matera, trani, castel del monte
Partenza il: 04/05/2013
Ritorno il: 05/05/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
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È da molto tempo che volevo visitare i famosi “Sassi di Matera”, la cattedrale di Trani (che avevo visto solo di sera, all’esterno) e il misterioso Castel Del Monte: quindi, appena mi si è presentata l’occasione, che comprendeva tutti questi luoghi in un weekend, l’ho presa al volo, incoraggiata da un’amica, che mi ha proposto la gita. Consiglio vivamente quest’itinerario, ricco di posti interessanti ed affascinanti, non molto distanti tra loro, densi di storia ed atmosfera.

Sabato 4 maggio: Pescara-Altamura-Matera

Sveglia alle 5, perché si parte alle 6.30, in bus. Il tempo è bello, il bus comodo e cerco di appisolarmi prima della sosta d’obbligo. All’Autogrill siamo già in Puglia e si vede dagli enormi panini farciti esposti nei banchi. Arriviamo ad Altamura (centro delle Murge, molto famoso per il suo pane speciale) verso le 11.

Credevo di avere una guida e non mi sono proprio documentata sulle cose da vedere, ma in fondo non sono molte e la cittadina è piccola. Dal parcheggio ci avviamo a piedi verso il centro storico, che mi stupisce perché è molto carino: si entra passando attraverso una porta, che immette sul corso principale, lastricato con pietra chiara (è intitolato al grande Federico II di Svevia, che, all’inizio del 1200, fece ricostruire la città, precedentemente distrutta, chiamandola Altamura per le sue mura megalitiche). Sulla sinistra, in uno spiazzo, è esposto un simpaticissimo “Maggiolino” Volkswagen, tutto dipinto con disegni vivaci e tanti fiorellini lilla al posto del cofano! Poco oltre la Chiesa romanica di S. Nicola dei Greci, della prima metà del 1200, con un bellissimo rosone. Mi colpiscono gli eleganti negozi che si affacciano sulla strada, specialmente quelli che vendono borse, valige ed accessori.

Tutta la città è bardata con bandiere bianche e rosse, perché domani è la festa della patrona Santa Irene: c’è infatti anche una doppia banda, che si alterna dalla parte destra e sinistra della Cattedrale di Santa Maria Assunta, il monumento più importante di Altamura, tutta bianca e imponente, situata all’angolo di piazza Duomo. Fu fatta costruire, nel 1232, sempre da Federico II (unico edificio sacro da lui realizzato) e soggetta solo all’Imperatore ed alla Santa Sede. E’ in stile romanico pugliese, con influenze del gotico federiciano, caratterizzato da influenze orientali, come nella bifora della facciata. Gli studiosi sono discordi sulla possibilità che l’orientamento della chiesa sia stato invertito, smontando l’intera facciata, con portale e rosone, e riposizionandola dov’è ora, ad est, invece che ad ovest. Originariamente aveva un solo campanile, al quale ne è stato aggiunto uno simmetrico. Ammiro le due torri (a tre ordini, separate da una loggetta con una statua della Vergine) che si stagliano sul cielo azzurro. Il rosone è un capolavoro della scultura pugliese: ha 15 raggi ed al centro il bassorilievo dell’Agnus dei. Il portale è un vero trionfo di decorazioni e sculture, con soggetti biblici: è racchiuso in una struttura sporgente, sostenuta da colonne appoggiate su due leoni.

All’interno stanno celebrando la Messa e cerchiamo di fotografare con discrezione le due bellissime acquasantiere, il pulpito in marmo scolpito (che sta all’ingresso) ed il particolarissimo presepe della fine del cinquecento, con in primo piano la Madonna incoronata, il bambino, S. Giuseppe ed in alto, il castello con il paese. Diamo un rapido sguardo al resto dell’interno, a tre navate, suddivise da colonne e pilastri e sormontate dai matronei. Il marmo usato è policromo, con stucchi dorati, che spiccano sull’azzurro del soffitto.

Continuando la passeggiata notiamo la salumeria Frisone, che ci attira subito, e decidiamo di farci fare un panino con il famoso pane d’Altamura. Il commesso è un soggetto simpatico e molto ironico e ce lo farcisce con lonza e formaggio locale, che ci fa pure assaggiare prima. E’ buonissimo e ce lo gustiamo sedute su una panchina dei giardinetti, che si trovano lì vicino, di fronte ad una chiesa (nella quale c’è una mostra su Federico II) e ad un Liceo.

