ABRUZZO FORTE E GENTILE

Attraverso i territori più interni della regione, le zone meno note, il Parco Naturale del Gran Sasso, i borghi più belli.
Scritto da: tea per 2
abruzzo forte e gentile
Partenza il: 24/09/2020
Ritorno il: 01/10/2020
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
ABRUZZO FORTE E GENTILE – settembre 2020

Siamo appena rientrati da un bellissimo tour in Abruzzo, mari e monti. Visto il periodo di difficile convivenza con il Covid, eravamo dubbiosi se partire, o meno. Ma ciò che ci ha fatto decidere è stato intuire che i prossimi mesi saranno probabilmente difficili, con la possibilità di un nuovo lock down. Quindi, perché non partire subito, fin che potevamo farlo? Viaggiare, ci è necessario come mangiare e dormire. Vi suggerisco questo tour, in qualsiasi stagione.

24 SETTEMBRE 2020 – GIOVEDI’ – MILANO /MISANO – km 343

Siamo partiti nella tarda mattinata, in auto, da MILANO. Il tempo era abbastanza buono, faceva ancora caldo. Il giorno prima avevamo deciso di invertire tutto il giro turistico, a causa un paio di terribili giorni di pioggia, che il meteo prevedeva nel successivo week end. Pessima cosa, se diluvia mentre sei in alta montagna! Per cui, avevo dovuto fare un gran lavoro di riprogrammazione dell’itinerario, in modo da riuscire ad essere in una città e non in montagna, quando sarebbe arrivata la pioggia. Ormai, il meteo ha iniziato ad azzeccarci! Avevamo anche deciso di non prenotare da dormire, per essere più liberi di scegliere, e anche di modificare tutto man mano, in corso di viaggio. Il periodo, a fine settembre, ci permetteva anche questo, perché si trovava posto per dormire ovunque. Come prima serata, abbiamo scelto l’Hotel ARISTON, di MISANO. Ci volevamo fermare in Romagna, perché saremmo partiti solo nel pomeriggio. Sembra un hotel anni ’60, ristrutturato e dipinto ma con gli stessi mobili, però sanificati! Dopo aver messo le valige in camera, siamo usciti in spiaggia, in costume, a prendere il sole e fare un bagno. C’erano ancora 8/10 ombrelloni con sdraio, in tutto il litorale. Il bagnino ce ne ha dato uno, senza scontrino (10 euro). Per bere una birra, un altro bagnino ci ha aperto il suo bar di spiaggia, senza scontrino! Stavano lavando tutte le loro attrezzature, ormai tutto era chiuso. L’atmosfera era un poco triste, su una spiaggia sabbiosa, lunga e larga. Hai voglia a dire che il mare d’inverno è bello! Anche per cenare abbiamo dovuto accettare quello che c’era: una rosticceria con tavoli all’aperto, dove però, se non altro, abbiamo consumato un buon fritto di pesce (33,50 Euro). Poi, è iniziato a piovere e siamo tornati in camera. Costo dell’HOTEL, camera doppia con prime colazioni: 48 euro.

25 SETTEMBRE – VENERDI’ – MISANO – TERAMO –CASTEL DEL MONTE – VILLA SANTA LUCIA DEGLI ABRUZZI

Prima colazione, solo discreta. Ma servita con gentilezza e cortesia, nel rispetto delle regole anti Covid. Ci siamo recati ad ACQUASANTA TERME, vicino ad Ascoli Piceno, per trovare i nostri due amici Anita e Renato. Era un bel po’ che non ci vedevamo, dovevamo aggiornare i record delle memorie. Ci hanno preparato ottime olive ascolane e cremini. A malincuore, siamo ripartiti.

Siamo arrivati a MATERA (per chi legge, sarebbero stati 217 km da Misano, non dovendo passare dai nostri amici. Va beh che offrono spuntini deliziosi, ma mica a tutti quelli che passano da loro!), città che non avevamo mai visitato in passato. Non c’era molto traffico, si viaggiava bene. Abbiamo parcheggiato, e delle persone gentili ci hanno avvisato che fino alle ore 16 tutta la sosta era gratuita. È stata la prima di una lunga serie di cortesie che gli abruzzesi ci hanno fatto, in tutto il nostro viaggio. La parlata è burbera, sembrano sempre arrabbiati, poi invece sono gentilissimi. La città ha un centro storico, pedonabile, ricco di piccole viuzze. C’è il Duomo eretto nel XII secolo in tipico stile medioevale. Formato dall’unione di due chiese, di epoche diverse, il duomo al suo interno custodisce un quadro, un paliotto d’argento dorato, di Nicola da Guardiagrele, che attraverso trentacinque formelle narra la storia della vita di Cristo. L’avessimo visto! C’era in corso una celebrazione, pazienza. A sollecitare la nostra attenzione, invece, lungo le piazze e le strade c’erano alcune gigantesche statue di plastica, che rappresentavano animali in forme i e colori sgargianti: enormi lumache rosa con guscio, coccodrilli ed elefanti rossi… A noi, non sono sembrate una grande cosa, per un borgo medievale e rinascimentale. Come cavoli a minestra… ma rosa shocking! Mah! Chissà che cosa voleva rappresentare l’artista? Su Matera non possiamo dire molte cose belle: non c’è piaciuta. Tra l’altro, il centro storico è molto sporco, i piccioni e gli abitanti contribuiscono a rovinarlo. L’interno della Cattedrale non è male. La Pinacoteca era chiusa, per lavori. Abbiamo, però, visitato i resti archeologici di una domus romana, una villa antica. C’era una vicina chiesetta, purtroppo chiusa. Come prima mattinata, non è stata un gran che.

