Al di qua e al di là dell’Atlante

Viaggio on the road nel cuore del Marocco
Scritto da: LucaGiramondo
al di qua e al di là dell'atlante
Partenza il: 20/04/2013
Ritorno il: 01/05/2013
Viaggiatori: 3
Spesa: 2000 €
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Al di qua e al di là dell’Atlante (by Luca, Sabrina e Federico)

Sabato 20 Aprile

Divorati dall’ansia di una crisi economica sempre più drammatica e col timore concreto di perdere anche il posto di lavoro, decidiamo comunque, seguendo alla lettera il detto che ogni lasciata è persa, di fare anche quest’anno un viaggio nei ponti primaverili. Il nostro piccolo Leo anche per questa volta, forse l’ultima, resterà a casa con i nonni … Ignora quale sia la nostra meta e se ne va in mattinata, comunque contento, con l’idea di fare (lui) un viaggio in camper nei prossimi giorni… In effetti l’esperienza che ci apprestiamo ad intraprendere non presenta particolari difficoltà, ma non la riteniamo adatta ad un bimbo di poco più di tre anni. Andremo, infatti, in Marocco, paese civilissimo, ma comunque africano e quindi da affrontare con un minimo di precauzione, e lo faremo cimentandoci in un viaggio itinerante in buona parte del nord, ma anche nel sud, oltre l’Atlante, fino alle propaggini del Sahara.

Partiamo da casa in una giornata piena di nuvole, dopo pranzo, alle 13:40 e un quarto d’ora più tardi imbocchiamo l’autostrada A14 a Faenza. In breve raggiungiamo Bologna, da dove spiccheremo il volo, e alle 14:30 siamo al “Park to fly” a lasciare in deposito l’auto, così, grazie alla navetta offerta gratuitamente dal gestore, poco più tardi varchiamo anche l’ingresso dell’Aeroporto Marconi. Al banco non c’è fila e facciamo un veloce check-in, quindi oltrepassiamo il metal-detector e poco dopo le 15:00 siamo già in attesa alla porta numero 3. L’aereo è in orario, così dopo un paio d’ore c’imbarchiamo sul volo Air Maroc AT953, che alle 18:09 stacca da terra diretto a Casablanca. Il Boeing 737 sale rapidamente sopra alle nuvole e fa rotta verso sud-ovest. Ci affacciamo sul mare nel Golfo di Genova, poi seguiamo quasi tutta la costa, prima francese poi spagnola, per giungere infine in vista del Marocco. Cominciamo la discesa e atterriamo nell’aeroporto internazionale Mohammed V di Casablanca alle 19:07 locali, dopo aver spostato le lancette dell’orologio indietro di due ore.

Eccoci quindi in Marocco, uno dei principali paesi del Nordafrica e del Maghreb, esteso per oltre settecentomila chilometri quadrati (compresa la regione del Sahara Occidentale, oggetto di infinite dispute geopolitiche), del quale ne visiteremo il cuore, ricco di storia e bellezze naturali. Oltrepassiamo senza problemi la dogana e poi peniamo un po’ ad aspettare le valigie, che tardano ma alla fine arrivano sane e salve. Andiamo quindi al banco della Europecar a ritirare l’auto a noleggio e lì vogliono rifilarci una grossa berlina (una Renault Latitude), ritenuta di categoria superiore, mentre noi avevamo prenotato un Suv … Dopo le mie proteste però ci promettono di sostituirla domani mattina … speriamo bene! Partiamo e andiamo alla ricerca, nei paraggi, dell’Atlas Airport Hotel, mentre il buio è ormai totale … Lo troviamo e una volta assegnataci la stanza ci ritiriamo subito a riposare, perché domani ci aspetta la prima intensa tappa di questo viaggio marocchino.

Domenica 21 Aprile

La sveglia suona già prima delle 6:00, anche perché alle 7:00 dobbiamo tornare in aeroporto a sostituire l’auto. Consumiamo la nostra prima colazione continental-maghrebina e all’ora stabilita siamo nel parcheggio degli autonoleggiatori a lasciare l’enorme, ma inadeguata, Renault Latitude … Mi reco al banco Europecar e dopo mille peripezie, compreso il tentativo di sostituirci l’auto l’indomani in quel di Fes, alla fine dal cassetto tirano fuori le chiavi di una Mitsubishi Pajero Sport … grigia, nuovissima, targata 386801WW, e con quella, quasi alle 8:00, possiamo finalmente prendere il via per seguire l’itinerario che abbiamo scrupolosamente organizzato.

Andiamo in direzione della costa atlantica, tralasciando Casablanca e seguendo la rotta di nord-est, verso la capitale Rabat, mentre incontriamo numerosi banchi di nebbia che tanto ci ricordano la nostra cara Pianura Padana. In questo modo verso le 9:00 facciamo il nostro ingresso in città facilitati dal traffico domenicale, quasi inesistente. Giunti in vista delle mura della medina le seguiamo per una breve tratto verso nord, per poi violarle attraverso un’antica porta … In questo modo passiamo di fianco all’interessante Kasbah degli Oudaïa, una delle prime costruzioni arabe della città, risalente al XII secolo … Ne fotografiamo la grande porta d’ingresso e poi andiamo alla ricerca della Torre Hassan. Il principale monumento di Rabat si trova su di un’altura quasi alla foce dello Uadi Bou Regreg ed è un incompiuto minareto fatto costruire dal sultano Yacoub el-Mansour nel XII secolo: doveva essere con i suoi 80 metri il più alto del mondo islamico, ma si fermò a quota 44 dopo la morte del suo ideatore e oggi fa comunque bella mostra di sé, assieme ai resti della grande moschea che doveva rappresentare. All’ingresso del sito troviamo ad accoglierci le guardie reali sui loro pazienti cavalli bianchi, infatti nei pressi della torre si trova anche il Mausoleo di Mohammed V: capolavoro marmoreo dell’arte marocchina, nel quale riposano il nonno ed il padre (Hassan II) dell’attuale re del Marocco (Mohammed VI). Completata la prima visita, fra eccellenti scenari, anche superiori alle attese, a metà mattinata ci apprestiamo quindi a lasciare Rabat, non prima però di una provvidenziale sosta ad un grosso supermercato per gli acquisti di prima necessità. Subito dopo abbandoniamo la costa e andiamo verso l’interno del paese, impressionati dalla grande quantità di autovelox che incontriamo lungo il percorso.

Attraversiamo verdissimi e bucolici paesaggi, che non ci spettavamo di trovare così rigogliosi in una terra che normalmente (a torto) viene più associata al deserto e all’aridità, e arriviamo in tarda mattinata in vista della città di Meknes. Usciamo dall’autostrada ma non ci fermiamo, per ora, nella nostra prima, storica città imperiale … Percorriamo una bella strada, fra dolci colline fiorite, e giungiamo, poco dopo mezzogiorno, nelle vicinanze della cittadina di Moulay-Idriss, al sito archeologico di Volubilis. Dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità nel 1997, Volubilis è il più importante e vasto sito del genere in Marocco … Ciò che ci apprestiamo a visitare, infatti, sono i resti di una città di epoca romana che nel suo periodo di massimo splendore, fra il II ed il III secolo d.C., contava circa ventimila abitanti ed era uno degli avamposti più remoti di tutto l’impero. Varcato l’ingresso principale ci dirigiamo subito verso la Basilica, o meglio, verso i suoi resti. Questo edificio, che a dispetto del nome a suo tempo non aveva funzioni religiose, è forse il più suggestivo del luogo, con una bella serie di colonne alla cui sommità salta subito all’occhio un bel nido, occupato dall’immancabile cicogna. Successivamente esploriamo tutto il resto del sito, dove spiccano numerosi mosaici di pregevolissima fattura e, lungo il decumano massimo, pure un grandioso arco di trionfo, costruito nel 217 d.C. in onore dell’imperatore Caracalla. Al termine della visita pranziamo con un panino e poi torniamo in direzione di Meknes, questa volta con l’intenzione di esplorare la città. Meknes è una della quattro città imperiali del Marocco, assieme a Fes, Marrakech e alla più moderna Rabat, ed è Patrimonio Mondiale dell’Unesco. Ci rechiamo a parcheggiare nei pressi della centralissima piazza el-Hedim e proprio da questo grande spazio brulicante di vita andiamo ad iniziare la nostra visita. Sulla piazza, lungo le mura, danno alcune caratteristiche pensiline, ma sono in restauro, allora ci concentriamo sul lato meridionale dove spicca la grande porta Bab Mansour, completata nel 1732 e riccamente decorata … Fu fatta erigere come principale ingresso alla città imperiale di Moulay Ismail, dal figlio Abdallah, e ancora oggi è una delle più belle ed imponenti di tutto il Marocco. Da el-Hedim si accede anche al mercato coperto della medina, così facciamo la nostra prima esperienza di souk in questo viaggio e osserviamo i caratteristici banchi meticolosamente ordinati che vendono dolci, olive e spezie multicolore … Dal lato nord della piazza ci avventuriamo quindi nei vicoli della vecchia medina e in breve arriviamo all’ingresso della Madrasa Bou Inania … La più antica università coranica della città (fondata nel XIV secolo) ci lascia un bel ricordo, con il suo cortile meravigliosamente decorato secondo i più classici crismi dell’architettura tradizionale dell’epoca … Ma esploriamo il luogo fin sulla copertura dove risaltano le classiche tegole verdi, oltre alla vista sul minareto e sul caos di tetti della medina. Districandoci fra angusti vicoli, a volte inquietanti, riguadagniamo la piazza el-Hedim e da lì poi, oltrepassando la porta Bab Mansour, ci addentriamo nella città imperiale di Moulay Ismail per andare a vedere il Mausoleo di questo personaggio, che fu primario interprete della complessa storia reale marocchina. L’edificio, costruito nei primissimi anni del Settecento, presenta un sontuoso ingresso e comprende alcuni ambienti riccamente decorati ed una sala, non accessibile ai non musulmani, che contiene le spoglie del sovrano e di alcuni dei suoi più intimi famigliari. Nelle vicinanze del Mausoleo dedichiamo un po’ di tempo anche al cosiddetto Padiglione degli Ambasciatori, il Koubbat as-Sufará, dove venivano ricevuti, appunto, i rappresentanti degli stati stranieri, ma il particolare più suggestivo del luogo è una ripida scala, nelle vicinanze, che conduce, sotto alla piazza, a quelli che erano enormi granai o, secondo la leggenda, il tetro luogo di prigionia dei cristiani catturati in battaglia e impiegati poi come schiavi nella costruzione della città imperiale.

