Alla scoperta del Giappone da solo: consigli e diario
INTRODUZIONE
Questo racconto sarà così organizzato: all’inizio raccoglierò una serie di consigli utili per coloro che vogliono organizzare un viaggio simile, cercando di rispondere a quelle che erano le mie perplessità prima del viaggio. Per i più pazienti, seguirà il diario del mio viaggio, che rappresenta anche per me un modo per poterlo rivivere anche in futuro: nel viaggio, per dare al lettore un’idea delle mete che mi sono piaciute di più e quelle che invece sono ‘sacrificabili’ utilizzerò la seguente scala:
Indice dei contenuti
***** = imperdibile, **** = molto interessante, *** = interessante, ** = medio, * = si può saltare
L’idea di un viaggio in Giappone mi ha da sempre affascinato: non sono un particolare fan dei manga, ma la cultura e la spiritualità del Giappone, uniti a una quotidianità così distante dalla nostra mi ha da sempre affascinato. L’innamoramento definitivo verso questo paese è avvenuto attraverso i romanzi di Murakami e un film, Departures, che consiglio a tutti. In essi ho trovato una sensibilità completamente diversi dalla nostra.
Non ero mai riuscito a concretizzare la mia volontà per problemi di ferie: il Giappone ad Agosto è sconsigliatissimo per via delle temperature e dell’umidità e io ho difficoltà a prendere lunghi periodi di ferie in periodi diversi da questo mese. Quando quest’anno, sfruttando anche il ponte del 2 Giugno, sono riuscito a ritagliarmi 11 giorni per questa vacanza non ho avuto un momento di esitazione: era l’anno buono per partire. E il fatto di essere solo mi avrebbe certamente spinto a entrare ancor più in contatto con le persone del luogo…
Cambio al momento del viaggio: 1€ = (circa) 125 yen
QUALCHE CONSIGLIO PRATICO
Il volo
Ho prenotato a inizio Febbraio con AirFrance (andata) e KLM (ritorno) partendo e ritornando a Firenze e facendo scalo all’andata a Parigi e al ritorno ad Amsterdam: comodo e a buon prezzo (560€ a/r). Sono arrivato a Tokyo Haneda e ripartito da Tokyo Narita. Nonostante lo scalo di soli 75 minuti all’andata non ho avuto alcun problema.
Preparare il viaggio
Ho preparato il viaggio in dettaglio. Mi sono documentato sulle mete, scelto un itinerario di mio interesse e prenotato tutte le notti (utilizzando AirBnb e Booking). In Giappone è molto poco diffuso presentarsi in un hotel senza una prenotazione e, secondo me, vale la pena prenotare in anticipo. Ho acquistato la guida Lonely Planet (LP) che è molto utile per fini pratici, mentre un po’ scarna nella descrizione dei luoghi.
Meteo
Ero un po’ preoccupato perché Maggio è considerato un ottimo mese per visitare il Giappone, mentre Giugno è il mese più piovoso in assoluto: ho avuto una fortuna sfacciata perché è stato quasi sempre bello, con una sole notte e qualche ora della successiva mattina (quando tra l’altro ero in pullman) di pioggia. La temperatura è paragonabile a quella che abbiamo a Maggio in Italia, quindi piacevole senza essere eccessivamente caldo. La sera è leggermente più fresco che da noi.
Itinerario
4 notti a Tokyo in famiglia (con 2 escursioni a Nikko e Kamakura), 2 giorni nella zona delle Alpi Giapponesi (Takayama, Shirakawa-go e Kanazawa) e 3 giorni a Kyoto (con escursione a Nara). L’itinerario è abbastanza denso, soprattutto se vi muovete in più persone e probabilmente meriterebbe 12 giorni anziché 9, con un giorno in più in ciascuna delle zone sopracitate.
Lingua
Il giapponese medio non parla inglese, nemmeno nei ristoranti o negli hotel. Conoscono solo qualche parola, ma sono estremamente disponibili e cercano sempre di farsi capire. Spesso è utile avere il nome della vostra destinazione scritto in caratteri giapponesi.
Spostamenti, JR Pass e coin-lockers
Se vi spostate in più città il JR Pass è semplicemente indispensabile, perché vi fa risparmiare centinaia di euro: io ho fatto l’abbonamento per 7 giorni pagando separatamente i 2 giorni di spostamenti a Tokyo. I treni sono eccezionali e frequentissimi: non ho mai riservato i posti a sedere per avere maggior flessibilità ma ho sempre trovato posto. Solo la zona di Shirakawa-go è raggiungibile esclusivamente in bus, che ho pagato separatamente. Per vedere gli orari dei treni è comodissimo il sito http://www.hyperdia.com che ha rilasciato anche una app.
I coin-lockers sono dei comodi armadietti di varie dimensioni dove, a pagamento, è possibile lasciare il proprio bagaglio. Sono presenti in quasi tutte le stazioni ferroviarie e in alcune stazioni della metropolitana e sono estremamente comodi se viaggiate con il bagaglio.
Portable Wifi
Sono stati i 60€ meglio spesi della mia vacanza: fondamentalmente per la possibilità di utilizzare il navigatore, molto utile per trovare ristoranti, attrazioni, alberghi, etc. In secondo luogo perché permette di fatto di telefonare in Italia gratis tramite Skype o Whatsapp. Ad ogni modo considerate che molte vie non hanno nome in Giappone, e che gli indirizzi sono composti da città, quartiere e numero del blocco di edifici. Vi assicuro che orientarsi, soprattutto in città, non è sempre semplice.
Spesa complessiva
Ho speso 2000€ esatti per 11 giorni (9 in Giappone + 2 di viaggio) tutto compreso: non mi sono fatto mancare nulla (per esempio a cena, dove mi piace assaggiare la cucina locale) ma non ho neanche sperperato su nulla. Il Giappone ovviamente non è una destinazione economica. Considerate però che avendo viaggiato da solo per gli alloggi ho speso sicuramente di più che se fossi stato in 2 o più persone.
Diario
VENERDÌ 26/05 (VOLO)
Esco da lavoro alle 17 e un’ora dopo sono al Fly Parking Florence dove, grazie a un’offerta su Groupon, ho prenotato 11 giorni di parcheggio a 29,90€. Alle 20.20 prendo un volo che in circa 2 ore mi porta a Parigi, dove, dopo 75 minuti, ho la coincidenza per Tokyo Haneda che, partendo alle 23.25, arriva alle 18 del giorno dopo in Giappone. Il volo è un po’ lungo (circa 11h) ma scorre tranquillo.
SABATO 27/5 (VOLO + ARRIVO AL B&B)
Arrivato ad Haneda ritiro il mio portable wifi con cui contatto la mia padrona di casa, che verrà a prendermi alla fermata della metro: pernotterò 4 giorni in casa di una famiglia giapponese, che ho trovato tramite AirBnb. Prendo prima la monorotaia e quindi la metro per arrivare nel sobborgo di Narimasu, a 10 minuti da Ikebukuro. Qui trovo ad attendermi Michiko, con il suo cane: è una signora molto distinta ma estremamente affettuosa, che mi guida verso casa sua presentandosi in un inglese scolastico. Ci facciamo subito simpatia. La mia camera, che appartiene al figlio che lavora ora a Osaka, è molto grande e si trova al piano terra di una palazzina a tre piani. Si vede subito che la famiglia è piuttosto benestante. Michiko mi dà un sacco di materiale e consigli e subito ci troviamo a parlare di viaggi e delle nostre vite: non parla un grande inglese ma si fa capire. Presto ci raggiunge anche la figlia Hoho che è stata recentemente in Italia: mi sento benvoluto e passo una bella serata, anche se presto mi ritiro, piuttosto stanco per il fuso. Domani comincia l’esplorazione di Tokyo.