Da TERAMO siamo ripartiti per CASTEL DEL MONTE (68 km) La strada che Google Maps ci ha indicato passava per Basciano e Castelli, senza autostrada. Tutta curve, saliva e scendeva d’altitudine. Strada pazzesca, ma bene asfaltata. Siamo arrivati a raggiungere boschi a 1.800 metri d’altitudine. Non abbiamo visto alcuna automobile o camion, per tutto il pomeriggio. Aveva anche iniziato a piovere, con forti raffiche di vento. Solo a sera, avremmo saputo che il vento quel giorno aveva raggiunto i 160 km orari. Nei tratti boschivi ce ne accorgevamo perché le piante ai lati si piegavano sotto le raffiche, arrivando fino a metà corsia, procurando (a me) qualche ansia. Roberto, invece, si divertiva un mondo. Sono boschi bellissimi, con sentieri del CAI segnalati con le apposite palette di legno. Non ci sono case, hotel, ruderi. Abbiamo visto solo un campeggio, forse chiuso. Abbiamo passato alcune ore guidando nel vento, fino a scendere dall’altro lato del monte, raggiungendo Campo Imperatore. Lì, la vegetazione finisce di colpo: sono solo brulli prati ondulati. È stato il momento più ventoso, dato che non c’erano più gli alberi a fare barriera. Col senno di poi, siamo certi che se ci si fosse fermata l’auto, avremmo avuto seri problemi: il segnale telefonico va e viene, non passava nessuno. Abbiamo ammirato il selvaggio Campo Imperatore sotto una bufera di vento. Ci siamo dati appuntamento lì, saremmo ripassati “tra qualche giorno”.

Con quel percorso ci siamo lasciati alle spalle una città ed un monte selvaggio, per arrivare in un bellissimo piccolo borgo: Castel Del Monte, da non confondere con l’omonimo paese in Puglia, quello del castello normanno! Il toponimo “Castellum de Montis” rende chiaramente l’idea di centro fortificato incastonato tra le montagne. Borgo dall’anima e dall’urbanistica medievale, che si racconta ancora soprattutto nelle tipiche case-torri. È stato abitato a lungo, ma tra terremoti e crisi economica si è via via spopolato. E molte antiche case sono in vendita. Incanta con la bellezza e la maestosità del paesaggio che lo circonda, con il colore chiaro delle sue pietre. Si sale a piedi, con alcuni scorci molto suggestivi costituti da piccoli sottopassi coperti, loggiati e case-torri, resti di mura e porte di accesso. Molte case sono in ricostruzione, le chiese sono puntellate, chiuse. Malgrado ciò, ha il suo fascino. Come prima giornata in uno dei borghi che volevamo visitare, ci siamo stupiti di essere gli unici due turisti. Nessun altro visitatore. Dai bar, gli uomini ci osservavamo come strani fenomeni. Anche la strada tortuosa per arrivarci era poco trafficata. Si attraversavano tanti paesi senza un’anima viva. Abbiamo iniziato a chiederci dove fossero, di giorno, gli abruzzesi.

Da CASTEL DEL MONTE ci siamo spostati fino alla vicina VILLA SANTA LUCIA DEGLI ABRUZZI, dove telefonando avevamo trovato posto al B&B chiamato BACCA BLU. Nel primo contatto, la sua gentilissima padrona ci aveva avvisati che non avremmo trovato nessun posto dove cenare nel suo paese! Ci aveva perciò consigliato di prenotare alla OSTERIA TANA DEL LUPO, a Castel del Monte.

Visto che era ancora presto, abbiamo scelto di portare le valige alla Bacca Blu, e di tornare successivamente a cenare all’Osteria consigliataci. In fondo, era una dozzina di chilometri, soltanto. Beh, con tante curve, però.

Trovare Bacca Blu con l’aiuto di Google Maps è difficile: fornisce varie indicazioni sbagliate. Dopo “solo” due telefonate ed un’inversione d’auto in una via strettissima siamo riusciti ad arrivare alla meta! Sì, la padrona lo sa, lo sa già… glielo dicono tutti i clienti! Le abbiamo suggerito cartelli, sms di avviso, mappe ai clienti via email… Mah! Non sappiamo se lo faranno. Chissà.

Il B&B è una villetta con un panorama sui monti veramente notevole, sia dal soggiorno che dalla nostra camera da letto. La padrona è una giovane donna che racconta con molta energia il suo territorio, le tradizioni. Crede veramente in quello che fa, non sembra farlo solo per guadagnare. La sua gentilezza e premura sono incantevoli. Ci ha raccontato la loro esperienza del terremoto, e di una frana che solo per un miracolo ha risparmiato il loro paesino. Come a Rigopiano, ma loro avevano fortunatamente un vallo tomo (un dosso) che li ha protetti: la frana si è fermata cento metri prima del paese. Ci ha detto che la ricostruzione delle case terremotate è rallentata anche dal fatto che non sempre i Sindaci trovano i proprietari delle case diroccate, perché, da tempo emigrati all’estero, non riescono più a rintracciarli. In loro assenza, non possono procedere d’ufficio alla ricostruzione, non ne hanno il potere. In altri casi, non si trovano le mappe aggiornate al catasto, per non parlare di costruzioni abusive. Certo, come si fa a dare contributi per case che erano abusive? Ad ogni modo, anche la burocrazia era stata spaventosa. Da un anno, circa, il Governo aveva semplificato le procedure ed ora le cose sembravano procedere un po’ più spedite. Ci ha detto che i soldi per il suo paese ci sono da tempo, sono arrivati nelle casse del Comune. Sono i progetti, che non sono a posto.

Siamo tornati a Castel del Monte, dove l’Osteria tana del Lupo si era già riempita di gente, per lo più del posto. Ecco, dove vanno gli abruzzesi! Abbiamo ordinato un antipasto del Lupo in due, e gli arrosticini di pecora, dieci a testa. Le porzioni erano decisamente abbondanti (Euro 37,50). In generale, tutti i posti dove abbiamo mangiato, da lì in poi, ci hanno offerto porzioni generose. In Abruzzo, è difficile restare magri.

Notte tranquilla, nel silenzio più totale. Costo del B&B, camera doppia con prime colazioni: 60 euro.

