Alla ricerca di Brekkukot
La mattina del 4 agosto, da una Roma infuocata (35°) partiamo finalmente alla volta dell'Islanda, in fuga dal caos cittadino, dallo smog e dallo
stress lavorativo.
Volando fino a Francoforte con Ryanair, volo a 0 euro (si pagano solo le tasse), e fino a Reykjavik con Iceland Express (198€ tutto compreso) riusciamo a spuntare un ottimo...
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La mattina del 4 agosto, da una Roma infuocata (35°) partiamo finalmente alla volta dell’Islanda, in fuga dal caos cittadino, dallo smog e dallo stress lavorativo. Volando fino a Francoforte con Ryanair, volo a 0 euro (si pagano solo le tasse), e fino a Reykjavik con Iceland Express (198€ tutto compreso) riusciamo a spuntare un ottimo prezzo. Durante l’attesa di qualche ora per lo scalo, riusciamo anche a visitare un paesetto in Germania, Sohren, peccato che ci dobbiamo portare dietro i bagagli perchè all’aeroporto non ci sono sufficienti lockers per il deposito. Dopo tre ore circa di volo avvistiamo le coste islandesi e subito si capisce di essere approdati in un mondo a se: la terra che si vede sotto di noi (intorno a Keflavik) è scurissima e brulla, praticamente un deserto nero intervallato da laghetti e bagnato da un mare grigio. Irreale. La stessa sensazione la proviamo anche durante il trasferimento verso il nostro hotel nella capitale, che dista una cinquantina di km, i primi dei quali si percorrono in mezzo ad un deserto lavico. A Reykjavik trascorriamo 4 notti presso il Centerhotel Arnarhvoll (posizione, design e breakfast ottimi) da cui possiamo in tutta calma partire alla scoperta della città. Pur contando solo 200000 abitanti la capitale islandese è una città molto viva, dovuta anche al fatto che l’età media della popolazione è bassa, piena di ristoranti e caffè. Un’ottima zuppa di pesce l’abbiamo consumata presso il ristorante Lystin che propone una cucina fusion e un servizio molto curato (prezzi simili a quelli italiani, solo gli alcolici sono inavvicinabili). In generale per la scelta dei posti dove mangiare e per i luoghi più interessanti da vedere ci siamo basati sulla guida Routard. Mappe e brochure di ogni tipo si possono prendere gratuitamente presso il municipio o l’ufficio del turismo. Qui propongono anche interessanti gite a piedi, tra le quali quella alla ricerca dei luoghi più misteriosi.Da vedere la cattedrale (purtroppo in restauro e quindi ricoperta da ponteggi), il museo nazionale, quello del mare, la zona del porto e il Perlan (che ospita i serbatoi d’acqua calda che riforniscono la città, un ristorante e caffetteria panoramici ed il Saga Museum). In questi giorni il clima è stato molto variabile, con temperature sui 12-13 gradi, leggere piogge e vento abbastanza fastidioso (ombrelli inutili). Da notare che mentre noi giravamo incappucciati, i locali erano a maniche corte se non in canotta, visto che per loro è pur sempre estate. Venerdì 7 abbiamo ritirato la macchina noleggiata (ottimo il servizio free pickup offerto dalla hertz) e abbiamo sperimentato per la prima volta le strade islandesi in direzione della penisola di Reykyanes, che avevamo visto dall’alto in fase di atterraggio. Dopo una tappa in uno shopping center abbiamo raggiunto l’obiettivo principale della giornata, fare il bagno nella famosa Laguna Blue. Effettivamente i 18 e passa euro d’ingresso sono ben spesi, perchè il fatto di bagnarsi in uno stupendo lago termale (in qualche zona l’acqua raggiunge i 48°) mentre fuori tira vento e pioviggina, con gli inservienti del bar che ti servono da bere da un’isoletta in mezzo alla laguna con addosso il piumino, è veramente appagante. Sulla via del ritorno in albergo (ultima notte a Reykjavik) visitiamo Grindavik e altri paesetti sperduti (occhio però agli autovelox), chiedendoci come possa essere la vita d’inverno in questi luoghi. Il giorno dopo effettuiamo il famoso Circuito D’Oro, percorso turistico frequentatissimo dai gruppi organizzati che consente di vedere Thingvellir (pittoresco luogo dove i vichinghi tenevano le loro assemblee), Gulfoss (imponenti cascate) e Geysir (luogo che ha dato il nome al fenomeno stesso). La sera pernottiamo all’Hotel Edda di Laugarvatn (catena di dormitori scolastici che d’estate sono trasformati in alberghi), dove si trova anche un lago le cui sponde sono calde per la presenza di hot pot, con temperature anche di 100°. Non abbiamo però il coraggio di farci il bagno come consigliato da un abitante del posto, visto che la piscina comunale era chiusa. La tappa successiva prevedeva un trasferimento fino a Vik y Myrdal con sosta alle famose scogliere di Dyrholaey, alle cascate di Seljalandsfoss e Skogafoss e visita del museo Folk di Skogar. Devo dire che tutti questi luoghi mi hanno impressionato per la loro bellezza, ma soprattutto il bagnarmi nelle gelide acque della spiaggia nera di Dyrholaey (c’erano un paio di persone che si sono fatti il bagno, visto che quel giorno la temperatura era di ben 16/17°) dopo aver percorso a piedi lo sterrato per