DOMENICA 28/5 (TOKYO: HARAJUKU, SHIBUYA, SHINJUKU)
Michiko mi aveva avvertito che questa mattina aveva un impegno e non avrebbe potuto prepararmi la colazione: mi ha comunque lasciato un insalatone e del cream-bread, pane riempito di crema (piuttosto gramo). In compenso hanno un’ottima macchinetta Nespresso. Decido di fare l’abbonamento giornaliero alla metro (600Y) e comincio la mia scoperta di Tokyo dal quartiere di Harajuku e, in particolare, dal tempio Meiji-jingu (***), uno dei più importanti della città. L’impatto è forte: ci sono botti di sakè prima dell’ingresso e poi, attraversando il torii, si aggiunge al complesso principale, in legno. Qui vengo a contatto con tutte le tradizioni legate al culto shintoista, come il bacino per il lavaggio delle mani, le tavolette di legno su cui scrivere un desiderio che si vuole sia esaudito o il grande incensario. Dopo la visita al tempio inizio il giro per il quartiere vero e proprio. Prendo Takeshita Dori (**), un’affollatissima strada piena di giovani appartenenti alle varie sottoculture. La prima cosa che colpisce in Giappone è il numero di distributori automatici di qualsiasi cosa: veramente uno ogni dieci passi. Mi sono documentato: ce n’è 1 ogni 23 persone, un numero abnorme! Da Takeshita Dori procedo per Cat Street (**), una stradina tortuosa con negozi un po’ stravaganti e Omote-sando (***), la Champs-Elysées di Tokyo, con tutte le più grandi boutique di moda. Non sono affatto un appassionato di shopping, ma la via è bellissima per gli appassionati di architettura moderna, visto che molti negozi sono stati progettati dai maggiori architetti contemporanei. Mi avvio a piedi verso Shibuya, quartiere poco distante, ma visto che si è fatta l’ora di pranzo mi fermo a mangiare qualcosa in un piccolo ristorantino specializzato in soba. Mangiare al bancone con bacchette e cucchiaio in mezzo agli impiegati giapponesi della zona mi fa veramente rendere conto di essere in Giappone e per una porzione abbondante di soba e un assaggio di tempura spendo meno di 7€! Arrivato a Shibuya si è subito risucchiati dal famoso Shibuya Crossing (***), considerato il più trafficato incrocio pedonale al mondo e in cui è possibile attraversare la strada anche in diagonale, dato che il traffico viene completamente bloccato. Piuttosto impressionante. Subito dietro l’incrocio comincia la via principale del quartiere, la Shibuya-Center Gai (****), che rispecchia ciò che l’italiano medio si aspetta di trovare a Tokyo: un mix di insegne al neon, musica a tutto volume sparato da ogni dove e tanta, tanta gente vestita nei modi più disparati e immaginabili. Mi faccio una full-immersion nella zona, che ti permette di assaporare la Tokyo più caratteristica, passando per la Spain-zaka (**) e fermandomi alla famosa statua di Hachiko (**), che non vale assolutamente nulla se non per quello che rappresenta. Ne approfitto per cambiare il mio JRPass alla vicina stazione di Shibuya, facendolo attivare tra due giorni, e quindi mi dirigo verso lo Shibuya Hikarie (***) un grattacielo in vetro molto avveniristico. Passo quindi a dare un’occhiata all’intrigante murales Mith of Tomorrow (**), che denuncia l’inutile violenza dell’esplosione dell’atomica con dei tratti che ricordano vagamente Guernica di Picasso. Per ultimo mi reco nella zona del Dogen-zaka (**), un quartiere ricco di love hotel e lontano dal turismo di massa dove scovo un tempietto davvero caratteristico.
A questo punto vorrei prendere un mezzo per andare nel quartiere di Shibuya ma Google Maps mi porta completamente fuori strada facendomi fare una lunghissima quanto inutile camminata: sono un po’ provato ma arrivato a Shibuya l’entusiasmo ha la meglio su tutto. Faccio un giro per il quartiere, andando a scoprire anche la minuscola Omoide Yokocho (***) una minuscola stradina piena di ristorantini di yakitori (spiedini) ognuno con non più di 5-6 posti al bancone incastrati in spazi angustissimi: molto caratteristico, anche a confronto del resto del quartiere, che è ipermoderno. Completato il giro mi reco verso la zona finanziaria – governativa, piena di grattacieli, dove mi dirigo verso i Tokyo Metropolitan Government Offices (****) da dove, gratuitamente, si gode di un’incredibile vista sulla città. Arrivo poco prima delle 19 e quindi posso godermi lo spettacolo sia con il sole che con le luci della notte: davvero bello. Vorrei vedere anche le zone del Golden Gai e Kabukicho ma sono davvero molto stanco e devo ancora cenare. Dopo un po’ di peripezie mi dirigo (come da tradizione) a un ristorante di sushi all’interno di un grande magazzino: nulla a che vedere con il sushi mangiato in Italia, ma forse le aspettative erano ancora più alte. Il piatto degustazione costa circa 30€ ed è comunque buono. Prendo quindi la metro che in circa 35-40 minuti mi porta alla mia fermata da dove, in 10 minuti a piedi, arrivo al B&B. Sono le 22 circa, come prima giornata giapponese mi sono dato da fare a sufficienza!
LUNEDÌ 29/5 (TOKYO: ASAKUSA, UENO E YANAKA, AKIHABARA, ODAIBA TOKYO BAY, SHIBUYA DI NOTTE)
La giornata si apre con una bella sorpresa: per colazione la padrona di casa mi ha preparato gli onogirazu, delle specie di panini di riso avvolti in una foglia d’alga e con dentro un ripieno. Molto buoni, ma ho apprezzato che per questa prima mattina il ripieno fosse di carne e non di pesce. La giornata odierna comincia con i quartieri più periferici e, in particolare con Asakusa, dove arrivo dopo 1 ora di metro. Oggi l’abbonamento giornaliero è stato di vitale importanza. Ad Asakusa la prima fermata è il Tokyo Sky Tree (****), la torre a struttura indipendente più alta al mondo: impressionante! Il prezzo dell’ingresso (oltre 20€), la lunga fila (più di un’ora) e il fatto di aver già visto il panorama il giorno precedente mi fa desistere dal salire. Riprendo quindi la metro e arrivo al vicino Senso-ji (*****), il maggiore tempio di Tokyo. Impiego quasi 2 ore per godermi a pieno l’intero complesso, tutto verniciato di rosso. Una viuzza di negozi di souvenir conduce al complesso principale, con un enorme lanterna di carta, anch’essa rossa, una pagoda a 5 piani e vari templi. Osservare la spiritualità dei giapponesi è estremamente affascinante e questo è certamente il luogo migliore per farlo a Tokyo: ci sono i messaggi della fortuna, le tavolette di legno su cui scrivere messaggi con i propri desideri, persone che cercano di far sì che il fumo dell’incenso venga a contatto con la loro pelle perché dovrebbe purificare l’anima… Conclusa la visita, ancora in metro, mi dirigo verso il vicino quartiere di Ueno. Vicino alla fermata della metro c’è il mercato all’aperto di Ameya-Yokocho (***), dove viene venduto di tutto, dal pesce (alcune specie stranissime!), agli ortaggi e ai vestiti. Nel complesso è piccolo ma piuttosto affascinante e vale la pena farci un salto. Nelle immediate vicinanze del mercato si estende il Parco di Ueno (***), uno dei maggiori polmoni verdi della città: al suo centro c’è uno stagno con le ninfee e un piccolo tempio (Benten-do). Dato che si era fatta l’ora di pranzo ho mangiato dei piccoli spiedini di carne con una birra comprati da una venditrice nelle vicinanze: buoni anche se davvero piccoli! Dopo aver riempito lo stomaco la mia esplorazione del parco continua passando dal tempietto di Kiyomizu Kannon-do (***), frequentato dalle donne che vogliono avere un figlio e dall’Ueno Tosho-gu (***) preceduto da una piccola galleria di torii all’ingresso e rivestito di una piccola lamina d’oro: ho deciso di non visitare l’interno. Sono quindi uscito dal parco in Kototoi-dori per visitare il quartiere di Yanaka (****), uno dei quartieri più autentici di Tokyo. Questo quartiere non ha nessuna attrazione imperdibile ma ha un’atmosfera particolare, molto diversa dal resto della città. Ho fatto una splendida passeggiata tra gli edifici bassi e gli splendidi tempietti, prendendo ispirazione dall’itinerario suggerito dalla LP. Sono passato dall’enorme cimitero e, sempre sotto un piacevolissimo sole, sono giunto allo Yuyake Dandan e alla Yanaka Ginza (***), una via pedonale con dei negozi tradizionali in cui il tempo sembra davvero essersi fermato agli anni ’50. Nel complesso questo giro, un po’ fuori dagli schemi, mi è piaciuto molto.