Per completare la visita di questa bella cittadina pugliese, ci sediamo nel caffè Ronchi, accanto alla Cattedrale, dove assaggiamo il dolce tipico “i sospiri”, con crema chantilly, accompagnato da un caffè.

Torniamo al bus e continuiamo il tragitto verso Matera, che raggiungiamo in circa mezzora. Ci aspetta la guida, che si rivelerà brava e simpatica: con lei ci dirigiamo, in bus, verso un punto panoramico dal quale si può ammirare, estesa di fronte a noi, oltre ad una grande gravina (avvallamento), la Matera vecchia, alle cui spalle è nata la città nuova. L’impatto è molto suggestivo. Quando si è ritirata l’acqua che ricopriva il luogo, sono rimaste moltissime buche e caverne nel terreno, usate come abitazioni dalle varie popolazioni che hanno abitato la città. Naturalmente le condizioni igieniche erano pessime, coabitando uomini ed animali. Il costone di roccia che abbiamo davanti, si divideva in due rioni, detti “sassi”: Barisano (alla nostra destra) e Caveoso (alla sinistra della Civita, che è il fulcro della città vecchia). Nel 1993 questa zona è stata dichiarata (primo sito dell’Italia meridionale) Patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Sulle prime grotte abitate, situate nella zona più in basso, è stato via via aggiunto materiale di tufo (di cui è ricca la zona) sia all’ingresso delle abitazioni che nella parte sovrastante, creando nuove case “a strati”. Nel 1952, essendo diventata insostenibile la situazione abitativa della popolazione, si decretò lo sgombero dei Sassi, spostando i suoi abitanti in nuove case nella città moderna.

Oggi si sta cercando di ripulire, recuperare e scavare tutta la zona, anche alla ricerca di reperti archeologici: a tale proposito è stata molto importante l’opera dello studioso Domenico Ridola, che è ricordato in strade, mostre e luoghi della città.

La mia idea dei Sassi di Matera era sostanzialmente diversa: mi aspettavo una zona isolata, non affatto abitata, tipo la Cappadocia (alla quale spesso Matera è associata). Invece qui, sopra le grotte, è sorto l’intero paese, perché gli anfratti a poco a poco sono stati ingranditi, modificati ed integrati nelle altre abitazioni. L’effetto totale è quindi quello di un centro antico abbarbicato su un costone di roccia, in verticale, sormontato dal campanile della Cattedrale e attraversato da stradine e scalinate che girano intorno. Molto bello e suggestivo, ma diverso dalla mia immaginazione. Sulla piana verdeggiante sulla quale ci troviamo è stato girato il film di Mel Gibson “La passione di Cristo”, ed in particolare qui sono state posizionate le tre croci.

Riprendiamo il bus e torniamo dall’altra parte della gravina, verso la città nuova. Dal parcheggio iniziamo con la guida una lunga passeggiata, che ci porta nel centro antico di Matera. Partiamo dalla grande Piazza Vittorio Veneto, che ha intorno alcuni palazzi nobiliari, costruiti per nascondere il panorama (considerato poco decoroso) delle grotte. Proseguiamo costeggiando la Chiesa di S. Francesco (della quale ammiriamo sia la bella facciata tardo-barocca, che l’interno) e quella stranissima del Purgatorio (1747), caratterizzata dal tema della morte: infatti sia sulla facciata che sul portale, sono raffigurati teschi.

Arriviamo in Via Domenico Ridola, una bella strada con gelaterie e bar carini, tavolini e panchine. Nel 1700 questo fu il primo quartiere ad essere costruito al di fuori dei Sassi e della Civita. Sulla destra il Museo archeologico Nazionale, dedicato al medico-archeologo Ridola, situato nell’ex convento di Santa Chiara. Di fronte a noi, alla fine della via, il Palazzo Lanfranchi, oggi sede del Museo nazionale d’arte medioevale e moderna, con davanti una strana scultura a forma di goccia, in bronzo.

Alla nostra sinistra c’è il belvedere che si affaccia sui sassi: è uno spettacolo molto particolare e suggestivo. Si vede la Civita più in alto e sotto di noi, tutte le abitazioni edificate sopra le grotte. Siamo nel rione Caveoso ed a poco a poco iniziamo a scendere le scale e ad addentrarci nell’antico groviglio di stradine e case. Qualche zona è abitata: si vedono panni appesi, giardinetti curati, bancarelle e negozietti. Qualche altra è deserta, con le porte chiuse delle case che un tempo erano grotte. Una di queste è visitabile, ma noi decidiamo di non entrare perché l’interno, probabilmente artefatto, non c’ispira. Però non rinunciamo assolutamente a visitare (al costo di 3 euro, meritatissimi) la meravigliosa chiesa rupestre di Santa Lucia alle Malve (dal nome della pianta che cresce nei dintorni). Questa mi ricorda di più quelle della Cappadocia, anche per gli affreschi dell’interno.