A questo punto, ormai nel tardo pomeriggio, riguadagniamo la nostra auto, ma non lasciamo Meknes prima di aver esplorato anche gli antichi Granai di Moulay Ismail, accompagnati da una simpatica guida locale … Il luogo, per la massima parte in rovina, un tempo ospitava i dodicimila cavalli di Ismail e oggi, grazie alla sua originale e caratteristica ambientazione, è spesso set cinematografico di importanti film, come “L’ultima tentazione di Cristo” di Martin Scorsese. Prima che scenda l’oscurità dobbiamo ancora percorrere i circa cinquanta chilometri che ci dividono dalla città di Fes, che domani visiteremo, così, grazie anche ad un ragazzino che ci accompagna in moto nell’ultimo tratto, arriviamo, entro le mura della medina, all’Hotel Batha, che ci ospiterà per questa notte … Ci concediamo una rinfrescante doccia e poi assaporiamo un’ottima cena marocchina nel vicino ristorante Bouayad (al prezzo irrisorio di venti euro in tre!), concludendo positivamente la prima vera e propria tappa di questo viaggio nord-africano.

Lunedì 22 Aprile

Ci svegliamo in tempo così da essere per le 8:00 all’appuntamento con la nostra guida… ovvero il presunto padre del ragazzo che ci ha accompagnato ieri sera all’hotel. Si presenta, puntualissimo, un signore piuttosto distinto che ci mostra un tesserino di guida ufficiale … Ho qualche dubbio in merito ma va bene lo stesso… Concordiamo la visita della città per 150 Dirham e partiamo, in auto, alla conquista di Fes. La più antica fra le città imperiali del Marocco fu fondata nell’VIII secolo d.C. e raggiunse il suo periodo di massimo splendore con la dinastia dei Merenidi, intorno al 1250. Attualmente, nonostante la notorietà, in gran parte turistica, della storica rivale Marrakech, può essere considerata la capitale morale e culturale, nonché città simbolo dell’intera nazione. Il suo tessuto urbano conta circa un milione di abitanti ed è molto esteso, ma noi ci concentreremo soprattutto nella visita dell’antica medina, chiamata Fes el-Bali: una delle più grandi città medioevali ancora esistenti al mondo, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco nel 1981. Andiamo prima di tutto nella vicina Fes el-Jedid a vedere la facciata dell’attuale palazzo reale (non visitabile), ma non abbiamo la luce a favore ed è tutto all’ombra … però torneremo … Poi saliamo sulla fortezza di Borj Sud per osservare la città vecchia dall’alto, ma nel frattempo sono montate parecchie nuvole e la vista non rende il dovuto … anche qui torneremo! A questo punto la nostra guida ci porta in un quartiere periferico, ad est della medina, per vedere una cooperativa nella quale si produce la tradizionale ceramica di Fes: una visita non prevista ma tutto sommato interessante, anche se, non essendo buoni acquirenti, abbiamo sicuramente deluso le aspettative del nostro accompagnatore. Ormai a metà mattinata, mentre le nuvole si vanno lentamente diradando, andiamo a parcheggiare vicino al centro e a piedi cominciamo l’esplorazione della medina di Fes. C’inoltriamo in un intricato dedalo di viuzze, tutte simili tra loro e seguendo il nostro “faro” passiamo di fronte alla bella facciata ornata di stucchi e baldacchini della Moschea di Sidi Ahmed Tijani, uno dei più venerati santi della città … quindi andiamo a vedere la notevole Madrasa Attarine, la più importante e antica scuola coranica di Fes, risalente all’inizio del XIV secolo, che presenta, soprattutto nel sofisticato cortile centrale, una stupenda architettura ispano-moresca, tipica del periodo merenide. Giriamo attorno alla grande Moschea Qaraouiyine, fondata nel IX secolo, che può contenere fino a ventimila fedeli ed il suo minareto è considerato il più vecchio di tutto il mondo islamico, ma naturalmente l’accesso è vietato ai non musulmani. Siamo però fortunati, perché capitiamo nel momento in cui si apre la porta principale e ci viene concesso, versando un piccolo obolo, di scattare qualche foto. Passeggiando arriviamo alla Place as-Seffarine, che letteralmente significa Piazza degli artigiani che lavorano l’ottone … in effetti è molto caratteristica e numerosi martelli sono sapientemente all’opera anche oggi … Da lì facciamo poi un bel giro nelle zone più tipiche del souk di Fes, così possiamo assaporare tante crude scene di vita quotidiana marocchina. In questo modo, passando anche dal Mausoleo di Moulay Idriss II, fondatore e santo patrono della città, che, in quanto non fedeli, ci accontentiamo di vedere attraverso la porta principale, arriviamo alla Piazza Nejjarine, dove spicca l’omonima fontana, considerata la più bella di Fes, protetta da un tetto sporgente in legno di cedro scolpito (nejj in arabo significa segatura … siamo infatti nel quartiere che riunisce gli artigiani del legno). Sulla stessa piazza dà anche un palazzo che ospita il museo dell’artigianato ligneo, al quale dedichiamo un po’ di tempo, soprattutto per l’ambiente: un magnifico caravanserraglio settecentesco ben restaurato. Nelle vicinanze di Piazza Nejjarine, su mia insistente richiesta, la guida ci accompagna alle Conceria Guerniz. Il cuoio marocchino, e in particolare quello prodotto a Fes, è stato per secoli apprezzato e ritenuto fra i migliori del mondo. Nel tempo il suo processo di produzione non è affatto cambiato e nel XXI secolo lo si può ancora considerare una pratica di stampo medioevale. Saliamo per strette e contorte scale fin sulla copertura di un edificio e da lì ci affacciamo sulla schiera di vasche della conceria, dove una manciata di persone sembra lavorare in una sorta di girone dantesco … Non sono le più grandi e rinomate della città le Concerie Guerniz, ma sono comunque molto caratteristiche e meritano sicuramente una visita. La natura ed il carattere del popolo marocchino sono fondati innegabilmente sul commercio, così in tarda mattinata la nostra guida, con la scusa di farci visitare una tipica casa della medina, ci trascina in una dimostrazione di tappeti molto ben architettata, tanto che, per poco, non ne acquistiamo uno, poi Sabrina nota alcuni difetti, che solo occhio femminile potevano cogliere, e rinunciamo. Subito dopo scatta un altro tentativo per farci aprire il portafoglio: al negozio di tessuti artigianali (forse), ma non ci facciamo irretire e arriviamo indenni all’ingresso delle Concerie Chouara. Le più famose, vaste e caratteristiche concerie di Fes le osserviamo dall’alto di un terrazzo, dal quale lo spettacolo è davvero suggestivo, nella sua cruda realtà al di fuori del tempo … e la tanto temuta puzza che emanano alla fine non risulta neanche così terribile, nonostante dentro alle vasche della concia ci sia un po’ di tutto: dagli escrementi di piccione all’urina di mucca …

Tornati ai vicoli della medina facciamo un’ultima sosta ad una cooperativa di produzione del famoso olio di argan (dalle notevoli e comprovate proprietà curative e cosmetiche) e ne acquistiamo una piccola confezione, poi, riguadagnata l’auto, facciamo ritorno all’hotel. Salutiamo la nostra guida, che ci è stata utile e tutto sommato ci ha soddisfatto, anche se non credo il sentimento sia reciproco, vista la nostra scarsa propensione agli acquisti. Prima di salire in camera andiamo a fotografare la vicina Bab Boujloud, principale e scenografica porta d’ingresso alla medina, e a visitare la Madrasa Bou Inania, un’altra importante e storica scuola coranica, omonima a quella di Meknes, ma la troviamo chiusa perché è l’ora della preghiera … Allora facciamo definitivamente ritorno (entro le 13:00, come preventivamente concordato) all’Hotel Batha per recuperare i bagagli. Li carichiamo in auto e subito dopo riprendiamo strada. Passiamo ad immortalare con la giusta luce la sfarzosa facciata del Palazzo Reale, poi torniamo anche al Borj Sud per fare altrettanto con la vista sulla città vecchia, e nel suo parcheggio consumiamo il nostro classico pranzo al sacco.