26 SETTEMBRE – SABATO –

VILLA SANTA LUCIA DEGLI ABRUZZI –NAVELLI – BOMINACO – CALASCIO

Prima colazione, con dolcetti abruzzesi. Sono dei biscotti secchi, qualcuno con mandorle. La padrona del B&B ci ha regalato tutti quelli che non siamo riusciti a consumare. Ci ha detto che, non aspettando altri clienti nei giorni successivi, se li avesse tenuti non sarebbe riuscita a… evitare di mangiarseli tutti. In generale, ci ha detto che la stagione estiva le aveva portato tantissimi clienti. Anzi, che in Abruzzo c’era stata un’invasione di turisti come mai vista prima. Il Covid aveva consigliato a tutti di andare in montagna a passare le ferie. Tutta la struttura d’accoglienza turistica era stata messa a dura prova, ed era emersa un’incapacità di rispondere adeguatamente. Ha raccontato di gente disperata alla ricerca di un letto, e finanche di un panino. Tutto era esaurito, stanze e tavoli. Addirittura, alcuni turisti si erano rassegnati a dormire in auto, e le avevano chiesto in quale posto fosse più sicuro passare la notte, a lato strada!

Congedati da lei con reciproco scambio di numeri di telefono e di email, siamo ripartiti per NAVELLI (23 km).

Il paese di Navelli è classificato tra “I borghi più belli d’Italia”. Abbiamo parcheggiato, unici turisti in zona, nella piazza del bar e del Municipio. Poi, a piedi, abbiamo percorso le stradine in salita fino a raggiungere, quasi, la cima della collinetta su cui sorge. Il centro antico si aggrappa alla collina su cui è stato costruito il palazzo baronale, ricavato dal precedente castello. Il paese si estende verso la piana a ventaglio, le strade si snodano viuzze acciottolate, deserte, con case pochissimo abitate. Si possono ammirare bifore, finestre, decori murari, porte di legni antichi, prospettive eleganti. La porzione est del borgo, attorno l’ex chiesa di San Giuseppe, è in rovina per abbandono, e dopo il terremoto del 2009 si sono fatti progetti per il recupero del borgo, ma solo in parte andati in porto con il restauro delle chiese e di antiche case. Tra le case, c’erano piante di fichi (piccolissimi ma maturi e dolcissimi), viti con grappoli di uva, sia bianca che nera , ormai inselvatichiti ma dal gusto buonissimo. Lo testimoniamo. La luce del sole enfatizzava il colore delle murature in pietra locale, con le case attaccate le une alle altre, sfruttando l’orografia e le antiche mura medievali che sono state inglobate insieme alle porte, di cui rimangono i toponimi. Ci siamo quasi persi, girando su e giù senza meta. Certo, volendo avremmo potuto chiedere una mappa al locale Ufficio Informazioni Turistiche, che era aperto. E magari avremmo visitato molte più chiese e case, che senza indicazioni sono difficili da trovare, in un dedalo di viuzze. Ma passeggiare così, senza una meta precisa, aveva il suo fascino, per rivivere il borgo. Navelli è il luogo del migliore zafferano abruzzese, alcuni sostengono il migliore al mondo. Ci aspettavamo di trovarlo fiorito, ma abbiamo saputo che di solito bisogna attendere la fine di ottobre. La raccolta è capillare, tutti si impegnano a farla. Non abbiamo visto negozi dove acquistarlo, però. Per lo meno, non nella parte storica del Borgo.

Siamo ripartiti, per andare a vedere la Cappella di BONIMACO (km 11). Il suo ORATORIO di S. PELLEGRINO è un gioiello da non perdere. Di norma, è chiuso al pubblico e non si può prenotare. Però, sul cancello esterno c’è un cartello: “Per aprire chiamare il numero …. Orari 9/12 – 14/18. Mancia alla guida, 2 euro per illuminare gli affreschi”. Alcuni volontari, non retribuiti, rispondono alla chiamata arrivando dal vicino paese, e aprono l’oratorio alle visite. È buona usanza lasciare loro qualche euro di mancia, per educazione e ringraziamento. Al nostro arrivo, c’era parecchia confusione, perché la vicina Chiesa era stata allestita per celebrare un matrimonio. Stavano arrivando gli ospiti, tutti agghindati con abiti da cerimonia. Certo, Roberto in bermuda, io in jeans, non passavamo inosservati tra loro. A dire la verità, alcuni degli abiti delle signore “bene” erano ben oltre i limiti dell’eleganza, ma ognuno ha il proprio gusto, giustamente. Siamo stati fortunati, perché bastava fossimo arrivati trenta minuti dopo, non avremmo potuto avere accesso alla visita della Chiesa. Invece, per prima cosa, prima che iniziasse il matrimonio, abbiamo potuto visitato la chiesa abbaziale di Santa Maria Assunta, che è un esempio di architettura romanica abruzzese del XII secolo, con importanti affreschi al proprio interno. È tutto molto elegante, luminoso. Ma ancor più notevole è la decorazione lapidea, che rende molto belli i capitelli delle robuste colonne e soprattutto l’arredamento liturgico: oltre ad un ambone del 1180 a base quadrilatera su quattro colonne caratterizzate da capitelli sfarzosi – di certo l’opera migliore – vi sono anche il cero pasquale, la cattedra abbaziale e il ciborio. Abbiamo iniziato ad apprezzare il gusto del romanico abruzzese.

Poi, la gentile signora (volontaria) ci ha aperto e poi commentato con piglio da guida professionale l’oratorio di San Pellegrino. È piccolo, visto da fuori, ma appena dentro la costruzione ad una navata, lo spazio sembra allargarsi, grazie alle pareti decorate ed alla luce che penetra dalle finestre. Un tempo, faceva parte del complesso benedettino di Santa Maria, forse fondato da Carlo Magno di passaggio in Abruzzo, rifatto dall’abate Teodino nel 1263 con importanti pitture. Sono affreschi di scuola abruzzese del XIII secolo, fra i più vasti ed integri complessi pittorici dell’epoca, rappresentano episodi di storia sacra: Infanzia di Cristo, la Passione, il Giudizio Finale ed episodi della vita di San Pellegrino. Ma gli affreschi più interessanti sono quelli che illustrano sulle due pareti contrapposte del presbiterio un calendario monastico: accanto ad un’immagine allegorica del mese (vista attraverso l’attività agricola principale), c’è una pagina con i giorni e le memorie liturgiche, con particolare riferimento ai santi dell’ordine benedettino. A separare la zona destinata ai pellegrini da quella dei monaci ci sono due transenne marmoree scolpite con l’immagine di un drago ed un grifone e l’iscrizione che ricorda Teodino con la data: 1263. Non c’è un angolo od un muro senza dipinti, un po’ come nella Cappella degli Scrovegni, affrescata da Giotto. I colori sono ancora ben conservati, tutto è molto piacevole da osservare, da capire. La volontaria è stata molto gentile, ci ha suggerito l’ordine di lettura degli affreschi e la loro simbologia, poi, gentilmente, ci ha concesso di scattare una foto, a testa. Di più non si poteva, per non rovinare gli affreschi con i flash. E ci siamo trovate d’accordo sul fatto che, al giorno d’oggi, non compreremmo più un abito apposta per un matrimonio, perché si usa una sola volta e poi sta in armadio. Saggezza femminile, che però ci è arrivata solo dopo la mezza età. Ormai, gli armadi sono pieni.