arrivarci, mi è piaciuto. Mentre stavamo effettuando il check nel locale hotel Edda a Vik e mentre stavamo pregustando una bella doccia calda, il personale della reception ci ha però informato che causa overbooking avremmo dovuto passare la notte in un albergo a Hella, un’ora di macchina indietro rispetto al nostro itinerario. Chiaramente abbiamo rifiutato e dopo una serie infinita di chiamate sono riusciti a trovarci un bungalow in un campeggio a 14 km da dove ci trovavamo, ma verso l’interno. L’addetto della reception ci ha assicurato che in 20 min l’avremmo raggiunto e ci ha offerto anche un buono per la cena presso un ristorante del posto per il disturbo. Appena abbandonata la road 1 abbiamo capito che i 20 min per raggiungere il campeggio sarebbero stati tali con un fuoristrada, mentre con la nostra Yaris automatica percorrere gli sterrati, spesso con strapiombi da entrambi i lati e con numerosi saliscendi, non sarebbe stato facile. Infatti arriviamo a Takill dopo più di un’ora e senza nessuna voglia di usufruire del buono cena gratuito. Il posto però è stupendo, in fondo ad una valle isolata, vicino ad un fiume che scende dal sovrastante ghiacciaio, ci assegnano uno dei sei o sette bungalows, circondato da due ruscelli, con elettricità fornita da un gruppo elettrogeno ad ore. Per cena abbiamo solo qualche biscotto ed uno yougurt, visto che nel camping c’è soltanto la reception ed una doccia a gettoni. Alla fine dobbiamo è grazie a questo piccolo inconveniente se riusciamo a vedere più da vicino la natura incontaminata di questo paese. Il giorno successivo siamo partiti alla volta di Hofn sempre sulla road 1 e sempre attenti alle pecore di passaggio sulla strada, percorrendo un tratto molto panoramico, con il ghiacciaio Vatnajokull sulla sinistra e la costa a destra. Il clou di questo itinerario è stata la visita dello jokulsarlon, e della vicina spiaggia con tanto di iceberg nel mare adiacente. C’è stata anche la possibilità di vedere una colonia di foche. La sera pernottamento e cena presso la fattoria Arnaves, dove abbiamo assaggiato per la prima volta il Brennivin, il forte liquore locale a base di patate. Il giorno 11 agosto l’abbiamo dedicato alla visita degli east Fjordur arrivando ad Egilsstadir. La strada è particolarmente spettacolare ma anche faticosa, a causa di lunghi tratti di sterrato e di una serie infinita di curve e saliscendi per superare i fiordi. Però il pernottamento presso la guesthouse Egisstaldir (http://www.egilsstadir.com/) è stato quello che ho più gradito durante la vacanza, perchè l’atmosfera che si respira in questa dimora in riva ad un lago è veramente particolare e la stanza (costo 100€ circa) che avevamo era bellissima. Ottima anche la cena che vi abbiamo consumato. Dopo aver abbandonato la regione dei fiordi ci siamo addentrati nel Nordurland fino a raggiungere lo spettacolare lago Myvatn, dove purtroppo abbiamo soggiornato solo una notte. Questa zona, parco nazionale, meriterebbe sicuramente una visita approfondita, sia per vedere i numerosi fenomeni vulcanici in zona, sia per dedicarsi al birdwatching e ai numerosi percorsi sentieri naturalistici da fare. Abbiamo avuto però il tempo di fare il bagno ai Myvatn Natural Baths, una sorta di Blue Laggoon più piccola ma egualmente suggestiva. A malincuore ci lasciamo il lago alle spalle ma dopo aver percorso poche decine di km giungiamo ad Husavik per vedere le balene. Dopo esserci interrogati a lungo sull’opportunità o meno di fare questa esperienza (abbiamo paura di soffrire l’eventuale mare agitato), alla fine ci imbarchiamo godendo così l’emozione di vedere da vicino 5 o 6 cetacei.La gita dura tre ore circa ma già verso la metà il freddo si fa sentire, per fortuna che vengono offerti cioccolata bollente e biscotti! L’ultima notte islandese la trascorriamo presso l’ottimo Kea Hotel di Akureiry (seconda città del paese con ben 18000 abitanti!), graziosa cittadina posta alla fine di un lungo fiordo. Il giorno 14 agosto abbiamo il volo per Copenaghen ma la mattina abbiamo il tempo per un po’ di shopping e per riconsegnare la macchina all’agenzia in aereoporto. Se avete in mente di comprarvi qualche bottiglia di Brennivin come souvenir fatelo al duty free e non in città (come me!)dove costa 10 volte di più. Alla fine abbiamo deciso di non visitare la parte ovest del paese perchè abbiamo letto che i posti più interessanti erano raggiungibili solo con fuoristrada e quindi abbiamo optato per passare 2 notti nella capitale danese. A Copenaghen soggiorniamo 2 notti all’hotel Cabinn (di nome e di fatto visto le dimensioni ridotte delle camere) ma avendo a disposizione solo un giorno pieno non abbiamo il tempo di visitare granchè. Il museo nazionale è molto interessante ma soiprattutto ci piace il quartiere Nyhavn, cuore pulsante della città. Il viaggio di ritorno con Icelan Express nel primo tratto (150€ tutto compreso) e Transavia fino a Roma FCO (75€ + tasse) ci riporta nella canicola romana, passando dai 12° dell’Islanda, e i 18° di Copenaghen.