Sono da poco passate le 14:00 quando ci apprestiamo a lasciare Fes: oggi pomeriggio dovremo scavalcare nientemeno che il sistema montuoso dell’Atlante, vera e propria barriera naturale fra il nord ed il sud del paese, con i suoi 700 chilometri di lunghezza e vette che superano i 4.000 metri. Ci aspettano oltre 300 chilometri di strada, in gran parte di montagna, e sarà dura arrivare a destinazione prima che faccia buio, ma dobbiamo perseverare in quanto è una tappa obbligata nell’avvicinamento alle zone desertiche del Marocco. Andiamo a sud e ben presto cominciamo a salire di quota, così nella cittadina di Ifrane non possiamo fare a meno di notare i tetti spioventi delle case (sembra di essere in Svizzera), che fanno subito pensare alla neve. Infatti siamo in una delle più rinomate stazioni sciistiche del Nordafrica. Subito dopo il bivio per la località di Azrou c’inoltriamo poi in belle foreste di cedri e ad un certo punto ci fermiamo per osservare, ai bordi della strada, un nutrito branco di bertucce, assediato da altrettanti turisti armati di fotocamera. Più avanti gli alberi spariscono e percorriamo un lungo tratto fiancheggiato da verdissimi ma spogli paesaggi, che ricordano vagamente la steppa mongola. Superiamo il Col du Zad (a 2.178 metri di quota), quindi seguiamo un’altra vallata disseminata di monumentali cedri e scendiamo in direzione di un’arida pianura, nella quale il colore predominante non è più il verde, ma le calde tonalità della terra … In effetti ora sembra di essere nel West americano. In cielo nel frattempo si sono addensate parecchie nuvole, che ci guastano l’ultimo tratto di strada i cui paesaggi, con la presenza del sole, sarebbero stati tutt’altra cosa … Attraversiamo così le interessanti Gole dello Ziz nell’ombra unita all’oscurità della sera. Però, ormai in vista della città di Er-Rachidia (nostra meta) veniamo deliziati da uno strepitoso tramonto che sembra incendiare le nuvole. Col buio quasi totale (poco dopo le 19:00) arriviamo alla Casbah Aferdou, che ci ospiterà per questa notte. Prendiamo possesso della stanza, ceniamo (bene e a poco) e poi ce ne andiamo a riposare, chiudendo una giornata interminabile, ma indimenticabile!

Martedì 23 Aprile

Riordinati nuovamente i bagagli in auto decidiamo, prima di tutto, di fare qualche passo indietro nell’itinerario per andare a vedere almeno un tratto delle Gole dello Ziz con la luce del giorno… Le nuvole però in quella zona abbondano anche oggi e finiamo solo per allungare la tappa di almeno quaranta chilometri. Tornati a Er-Rachidia, con il sole che ora, a sprazzi, ci delizia della sua presenza, andiamo a sud fiancheggiando la verdissima Valle dello Ziz traboccante di palme, che spicca fra due ali di rocce rossastre ed il paesaggio desertico circostante, mentre spira un vento pungente da est che, vista la latitudine e la stagione, rende l’aria fin troppo frizzante. A metà mattinata arriviamo nella cittadina di Erfoud intenzionati a salire sull’altura del Borj Est, che domina l’intera zona, per godere del panorama, ma una volta attraversato lo Uadi Ziz e fatta la prima rampa dello sterrato che arriva in cima rinunciamo, perché la densa foschia odierna non offrirebbe un degno spettacolo. Proseguiamo allora lungo la strada che corre su questo lato del fiume e giungiamo nei pressi di un costone roccioso famoso per i suoi giacimenti fossili, che notiamo intrappolati in certe conformazioni, ma i pezzi offerti da alcuni venditori non ci convincono appieno sulla loro originalità, così torniamo ad Erfoud e seguiamo le indicazioni per la località di Rissani. Ci avventuriamo in una piccola deviazione per andare a vedere la solitaria torre dello Ksar Ouled Zohra e poi facciamo il nostro ingresso nell’oasi del Tafilalet, che può vantare il più esteso palmeto di tutto il Marocco, con oltre settecentomila palme da dattero. A Rissani ci rechiamo a visitare il mausoleo di Moulay Ali Cherif, una costruzione risalente al secolo scorso che ospita le spoglie del fondatore (nel XVII secolo) della dinastia degli Alaouiti, alla quale appartiene anche l’attuale re del Marocco Mohammed VI. Nel parcheggio del mausoleo pranziamo e poi da lì affrontiamo un percorso che si avventura nel palmeto, molto suggestivo e costellato di numerosi Ksar (villaggi fortificati), fra i quali spicca, per la sua architettura, quello di Oulad Abdelhalim … ma più avanti intriga parecchio anche la porta in pisé di Serghine, dove una schiera di bimbi ci assedia, alla ricerca di penne e bon-bon, mentre scattiamo una foto. Il percorso si chiude ad anello dopo venti chilometri, fra begli scorci, facendo ritorno a Rissani e a quel punto non ci resta che andare in direzione di Merzouga, insediamento berbero dislocato ai piedi delle famose dune dell’Erg Chebbi. Già diversi chilometri prima di arrivare a destinazione si distinguono chiaramente le grandi dune rossastre di questo enorme deposito di sabbia (lungo circa 27 chilometri e largo da 6 a 7), che è una delle principali attrattive del Marocco. Prima di tutto andiamo alla ricerca della Kasbah Azalay, struttura che ci ospiterà per questa notte dal sapore sahariano, infatti a Merzouga ci troviamo a circa 20/30 chilometri di distanza dal confine con l’Algeria. Facendo un po’ di fuoristrada troviamo la kasbah, ubicata su di una piccola altura, a due passi dalle prime dune e molto carina … Ci consegnano subito la nostra stanza, estremamente curata in ogni dettaglio, e poi chiediamo aiuto al titolare per organizzare un’escursione in dromedario sull’Erg Chebbi, nella calda luce del tramonto. Alle 17:00 in punto si presenta un ragazzo berbero (o almeno così sembra) con tre dromedari. Ci fa salire in groppa e con lui davanti, a piedi, ci avventuriamo fra le dune. Fra stupendi scenari di soffice arena rossastra modellata dal vento saliamo ondeggiando fin sulle dune più alte (circa 150 metri), dove ci andiamo a fermare in attesa del calar del sole … Fantastico! … Mi sbizzarrisco a scattare foto da ogni angolazione sulle dorate creste di sabbia, che verso est sembrano perdersi sotto la linea dell’orizzonte, mentre le ombre sempre più si allungano mettendo in evidenza le armoniose irregolarità del mutevole e voluttuoso territorio intorno a noi. Poi l’oscurità prende il sopravvento e l’ipotetico sipario si chiude su di uno spettacolo indimenticabile … una di quelle esperienze che da sole valgono l’intero viaggio … L’ora del rientro è giunta, così torniamo in groppa ai dromedari e, ancora ondeggiando, concludiamo, col buio che ormai domina la scena, questa magica esperienza. Salutiamo il nostro amico berbero, che ci ha accompagnati, e ci ritiriamo nella Kasbah Azalay per la serata, condita da un’ottima cena … epilogo di un’altra giornata estremamente positiva.