Completato il mio giro a Yanaka ho ripreso la metro per scendere, dopo poche fermate, nel quartiere di Akihabara (***). Questo è il quartiere degli otaku (appassionati di manga) e dell’elettronica e mi accoglie con una grandissima folla di gente (tra cui tanti giovani vestiti da cosplayer e nei modi più strani), insegne luminose a perdita d’occhio e negozi di elettronica. Mi faccio un giro per il quartiere, indubbiamente caratteristico, per poi dare un’occhiata ai banchi dell’Akihabara Radio Center, stivati di articoli di elettronica di qualche decennio fa. Un luogo adatto agli appassionati. Se lo siete, potete passare ore negli enormi store del quartiere che vendono di tutto, ma personalmente, dopo un paio d’ore, mi considero soddisfatto. Decido quindi di dirigermi verso il quartiere di Odaiba e alla Baia di Tokyo (***): dopo un tratto di metro prendo lo skytrain senza conducente che serpeggia tra i grattacieli della zona moderna, davvero avveniristico. Il quartiere è molto piacevole, con vista sulla baia e sullo skyline della città. Mi dirigo alla Driver City Tokyo Plaza, un enorme centro commerciale dove però la statua di Gundam è stata rimossa perché sarà sostituita fra alcuni mesi da una versione ancor più automatizzata. Il quartiere è piacevole: mi fermo a cena da Bills (consiglio della LP), dove mangio un hamburger di wagyu, specialità giapponese: buono, anche se ho la conferma del fatto che le porzioni sono mediamente molto più piccole rispetto agli standard occidentali. Dopo cena faccio un giro per l’Odaiba Kaihin Koen un bel parco con spiaggia che regala una splendida vista (****) su tutto lo skyline di Tokyo. Qui c’è anche un’insensata copia della Statua della libertà e, poco vicino, si può ammirare la Fuji TV Tower (**/***), progettata da Tange Kenzo.
Sulla via del rientro mi fermo nel quartiere di Shibuya per fare una passeggiata nel quartiere di notte (****): tutta la zona è illuminata a giorno e incredibilmente affollata, con insegne e attività di intrattenimento di ogni genere e regala al viaggiatore un’immagine senz’altro iconica di Tokyo. Arrivo alla casa in cui sono ospite alle 23 passate e incontro per la prima volta il padrone di casa, che rientra a quell’ora da lavoro: è molto cortese ma conferma la mia idea sul fatto che non lavorerei in Giappone per tutto l’oro del mondo!
Martedì 30/5 (Nikko, Tokyo: Marunouchi, Shinjuku di notte)
Oggi è in programma la prima uscita fuori porta per visitare Nikko, città santuario circondata dalle colline con numerosi templi dichiarati patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. Mi sveglio e per colazione Michiko stavolta mi ha preparato gli yabisoba, spaghetti di grano saraceno saltati su una piastra insieme a verdure varie: buoni! Per arrivare prendo uno shinkansen (i famosi treni proiettile) fino a Utsonomiya, dove salgo poi sul locale per Nikko. Il viaggio dura complessivamente quasi 2 ore. Alle 11 sono alla stazione della cittadina. Decido di non prendere il bus e di farmi una passeggiata a piedi (circa 20 min) fino all’area dei templi, ma il percorso è in lieve salita, sotto il sole e non regala nessuno scorcio particolarmente degno di nota e quindi può tranquillamente essere saltato. L’area dei templi è annunciata dallo scenografico ponte rosso Shin-kyo (***): secondo me non vale la pena salirci sopra (a pagamento), dato che le migliori foto si possono scattare passandoci a fianco. La mia visita comincia dal Taiyuin-byo (****), un bel complesso con numerosi edifici decorati e con diversi elementi simbolici. È molto bello, immerso nel verde e con tantissime lanterne di pietra. Completata la visita mi dirigo al vicino Futarasan-jinja (**), circondato dai cipressi: questo tempio è molto più piccolo e il biglietto di entrata di 200Y mi è sembrato eccessivo rispetto a ciò (poco) che c’è da vedere. Mi dirigo quindi verso il Tosho-gu (*****), il principale tempio di Nikko (ingresso 1300Y). Questo complesso è davvero enorme, con numerosissime particolarità da vedere: ci sono le scimmiette di non vedo-non sento-non parlo che adornano la Scuderia Sacra, lo Honji-do con il drago dipinto sul soffitto, il Sakashita-mon con raffigurato un gatto dormiente famoso per la sua verosimiglianza e molti altri. Gli edifici più impressionanti sono, almeno per me, quelli del complesso principale, con lo Yomei-mon che è in parte in ristrutturazione. La visita è stata imperdibile, nonostante fossi costantemente attorniato da scolaresche in gita che vengono a fare la foto di ricordo annuale proprio all’interno di questo complesso, rendendo molto complicato scattare foto decenti. Decido di visitare anche l’interno del Rinno-ji (*, causa lavori) nonostante fosse tutto coperto causa lavori: se non siete appassionati di tecniche di restauro la visita è altamente sconsigliata perché non si vede un tubo. Io ero attratto dal fatto che il biglietto permetteva l’accesso a un piccolo giardino giapponese nelle vicinanze, che tuttavia si può solo osservare senza potervi entrare. La visita è andata molto per le lunghe e purtroppo non era facile trovare un posto dove mangiare qualcosa: molto affamato mi dirigo quindi all’Hippari Dako, un localino segnalato dalla LP e da numerosi TPC, dove vengono preparati piatti tradizionali. Per meno di 7€ mi mangio un ciotolone di ramen e, nonostante non sia un particolare amante delle cose in brodo, lo trovo molto buono.
Alle 16:30 circa prendo il treno di ritorno ma, appisolatomi e risvegliatomi di soprassalto, anticipo la stazione dove fare cambio, ritrovandomi in una stazioncina della campagna giapponese nel nulla dove sembra non abbiano mai visto uno straniero in vita loro: mi salva il wifi tramite cui capisco in quale stazione mi trovo e che la soluzione migliore è aspettare il treno successivo, che passerà un’ora circa. Il simpatico fuori programma si conclude quindi con un’ora buttata ma nessun danno maggiore.
Arrivato a Tokyo decido di esplorare la zona di Marounouchi, appunto quella della stazione ferroviaria (**), che si trova anch’essa in un particolare edificio in mattoni rossi: rimango incantato dall’architettura moderna del Tokyo International Forum (****), un centro congressi in vetro e legno che ha il soffitto che sembra la chiglia di una nave. Salite al 7° piano da cui si gode di una bellissima vista su tutto l’edificio. Assolutamente consigliato! Mi dirigo anche verso il Palazzo Imperiale con l’idea di vederne l’esterno e i principali ponti, ma sono ormai quasi le 21 e si vede veramente poco. Prendo quindi la metro e mi dirigo a Shinjuku, dove ci sono ancora alcune cose che voglio vedere. Prima però mi faccio una fantastica mangiata di tempura a Tsunahachi, un locale caratteristico dove mi danno anche un foglio con la corretta etichetta per mangiare appunto il fritto. Sono un po’ timoroso quando mi siedo al bancone, ma lo chef mi mette a mio agio e la coppia di giapponesi che ho a fianco mi dà alcuni utili suggerimenti. La tempura, cotta in una pastella fatta con farina di riso è eccellente e vale tutti i circa 30€ spesi. In definitiva una bella esperienza.
Dopo cena faccio un giro a Kabukicho (**), il quartiere a luci rosse, dove rifiuto fermamente gli inviti di qualsiasi tipo che gli energumeni di colore mi rivolgono all’esterno dei locali. Basta essere decisi e non vi infastidiranno. Anche questo quartiere è un mix vertiginoso di luci e suoni, non troppo diverso da altri che ho già visitato. Comunque merita un giro. Faccio un salto anche al vicino Hanazono-jinja (**), un piccolo santuario shintoista sempre aperto, che sembra stonare nel quartiere. Poi mi dirigo verso il Golden Gai (***), uno stretto insieme di vicoli pieni di minuscoli locali e bar, ognuno particolarissimo e eccentrico. Alcuni si rivolgono soprattutto a una clientela abituale, altri anche agli stranieri ma la maggior parte hanno non più di 6-10 posti al bancone. Dopo un giro riprendo la metro per dirigermi verso casa, dove arrivo alle 23 passate, per quella che sarà la mia ultima notte a Tokyo.