Siamo ripartiti, molto contenti, e siamo scesi a valle, per vedere il santuario con la statua dell’Emigrante. Ne avevamo letto l’esistenza, volevamo vederla. Beh, lasciate perdere! La statua non è né bella né rappresentativa. Anziché un povero emigrante, sembra raffigurare un robot di Terminator. Ci sono bagni pubblici, ma non puliti. Tappa sbagliata… E non siamo neanche riusciti a prenotare la visita alle vicine Grotte di STIFFE. Causa Covid, i gruppi dei visitatori devono essere poco numerosi. Non c’era più posto, anche perchè era sabato. Scrivo qui le informazioni, se qualcuno vorrà usarle in futuro con maggiore successo. Grotte di Stiffe visita da prenotare al n. 333-7851582 oppure: www.visitsandemetrio.it Complesso di grotte carsiche costituenti un esempio di risorgenza attiva, prodotte cioè dalla presenza di un corso d’acqua che si inabissa nel sistema di inghiottitoi presente tra Terranera e Rocca di Cambio e fuoriesce a monte dell’abitato. Le cavità hanno una lunghezza stimata di circa 1000 m e sono aperte al pubblico per un percorso di circa 700 m, su di un dislivello di 65 m. I vari ambienti in cui si sviluppa il percorso comprendono anche due cascate ed un lago sotterraneo. Perfetto per noi, ma purtroppo toccherà tornare.

Abbiamo sostato a pranzare in un’area picnic lungo la strada, davanti ad un panorama strepitoso. Ormai era arrivato il pomeriggio, si avvicinava l’ora perfetta per visitare ROCCA CALASCIO. Beh, nei nostri desideri saremmo dovuti arrivare durante un bellissimo tramonto, così ce lo eravamo immaginato. Invece, il cielo si stava coprendo, tirava un vento sostenuto, il sole non c’era. Per la prima volta, ho avuto un po’ di freddo. Roberto invece no, lui resta sempre in bermuda e maglietta. Ma si sa, i trentini mettono l’antigelo nelle vene. La Rocca è vicina al paese di Calascio, da cui in estate parte una navetta per la Rocca. Quando siamo arrivati, il servizio ovviamente non c’era più, però per lo meno è stato più facile parcheggiare l’auto. Siamo infatti saliti abbastanza, trovando un posto su un tornante. I parcheggi, infatti, non sono esattamente come in Svizzera. Ma c’erano molti italiani, con tutta la propria efficace fantasia. Abbiamo chiuso l’auto e, lasciata la strada asfaltata agli altri, siamo saliti alla Rocca lungo il sentiero pietroso che, zigzagando, è abbastanza agevole per chi ha le scarpe buone. E noi, modestamente, avevamo scarponi Meindl e scarpe Salewa. È una pubblicità gratuita, non siamo pagati per farla. Ma la nostra è Pubblicità Progresso: serve per suggerirvi di usare sempre scarpe adatte, sicure, quando andate in montagna! Il dislivello dal paese è di soli 200 metri, un percorso franoso di circa 40 minuti, a piedi. Molto meno, se si parcheggia più in su, lungo la strada.

Arrivati a ROCCA CALASCIO (km 24) , lo spettacolo è fantastico. Si erge, isolata perché le vicine case sono tutte crollate durante i vari terremoti, su uno sperone che guarda colline brulle e pareti di pietra, tutto intorno È la Rocca che il cinema ha usato più volte, ad esempio per girare il film “Il nome della rosa, 1986”, oppure quello di “Lady Hawke, 1985”. La fondazione della rocca si fa risalire a Ruggero II d’Altavilla che ne promosse l’edificazione probabilmente dopo la conquista normanna del 1140. A partire dagli anni ’80 , sull’onda del successo cinematografico, il castello è stato sottoposto a lavori di restauro e consolidamento e alcune abitazioni del borgo medievale sono state recuperate. Adesso, ci sono bar e botteghe artigiane. Siamo saliti in cima alla torre più alta del castello, arrampicandoci per una scala a chiocciola, poi abbiamo girato tutto intorno un po’ (la Rocca… è molto fotogenica!)

Soddisfatti della giornata, abbiamo deciso di proseguire fino a SANTO STEFANO DI SESSANIO (km. 5). Lungo la strada, abbiamo prenotato il pernottamento alla LOCANDA DEL LAGO.

In poco tempo siamo arrivati, per scoprire che la Locanda ci aveva già conteggiato come clienti a cena, vale a dire che avevamo già il tavolo prenotato per noi due. Strano, non ci era mai capitato. Ma abbiamo deciso di accettare e siamo saliti in camera (molti gradini!). Liberandoci delle valige in fretta, siamo saliti a visitare il borgo. Che fa parte (anche lui!) dei “100 Borghi più belli d’Italia”. Dalla Locanda, parte un sentiero che, in salita, porta al piccolo centro. Questa volta, non eravamo gli unici turisti, anzi!

Il borgo medievale si è sviluppato a partire dal XIV secolo attorno all’antico presidio fortificato della torre Medicea, che si presume esistesse sin dall’epoca normanna, isolata sopra un cocuzzolo. Ci siamo chiesti perché ci fossero così tante postazioni di avvistamento in zona, ed è probabile che siano servite per controllare i traffici sul tratturo per Foggia, oppure per mettere in allarme la popolazione durante le invasioni nemiche del territorio. Lungo i secoli, la Torre è stata ornata con l’inconfondibile stile rinascimentale fiorentino.