Mercoledì 24 Aprile

Scostare le tende al mattino e vedere di fronte a noi la distesa di dune dell’Erg Chebbi è cosa sublime… Consumiamo una buona colazione e poi ci facciamo accompagnare dai gentili proprietari della Kasbah Azalay al noleggio quad di Merzouga … Un ruggente mezzo fuoristrada per me e Sabrina, uno per Federico e uno per la guida … poi via, verso i rossastri e armoniosi cumuli di sabbia di fronte a noi! Ci scateniamo su e giù per soffici colline di arena dorata e viviamo una fantastica esperienza, di quelle che svuotano la mente da ogni tipo di problema … In questo modo, dopo mezzora abbondante, c’immergiamo completamente nel più classico dei paesaggi desertici e arriviamo in un villaggio berbero, situato ai piedi di un’enorme duna e dislocato entro i confini di una minuscola oasi: un’inconfutabile macchia di colore nel monocromatico ambiente circostante. Risaliti sui quad scorrazziamo, divertendoci, per un’altra mezzora abbondante, poi facciamo ritorno, pienamente soddisfatti, alla base di partenza. Subito dopo riguadagniamo anche la Kasbah Azalay, così da recuperare i bagagli e salutare definitivamente le meravigliose dune dell’Erg Chebbi, che resteranno per sempre nei nostri cuori. Percorriamo un bel tratto di strada a ritroso, fino alla città di Erfoud, poi andiamo ad ovest e imbocchiamo la R702 seguendo le indicazioni per Tinghir. Ad un certo punto sulla destra, appena dopo la località di Fezna, notiamo tanti cumuli di terra disposti su lunghe file, quasi a perdita d’occhio: sono vecchi pozzi scavati diversi decenni or sono dalle popolazioni locali, profondi fino a trenta metri. Ci fermiamo, incuriositi, per osservarli brevemente da vicino, poi riprendiamo l’itinerario. Il paesaggio ora è piatto e semi-desertico. Attraversiamo alcuni villaggi e giungiamo nella città di Tinejdad per immetterci sulla strada N10 … Ho un po’ fretta perché si sta facendo tardi, così forzo leggermente l’andatura e cado nella trappola della polizia marocchina che mi pesca, con un simpatico tele-laser, a 77 chilometri orari laddove il limite era 60 … Tocca conciliare e pagare i 300 Dirham della multa, così come un altro italiano davanti a me.

Riprendiamo a macinar chilometri (con un po’ più di attenzione) e poco dopo le 14:00 arriviamo a Tinghir, ai piedi di aspre montagne. Da lì imbocchiamo la strada che porta alle celebri Gole del Todra, con il nastro d’asfalto che comincia subito a salire offrendo un bel colpo d’occhio sui sottostanti villaggi ed il vasto palmeto che li accomuna. Poi la vallata improvvisamente si stringe ed entriamo nel tratto più severo delle gole, con impressionanti pareti rocciose, alte fino a trecento metri, che stupiscono per la loro verticalità e a volte sono talmente vicine da lasciare a mala pena il posto per la stretta carreggiata e l’alveo del fiume in secca. Superato il punto più stretto (davvero mozzafiato!) le gole si aprono e la luce può finalmente entrare … peccato che nel frattempo siano montate parecchie nuvole. Ne percorriamo qualche chilometro e poi ci fermiamo ai bordi della strada per pranzare, nella speranza che intanto torni a splendere il sole. Veniamo premiati e le nubi si diradano mentre riprendiamo a salire le Gole del Todra fra bellissimi scenari, dominati dalla calda tonalità delle rocce, in contrasto col blu intenso del cielo … Arriviamo così nella località di Tamtattouchte (a 36 chilometri dall’imbocco della strada a Tinghir): qui la vallata si allarga ulteriormente, fra verdi paesaggi bucolici e, scattata qualche foto, facciamo dietro-front. Sulla via del ritorno ci concediamo numerose tappe per assaporare la bellezza del luogo, poi, abbandonata l’idea di visitare la moschea Ikelane nei pressi di Tinghir, percorriamo i cinquanta chilometri che ci dividono dalla città di Boumalne Dades. Ormai al termine della giornata e dopo varie peripezie dovute all’attraversamento di un guado (alla fine evitato), raggiungiamo la Kasbah La Perle du Dades, che ci ospiterà per la notte … Consumiamo un’ottima cena e ci ritiriamo in camera a riposare, in attesa di un’altra avvincente tappa di questo viaggio maghrebino.

Giovedì 25 Aprile

E’ dolce svegliarsi nella Kasbha La Perle du Dades, veramente curata in ogni dettaglio, bella ed accogliente. Dopo colazione sistemiamo i bagagli sul fido Pajero e, mentre in lontananza, sulle vette più alte delle montagne che ci circondano, s’intravede la neve, partiamo alla conquista delle Gole del Dades, una fra le più interessanti vallate del sud marocchino. Da Boumalne Dades imbocchiamo una strada dalla quale dovremo poi tornare indietro e cominciamo a risalire le gole, così dopo sei chilometri, nella località di Ait-Moutad, incontriamo il primo luogo di un certo interesse: la bella Kasbah del Glaoui, in buono stato di conservazione, che ci fermiamo a fotografare. Da lì la strada comincia a salire ed il paesaggio, via via più aspro, nelle sue mille tonalità di rossi ed ocra in contrastano con il verdissimo fondovalle ed il blu intenso del cielo, si fa sempre più intrigante. A Tamlat il lato orientale della valle è caratterizzato da fantastiche conformazioni rocciose arrotondate dall’erosione che gli è valso l’appellativo di “Valle delle dita di scimmia” e più avanti, ad Ait-Larbi, non possiamo fare a meno di notare una superlativa sfilata di kasbah sull’affascinante sfondo della vallata. Dopo Ait-Larbi la gola si stringe e arriviamo nel suo punto più suggestivo, dove la strada s’inerpica a strettissimi tornanti dal fondo alla sommità di uno spettacolare baratro roccioso, poi, ancora più avanti, ci avventuriamo in un altro strettissimo passaggio, con il nastro d’asfalto che s’incunea, assieme al fiume Dades, in un raccapricciante canyon. In questo modo guadagniamo anche il paese di Imdiazen, dove è in corso di svolgimento un tradizionale mercato (molto spartano), così ci fermiamo per una breve passeggiata fra i banchi, durante la quale apprendiamo numerosi aspetti della vita quotidiana di questa gente e ne approfittiamo per acquistare un bel sacchetto di fave fresche da gustare a pranzo. Risaliti in auto giungiamo nella località di Tighadouine, da dove la strada riprende a salire in maniera considerevole. Percorriamo così un altro spettacolare tratto, fiancheggiati da severe montagne incise da profonde striature, ma anche da vertiginosi burroni, in fondo ai quali scorre il fiume con le sue sinuose anse, fra le quali risalta quella curiosa detta la “Tartaruga del Dades”.

In tarda mattinata facciamo in nostro ingresso nel paese di Msemrir, a 64 chilometri dall’imbocco della vallata e a 2.020 metri di altitudine. Lì termina la strada asfaltata e si potrebbe proseguire solo su pista. Noi invertiamo la rotta e torniamo, senza fretta, godendoci il fantastico paesaggio delle Gole del Dades, a Boumalne, quando il mezzogiorno è già passato da quasi un’ora. Continuiamo poi a seguire la vallata del Dades, che da qui si fa molto più dolce, e in breve arriviamo nella cittadina di El-Kelaa M’Gouna, principale centro della regione nota per la coltivazione delle rose. Ne sono testimoni i numerosi negozi che vendono qualsiasi derivato da questo fiore. Da El-Kelaa giriamo quindi ancora in direzione delle montagne per risalire la cosiddetta Valle delle Rose. Ne percorriamo il primo tratto, in salita, e alla terrazza panoramica sulla Kasbah Mirna, scenograficamente ubicata su di uno sperone roccioso ai margini del fiume, ci fermiamo per pranzare. Subito dopo ci impegniamo nell’esplorazione della valle e seguiamo la strada che vi si inoltra per oltre venti chilometri, lungo la quale si alternano scenari di rocce e verdissimi campi coltivati lungo il corso d’acqua che ne scaturisce … Tutto molto bello … peccato che nella Valle delle Rose a mancare siamo proprio le rose! E dire che siamo nella stagione giusta … ma a parte qualche raro cespuglio del fiore in questione neanche l’ombra e forse, come dice anche la nostra guida, più che Valle delle Rose questa è la Valle Rosa, per il colore delle rocce che la caratterizzano … Comunque nulla di male, perché la deviazione ha meritato ampiamente il tempo che abbiamo voluto dedicargli. Tornati a El-Kelaa e ripresa la Valle del Dades incontriamo poi qualche piantagione, ma nulla di entusiasmante rispetto alle attese. Nella località di Imassine, nonostante gli sforzi, non riusciamo ad identificare l’omonima kasbah, poi a Skoura, dopo vari tentativi troviamo la Kasbah Amridil, una delle più note del paese, in quanto raffigurata sulle vecchie banconote da cinquanta Dirham, con l’effige di Hassan II, ma la sua bella facciata è tutta nell’ombra del pomeriggio inoltrato, così ci consoliamo con un’interessante visita degli interni. A questo punto, di una giornata largamente positiva per la bellezza e la suggestione offerta dai luoghi visitati, non ci resta che percorrere i trenta chilometri di ottima strada che ci dividono dalla città di Ouarzazate, piccola capitale economica (ma non storica) del grande sud marocchino, e dall’Hotel Azoul, che ci ospiterà di passaggio verso l’esotica Valle del Draa e le propaggini più settentrionali dello sconfinato deserto del Sahara.