MERCOLEDÌ 31/5 (KAMAKURA, ARRIVO A NAGOYA PER LA NOTTE)
Stamattina è il momento dei saluti: Michiko ha deciso di dare sfoggio di tutta la sua arte culinaria con un tris di specialità da farmi assaggiare per colazione: il tamagoyaki, una sorta di omelette giapponese, il nikujaga, un piatto a base di carne, patate e cipolle stufate e l’onigiri, una polpetta di riso attorno a una base di pesce: tutti buonissimi. Facciamo una foto ricordo anche con la figlia Hoho, con cui ho fatto delle belle chiacchierate serali, e che ha deciso di entrare più tardi a lavoro solo per essere presente. Mi regalano una piccola bomboniera di confetti e ci salutiamo affettuosamente: mi hanno sempre fatto sentire il benvenuto e aver vissuto 4 giorni con una famiglia giapponese è stata davvero un’esperienza che mi ha permesso di capire molte cose.
La meta di oggi è Kamakura, prima capitale del Giappone, dove arrivo dopo poco meno di un’ora di treno. Anche questa città è ricca di templi, ma è famosa soprattutto per la statua del Grande Buddha, che visiterò nel pomeriggio. Lascio il mio trolley al coin-locker della stazione (comodissimo!) e comincio il mio giro, che farò completamente a piedi. Mi avvio verso il Tsurugaoka Hachiman-gu (**), un vasto complesso con diversi elementi simbolici. Qui vengo fermato da un gruppo di ragazzini delle elementari che fanno lezione di inglese fermando i turisti occidentali: il governo giapponese si è accorto che il pessimo livello medio dell’inglese parlato dalle persone è un grosso limite in diversi campi e ha adottato questo drastico cambio di strategia. I ragazzi sono gentilissimi, cerco di rispondere lentamente e in modo semplice ma solo grazie all’intervento della loro insegnante spesso riescono a comprendere cosa sto dicendo loro. Comunque facciamo una foto tutti insieme con lo sfondo del tempio e mi regalano un piccolo origami. Completata la visita mi dirigo verso il Kencho-ji (****), tempio principale della città. Nel tragitto mi accorgo che i ragazzini/intervistatori sono diverse centinaia e che se non inizio a stare in guardia finirò la giornata con lo zaino pieno di origami e senza aver visto nulla. Il tempio è il monastero zen più antico del Giappone, con edifici in legno e pietra: visita il Somon, il Sanmon, il Butsuden e gli altri edifici principali. Questa è certamente una visita imperdibile. Essendo l’ora di pranzo mi fermo ad un ristorantino lungo la strada dove mangio il piatto della casa che è anatra e (separato) un brodetto di pesce. Nonostante l’accostamento sia un po’ arduo per noi, l’anatra era veramente buona. Dopo pranzo arrivo all’Engaku-ji (***), tempio della scuola Rinzai che si trova nei pressi della stazione di Kita-Kamakura. Qui trovo un signore che mi si offre come guida volontaria, specificando subito che il servizio è completamente gratuito: visto che le informazioni sulla guida (e sull’opuscolo consegnatomi all’ingresso) sono piuttosto scarse accetto di buon grado. La guida mi spiega che lavora a Yokohama e che oggi è il suo giorno libero, che ama trascorrere spiegando ai turisti il suo luogo preferito di Kamakura, che naturalmente raggiunge a sue spese. Vorrebbe un giorno diventare una guida professionista ma deve prima migliorare il suo inglese, che in effetti è molto scolastico. Comunque è gentilissimo e mi fa comprendere un sacco di cose sul rapporto dei giapponesi con la religione: proprio una bella esperienza. Finita la visita torno indietro di una decina di minuti per prendere il Sentiero del Daibutsu (***) un percorso di circa 1h e mezza che attraversa la collina passando per una serie di templi e arriva al Grande Buddha (chiamato appunto Daibutsu). Mi faccio questa bella scarpinata nel verde, non sempre segnalata benissimo, passando dal Zeniarai-benten (**), un santuario shintoista a cui si arriva attraverso una sorta di grotta e dal Sasuke-inari-jinja (***), che ha una serie di torii che ricordano quelli del Fushimi-inari nei pressi di Kyoto. Arrivo quindi al Grande Buddha (****), davvero enorme e suggestivo. Nel tempio non c’è molto altro da vedere, se non l’interno della statua: purtroppo sono già le 17 e quindi l’orario dell’ultimo ingresso è già superata. Mi dirigo quindi all’Hase-dera, ultimo tempio che avevo in programma e che però, come da orario, risulta chiuso. Da fuori non si vede molto. Kamakura ha parecchie cose che meritano di essere viste, che si trovano su un’area più vasta rispetto a Nikko quindi vi consiglio di cominciare la mattina piuttosto presto. Il fatto che alle 17 gran parte dei templi chiuda purtroppo non aiuta.
Prendo quindi un trenino che dalla stazione di Hase mi porta a quella di Kamakura dove, dopo aver recuperato il bagaglio, mi dirigo verso Nagoya per la notte. Questa sosta è stata scelta per interrompere il viaggio verso Takayama e le Alpi giapponesi, dove conto di arrivare domani in mattinata. Il tragitto consigliato mi fa di fatto tornare indietro fino a Shinabashi per prendere poi un veloce shinkansen. Arrivo a Nagoya (che ha oltre 2 milioni di abitanti!) verso le 21 e mi dirigo verso la casa nei pressi della stazione che ho prenotato su AirBnb. La casa è strettissima (allargando le braccia tocco contemporaneamente entrambe le pareti!) ma molto comoda perché a 3 minuti a piedi dalla stazione. Dopo essermi sistemato esco per cena: la zona è decisamente animata e mi dirigo verso un’izakaya (birreria giapponese) suggerita dalla LP: la Tarafuku. Qui ci si siede al bancone in un’atmosfera molto conviviale e si sceglie da un lunghissimo menù (fortunatamente anche in inglese) le pietanze da accompagnare alla birra o al saké, ordinando un po’ per volta. Assaggio il tofu fritto (specialità giapponese che non apprezzo molto), degli spiedini (fritti e non) e un paio di portate a base di carne. Mi vengono portati dallo chef quando pronte in piccoli piattini o ciotole: questi locali sono molto caratteristici e spesso sono frequentati anche dagli impiegati all’ufficio da lavoro. Sono l’unico occidentale e decido che è il posto giusto per assaggiare il saké: buono, anche se non mi è chiaro con cosa dovrei accompagnarlo. Presto scopro che i giapponesi lo accompagnano con tutto, bevendolo sia caldo che freddo a secondo delle stagioni: in pratica è impossibile sbagliare! Spendo in tutto circa 20€, dopo di che mi avvio a piedi verso il mio alloggio, contento di aver fatto un’altra esperienza davvero tradizionale.
GIOVEDÌ 1/6 (TAKAYAMA, SHIRAKAWA-GO)
Sveglia presto e rapida colazione con le cose comprate al supermercato, quindi volata in stazione per prendere il treno per Takayama. Il paesaggio è particolarmente bello mentre si entra nella zona montuosa e si riesce ad apprezzare a pieno grazie al treno che ha dei grandi finestroni per osservare il panorama. Verso le 11 sono in città, lascio il trolley al coin-locker e inizio l’esplorazione. Il primo stop è per il piccolo tempio di Hida Kokubun-ji (**), antico e con una pagoda a tre piani, poco frequentato dai turisti. Mi dirigo quindi verso il quartiere di Sanmachi-suji (****), zona tradizionale di mercanti molto ben conservati. È formato da tre strade principali con case in legno, alcune antichissime. Decido di entrare a visitare una di queste case, la Yoshijima-ke (*****) una casa in legno appartenuta a un mercante con linee architettoniche essenziali: la trovo bellissima. Si può visitare anche il primo piano con le varie stanze con i tatami e le bellissime porte scorrevoli. Tutto molto tradizionale e tipicamente giapponese. Un must per chi apprezza l’architettura. Continuo con il mio giro nel quartiere passando per il Sakurayama Hachiman-gu (**) e torno poi in centro per il pranzo. Takayama è famosa per il manzo di Hida, una qualità particolare di carne tenerissima striata di venature di grasso. È molto cara ma a pranzo si trovano delle buone offerte. Vado quindi al Takumi-ya (consigliato dalla LP), una macelleria con ristorante al piano di sopra dove mangio una (piccola) porzione di carne eccellente in un ambiente raffinato. Conto sui 30€. Nel pomeriggio continuo l’esplorazione del quartiere sull’altro lato della via principale: anche qui ci sono moltissime botteghe tradizionali e fabbriche di sakè, dove mi fermo per una degustazione. Per circa 2€ ti regalano un bicchierino di ceramica e puoi assaggiare fino a 16 saké diversi, con le bottiglie aperte a disposizione dei clienti. Un segnale dell’onestà dei giapponesi, in Italia le bottiglie sarebbero state seccate subito (o forse del fatto che i giapponesi reggono poco l’alcol…). Fra il pranzo e le degustazioni ho impiegato più tempo del previsto e quindi riesco a fare solo un rapido giro nella zona dello Shiroyama-koen, un grande parco situato in collina. Per motivi di tempo ho deciso di non recarmi al famoso Hida-no-sato, un museo a cielo aperto a circa 20 minuti dal centro in cui sono stati ricostruiti diversi edifici tradizionali. La sensazione è comunque che sarebbe stato utile avere un’intera giornata a disposizione per vedere tutto con maggiore calma.