Certamente, anche questo borgo ha subìto gravi danneggiamenti nel corso del tempo, soprattutto a causa dei frequenti terremoti, ma le case sono molto suggestive, le vie molto armoniche. Ovviamente, la Torre è ancora in restauro, dopo il terremoto del 2009. Si ipotizza che un malaugurato restauro in cemento armato degli anni ’30 ne abbia determinato il crollo, dato che risulta l’unico caso di rovina totale, a livello architettonico, del paese. In effetti, ci sono stati danneggiamenti di altri palazzi e case, più o meno seri, ma non distruttivi. Oltre al palazzo del Capitano, con eleganti bifore, si possono vedere alcuni scorci con decorazioni, nel dedalo delle vie. Per la gioia dei turisti, qua e là ci sono alcuni bar e ristoranti, negozi di souvenir. C’è anche un famoso Albergo Diffuso. Ovviamente è molto bello che abbiano restaurato antiche case, le abbiamo arredate con mobili d’epoca ,rendendole dimore di grande suggestione. Però, i pernottamenti sono costosi. Certo, si paga non solo la notte nella casa del borgo, ma anche il progetto di restauro, l’idea. Tanto per dare un’idea: per i tessuti degli arredamenti interni, volevano esattamente quelli che c’erano un tempo, in antiche case del borgo. Ma, non trovandole più in commercio, le hanno fatte tessere da artigiani locali. Pagando un certo costo. Dato che le abitazioni dell’albergo diffuso sono molto ricercate dai turisti, direi che abbiano raggiunto l’obiettivo, e chi sono io per giudicare il marketing?

Molti passaggi sono caratteristici perché con i “volti”, in parte appoggiati ancora ai contrafforti delle mura, che si sono fuse con le case civili. Abbiamo comperato un vasetto con 0,5 grammi di pistilli di zafferano, per futuri risotti. E la signora che ce li ha venduti ha dato ampie spiegazioni sulla loro utilizzazione, per un risotto: per prima cosa bisogna prendere 5/6 pistilli con una pinzetta, mettendoli a bagno in due cm. di brodo tiepido. Bisogna lasciarli lì per un paio d’ore, poi procedere a fare il risotto nel solito modo. Si aggiungono, col loro brodetto ormai giallo, quasi verso la fine della cottura del riso. E pensare che, in passato, li avevo aggiunti al riso, direttamente! Quale errore! Beh, per altri risotti avevo sempre usato la polvere, del resto…

Usciti dal borgo attraverso la porta Urbica, siamo rientrati per la cena alla Locanda del Lago.

Intanto, va segnalato che il lago esiste davvero, dietro la Locanda. Piccolo, ma c’è! Da lì, partono tantissimi sentieri segnalati, per ippoturismo. Beh, si può anche fare trekking, ovviamente, non è necessario affittare un cavallo!

La cena è stata soddisfacente, a base di stufato di agnello e ottimi gnocchi allo zafferano (che era nell’impasto) con sugo bianco di coniglio. E per finire, dolci di tradizione italiana: un tiramisù (dolce originario del veneto o del Friuli) ed un bonet (dolce budino piemontese). I dolci abruzzesi, però, dove sono?

Abbiamo pernottato abbastanza bene, malgrado i rumori della camera vicina, a notte fonda. Costo della LOCANDA, camera doppia con prime colazioni e cena per due: 121 euro.

In sintesi, abbiamo percorso pochi chilometri in tutta la giornata, ma abbiamo visto un concentrato di posti e monumenti bellissimi.

27 SETTEMBRE – DOMENICA

CALASCIO –- AQUILA

Prima colazione, anche qui senza particolare qualità. Una cosa normale. Ormai, era arrivata la piovosa domenica. Come era previsto, non appena abbiamo raggiunto L’AQUILA è iniziato il diluvio. (km 29)

Come primo monumento, abbiamo scelto quello in posizione a sé stante: la basilica di Santa Maria di Collemaggio, che si trova nella parte meridionale della città, appena fuori dalla cinta. La facciata è elegantissima, bicolore, l’interno luminoso e spazioso. Fondata nel 1288 per volere di Pietro da Morrone – qui incoronato papa con il nome di Celestino V nel 1294 – è considerata la massima espressione dell’architettura abruzzese oltre che il simbolo della città ed è stata dichiarata monumento nazionale nel 1902. È sede di un giubileo annuale, il primo della storia, istituito con la Bolla del Perdono del 29 settembre 1294 e noto con il nome di Perdonanza Celestiniana. All’interno vi sono custodite le spoglie mortali del Papa Celestino V. È stata restaurata, ma conserva atmosfera.

Abbiamo, poi, cercato di prenotare un B&B, a Porta Bazzano, che abbiamo raggiunto con qualche difficoltà. Non ci hanno mai risposto né al telefono, né al citofono. Allora, ne abbiamo prenotato un altro, nelle vicinanze, chiamando un ragazzo al cellulare. Ricevute da lui le indicazioni, lo abbiamo incontrato e ci ha fatto visitare l’appartamento che affittava come B&B. Per prima cosa, non era un B&B ma solo un appartamento nel quale avremmo potuto prepararci da soli la colazione, con uso cucina, in secondo luogo non eravamo gli unici ospiti, perché nell’altra camera da letto c’era già un ragazzo (non di aspetto piacevole e stava perfino fumando in casa), e per di più la nostra camera non era ancora stata rifatta, dopo la partenza di un qualche ospite precedente, Infine, tutto l’appartamento era pieno di mobili e oggetti, non era né sanificato, né pulito. Abbiamo ringraziato e ce ne siamo andati a cercarci altrove una sistemazione. In vita nostra, è la prima volta che ci capita di non sopportare l’idea di dormire in un posto, e non siamo persone che fanno “i capricci”.

Vista l’emergenza Covid, avevano scelto di dormire in luoghi dei quali avevamo valutato recensioni e foto. In generale, un hotel è meglio di un B&B perché si sanifica in modo più facile, avendo meno arredamento e suppellettili.