Dall’VIII secolo molti monaci benedettini e bizantini si stabilirono nelle grotte, trasformandole in chiese rupestri. In questo luogo s’insediò la prima comunità femminile, in cavità inserite lungo la parete rocciosa che ho davanti. Sulla destra c’è l’entrata della chiesa, abbastanza grande e divisa in tre zone. In un certo periodo è diventata un’abitazione, subendo profondi cambiamenti: vi si praticava un culto misto latino-ortodosso, per cui aveva, tra l’altare ed i fedeli, il muro dell’iconostasi (un divisorio, tipico della religione ortodossa, che divideva la navata dal presbiterio). Questa parete, con ancora visibili tracce di colore, è stata spostata per creare un divisorio nell’abitazione (zona di cucina) e l’altare è stato collocato nella parte destra, che è diventata una cappella, ancora aperta al culto. Molto particolari sono, nel soffitto, dei piccoli centri concentrici, che dovrebbero rappresentare l’idea di una cupola, non potendo essere costruita una vera cavità per la mancanza di spazio sovrastante, adibito a necropoli. La zona che invece era dietro all’altare è stata trasformata in raccoglitore di acqua, proveniente da un buco sul soffitto ed è quindi tutta verde per la muffa e l’umidità. Per fortuna invece, grazie ad un’ottima tecnica di preparazione dell’intonaco, rimangono abbastanza ben conservati degli splendidi affreschi, alcuni del 1200, come la Madonna del latte (che rappresenta la Vergine che allatta il bambino con grande tenerezza) e San Michele Arcangelo (con una veste di pietre preziose, in stile bizantino). Sul pilastro che divide la navata di sinistra da quella centrale, spicca il volto ascetico di un Santo ignoto. Alla sinistra dell’ingresso invece risaltano i dipinti di San Benedetto e San Giovanni (con in mano un cartiglio), della fine del 1200. Infine, prima di uscire, sulla sinistra, ammiriamo un’incoronazione della Vergine del 1300. Questo posto è veramente bellissimo e pieno di fascino!

A poco a poco risaliamo, per un percorso diverso, verso la via Ridola, dove, stanche, ci sediamo su una panchina, gustandoci un delizioso gelato-frappè ai mirtilli.

Arriviamo all’hotel Del Campo, un 4 stelle molto carino, con una bella camera e bagno curato e ci meritiamo una doccia calda ed una cena decente.

domenica 5 maggio: Matera-Trani-Castel del Monte-Pescara

Iniziamo la giornata con una bella colazione, abbastanza assortita.

Stamattina si va a Trani, dove arriviamo dopo circa un’ora e mezzo. La città si presenta subito molto carina, pulita, ordinata, grande. Una buona parte si affaccia sul mare, sul quale spicca il Castello Svevo (tutto bianco e fin troppo restaurato) e la stupenda Cattedrale. Quest’ultima, gioiello di Trani, ha una forma particolare: una grande facciata con rosone e stile romanico pugliese (che vuol dire che presenta anche influenze del mondo orientale), con un campanile molto alto (circa 60 metri), aggiunto al corpo centrale quasi un secolo dopo, nel 1200, con un passaggio ad arco alla sua base.

L’interno è molto articolato: saliamo delle scale esterne e attraversiamo un bellissimo portale molto decorato con motivi vari (pare simile a quello, ormai perduto, di una chiesa di Dubrovnik), che circonda un’imponente porta in bronzo a formelle, opera di Barisano da Trani (1175), che in realtà è una copia, ben fatta, mentre l’originale è nell’interno. Siamo nella chiesa di Santa Maria, leggermente sopraelevata rispetto al livello del mare, a tre navate, di aspetto semplice, con colonne sempre di materiale di risulta. Conserva qualche affresco, in particolare una bella Madonna che regge una specie di velo, con colori rossicci. Da qui si scende nella cripta di San Nicola Pellegrino, un giovanetto, fatto santo, a cui è dedicata la Cattedrale e le cui reliquie sono qui conservate. Mi colpiscono le colonne alte ed affusolate. In realtà qui siamo al livello del mare. Saliamo altre scale ed arriviamo nella bellissima chiesa superiore, molto ampia e spoglia. Nel settecento l’interno è stato completamente stravolto con decorazioni dell’epoca, ma oggi un restauro accurato l’ha ricondotto allo stato originario, anche se all’epoca della sua costruzione doveva presentare affreschi e pavimento a mosaico (di cui se ne intravede una piccola parte verso l’altare).