Venerdì 26 Aprile

Siamo a metà dell’opera per quanto concerne il viaggio, che fino ad ora ci ha soddisfatti sotto ogni punto di vista. Oggi siamo diretti nello sperduto villaggio di M’Hamid, in quello che sarà il punto più a sud dell’itinerario. Partiamo poco dopo le 8:00, da Ouarzazate, e una volta percorse alcune decine di chilometri la strada comincia a salire superando, fra intriganti panorami, il Passo Tizi-n-Tinififft, a 1.600 metri di quota, per poi scendere verso la località di Agdz, nella Valle del Draa, il più lungo fiume del Marocco, che da vita ad una lussureggiante oasi prima di perdersi nelle sabbie del deserto. Appena dopo Agdz facciamo una piccola deviazione sulla sinistra, scavalcando lo uadi, per andare a visitare lo Ksar Tamnougalt, antica capitale della regione Merguita. Esploriamo il vecchio villaggio fortificato, risalente al XVI secolo, in compagnia di una guida locale che ci porta alla scoperta dei suoi angoli più segreti, in un dedalo di vicoli e cortili, fin dentro una kasbah ancora abitata e poi sul tetto, per osservare il caos di muri in pisé che si stagliano sulla rigogliosa oasi circostante e le rosse montagne di contorno. Davvero suggestiva la passeggiata fra i mattoni di fango dello Ksar Tamnougalt, che è uno dei più importanti esempi di architettura marocchina dell’epoca e meriterebbe qualche attenzione in più per evitare che finisca in totale rovina. Completa il quadro, nelle vicinanze, un bel forte che domina la zona dall’alto di una collina … ideale ciliegina sulla torta di una magnifica esperienza. Ripresa la strada principale (N9) torniamo a seguire la Valle del Draa, caratterizzata da estesi palmeti lungo il corso del fiume e da aspre montagne sui lati, ma anche disseminata di ksar e numerose kasbah.

Ci fermiamo così a fotografare la bella Kasbah Timiderte, ma anche quella imponente degli Ouled Othmane, situata proprio ai bordi della carreggiata. Ancora più avanti arriviamo al grande Ksar Tissergate, costruito nel XIII secolo e tuttora abitato da numerose famiglie. Ci fermiamo per ammirare la stupenda cinta muraria, in ottimo stato di conservazione e caratterizzata da scenografiche torri decorate con simboli berberi, ma anche per visitare, nell’interno, un’interessante kasbah adibita a museo delle arti e delle tradizioni locali. In tarda mattinata facciamo il nostro ingresso nella città di Zagora, fondata durante il periodo coloniale francese come avamposto amministrativo verso la sconfinata regione sahariana, infatti la sua più famosa attrazione turistica è un cartello stradale (oggi restaurato e ricollocato) che indica “Timbouctou 52 jours” … a dorso di cammello, naturalmente. Evitiamo di salire al Jebel Zagora, un picco roccioso che domina l’abitato dal quale si potrebbe ammirare un bel panorama … se il paesaggio non fosse invaso dalla densa foschia odierna. Proseguiamo verso sud transitando nel paese di Tamegroute (noto per una scuola coranica e per le sue ceramiche verdi, esposte lungo la strada). Ci lasciamo sulla sinistra le modeste Dune di Tinfou e poco dopo ci fermiamo nell’ombra, ai bordi della carreggiata, per pranzare. Il tempo strettamente necessario a consumare i nostri panini e poi riprendiamo a macinar chilometri, così dopo aver superato un piccolo passo costellato di enormi cartelli che mettono in guardia circa l’ingresso in zona desertica, arriviamo come previsto, intorno alle 14:00, nella remota località di M’Hamid, considerata la porta marocchina sul deserto del Sahara. (Anche qui, come a Merzouga, il confine algerino dista poche decine di chilometri, ma non c’è strada che vi arrivi). Siamo alla ricerca dell’agenzia “Biouvac sous les etoiles”, con la quale abbiamo prenotato da tempo una notte nel deserto, ai piedi delle dune dell’Erg Chegaga e, appena chieste indicazioni, la troviamo nella piazza … o meglio, nel principale incrocio del villaggio. Parcheggiata l’auto nel cortile di una casa e fatta conoscenza con il nostro autista berbero, pochi minuti prima delle 15:00 prendiamo il via a bordo di un pick-up, in compagnia di un passeggero improvvisato che se ne va nel cassone assieme alle valigie. Passiamo a far scorta d’acqua potabile e subito dopo ci lasciamo alle spalle l’asfalto. Percorriamo piste sabbiose e polverose. Passiamo laddove c’è un pozzo nella desolazione più totale, poi da una piccola oasi abitata da alcune famiglie non troppo socievoli. Ad un certo punto il nostro provvisorio compagno di viaggio scende e s’incammina, apparentemente, verso il nulla, mentre noi proseguiamo in direzione delle dune che ormai s’intravedono in lontananza. Attraversiamo una singolare prateria nella quale pascolano branchi di dromedari allo stato semibrado e dopo due ore di viaggio giungiamo al campo tendato del “Biouvac sous les etoiles”. Prima di tutto portiamo i bagagli nell’insolita stanza che ospiterà per questa notte, poi ci offrono un te di benvenuto … in questo modo si fa l’ora di andare alla conquista dell’Erg Chegaga, il più vasto deserto sabbioso del Marocco, lungo oltre quaranta chilometri e con dune alte fino a trecento metri. Il nostro autista ci accompagna alla base delle più alte montagne di sabbia e lì, io e Federico, proviamo l’emozione di una breve discesa da una duna con gli sci ai piedi … questa proprio ci mancava! Saliamo poi camminando sul punto più elevato: una fatica ripagata dal meraviglioso colpo d’occhio che si gode da lassù … Aspettiamo, in compagnia di altri turisti, ed in religioso silenzio, l’arrivo del tramonto e quando la palla rosso fuoco sparisce sotto alla linea dell’orizzonte scendiamo dalle dune e facciamo ritorno al campo, pienamente soddisfatti dell’avventura vissuta. Più tardi consumiamo una buona cena sotto alle stelle e concludiamo un’indimenticabile giornata intorno al fuoco, allietati da canti berberi.

Sabato 27 Aprile

La sveglia nel campo del “Biouvac sous les etoiles”, ai piedi delle dune dell’Erg Chegaga, ha un sapore tutto particolare … In un silenzio ovattato consumiamo la colazione sotto la tenda berbera e poi carichiamo i bagagli sul pick-up per far ritorno a M’Hamid. Non passando dall’oasi e seguendo una pista più diretta impieghiamo solo un’ora e mezza, così già prima delle 10:00, saldato il conto all’agenzia, siamo a bordo della nostra fedelissima Mitsubishi Pajero diretti a Ouarzazate. In effetti quella odierna sarà una giornata un po’ di transizione, dovendo ripercorrere tutta la Valle del Draa (oltre 250 chilometri), già percorsa ieri … La foschia poi è sempre tanta e anche oggi eviteremo si salire sullo Jebel Zagora. Nella località di Agdz ci fermiamo però a vedere la bella kasbah bicentenaria del Cadi Ali, che avevamo tralasciato. Facciamo così un’interessante visita guidata di quasi un’ora fra i suggestivi ambienti dell’edificio, di recente restaurato con l’aiuto di gruppi di studenti stranieri, fin sulla copertura, dalla quale si ha un magnifico colpo d’occhio sull’oasi e le montagne circostanti. Alla ripresa delle ostilità con il nastro d’asfalto ci fermiamo a pranzare lungo il percorso, poi, superato nuovamente il Passo Tizi-n-Tinififft, poco dopo le 15:00, giungiamo in vista di Ouarzazate, ma non andiamo verso il centro città, bensì imbocchiamo la strada che porta all’Oasi di Fint. Il primo tratto, asfaltato, attraversa una lottizzazione semi-abbandonata, poi la via si fa sterrata e dopo circa dieci chilometri di pista, attraverso un arido altopiano, scendiamo in una verde vallata, che mai ci saremmo aspettati di incontrare … non per niente Fint, in lingua berbera, significa nascosto. Attraversiamo lo uadi e ci troviamo immersi in un paesaggio idilliaco, tanto perfetto da sembrare un set cinematografico: boschetti di palme e cespugli rigogliosi disseminati lungo l’alveo di un placido fiume, che scorre alla base di enormi costoni rocciosi levigati, nel tempo, dagli agenti atmosferici … Scattiamo, con soddisfazione, tutte le foto del caso, poi torniamo sui nostri passi e lasciamo l’Oasi di Fint, una “chicca” che ha davvero meritato il tempo a lei dedicato. Prima di fare in nostro ingresso a Ouarzazate ci rechiamo anche nella periferia dell’abitato a vedere la diroccata Kasbah Tamelsa, ubicata su di una piccola altura ai bordi di lussureggianti campi coltivati. Sulla fatiscente costruzione nidificano alcune cicogne che fanno risultare il luogo molto suggestivo, ma altri volatili della stessa specie hanno colonizzato un vicino minareto, rendendolo particolarmente fotogenico e caratteristico. Verso le 17:00 conquistiamo, finalmente, il centro di Ouarzazate e subito ci rechiamo a visitare, prima che chiuda i battenti, la grande Kasbah Taourit. Fondata nel XVII secolo e ricostruita dalla tribù Glaoui alla fine dell’Ottocento, la Kasbah Taourit è sicuramente l’edificio storico più importante della città, riportato in parte all’antico splendore grazie ai fondi messi a disposizione dall’Unesco. Noi la esploriamo accompagnati da una guida locale, che ci aiuta a districarci nell’intricato dedalo di stanze, scale e cortili, e poi ci scorta anche in una breve visita della città vecchia, tappezzata di ricordi del cinema. Ouarzazate, infatti, è una piccola Hollywood perché parecchie pellicole di successo sono state girate nei dintorni o nei suoi “Studios”, che però eviteremo di esplorare. Dopo un’ora abbondante a passeggio per le zone più interessanti della città andiamo alla ricerca del Riad Ouarzazate, che ci ospiterà per questa notte… Lo troviamo senza problemi e fra le sue mura concludiamo una giornata che sulla carta non doveva essere proprio speciale, ma che in realtà è stata, tutto sommato, piacevole.