Per cui, abbiamo cercato un hotel e l’abbiamo trovato: LA COMPAGNIA DEL VIAGGIATORE. Ottimo tre stelle, pulitissimo, in periferia, con camera di nostro gusto: semplice ma comoda e calda (perché avevamo il condizionatore inverter, che abbiamo acceso per riscaldare).

Dopo aver depositato le valige, siamo andati vero la FONTANA DELLE 99 CANNELLE. Il navigatore impazziva, ma ignorandolo siamo andati a parcheggiare lungo la vicina strada. È una bella fontana, che dalle foto ci era sembrata più grande. Non abbiamo contato le cannelle, ma ci siamo fidati che fossero 99. Lì a fianco, abbiamo visto la prima casa disastrata dal terremoto, con ponteggi ed impalcature. Roberto, da buon muratore, è inorridito nel veder come era stata costruita: con sabbia, creta, piccoli ciottoli. Nulla che legasse le pareti. Nessun mattone, niente cemento o travi. Per forza, che era crollata. Ora è lì, disabitata e pericolante, non la restaurano perché non ha valore, non l’abbattono. Resterà lì. A memoria, ma di che cosa?

Ci siamo spostati in auto verso il centro città. Parcheggiando dove si poteva, aperti gli ombrelli, siamo riusciti a condensare in poco tempo la visita alla Piazza del Duomo e ad un paio di grandi chiese in zona. Il centro città era deserto, con i rivoli d’acqua che scorrevano in discesa, le facciate imbustate nei ponteggi. Dalla Chiesa di Santa Maria del Suffragio, riaperta e visitabile, e dalla Cattedrale dei Santi Massimo e Giorgio, si diramano gli storici vicoletti storici delle botteghe che portano a Piazza Palazzo. La piazza ha una forma quadrangolare ed è posta su Corso Principe Umberto, decumano dell’impianto urbanistico cittadino, a poca distanza dall’incrocio, detto: dei Quattro Cantoni. È caratterizzata da un leggero dislivello che termina con Palazzo Margherita, un edificio di origine quattrocentesca, che ospitava fino al 2009 la sede del Comune dell’Aquila. Oggi il Palazzo è in ristrutturazione. Avevamo un elenco delle piazze da visitare, una mappa regalataci dall’hotel, ma tenendoli in mano si sono bagnati, per cui siamo andati avanti a naso. Addirittura, per errore abbiamo imboccato una via che è in una zona “rossa”, interdetta al passaggio. Lo si capiva, anche in mancanza di segnaletica, dal fatto che in mezzo alla strada, senza marciapiedi, c’erano pietre di varia grandezza, crollate per il terremoto. Illesi, siamo passati.

In tutte le strade, i restauri erano appena completati o in fase di completamento. Nel silenzio totale, rotto solo dalla pioggia scrosciante, tutto ci è sembrato strano. Da un lato sembrava ci fosse appena stata una recente guerra, dall’altro era tutto troppo nuovo, tutto troppo perfetto. L’Aquila non ci è piaciuta molto. Per chi la volesse visitare, suggerisco una buona Guida, che la potrà far rivivere. A noi, è sembrata molto morta o morente. Anche per i negozi, che erano chiusi, per turno domenicale o per sempre. Molti cartelli indicavano dove fossero sfollati i negozianti. Abbiamo girato in su e in giù, ma senza apprezzare molto la città.

Rientrati in hotel, non siamo neanche usciti a cena, perché le scarpe erano bagnate, come anche i nostri jeans dal ginocchio in giù. Eravamo demoralizzati. Avevamo viveri in auto, tante cose comperate in corso di viaggio. Di questa cena in camera ricordo in particolare le olive ascolane, ottime anche se fredde, la torta di verdure con cardi. E, per raccontare tutta la verità, finalmente avevamo un televisore! Ce lo siamo proprio goduto. Perché in tutti (proprio tutti) i B&B dove eravamo stati fino a quel momento la televisione era inesistente, né in camera, né in soggiorno o alla reception. Non ci sono segnali tv o non vogliono pagare l’abbonamento alla Rai. La natalità dovrebbe essere superiore alla media, o no? Chissà! Costo dell’HOTEL, camera doppia con prime colazioni: 85 euro.

28 SETTEMBRE – LUNEDI’

AQUILA –RIETI – TERMINILLO – CASCIA – NORCIA – AMATRICE- LAGO DI CAMPOTOSTO – CAGNANO AMITERNO – S. GIOVANNI di CAGNANO AMITERNO (non spaventatevi, sono stati solo 250 km in totale!)

Prima colazione! Finalmente una colazione come si deve! Ha superato ogni nostra aspettativa: c’erano 14 tipi di dolci, tra torte e brioche, 6 tipi di succhi di frutta, salumi e formaggi a iosa, frutta fresca, caffè ottimo. È un hotel che si propone soprattutto come sede congressuale, quindi ha una prima colazione all’altezza. Alcuni tipi di frutta, ad esempio, venivano offerti già sbucciati, per essere più invitanti (ad esempio il fico d’india, il kiwi..), il miele si scavava direttamente da un favo di cera…

Siamo ripartiti, molto sazi. Però, pioveva ancora. Nel nostro tour avevamo previsto di salire sul Gran Sasso, ma la giornata non era adatta. Così, senza indugi, abbiamo deciso di fare una deviazione.. in Lazio , Umbria e Marche!

Insieme all’Abruzzo, in questa zona le Regioni si avvicinano tutte, come tessere di un puzzle. Non spaventatevi dall’itinerario, è facile e non faticoso.

Non eravamo mai stati a RIETI? (km 59) Ed eccoci lì, salire a piedi per la via principale, tra case medievali e rinascimentali, colonne e bifore. Antichi volti e chiese spopolate, la piazza con i suoi eleganti palazzi, la Chiesa e la fontana. Alla base della via, sul ritorno, abbiamo visto il monumento alla Lira. Sì, esattamente, il monumento alla moneta Lira. Raffigurato da una donna con corona turrita (l’Italia), che solleva al cielo una moneta da 1 Lira. Curioso.