Quello che colpisce è l’enorme zona absidale, le cui proporzioni si noteranno meglio dall’esterno. Infatti, quando usciamo fuori, costeggiamo tutto l’edificio, incamminandoci verso il castello, e da questa prospettiva spiccano, ad oriente, i semi-cilindri delle tre altissime absidi, di cui quella centrale, che ha un’enorme finestra, è la più ampia. C’è una bellissima luce e la pietra bianco-rosata (tipica del luogo) spicca sul cielo azzurro. Nella parete sud, invece, è inserito un rosone monumentale.

Torniamo indietro per visitare il Castello, davanti al quale posano due “cavalieri” in abbigliamento medievale. La recita continua anche nel cortile centrale, nel quale entriamo: i poveri attori sono pietosi e li “subiamo” solo per pochi minuti. Questo edificio, costruito da Federico II nel 1200, ha tre momenti costruttivi: epoca medioevale, cinquecento ed ottocento, in cui fu utilizzato come prigione. Vi abitò spesso Manfredi, uno dei figli prediletti dell’imperatore, che si sposò qui, nel 1259, con la seconda moglie Elena Ducas, principessa dell’Epiro: il matrimonio fu fatto proprio per consolidare i rapporti tra questo stato e il regno di Sicilia, di cui Manfredi fu l’ultimo re svevo. Dopo la sua morte nella battaglia di Benevento, il vincitore Carlo I D’Angiò arrestò Elena, con i suoi figli, proprio in questo castello.

Sinceramente questo posto non mi entusiasma da morire: saliamo nella grande sala del piano superiore e ridiscendiamo con una scalinata esterna nel patio precedente. Attraversiamo poi un’altra zona che conduce al cortile che guarda il mare: questo era un tempo l’unico accesso all’edificio, situato dopo un portcullis (griglia d’ingresso degli antichi castelli) ed un ponte levatoio.

Finita la visita, ci dirigiamo dietro la Cattedrale, verso il porto, che è grande e pieno di pescherecci ed imbarcazioni. E’ domenica e Trani è piena di gente, sia locali che turisti, che passeggiano lungo la banchina, costeggiando i numerosi bar, con affollati tavolini. Piccola sosta caffè e poi continuiamo il giro con la guida, che ci porta in una via parallela al porto, a visitare la deliziosa chiesa templare di Ognissanti, piena di fascino, la cui abside era visibile dal porto. Pare che in questo luogo venissero benedetti i crociati in partenza da Trani per la Terra Santa. Gli studiosi sono incerti se attribuire la sua costruzione (1100) e appartenenza all’ordine dei Templari, all’interno del loro “ospedale”. Nell’interno, a pianta rettangolare a tre navate, ammiro sull’altare una bella icona, d’influsso bizantino. Pare che l’asse della chiesa sia stata posizionato, seguendo precise nozioni astronomiche, in modo da indicare il sorgere del sole nel giorno del 1° novembre 1100 (ricorrenza di Ognissanti, da cui il nome del luogo). Passeggiamo poi nel quartiere ebraico, che qui non era un ghetto, ma un regolare rione abitato, vicino al porto, perché gli ebrei erano cambiavalute per tutte le persone che arrivavano via mare (c’è anche una strada che si chiama “via del cambio”).

Ci sono due sinagoghe (una chiusa ed una aperta, ma qui non ci fanno entrare).

E’ tutto molto carino e caratteristico e ci sono anche negozi invitanti e di gusto. Siamo di nuovo nella piazza della Cattedrale e da qui percorriamo una lunga strada che ci porta a Piazza Mazzini, dov’è situata la nostra Osteria “Ferro e fuoco”: ci accomodiamo all’aperto, all’ombra. Il pranzo è buono.