Domenica 28 Aprile

Notte insonne quella appena trascorsa: nel quartiere del Riad Ouarzazate si festeggiava un matrimonio e c’è stata musica a tutto volume fino alle 5:00 del mattino … poi è cessata, ma subito dopo la luce del sole ha cominciato a filtrare nella camera e intorno alle 7:00, come al solito, è suonata la sveglia … poco male … recupereremo! Un’ora più tardi siamo già seduti in auto diretti a nord, con l’intento di scavalcare l’Atlante e raggiungere la città di Marrakech. Appena usciti da Ouarzazate ci fermiamo a dare un’occhiata anche alla Kasbah Tifoultoute (risalente al XVII secolo), che però non è nulla di eccezionale, e alla ripartenza, lungo un rettilineo della strada principale, ormai fuori dal centro abitato, ma entro la zona con limite a 60 chilometri orari, ci becchiamo la seconda multa con tele-laser ai 77 all’ora … 300 Dirham, ridotti a 200 per “gentile” concessione del poliziotto, che ha tramutato l’infrazione per eccesso di velocità in contravvenzione per guida senza cinture … Così ho dovuto anche dire, fra i denti, un sofferto grazie e poi salutare cordialmente … Dopo un decina di chilometri lasciamo la strada N9 e svoltiamo a destra seguendo le indicazioni per Ait-Benhaddou, il più celebre ksar di tutto il Marocco, dichiarato anche Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco nel 1987. La fondazione del villaggio non è certa e pare risalga ad un periodo compreso far l’VIII ed il XII secolo, ma gli attuali edifici sono stati costruiti soprattutto nell’Ottocento e, nonostante i restauri, sono ancora in gran parte in rovina. Il luogo poi, per le sue caratteristiche, è stato scelto come set per girarvi alcuni film di grande successo come “Lawrence d’Arabia”, “Il gioiello del Nilo”, “Il te nel deserto”, “La mummia”, “Il gladiatore” e tantissimi altri. Giunti in vista della rupe sulla quale si erge Ait-Benhaddou ci fermiamo in una sorta di terrazza panoramica lungo la strada per fotografarla e così ne approfittiamo anche per coprirci perché, incredibile ma vero, in discordia con il calendario e nonostante splenda il sole, oggi fa un gran freddo … Scesi più a valle, subito dopo, parcheggiamo l’auto e a piedi ci avviamo per una visita più ravvicinata. Attraversiamo il fiume quasi in secca camminando su dei sacchi di sabbia e arriviamo al cospetto di una delle porte del villaggio … Fra le vecchie mura in pisé dello ksar vivono ancora oggi una decina di famiglie, così paghiamo un piccolo obolo ad una di queste e varcato l’ingresso cominciamo l’esplorazione di Ait-Benhaddou. Vaghiamo lungo le caratteristiche vie del villaggio, alla ricerca di angoli da immortalare, ma non arriviamo alla sommità della collina, un po’ perché a quest’ora, da lassù, la vista sarebbe controsole, un po’ perché questa mattina Sabrina non sta molto bene e ben presto si arrende di fronte alle scalinate. Tornati all’auto riprendiamo strada. Non andiamo però in direzione di quella principale per Marrakech, ma continuiamo per questa (secondaria), che segue il corso del fiume Ounila e che fino a poco tempo fa, più avanti, diventava una pista di montagna piuttosto impervia, ma che ora, secondo informazioni in mio possesso, è stata asfaltata. Dopo pochissimi chilometri incontriamo la bella Kasbah Tamdaght, costruita su di un costone roccioso a dominio di un bucolico e verdissimo paesaggio, che fu set della terza edizione del reality show “La Fattoria”, trasmesso da Canale 5. C’inoltriamo poi nel cuore della Vallee du Ounila, dove la strada è effettivamente in ottime condizioni e ad ogni curva offre una vista ed uno spettacolo diverso: una folta vegetazione ricopre la base del piccolo canyon dando l’idea di un verde fiume in piena, mentre le sponde, costellate di modesti villaggi, sono bordate di rocce dai caldi, magnifici colori. Giunti nella località di Anemiter lasciamo la Vallee du Ounila e cominciamo a salire rapidamente di quota, mentre il nastro d’asfalto si fa più sconnesso, ma comunque percorribile anche con un’auto da turismo. Arriviamo così nel villaggio di Telouet, un tempo importante tappa lungo la via carovaniera, e lì facciamo sosta per visitare l’omonima, grande kasbah, che fu, fino alla metà del secolo scorso, residenza della potente dinastia dei Glaoui. Oggi in gran parte è in rovina, ma un’ala del palazzo è ancora agibile e conserva, fra l’altro, alcuni ambienti magnificamente decorati, che io e Federico esploriamo brevemente, mentre Sabrina ci aspetta in auto perché sta sempre peggio.

Dopo Telouet affrontiamo una serie di stretti tornanti che salgono vertiginosamente lungo il versante meridionale dell’Atlante, mentre il paesaggio man mano cambia aspetto e diventa sempre meno arido, poi ci immettiamo sulla strada principale proveniente da Ouarzazate e poco dopo entriamo in un banco di nuvole. Così valichiamo in un clima autunnale il Passo Tizi-n-Tichka, tetto del nostro viaggio, a 2.260 metri di quota. Sull’altro versante del passo il paesaggio è verde e rigoglioso, ma il presunto banco di nuvole era solo la punta dell’iceberg, infatti il cielo è completamente grigio e compatto … peccato, perché ci sarebbero stati bei panorami. Scendendo di quota le condizioni meteo anziché migliorare peggiorano ulteriormente e comincia anche a piovere con una certa insistenza … poi smette, ma il cielo resta cupo. Facciamo una veloce sosta per il pranzo e poi via, verso Marrakech, dove arriviamo una manciata di minuti dopo le 15:00. A quest’ora non conviene andare verso il centro alla ricerca del nostro riad, così ne approfittiamo per andare a visitare, fuori le mura della medina, gli originali Giardini Majorelle. Ci accompagna anche Sabrina, seppur claudicante, nell’esplorazione del giardino che fu l’atelier del pittore Jaques Majorelle. L’artista ne fece un luogo così speciale che alla sua morte se ne innamorò lo stilista Yves Saint-Laurent, che lo acquistò, lo restaurò e ne fece, a sua volta, la propria residenza in Marocco … Il grande creatore di moda, passato a miglior vita nel 2008, chiese poi che le sue ceneri fossero sparse proprio in questo giardino e a testimonianza di ciò resta una stele commemorativa fra la vegetazione. Vaghiamo per un po’ lungo i viali ordinati, fiancheggiati da grandi giare dipinte con colori vivaci, e poi enormi cactus, bambù e tante altre specie vegetali provenienti dai cinque continenti, ma anche specchi d’acqua, fontane e al centro dei giardini l’edificio che fu l’atelier di Majorelle dipinto di colore blu malva, in netto contrasto col verde circostante … il tutto, purtroppo, senza la presenza del sole, ma comunque molto bello. Terminata la visita risaliamo in auto e facciamo praticamente il giro completo delle mura in pisé della città vecchia, lunghe 19 chilometri, poi entriamo nella medina … e riusciamo a districarci a meraviglia, individuando al primo colpo il parcheggio della prefettura, dove lasciare il nostro Pajero per raggiungere, a breve distanza, il Monriad, che ci ospiterà per le prossime due notti. Ottenute le chiavi ci ritiriamo in camera, così Sabrina può finalmente riposare e ritrovare, possibilmente, la forma per domani mattina. Più tardi usciamo io e Federico e andiamo alla famosa Piazza Jemaa-el-Fna, che si trova a soli cinque minuti a piedi dal Monriad, ma è un freddo davvero inusuale per la stagione e non rimaniamo per molto in giro. Alle 21:00 siamo infatti di nuovo in camera, già proiettati verso il nuovo giorno, che ci auguriamo possa essere, per certi versi, un po’ più fortunato di quello appena concluso.