Alle 16 ho il bus per recarmi a Shirakawa-go, villaggio nelle montagne con le famose case gassho-zukuri, con tetto in paglia a spiovente. Sul bus (da 50 posti!) siamo solo in 3, perché la maggior parte dei turisti viene qui in giornata. Dopo un’ora di viaggio arrivo alla stazione dell’autobus e da qui, in circa 15 min a piedi alla Shimizu, la gassho-zukuri dove ho prenotato. Devo attraversare il villaggio, ma i turisti se ne sono già praticamente tutti andati e l’atmosfera è di grande tranquillità, con gli abitanti intenti nelle loro occupazioni. Vengo accolto dalla padrona di casa che mi mostra la mia stanza (dove dormirò su un futon) e l’alloggio: è molto semplice ma assolutamente pulito e decoroso. Cenerò qui insieme agli altri ospiti e la cena è prevista per le 18:30. Ho tempo quindi per riattraversare il villaggio e salire al punto panoramico (****) che domina l’intero villaggio: sono da solo, il sole sta calando e l’atmosfera è bellissima. Mi godo il momento facendo diverse foto e ridiscendo con calma. Sulla via del ritorno gironzolo per il villaggio (****): è tutto chiuso ma in realtà non c’è nulla di imperdibile da vedere. Ci sono un sacco di bei punti per scattare foto alle abitazioni tipiche, che hanno spesso davanti dei campi coltivati a riso in cui vengono riflesse. Per le 18:30 sono pronto per godermi la mia cena kaiseki, cioè composta da tante piccole portate servite in piatti differenti. Gli altri ospiti della casa sono una coppia di giapponesi sui 45 con cui è precluso ogni dialogo per motivi linguistici e una coppia di 70enni australiani al loro quinto viaggio in Giappone, dove lavora la figlia maggiore. Sono contento di avere qualcuno con cui fare due parole. La cena è molto buona e, come da tradizione, molto ben presentata: unico problema è che anche la proprietaria parla solo qualche parola di inglese e quindi non riesco a capire sempre cosa sto mangiando. Dopo cena mi faccio dare un coupon per andare all’onsen del villaggio, le famose terme giapponesi. L’onsen si trova nell’unico vero albergo di Ogimachi (questo è il nome del villaggio), lo Shirakawa-go-no-yu ma possono accedervi anche ospiti esterni. Ero un po’ timoroso per questa esperienza per un misto di pudicizia e timore di sbagliare qualcosa nell’etichetta ma è stata un’esperienza piacevole. Si entra divisi uomini e donne, ci si cambia e si resta nudi, ci si lava completamente sotto la doccia e si entra nella vasca termale. Nulla di complicato. Non rimango a lungo in vasca dato che non sono un amante di saune o cose simili e quindi dopo una 40ina di minuti sono sulla via del ritorno, immerso nella tranquillità del villaggio e nel frinire di una miriade di grilli e cicale. L’esperienza è stata comunque molto rilassante e rientra tra quelle imperdibili in un viaggio in Giappone.
VENERDÌ 2/6 (KANAZAWA)
La notte sul futon è passata senza problemi nonostante un vero diluvio si sia abbattuto sul villaggio. Consumo la colazione tradizionale con gli altri ospiti, quindi, dato che sta ancora piovendo, il padrone di casa ci accompagna alla stazione dei bus con la sua auto, da dove prendo il bus delle 8:50 per Kanazawa. Piove durante tutto il percorso ma arrivato a destinazione ha smesso: mi dirigo a piedi verso il mio hotel, che in realtà è un ryokan tradizionale, il Sumiyoshiya. Purtroppo non ho prenotato in tempo la cena (che non è compresa nel prezzo), ma volevo avere più flessibilità possibile. Il ryokan in stile tradizionale è davvero molto bello: lascio il mio bagaglio perché ovviamente la mia stanza non è ancora pronta.
L’esplorazione della città parte dal mercato di Omicho (***), a due passi dal ryokan, pieno di merci in vendita e persone intente agli acquisti: Kanazawa è una città vicina al mare e i prodotti ittici abbondano. Dal mercato mi dirigo al vicinissimo castello di Kanazawa (***), entrando inizialmente nel parco, a ingresso libero. Visito le porte (una è visitabile anche all’interno) e le parti principali del complesso, che regala alcuni scorci molto scenografici. Da qui mi dirigo al confinante Konroku-en (****), considerato uno dei tre giardini più belli del Giappone e oggi a ingresso gratuito per via di una festività serale. Passeggio tra laghetti e pietre disposte a arte, in un’atmosfera estremamente rilassante, con giovani coppie con indosso i kimono tradizionali che vengono qui a fare le foto insieme. Si è fatta l’ora di pranzo e, dopo breve ricerca, me la cavo con un’omelette e un hamburger. Dopo pranzo mi dirigo innanzitutto verso Nagamachi (***), il quartiere dei samurai, con bassi muri di fango ricoperti da tettoie di tegole: molto caratteristico. Dopo una breve passeggiata per il quartiere mi dirigo, sempre a piedi, verso il Museo D. T. Suzuki (****), dedicato a uno degli esportatori della filosofia zen in occidente. Questa visita si rivela un’esperienza particolarissima: situato in un edificio minimalista formato da un cubo di cemento sopra uno specchio d’acqua, l’allestimento non si avvicina affatto alla nostra idea di museo, costituendo di fatto più un invito alla meditazione sugli scritti del filosofo. Le persone, dopo un percorso introduttivo, si mettono a riflettere leggendo le sue massime davanti allo specchio d’acqua: credo sia impossibile trovare qualcosa del genere al di fuori del Giappone! Da qui mi dirigo verso il Museo d’Arte Contemporanea del XXI secolo, che si può in parte visitare gratuitamente. Molto bello l’edificio in vetro e la famosa piscina con le persone dentro: quest’opera si basa sul concetto di ribaltamento sensoriale e dall’esterno si possono osservare le persone che sembrano camminare sul fondo della piscina ma che in realtà si trovano (ovviamente) in un’area sottostante separata dall’acqua da uno spesso strato di vetro. Rinuncio a visitare il Myoryu-ji perché prenotare è difficilissimo e le visite sono solo in giapponese. Ormai fattasi sera mi dirigo infine all’Higashi-chaya-gai (****), l’antico quartiere delle geishe e delle sale da tè. Queste tre strade di edifici a due piani in legno sono davvero affascinanti e caratteristiche e costituiscono sicuramente la zona più bella di Kanazawa. Mi faccio una passeggiata, sotto una sottile pioggerellina, per la zona di Utatsumaya (**), ricca di templi. Mentre torno verso l’albergo capisco che sul lungofiume si sta preparando qualche evento, ma ovviamente nessuno è in grado di spiegarmi qualcosa in un inglese comprensibile. Passo per il ryokan dove ammiro la bellissima stanza a me assegnata, in stile giapponese. Mi ridirigo quindi verso il fiume dove capisco quale fosse la ragione dell’assembramento: è in corso l’Hyakumangoku Matsuri e sta avendo luogo la cerimonia del toro nagashi (*****), dove innumerevoli lanterne di carta vengono posto a galleggiare sul fiume. C’è un atmosfera indescrivibile, ricca di fascino e tradizione, suggellata da musica tradizionale e molte persone che indossano kimono e abiti tipici. Rimarrà una delle esperienze più belle dell’intera vacanza. Per cena decido di dirigermi verso il Janome-sushi Honten (LP), dove mangio stavolta un sushi davvero eccellente, preparatomi dallo chef pezzo per pezzo davanti ai miei occhi. Gli altri avventori sono tutti giapponesi e ordinano alla carta pezzo per pezzo: purtroppo per chi non conosca la lingua questa possibilità è di fatto preclusa. Conto per un piatto degustazione (8 bocconi) e una birra 35€, per il mio modo di vedere assai meglio spesi dei 20€ che si pagano per ingozzarsi di sushi da nastro trasportatore. Torno a piedi al ryokan in circa 20 minuti dove scopro che la struttura ha un onsen interno dove ovviamente faccio tappa prima di andare a dormire.