Roberto voleva vedere il TERMINILLO? (km. 22) Bene, ci siamo saliti, passando in Lazio. Non c’era ancora la neve, ma abbiamo visto e capito come e dove vadano i Romani a sciare. Sono anche bellissimi boschi, da funghi e da tartufi, da trekking.

Io volevo vedere CASCIA? (Km. 46) Bene, siamo passati in Umbria. Abbiamo lasciato l’auto in un economico parcheggio non vicino alla Basilica, perchè quello più comodo costava… 3 euro all’ora! Eravamo gli unici visitatori, eppure era già tarda mattinata. Un tempo i pullman scaricavano ogni giorno centinaia di pellegrini che desideravano vedere le spoglie della Santa Rita e pregare. Ora, la chiesa è vuota, si sentiva solo il rumore della scopa di una donna, che stava facendo le pulizie. Sono stata personalmente molto stupita della mancanza di fedeli, in un luogo simile. Sotto la basilica si snodano viette con negozi di ogni genere. Vi si comperano souvenir religiosi e, nel nostro caso, salumi al tartufo, lenticchie, formaggi.

Roberto era curioso di vedere come era stato devastante il terremoto a NORCIA? (km. 19) Beh, eccoci in una sua piazza, a osservare chiese e palazzi. I lavori di ricostruzione non sono molto avanti, c’è ancora molto da fare. Era, e tornerà ad essere, un centro città architettonicamente stupendo, ne siamo certi. Ci hanno detto che hanno alcuni problemi locali, di contratti non rispettati. Il giorno dopo abbiamo potuto leggere sul locale quotidiano che, effettivamente, avevano beccato una ditta di costruzioni che rubava circa 1 milione di euro. Quando viaggiamo, a Roberto piace comperare e leggere il locale quotidiano, per capire meglio il posto. Questo quotidiano si chiama: “Il Centro”. In tutti i dialoghi con gli abruzzesi, sul terremoto tutti danno la colpa al Governo che non manda i soldi. Però ammettono anche tutti i problemi locali. Fanno le vittime, ma anche loro hanno le loro belle colpe.

Abbiamo chiacchierato con i negozianti, i pochi che hanno tenuto aperto, di questi tempi. Comperando tartufi ed altre cose, siamo venuti a sapere come si usa il tartufo nero, estivo, intero, in vasetto con il suo liquido di conservazione. Bisogna tritarlo, mescolarci un poco del suo liquido, aggiungere un goccio di olio evo. Non va aggiunto sale. Io, in passato, stupidamente mi limitavo a farlo a fettine sottili e ad aggiungerlo al riso o alla pasta. La negoziante mi ha guardata con pietà e commiserazione. Poi, come tutti i turisti, abbiamo comperato anche le creme al tartufo, pallida consolazione.

Per completare la giornata, volevamo tornare in Abruzzo. La strada è stata abbastanza agevole, anche se tortuosa. La cosa curiosa è che già avevamo fatto. Abruzzo/Lazio/Umbria, ma ci attendeva un ulteriore percorso UMBRIA/MARCHE/LAZIO/ABRUZZO/LAZIO/ABRUZZO! In pratica, continuavamo a cambiare Regione, ogni pochi chilometri, avvisati dagli appositi cartelli stradali. Che cosa buffa!

Avevamo prenotato telefonando ad un B&B in località CAGNANO AMITERNO. Ma lungo la strada abbiamo avuto la sorpresa di passare proprio attraverso AMATRICE, la località più tristemente nota per il disastro tellurico. Che dire? È come se fosse un paese bombardato. Le case sono tutte recintate, ancora molte delle macerie sono lì. C’erano ditte di costruzioni in azione, se non altro. La zona è coltivata, e ci sono allevamenti in funzione. Non ci siamo fermati, per rispetto.

Abbiamo voluto dare un’occhiata al LAGO DI CAMPOTOSTO, che tutti gli abruzzesi ci avevano decantato. Beh, sarà che lo abbiamo visto proprio dal lato della diga (perché è un lago artificiale, va ricordato), sarà che pioveva, ma non ci è sembrato gran che. Agli abruzzesi invece piace, perché sulle sue rive prendono il sole e fanno le grigliate.

Il navigatore, tra i giri delle varie Regioni aveva già iniziato a fare le bizze, ma dopo Amatrice è praticamente impazzito. Cercando di darci la direzione per l’AGRITUR di SAN GIOVANNI, frazione di Cagnano Amiterno, ci ha portati su una strada non asfaltata, dissestata, periferica ad un paese che non c’entrava niente! Sono dovuta scendere dall’auto perché la strada era strettissima, in salita, e dovevo dare indicazioni al povero Roberto per riuscire a fare inversione. Abbiamo lasciato lì parecchia frizione, ma Roby è riuscito a uscire da quella assurda situazione. Telefonando al figlio della gestora dell’Agritur abbiamo ricevuto altre indicazioni, corrette, e siamo arrivati al nostro posto di pernottamento che era in un altro paese. Questo, per dire l’enorme errore di Google Maps. (In totale: km 100 circa, con gli errori).

Eravamo stanchi, effettivamente, e la camera che ci hanno dato non era gran che. Ma ce la siamo fatta bastare. La padrona ci ha acceso il riscaldamento, ci ha dato una seconda trapunta, e fornito indicazioni su dove andare a cena: al ristorante pizzeria ANTICA MANIERA, a PIZZOLI.

È una cena che possiamo classificare senza infamia e senza lode: due pizze buone, due salamelle alla griglia, un tiramisù. Tutto il resto era per lo più esaurito: non c’erano più arrosticini, gli altri dolci erano finiti. Il vino rosso della casa, a caraffa, era ottimo. (Euro 34). C’era, è pur vero, altra gente del posto a cenare, tutti operai o uomini anziani, ma si capiva che erano lì perché era l’unico posto aperto.

Siamo tornati a dormire, e questa volta, almeno, c’era un televisore! Costo dell’affittacamere, camera doppia con prime colazioni: 50 euro, senza fattura o scontrino.