Lunedì 29 Aprile

Giornata completamente dedicata all’esplorazione di Marrakech, agglomerato urbano di quasi un milione di abitanti, quarta città imperiale della serie, ma certamente non l’ultima in ordine di importanza, anzi, la più famosa e turistica, con la sua medina ricca di monumenti storici, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco fin dal 1985. E’ tornato a splendere il sole e Sabrina sembra aver sufficientemente recuperato, quindi sarà dei nostri. In questo modo il programma di visite prende il via sotto i migliori auspici. Dopo colazione usciamo dal Monriad (davvero un bel riad) e a piedi ci avviamo verso la zona dei palazzi storici ci Marrakech. Prima di tutto andiamo a vedere il Palais el-Badi … o ciò che ne resta. Fatto costruire dal re saadiano Ahmed el-Mansour sul finire del XVI secolo e considerato a quel tempo uno dei più bei palazzi del mondo, fu praticamente raso al suolo meno di cento anni più tardi dal sultano Moulay Ismail, appartenete ad un’altra dinastia, per recuperarne i materiali pregiati e costruirsi, a sua volta, un altro palazzo nella nuova capitale Meknes … Le scarne rovine, con un vasto bacino centrale, sono comunque affascinanti, soprattutto per le numerose cicogne che popolano il colossale muro di cinta, e meritano senz’altro una veloce visita.

Usciti dal Palais el-Badi andiamo alla vicina Moschea el-Mansour, risalente al XII secolo ma ricostruita nel Seicento, che presenta un bel minareto decorato con arabeschi ed è una delle più importanti della città, ma in quanto non musulmani, come al solito, dobbiamo accontentarci di ammirare solo l’esterno. Di fianco alla moschea possiamo però visitare le cosiddette Tombe Saadiane, a quest’ora già invase da una orda di turisti (noi compresi). Il giardino-mausoleo ospita in tre sale magnificamente decorate (koubba) e alcuni spazi esterni i sepolcri della dinastia Saadiana, che caratterizzò un periodo storico del paese, compreso quello di Ahmed el-Mansourm, e sarebbero molto suggestive se non fosse per la sopraccitata orda di vacanzieri (noi compresi).

A questo punto, ormai a metà mattinata, ci spostiamo al vicino Palais de la Bahia, ricchissima dimora di fine Ottocento appartenuta al visir Ba Ahamed, potentissima figura di Marrakech, che vi abitava in compagnia delle sue quattro mogli, 24 concubine e innumerevoli bambini. Le sue 166 sale (che si visitano solo in parte) sono una profusione di stucchi, marmi e capolavori ad intarsio degni di un palazzo reale, che rendono la visita particolarmente piacevole … peccato solo che il principale e più scenografico patio del complesso architettonico sia, in questo periodo, chiuso per restauri.

Rimanendo in tema e completando, secondo i nostri programmi, l’esplorazione della zona, manca all’appello ancora un palazzo: quello di Dar si-Said, residenza del fratello di Ba Ahmed, costruito nello stesso periodo del Palais de la Bahia e per certi versi simile nelle decorazioni, anche se di dimensioni molto più ridotte. Oggi ospita anche il Museo delle Arti Marocchine, ma merita soprattutto per la bellezza degli ambienti. Il Palazzo di Dar si-Said si trova a meno di cento metri dal nostro riad, così poco dopo mezzogiorno passiamo in camera a rassettarci un po’ e poi via, verso la Piazza Jemaa-el-Fna, che sta cominciando a ravvivarsi. Andiamo ad immortalare il vicino, famosissimo minareto della Koutobia, indiscusso simbolo di Marrakech, che con i suoi 69 metri di altezza domina tutta la città. Fu fatto costruire dal re almohade Abd el-Moumen, nel XII secolo per soppiantare una precedente moschea della dinastia Almoravide e oggi è considerato, a giusta ragione, uno dei più bei monumenti di tutto il Nordafrica. Ancora pochi passi ed eccoci a Jemaa-el-Fna, il cuore pulsante della città, dove un tempo si tenevano le esecuzioni capitali e dove ancora oggi si consumano un’infinità di eventi … Non è l’architettura a rendere speciale questo luogo, ma l’ambiente, con le sue straordinarie scene di vita quotidiana. Saliamo a pranzare sulla terrazza di uno dei tanti locali che si affacciamo sulla piazza (il Taj’in Darna) e in tutta tranquillità ci godiamo il banale ma splendido spettacolo che si svolge ai nostri piedi. Rifocillati, poco dopo le 14:00, ripartiamo per visitare la parte di medina a nord di Jemaa-el-Fna, dove si trovano tutti i souk, ma anche diverse attrazioni architettoniche … E proprio su queste concentriamo per ora la nostra attenzione, perché il mercato non si animerà prima delle 15:00. Passiamo accanto alla moschea e alla fontana Mouassine e giungiamo in vista della Madrasa Ben Youssef … La più grande scuola coranica di tutto il Maghreb risale al XVI secolo e a suo tempo poteva ospitare circa trecento talebani (termine, di recente, un po’ equivocato che in arabo significa semplicemente studenti). Varchiamo la porta principale e accediamo allo stupendo cortile, perfetta espressione dell’arte arabo-andalusa, contornato di pilastri rivestiti in mosaici di zellij e sormontati da massicci architravi in legno di cedro, il tutto impreziosito da elaboratissimi stucchi. Negli ambienti intorno al cortile si sviluppa poi una rete di corridoi e scale che portano alle minuscole celle nelle quali vivevano gli allievi. Esploriamo ogni angolo del complesso e alla fine non possiamo che esprimere un parere fortemente positivo sulla Madrasa Ben Youssef, sicuramente la migliore fra tutte quelle viste nelle città imperiali. Nel prezzo del biglietto della scuola coranica è compreso anche l’ingresso al vicino Museo di Marrakech, che visitiamo brevemente, soprattutto per il palazzo nel quale è ospitato: il Dar M’nebhi, risalente al XIX secolo e all’epoca dimora del ministro della difesa. L’edificio, in particolare, presenta un bel cortile coperto da un telo a forma di cupola, che però dà una tonalità di luce non troppo piacevole all’ambiente. Nei pressi non si può invece visitare, in quanto chiusa per restauri, la Koubba Almoravide, edificio risalente al XII secolo che conteneva la vasca per le abluzioni dell’antica moschea, fatta distruggere dalla dinastia degli Almohadi.

Quando torniamo all’aria aperta sono da poco trascorse le 15:00 e tanta strada è ormai passata sotto ai nostri piedi, soprattutto per Sabrina, che è ancora convalescente e alza bandiera bianca. Così attraversiamo velocemente i souk e la accompagniamo in camera a riposare. Subito dopo, con Federico, torno a Piazza Jemaa-el-Fna, che a quest’ora è invasa da giocolieri, cantastorie, incantatori di serpenti e venditori d’acqua, e lì facciamo una bella scorpacciata di assoluto folclore, poi ci inoltriamo fra le viuzze dei souk alla ricerca di immagini da catturare … Un’esperienza sicuramente affascinante, ma forse non più tanto genuina ed eccessivamente turisticizzata (molto meglio il souk di Fes sotto certi aspetti). Intorno alle 18:00 torniamo in camera a prendere Sabrina, che si è rigenerata, e insieme a lei torniamo a Jemaa-el-Fna. La serata (finalmente) è tiepida, quindi piacevolissima, e la piazza, con la luce del tramonto, è magica … Facciamo un giro e qualche acquisto, poi ceniamo in uno dei caratteristici chioschi (il numero 4: Chez Aïcha): mangiamo buona carne e spendiamo un’eresia. Ci concediamo altri quattro passi e poi, a malincuore, ci lasciamo alle spalle Jemaa-el-Fna, che con i suoi tanti chioschi in attività, che fanno un gran fumo, tutte le luci soffuse ed il brulicare di anime ha un aspetto un po’ infernale … Certo, Marrakech avrà anche perso una buona dose di originalità negli ultimi tempi, ma in certe situazioni è davvero ancora (crediamo) unica …

Martedì 30 Aprile

E’ l’ultimo giorno intero che passeremo in Marocco, e sarà anche quello con il maggior chilometraggio: oltre quattrocento chilometri … Ci alziamo così alla solita ora e intorno alle 8:30 abbandoniamo il Monriad, lasciandoci alle spalle la città di Marrakech, che mai dimenticheremo. Andiamo ad est, seguendo la strada che corre parallela alla catena montuosa dell’Atlante, le cui vette più alte, ancora innevate, s’intravedono all’orizzonte. Attraversiamo una zona rurale, con estesi campi di grano già maturi, che ancora oggi vengono tagliati in massima parte a mano, e a metà mattinata giungiamo nella cittadina di Demnate. Da lì seguiamo, per un breve tratto, la strada che sale sulle prime verdi colline, fino al parcheggio nei pressi dell’Imi-n-Ifri: un grande ponte naturale di roccia che ci apprestiamo a visitare. Scendiamo lungo un sentiero a lato della carreggiata e a monte della conformazione. Ci inoltriamo così nell’impressionante cavità rocciosa, abitata da una foltissima e rumorosa colonia di corvi … Circa mezzora più tardi emergiamo dall’altra parte della strada, dopo aver attraversato con una bella e, per certi versi, ardita passeggiata un’enorme galleria scavata dalla forza delle acque nel corso dei millenni. E’ valsa sicuramente la pena dedicare un’ora del nostro tempo all’enorme arco di roccia di Imi-n-Irfi e compiaciuti subito dopo riprendiamo il nostro viaggio.