SABATO 3/6 (KYOTO: HIGASHIYAMA SUD, ARASHIYAMA, ZONA DELLA STAZIONE, PONTOCHO)
Sveglia e rapido trasferimento alla stazione dove alle 8.15 ho il treno che, in circa due ore e un quarto, mi porta a Kyoto. Da qui metro fino a Higashiyama Sud dove ho prenotato per due notti una singola alla Guest House Ga-Jyun per poco meno di 45€/notte. L’atmosfera è più da ostello che da guest house (ci sono almeno 3-4 stanze dormitorio) ma il prezzo era eccellente ed è compresa un’ottima colazione. Verso le 11.30 inizio il mio giro per Higashiyama-sud e in particolare dallo Shoren-in (***), bel tempio poco frequentato con dei bellissimi interni e magnifici paraventi. Da qui proseguo nel giro per il quartiere passando per il Yasaka-jinja (***), santuario shintoista pieno di coppie in abiti tradizionali che si fanno le foto insieme. Passo rapidamente per Ishibei-koji (**), una stradina caratteristica, per poi dirigermi verso Ninenzaka e Sannen-zaka (****), strade tipiche affiancate da edifici tradizionali e dove vedo tre o quattro geishe, di cui una sicuramente autentica. Preparatevi però a una gran quantità di gente. Prima della prossima tappa pranzo con una minuscola porzione di riso al curry (comunque molto buono) sulla strada che conduce al Kiyomizu-dera (****): questo è uno dei templi più famosi di Kyoto e nonostante il quantitativo esorbitante di persone e il fatto che l’Hondo, l’edificio principale, sia parzialmente sotto restauro, rimane comunque una tappa imperdibile. Numerose caratteristiche rendono questo tempio unico nel suo genere: fra i vari edifici, che non descriverò in dettaglio, dato che potrete trovare informazioni su qualunque guida, c’è un percorso da compiere a occhi chiusi tra due pietre per assicurarsi l’amore dell’amato, una cascata dalla quale bere per assicurarsi la longevità e il particolarissimo Tainai-meguri, un percorso nel buio più totale da percorrere con l’aiuto di un corrimano e che si trasforma in un’esperienza assolutamente straniante. Per questi motivi, come dice la LP, questo tempio può essere considerato “un’espressione emblematica della fede popolare in Giappone”.
Sono ormai quasi le 16 e per l’ultima parte della giornata decido di dirigermi verso la zona di Arashiyama, a nord-ovest del centro città. Prendo un bus per l’avveniristica stazione di Kyoto, che visiterò meglio al ritorno e da qui un treno locale per Arashiyama, compreso nel JR Pass. In circa 25 minuti sono a destinazione. Inizio il mio giro con la visita del Tenryu-ji (***), tempio buddhista patrimonio dell’Unesco, il cui punto di forza è certamente il giardino. All’ora del tramonto mi dirigo quindi al famosissimo bosco di bambù (****) dove le altissime canne e il sole che filtra attraverso di esse creano un’atmosfera particolarissima e assolutamente imperdibile. Dopo una piacevole camminata di una mezz’ora (il bosco è piuttosto ristretto in quanto a dimensioni) passo rapidamente dal Ponte Tongetsu (**) prima di prendere il treno per il centro città. Ho ancora un po’ di tempo per farmi un giro nella avveniristica stazione (**), progettata da Hiroshi Hara e costituita da un enorme complesso in vetro e acciaio con tanto di terrazza panoramica con giardino al 15esimo piano. Notevole anche la galleria che permette di attraversare la stazione all’11esimo piano. Mi perdo un paio di volte ma riesco a vedere anche la vicina Kyoto Tower (**), dove decido però di non salire.
Torno quindi alla guest-house per fare il check-in, per poi andare a cena nella zona di Pontocho (circa 15min a piedi) a Ramen Kairikiya, un localino economico e apprezzatissimo consigliato anche dalla LP dove, nonostante siano quasi le 22, faccio 30 minuti di fila per poter gustare un eccellente ramen e dei gyoza, i famosi ravioli ripieni di ispirazione cinese. Cena gustosissima per circa 14€. Dopo cena ho ancora l’energia per fare un giro per Pontocho (***), un vicolo lungo un canale con case tradizionali e lanterne illuminate. L’atmosfera tipica viene ancor più accentuata da una geisha che esce da un locale. Soddisfatto me ne torno alla guest-house dove dopo una rigenerante doccia me ne vado a letto.
DOMENCIA 4/6 (KYOTO: FUSHIMI-INARI; NARA; KYOTO: DAITOKU-JI, GION DI NOTTE)
Ho concordato la colazione per le 7: c’è solo il simpaticissimo proprietario, che parla portoghese e un po’ di inglese. È un tipo particolarissimo, ma molto alla mano che prepara delle colazioni eccezionali con frutta a volontà (fragole, ananas, kiwi, melone e molto altro, che in Giappone sono per altro carissimi), yogurt, pane, uova strapazzate, dolci, riso e altre prelibatezze giapponesi. Un ottimo modo per cominciare la giornata. Per le 8 sono alla stazione di Inari per cominciare la visita del famosissimo Fushimi-Inari Taisha (*****): nonostante sia molto presto, c’è già abbastanza gente e sono contento di essere venuto di buon ora. La salita al santuario, tra una serie infinita di torii rossi molto scenografici, è intervallato dalle varie soste per fare foto, cercando di non inquadrare le altre persone che stanno salendo al tempio. La salita è piuttosto faticosa per via del caldo, ma anche molto affascinante. In poco più di un’ora (comprese le soste e le foto) arrivo in cima e dopo una breve pausa procedo alla discesa. Questo luogo è assolutamente caratteristico e non può mancare durante una visita a Kyoto. Quando poco prima delle 10 sono al punto di partenza lo trovo invaso da centinaia e centinaia di persone delle gite organizzate: cercate di venire in questo luogo bellissimo molto presto o molto tardi, altrimenti rischiate di non godervelo a pieno. Tornato alla stazione continuo con il treno per Nara (circa 30min) dove arrivo alle 10:30 circa. Questa cittadina è stata la prima capitale del Giappone e conserva numerosi templi dichiarati patrimonio Unesco inseriti in un parco in cui vagano liberi centinaia di cervi sacri che, abituati alla presenza dell’uomo, scorrazzano tra i turisti reclamando cibo. La mia prima visita è al Konfuku-ji (***): questo tempio è attualmente sotto restauro, ma sono comunque visibile le due pagode e altri edifici, che mi vengono illustrati da un’altra guida volontaria (e gratuita). L’inglese non è un granché ma riesce a farsi capire e, come al solito, è davvero gentile. Attraverso quindi, tra decine di cervi, il parco fino ad arrivare al Kasuga Taisha (***), un santuario shintoista notevole soprattutto per le numerosissime lanterne presenti all’interno di esse e nelle immediate vicinanze. Faccio un salto anche al Wakamiya jinja (*), poco distante ma decisamente meno interessante. Da qui con una passeggiata nel verde arrivo al Nigatsu-do (***), patrimonio Unesco a cui si arriva attraverso una lunga scala fiancheggiata da lanterne. Da qui si gode di una bella vista. Nonostante sia ormai tardi decido di dirigermi anche alla principale attrazione di Nara, il Todai-ji (*****), confidando che essendo ora di pranzo sia un po’ meno affollato. Quello che impressiona dell’edificio sono le dimensioni davvero mastodontiche, nonostante sia stato ricostruito in scala minore dopo un incendio. In realtà all’interno del complesso ci sono diverse scolaresche (che sembrano fare tutte più o meno lo stesso giro) ma le dimensioni del complesso consentono una visita comunque accettabile a livello di affollamento. L’edificio principale del complesso è il Daibutsu-den (****) famoso per il Grande Buddha che si trova all’interno e alto oltre 16m: impressionante, ma forse meno coinvolgente di quello di Kamakura. Uscito dal complesso do un’occhiata anche al Nandai-mon, il portale di ingresso sorvegliato da guardiani. Completata la visita, visto che sono quasi le 15, decido di concedermi un piccolo pranzo kaiseki sul tatami in un vicino ristorantino: molto buono, ma anche terribilmente scomodo per me che sono alto quasi due metri. Dopo pranzo mi dirigo allo Yoshiki-en (**), un piccolo giardino gratuito per gli stranieri consigliato dalla LP dove faccio una piacevole passeggiata. Decido di non visitare un altro giardino, lo Isui-en, per tornare ad un’ora accettabile a Kyoto. Qui, una volta arrivato, mi dirigo in bus al complesso del Daitoku-ji (**), formato da moltissimi templi e, secondo la guida, uno dei pochi aperti fino al tramonto. Il complesso è fuori dai maggiori itinerari turistici ed è molto tranquillo, ma in realtà la maggior parte dei templi da cui è composto sono chiusi. Non mi resta che fare una piacevole passeggiata per vedere un po’ di esterni: in definitiva una deviazione evitabile. Mi dirigo di nuovo verso il centro e ritorno al Yasaka-jinja, che è affascinante anche di notte con le sue lanterne illuminate. Quindi mi dirigo nella zona di Gion (****), che si rivelerà essere forse la zona più suggestiva di tutta Kyoto: la zona si articola lungo tre o quattro stradine che costeggiano un canale, fiancheggiate da case tradizionali e ristoranti di alto livello. Il canale ha numerosi ponti con i ciliegi lungo le sponde: se a Giugno risulta così suggestivo non oso immaginare cosa sia durante la stagione della fioritura. In uno di questi ristoranti di alta classe si vede una coppia intrattenuta da una geisha: rimango incuriosito a osservare, con discrezione, come si comporta e comprendo sempre più che si tratta di vere e proprie intrattenitrici, abili innanzitutto nell’arte del parlare.