Castel Del Monte

Dista circa mezz’ora da Trani: dal parcheggio dobbiamo prendere una navetta per salire su un’altura e qui, nella macchia verde dei pini, si erge il meraviglioso castello ottagonale di Federico II, che da tanto tempo volevo visitare! E’ emozionante per la sua eleganza maestosa e misteriosa. Su questo luogo sono stati scritti fiumi di parole e nessuno è riuscito a stabilire con esattezza la sua finalità costruttiva. Ci sono moltissime teorie: sicuramente non era nato come presidio difensivo (anche se in seguito fu utilizzato anche per questo), forse era un castello di caccia, un luogo per osservare le stelle o un centro benessere (tipo hammam arabo), come hanno ipotizzato ultimamente. Anche sulla costruzione sono state fatte molte congetture: se sia stata influenzata dai modelli francesi o se lo stesso Federico ne abbia dettato i canoni, ammirando sì il nuovo stile francese, ma anche innamorato dell’antichità classica e del mondo arabo (soprattutto relativamente agli esempi ottagonali, tipo Cupola della Roccia, vista a Gerusalemme nella sesta crociata). Sicuramente le sue maestranze, altamente qualificate e rappresentative di moltissime nazioni, rispecchiavano la politica tollerante del suo regno, aperto a tutte le influenze straniere. La sua forma ottagonale ha notevoli significati simbolici: questa figura geometrica è intermedia tra il quadrato (simbolo della terra) ed il cerchio (simbolo del cielo) e rappresenta quindi un passaggio tra le due entità.

Comunque sia, l’effetto è bellissimo, anche se l’interno è spoglio. Si trova non lontano da Andria, città fedelissima all’imperatore. Mi colpisce il cortile interno ottagonale (concentrico rispetto alla pianta esterna), caratterizzato, come tutto l’edificio, dal contrasto cromatico tra il bellissimo materiale rossiccio e bianco (breccia corallina) dei tre portali, la pietra calcarea e i marmi. Un tempo c’erano anche antiche sculture. Vi si affacciano tre porte-finestre del piano superiore, decorate con marmo bianco e incorniciate da archi cechi, che alleggeriscono le otto alte pareti (che danno l’idea di trovarsi all’interno di un pozzo, che, nella terminologia medioevale, rappresenta la conoscenza). Sotto a queste finestre si intravedono delle rientranze, probabili appoggi per un ballatoio esterno, che metteva in comunicazioni le singole sale.

Visitare questo luogo senza le dovute spiegazioni, sarebbe proprio un peccato: per fortuna abbiamo convinto la guida di Trani ad accompagnarci anche qui. Infatti lei ci racconta che al di sotto della pavimentazione del cortile, c’è un’ampia cisterna per la raccolta delle acque piovane. La pianta del castello è proprio particolare: le otto sale del pianterreno hanno forma trapezoidale, separate da muri che uniscono gli spigoli degli ottagoni concentrici, in corrispondenza delle torri. Mi pare che gli ambienti siano tutti comunicanti in un percorso circolare, eccetto la prima e l’ultima sala. Se guardo in alto noto che la copertura delle zone trapezoidali è realizzata con un quadrato centrale (con volta a crociera con chiavi di volta di forme diverse) e due triangoli laterali (con volta a botte). In una stanza c’è un’apertura per un grande camino ed anche un frammento di pavimento a mosaico, testimonianza delle antiche decorazioni a piastrelle colorate che, insieme a sculture e pitture, sicuramente decoravano il castello.

Le scale a chiocciola per salire al piano superiore sono posizionate in tre delle otto torri ottagonali (che sorgono sugli otto spigoli dell’edificio) e sono sormontate da una cupoletta (anch’essa a volta crociata) i cui costoloni sono sorretti da figure accovacciate (telamoni), con diverse espressioni del viso.

Federico II, grande amante del mondo arabo e delle sue usanze, ci teneva molto alla cura e pulizia del corpo: infatti in altre torri troviamo dei bagni, molto avanzati per l’epoca, con latrina e lavabo, affiancati da un piccolo ambiente (spogliatoio o per vasche per abluzioni).

Nel piano superiore le finestre esterne, che in quello inferiore erano monofore, sono bifore, con una sola trifora. Anche qui c’è un grande camino, meglio conservato, con due nicchie accanto, non si sa per quale uso. Questa stanza pare sia la più esoterica, ma non so per quale motivo. Dalle finestre interne si guarda il cortile dall’alto. Non mi ero mai accorta della particolarità che la sagoma del castello è incisa sulla monetina da 1 centesimo di euro!

La visita di questo monumento mi è piaciuta moltissimo ed è scenografico anche il suo inserimento, su una collina, con tutto il verde sottostante. Torniamo a piedi al bus, camminando per un bel tratto e, purtroppo, la giornata volge al termine e ci aspetta il viaggio di ritorno.



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