Torniamo a Demnate e da lì proseguiamo ancora verso est, fino ad imboccare una strada sulla sinistra che sale nuovamente in direzione di una zona montuosa, fino alla località di Ouzoud. Intorno a mezzogiorno giungiamo a destinazione. Parcheggiamo l’auto e ci organizziamo per visitare le Cascate d’Ouzoud, le più alte e belle di tutto il Marocco. Una guida locale si offre subito per accompagnarci lungo la discesa del fianco più selvaggio canyon che porta ai piedi della cascata, ma gli diciamo, nonostante le sue raccomandazioni circa le difficoltà, che intendiamo fare da soli. Ci affacciamo prima di tutto alla sommità del grande salto, con il fragore delle acque che copre ogni altra manifestazione sonora e i colori dell’arcobaleno che spiccano nel baratro sottostante … fantastico ed impressionante: sembra impossibile che in Marocco esista una cascata con tale portata! Subito dopo cominciamo a scendere lungo un sentiero battutissimo, che non presenta alcuna difficoltà. Poi, fra la vegetazione, incontriamo un piccolo branco di bertucce che, abituate alla presenza dei turisti, si lasciano fotografare tranquillamente. Arriviamo così sul fondo della gola, ma non in prossimità delle cascate, quindi dobbiamo risalire per un breve tratto il corso del fiume e alla fine giungiamo al cospetto di quel meraviglioso balzo di 110 metri, nel quale i primordiali elementi si fondono per dare vita all’ennesimo spettacolo della natura. Pranziamo con di fronte a noi una vera e propria delizia per gli occhi e subito dopo, con una piccola imbarcazione, veniamo condotti fino a pochi metri da quell’eccezionale getto d’acqua. Risaliamo infine dall’altra parte del canyon, quella meno selvaggia, lungo un tracciato pedonale fiancheggiato da ristoranti e negozietti di souvenir, ma comunque sempre con belle viste sulla cascata, e intorno alle 14:30 riguadagniamo, molto soddisfatti, la nostra auto.

Con le Cascate d’Ouzoud termina, in pratica, il programma di visite odierno. Infatti ora ci aspetta un lungo tratto di strada che ci porterà, in serata, a Casablanca, da dove dieci giorni fa prese il via in nostro itinerario. Una volta scesi dalle montagne il viaggio, attraverso zone rurali ed anonime cittadine, si fa piuttosto noioso, ma pian piano conquistiamo la meta e con un po’ di timore entriamo nella grande metropoli marocchina (3.600.000 abitanti). Grazie al “santo” navigatore però non abbiamo problemi a trovare, in pieno centro, l’Hotel Les Saisons, che ci ospiterà per quest’ultima notte nord-africana. Ci consegnano le chiavi della stanza e una volta sistemati andiamo a cena nel ristorante dell’hotel … Quando poi risaliamo notiamo un orologio alla réception che segna quasi le 22:00 … Ma come? … “E’ avanti?”, chiediamo … E veniamo a sapere che da domenica scorsa è scattata l’ora legale anche in Marocco … Per fortuna che ce ne siamo accorti, altrimenti avremmo potuto incontrare problemi domani con l’orario dei voli! Sorpresi di non esserci mai resi conto di nulla per quasi tre giorni, sistemiamo le valigie per il viaggio di ritorno e ben presto ce ne andiamo poi a dormire … vista anche l’imprevista ora persa.

Mercoledì 1 Maggio

Sveglia alle 7:00 … quelle vere! Sistemiamo tutte le nostre cose e alle 8:30 lasciamo l’Hotel Les Saisons. Imbocchiamo il viale che va verso il porto, poi seguiamo il lungomare fino a giungere alla grande Moschea di Hassan II. Visto l’orario e la giornata festiva parcheggiamo facilmente l’auto e poi facciamo un giro attorno all’edificio religioso, di proporzioni davvero impressionanti. Infatti per estensione è il più vasto del Maghreb e, nel mondo, secondo solo alla Mecca. Il suo minareto, poi, con i suoi duecento metri è il più alto del pianeta. Fu inaugurato nel 1993 e per la sua costruzione furono impiegate circa diecimila persone e spesi quasi due miliardi di dollari … ma il risultato, di fronte ai nostri occhi, è davvero stupefacente. La moschea, caso rarissimo, è aperta alla visita anche per i non musulmani, ma noi, purtroppo, non possiamo permettercelo causa mancanza di tempo … poco dopo le 9:00, infatti, dobbiamo partire verso l’aeroporto, dove ci attende il volo di rientro in Italia. Alle 9:40 siamo al parcheggio dell’autonoleggio e lì riconsegniamo la nostra fedelissima Mitsubishi Pajero, con la quale abbiamo percorso, in Marocco, 3.046 chilometri. Entriamo dentro al terminal a lasciare anche i documenti dell’auto, poi ci mettiamo alla ricerca del banco per l’imbarco dei bagagli … C’è un po’ di disorganizzazione, ma alla fine lo troviamo. Facciamo check-in, oltrepassiamo senza problemi la dogana e ci mettiamo in attesa del nostro aereo alla porta numero 15. L’attesa è breve anche se, grazie alla già menzionata disorganizzazione, il vettore dovrebbe partire dalla porta 15, poi risulta scritto sul video del gate 17 e alla fine c’imbarchiamo sul volo Air Maroc AT952 dalla porta numero 16 … Il Boeing 737 stacca da terra alle 12:56, virando immediatamente verso il bacino del Mediterraneo. Il tragitto è tranquillo, poi giunti sull’Italia incontriamo qualche turbolenza e tante nuvole, che non ci impediscono di atterrare felicemente all’Aeroporto Marconi di Bologna alle 16:24, dopo aver perso per strada anche un’ora di fuso orario. Alle 17:15 ritiriamo (quasi per ultimi e con un pizzico di apprensione) le nostre valigie e un quarto d’ora più tardi siamo già in auto diretti a casa. Alle 18:00 usciamo dall’autostrada a Faenza a alle 18:18 concludiamo nel migliore dei modi anche questo viaggio. Poco più tardi ritroviamo anche il piccolo Leonardo che, ignaro di tutto, ci fa festa, mentre noi rimembriamo la fantastica esperienza appena conclusa, ricca di storia, di cultura e spaccati di vita quotidiana, ma anche di straordinarie bellezze naturali, al di qua e al di là dell’Atlante, in Marocco, uno dei più interessanti, intriganti ed appassionanti paesi del continente africano.

– Dal 20 Aprile all’1 Maggio 2013

– Da Casablanca a Casablanca km. 3046

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Marrakech - Piazza Jemaa-el-Fna

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Merzouga - Erg Chebbi

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Marrakech - Palais el-Badi

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Marrakech - Palais el-Badi

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Kasbah Tamdaght

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Kasbah Tamdaght

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Marrakech - Piazza Jemaa-el-Fna

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Marrakech - Souk

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Porte di Marrakech

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Marrakech - Minareto della Koutobia

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Marrakech - Souk

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Oasi di Tafilalet - Serghine

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Valle delle Rose

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Passo Tizi-n-Tinififft

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Merzouga - Erg Chebbi

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Merzouga - Erg Chebbi

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Oasi di Tinghir

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Gole del Todra

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Gole del Todra

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Gole del Dades

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Gole del Dades

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Gole del Dades

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Cascate d'Ouzoud

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Erg Chegaga

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Ouarzazate - Kasbah Tamelsa

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Ouarzazate - Kasbah Tamelsa

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Valle del Draa - Kasbah Timiderte

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Valle del Draa - Ksar Tamnougalt

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Erg Chegaga

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Valle del Draa - Ksar Tissergate

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Ait-Benhaddou

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Ouarzazate - Kasbah Taourit

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Casablanca - Moschea di Hassan II

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Erg Chegaga

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Cascate d'Ouzoud

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Marrakech - Piazza Jemaa-el-Fna

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Marrakech - Piazza Jemaa-el-Fna

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Volubilis

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Meknes - Madrasa Bou Inania

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Rabat - Mausoleo Mohammed V

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Fes - Concerie Chouara

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Arzou (Atlante) - bertuccia

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Meknes - Souk

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Fes - Concerie Chouara



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