Per cena decido di concedermi un po’ di carne al Meat Bowl: ti viene portata carne cruda che ti cuoci da solo su un fornello al centro della tavola e una serie di salse in cui intingerla. Mi ci vuole un po’ per capire l’esatto funzionamento del tutto: la carne è buona ma per una porzione piuttosto misera, delle verdure e una birra spendo quasi 50€!
Dopo cena me ne ritorno in guest-house per recuperare le energie in vista di quella che sarà la mia ultima, densissima, giornata giapponese.
LUNEDÌ 5/6 (KYOTO: ZONA NORD OVEST, CASTELLO DI NIJO, MERCATO DI NISHIKI, HIGASHIYAMA NORD)
Dopo un’altra ottima e abbondante colazione mattiniera alla guest-house e aver lasciato in custodia la valigia, prendo il bus (oggi ho fatto il conveniente abbonamento giornaliero) e mi dirigo verso il Kinkaku-ji (****), il Padiglione d’Oro, che voglio visitare subito all’apertura per evitare la grande calca. Il complesso apre alle 9, ma nonostante arrivi con ben 20 minuti di anticipo c’è già moltissima gente. Il tempio è assolutamente iconografico: è ricoperto da una lamina d’oro e si rispecchia nel laghetto circostante. Riesco a fare qualche foto evitando le varie scolaresche e continuo poi il giro del complesso che, ad esclusione del tempio vero e proprio, che per altro è stato ricostruito nel 1955 dopo un incendio, offre ben poco. Dopo circa 40 minuti ho completato la visita. Riprendo il bus per un paio di fermate per arrivare al Ryoan-ji (***), altro tempio patrimonio dell’Unesco famoso per il suo “giardino secco”: questo è un rettangolo di sabbia bianca con delle pietre, costruito secondo i principi zen e assai “minimale”. Può lasciare molto perplessi, ma è anche uno di quei luoghi che ti permette di assaporare il Giappone più autentico. Continuo il mio itinerario arrivando, in bus, al vicino Ninna-ji (**), un enorme complesso (patrimonio Unesco) con un numero ridotto di visitatori e la possibilità di entrare nei singoli templi. Tuttavia passeggiando per l’area si riesce comunque ad apprezzare la struttura complessiva e vedere alcuni edifici, tra cui una bella pagoda in legno. Complessivamente comunque non è una tappa imperdibile. Mi appresto quindi a fare un lungo trasferimento in bus (circa 1h) per riportarmi nella zona più centrale e andare a visitare il Castello di Nijo (***/****). Anche questo complesso è enorme e ci sono interessanti pannelli informativi che descrivono la funzione delle varie sale: l’edificio principale, il palazzo Ninomaru, ha magnifici paraventi dipinti e i famosi pavimenti “a usignolo” che risuonano al passaggio delle persone. Interessante anche la visita al giardino. Preparatevi al gran numero di visitatori e considerate circa 2 ore per la visita.
Si è fatto ormai piuttosto tardi e quindi decido di dirigermi verso il mercato di Nishiki per mangiare qualcosa. Scelgo di fare un’altra esperienza culinaria assaggiando l’okonomiyaki, una pietanza che si presenta all’aspetto come un incrocio tra un pancake, un’omelette e una pizza e che può contenere diversi ingredienti, tra cui i principali sono la verza, uova e altri. Non mi ispirava particolarmente perché sembra molto “pasticciato”, invece devo ammettere che quello mangiato al Nishiki Warai (consiglio LP, non facilissimo da trovare) mi è decisamente piaciuto. Inoltre è piuttosto economico (con una birra ho speso13€ e sono uscito sazio). Subito dopo pranzo visito il mercato di Nishiki (***), che si trova a pochi metri. Qui sono in vendita tantissimi ingredienti utilizzati nella tradizione gastronomica di Kyoto, alcuni assolutamente inintelligibili (almeno per me). Ho in parte rimpianto di aver pranzato, perché molti banchi permettono di fare piccoli assaggi a pagamento di ciò che viene venduto. Il mercato è comunque molto particolare e vale certamente una visita.
Con un altro lungo spostamento in bus mi sposto quindi nella zona di Higashiyama Nord, l’ultima che ho in programma di visitare in questa mia ultima giornata a Kyoto. Poco prima della chiusura (prevista addirittura per le 16!) arrivo al piccolo Honen-in (**) un piccolo e tranquillo tempietto nel verde. Carino, ma certamente sopravvalutato dalla LP che lo inserisce tra le cose da non perdere. Da qui mi dirigo verso il Ginkaku-ji (***), il Padiglione d’Argento: ha una struttura molto simile al Padiglione d’Oro, ma non è stato mai ricoperto d’argento, com’era invece previsto nel progetto iniziale. Piacevole anche il giro nel giardino che permette di vedere il complesso da diverse angolazioni. Decido quindi di intraprendere la passeggiata del Daimonji-yama (***) che in poco più di mezz’ora conduce, attraverso il bosco, a un punto panoramico la cui vista abbraccia tutta Kyoto. La vista è bellissima e il percorso frequentato da tanti giapponesi anche di una certa età, che sfrecciano lungo la salita (che ha una discreta pendenza!) come passeggiassero per il vialetto di casa loro. Se avete tempo a sufficienza è una piccola escursione che consiglio. Per riavvicinarmi alla guest-house per recuperare la valigia, percorro quindi il famoso Sentiero della Filosofia (***), che costeggia un canale che deve certamente essere spettacolare durante la fioritura dei ciliegi. La passeggiata a quest’ora (sono ormai le 18) è comunque molto tranquilla e piacevole e mi conduce rapidamente al Nanzen-ji (**/***) un complesso con diversi templi minori, ormai chiusi. Faccio due passi nel bosco fino ad arrivare anche al Nanzen-ji Oku-no-in (**), un piccolo santuario nel bosco dove i pellegrini vengono a pregare sotto una piccola cascatella. È veramente l’ora di passare a recuperare la valigia in guest-house per poi dirigermi in metro alla stazione: alle 19.58 ho il treno per Tokyo, che arriva alle 22.40. Sono pronto per la mia ultima notte giapponese, che ovviamente, visto anche il volo la mattina successiva presto, ho deciso di sfruttare a pieno facendo after-hours!
MARTEDÌ 6/6 (TOKYO: SHIODOME, ASTA DEL TONNO; VIAGGIO DI RITORNO)
Lascio il trolley al coin-locker della stazione, dopo di che acquisto subito il biglietto per il trasferimento in aeroporto di domani mattina. Quindi vado a cercare qualcosa di aperto per cena, dato che sono ormai le 23. Trovo un pub belga che vende birra Leffe e stufato: avrei voluto qualcosa di più giapponese ma mi devo accontentare. Rimango un po’ a leggere dentro il pub, visto che devo ingannare il tempo fino alle 5, orario a cui è prevista l’apertura delle registrazioni per vedere l’asta dei tonni. Sono ammessi 120 visitatori al giorno dopo registrazione, 60 dalle 5:50 alle 6.05 e 60 dalle 6.05 alle 6.20. Quando sono rimasto l’unico cliente del pub da un po’ di tempo, decido di togliere il disturbo. Faccio una passeggiata per la Tokyo notturna, visitando la zona dello Shiodome, dove ci sono molti grattacieli e uffici di aziende importanti: il governo ha tuttavia intrapreso (giustamente) una politica di risparmio energetico e sono praticamente tutti spenti. Impressionante è invece l’efficienza dei giapponesi nel fare i lavori di manutenzione stradale e simili: di notte compaiono dal nulla squadre di operai che fanno tutti quei lavori che da noi verrebbero fatti di giorno, intasando completamente il traffico. Inoltre i pedoni vengono tutelati al massimo, tanto che se dovevo attraversare la strada nei pressi di un cantiere venivo letteralmente scortato da un addetto lungo un percorso illuminato in modo da poter camminare in totale sicurezza. Davvero un altro mondo.
Decido di fare una nuova sosta presso il Manpuku Shokudo, una izakaya popolare aperta 24h/24 segnalata dalla LP e situata sotto i binari della metro. Questo è un posto assolutamente assurdo, con locandine di vecchi film alle pareti e una clientela di ogni tipo e ad ogni orario, proprio come quella descritta in molto romanzi ambientati in Giappone. Mi bevo una birra e un sakè serviti dall’anziana cameriera (proprietaria?) in una bella atmosfera, mentre mi leggo un libro in tranquillità. Verso le 3:30 pago e saluto e mi dirigo verso la zona del mercato del pesce, dopo aver fatto una piccola spesa per la colazione in uno dei tanti supermercati sempre aperti. Alle 4:15 passo per caso vicino al posto di registrazione per l’Asta dei Tonni (**) e vengo invitato da un cortese poliziotto a entrare. C’è già un gran fermento! Sono l’ultimo del primo gruppo, il che vuol dire che un’ora e mezza prima dell’inizio dell’asta il 50% dei posti sono già stati assegnati. Mi viene consegnata una mantellina rifrangente identificativa e mi appresto alla lunga attesa in una stanza dove tutti siedono per terra. Verso le 5:15 (i posti sono ovviamente esauriti) un addetto all’asta ci spiega un po’ di regole generali e ci dà interessanti dati sullo smercio del tonno in Giappone spiegandoci anche come avviene l’asta. La cosa che non mi sarei mai aspettato è che buona parte del tonno venduto (che è congelato) non viene neanche pescato in Giappone. Alle 5.45 veniamo scortati (dalla polizia!) in un’area riservata da dove poter osservare l’asta, evitando i muletti che sfrecciano a tutta velocità: i compratori hanno del tempo per osservare ciascun pezzo e fare le loro valutazioni prima che il banditore faccia partire l’asta vera e propria. A questo punto i pezzi di tonno (identificati da un numero) vengono chiamati uno dopo l’altro e venduti in non più di 2-3 secondi attraverso un codice di gesti praticamente incomprensibile e che sembra appartenere a una tradizione dei tempi andati. Dopo 15 minuti siamo fuori. Molti dei componenti del mio gruppo si mettono in fila per fare la tradizionale colazione a base di sushi ma per me è ora di andare verso la stazione e quindi all’aeroporto. L’esperienza è particolarissima ma a posteriori non so se la rifarei, soprattutto a metà della vacanza, perché l’alzata notturna e la lunga attesa sono assai impegnativi e lo spettacolo, seppur tradizionale, non così coinvolgente.
Sceso dalla metro prima brutta sorpresa: il biglietto che mi hanno venduto è sbagliato e non riesco ad accedere alla stazione, dove ho lasciato il bagaglio. Cerco di farmi capire ma l’addetto alla biglietteria (nella stazione più grande del Giappone!) parla solo giapponese e dopo vari tentativi mi vende un altro biglietto. A questo punto vado a ritirare il bagaglio, ma scopro che avendo lasciato il trolley alle 23 del giorno prima devo pagare per 2 giorni anziché per uno. Ma vendo comprato un ulteriore biglietto, mi rendo conto di aver finito i contanti. La carta di credito (ovviamente) non funziona e i bancomat della stazione accettano solo carte emesse in Giappone. Il cambiavalute (ho con me degli Euro) è ancora chiuso perché è troppo presto. La faccenda si sta trasformando in un incubo anche perché, nonostante fossi in ampissimo anticipo, il tempo sta inesorabilmente scorrendo. Devo uscire dalla stazione ma l’addetta (che non capisce un tubo di quanto gli dico ed è dotata di una mancanza di elasticità tipicamente giapponese) sostiene che l’unico modo per uscire dalla stazione è prendere un treno. A questo punto sto iniziando ad innervosirmi e a gesti, facendogli vedere un po’ di biglietti, riesco a convincerla a farmi passare. Rintraccio su internet il più vicino 7 Eleven, una catena di supermercati che ha bancomat che accettano carte emesse in Europa. Arrivo di rincorsa al market (o almeno dove dovrebbe essere) ma non ne vedo traccia. Chiedo a un impiegato in giacca e cravatta che sta entrando a lavoro che, sia lodato il cielo, mi capisce subito e mi indica che il supermercato è 3 piani sotto terra in un grattacielo. Morale della favola ritiro i contanti, recupero la valigia e mi precipito al binario per prendere il treno (ben più tardi di quando avrei voluto) quando un controllore (credo l’unica persona scortese incontrata in tutto il viaggio) mi dice che non posso salire perché il biglietto è sbagliato. Gli chiedo dove devo andare ma mi pianta in asso. Mancano 2h 20minuti al mio volo e devo fare 50 minuti di treno e la situazione si sta facendo drammatica. A questo punto decido di compiere una mossa da vero (pessimo) italiano e appena il controllore gira gli occhi decido di salire comunque sul treno, disposto a pagare un’eventuale multa. Fortunatamente l’addetto sul treno mi fa capire che con i due biglietti che ho in mano (quello acquistato ieri e quello vendutomi oggi) posso prendere il treno e quindi il mio piccolo incubo finisce. Consiglio spassionato: evitate di rimanere senza contanti!
Arrivo in aeroporto con 1h e mezzo di anticipo e scopro che il volo ha anche un’ora di ritardo, quindi ho tempo per riconsegnare il mio Pocket Wifi, per spedire con calma i bagagli (tutto automatizzato, senza addetti al check-in) e per rilassarmi, ricordando tutto quanto visto in questo meraviglioso viaggio.
Dopo uno scalo ad Amsterdam arrivo puntuale a Firenze, dove faccio le prime riflessioni sul mio viaggio: oltre alle bellissime cose viste, ciò che più ho apprezzato è stata la possibilità di venire a contatto con una cultura diversissima dalla mia, ma comunque complessa, affascinante e con persone orgogliose delle loro tradizioni che, pur con qualche inevitabile limite, mi hanno accolto sempre a braccia aperte e con il sorriso.
Sayonara, Giappone!
CONCLUSIONI
Come sempre, mi sono infine divertito a fare una classifica dei Top e Flop di questa vacanza:
Flop 5:
1. l’aver rischiato di perdere il volo di ritorno (vedi diario 6/6)
2. i problemi di comunicazione: in pochi sanno l’inglese
3. i prezzi: soprattutto pernottamenti e pasti (se si vuole assaggiare qualcosa di tradizionale) non sono a buon mercato
4. la timidezza dei giapponesi: non è facile entrare in confidenza con loro in breve tempo
5. l’affollamento di alcuni luoghi turistici, soprattutto a Kyoto
Top 5:
1. i mezzi di trasporto, uno spettacolo per puntualità ed efficienza
2. la cordialità e la disponibilità dei giapponesi
3. la cerimonia del toro nagashi a Kanazawa
4. il santuario di Fushimi Inari con i torii rossi a Kyoto
5. la cucina giapponese, molto diversa e assai più complessa dell’idea che ne abbiamo in Europa
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