29 SETTEMBRE – MARTEDI’

SAN GIOVANNI – ASSERGI – CAMPO IMPERATORE – PENNE – TORTORETO LIDO

La prima colazione ce la siamo preparata noi. Nella stanza la padrona non c’era (è arrivata quando avevamo quasi finito) e ci eravamo già preparati da soli il latte sul fornello, il caffè dalla macchinetta, la fetta delle sue torte. Perchè lei dorme sopra le camere che affitta e non ci aveva sentito. Poco male, a parte le norme anti- Covid che così facendo è difficile rispettare, anzi! Chiacchierando con lei, abbiamo saputo che non è né un Agritur né un B&B ma legalmente parlando è… solo un’affittacamere! Perché ha sei camere e un appartamento, troppe. In primavera aveva affittato per qualche mese ad operai, dei cantieri dediti alla ricostruzione. Poi aveva avuto tutto al completo, turisti per tutta l’estate. Ci ha raccontato che i problemi della ricostruzione sono locali, perché mancano i permessi, le carte non si trovano, la gente vuole riedificare aumentando i volumi e questo, secondo lei, “forse non si dovrebbe fare” (nel dirlo, usava il condizionale, ma la sua voce era dubbiosa). Insieme a noi, alla prima colazione, c’era una coppia di ragazzi, che abbiamo scoperto essere di Riva del Garda. Com’è piccolo il mondo! In pratica, non ci conoscevamo ma abitiamo a soli 6 km di distanza.

Ma finalmente il cielo stava dando segnali positivi, si stava rasserenando. Siamo partiti per il Parco Nazionale del Gran Sasso! Con il sole, siamo arrivati ad ASSERGI (Km. 35), caratteristico borgo medievale cinto da una serie di mura risalenti all’XI secolo e ben conservate. Lungo la strada, abbiamo visto i boschi lasciare spazio a prati sassosi e colline dove mandrie di bianche mucche pascolavano liberamente. Pochissime auto, pochi centri abitati. Dopo anni ed anni in Trentino, non siamo abituati a non vedere né un rudere, né una casa da monte, né un albergo o rifugio.

Abbiamo raggiunto la funivia per il GRAN SASSO. Il sito della funivia la dichiarava in funzione, ed anche un cartello ad Assergi. Invece…. Avevano deciso, senza comunicazioni pubbliche, di fermarla per manutenzione. Lo so, che in viaggio bisogna prepararsi a tutto, ma è una funivia di proprietà nazionale, non è privata. Non ce lo saremmo mai aspettato, almeno per tutto settembre. E, comunque, di solito si pubblicano degli avvisi, sui siti e sul posto. Roberto ha chiacchierato un po’ con i vetturini di cabina, dato che un tempo aveva fatto il loro stesso lavoro a Madonna di Campiglio. Hanno parlato di problematiche legate al lavoro, alla pericolosità per gli sbalzi di pressione sanguigna e le aumentate possibilità di infarti e ictus, ai problemi dei turni. Condividendo tutto. Mi sembrava di essere ad un convegno sindacale. Salutati i nuovi amici, siamo tornati all’auto ed abbiamo imboccato la strada per il Gran Sasso. È larga, bene asfaltata. Non presenta particolari pericolosità. Lo dico, perché su Trip advisor ci sono commenti di natura diversa. Probabilmente, di gente come me, abituata solo a viaggiare in città. No, lo affermo: è una normale strada di montagna, che si percorre bene addirittura con la neve.

Ma il nostro problema si è rivelato un altro: la poca segnaletica. I cartelli ci indicavano genericamente “Campo Imperatore”, ma noi volevamo invece andare al Rifugio Duca degli Abruzzi, prima! Il navigatore aveva incrociato le braccia, non voleva fare nulla, non avendo alcun segnale. Addirittura, siamo andati su e giù, ripercorrendo alcuni chilometri, prima di trovare la strada giusta. C’era un ciclista solitario, che abbiamo sorpassato tre volte! C’erano greggi di pecore e magre mucche, mandrie di cavalli liberi. Ma nessuno a cui chiedere informazioni.

Ma siamo dei duri, ed alla fine abbiamo trovato la strada, usando una vecchia cartina che avevamo in auto, quasi per caso, ed usando la logica, l’orienteering. Siamo perciò vittoriosamente arrivati al parcheggio finale, situato a metri 2.275 s.l.m., da cui parte il sentiero che porta, poco più sopra, al Rifugio. E c’era già la prima neve! I giornali locali hanno scritto che mai la neve era arrivata così presto, in passato.

Il Rifugio Duca degli Abruzzi è di proprietà del C.A.I. di Roma, è situato a 2388 metri sulla Cresta del Monte Portella, nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, a ridosso del Corno Grande e delle principali vette del massiccio.

Il Duca degli Abruzzi è un rifugio di montagna raggiungibile solo a piedi con 40 minuti di facile cammino. Vedevamo alcuni che già sciavano, lassù, in settembre. Ho fotografato Roberto, in bermuda sulla neve. E non è la prima di queste foto che gli scatto, in vari posti nevosi del mondo.

Non siamo stati molto in quel parcheggio, solo il tempo di fotografare la vetta, l’Osservatorio Astronomico del Gran sasso con le sue argentee cupole, il vecchio edificio dove era stato confinato Mussolini per un breve periodo, l’Ostello. Per il resto, c’era fin troppa gente lì, per i nostri gusti. Non siamo neanche entrati al bar, a bere qualcosa di caldo. Abbiamo iniziato la discesa verso il mare, verso nuovi lidi.

Il panorama di CAMPO IMPERATORE è veramente lunare, con i cavalli che pascolano liberi, gli strani disegni che il vento e la natura hanno creato con le piccole roccette, ad ogni disgelo. Le vette innevate e l’altopiano verde e ocra sono spettacolari. Non esiste luogo dove pernottare, se non si possiede un camper o una roulotte, non c’è neanche un camping. Non ci sono case da montagna, ruderi. Nulla, tutto è solo natura incontaminata e selvaggia. In Italia, non ci sono molti altri posti, così. Credo siano i 30 km spettacolari, tra cime del Gran Sasso e dei monti della Maiella. Una persona del posto ci ha spiegato che i cavalli al pascolo sono di proprietà di mafiosi. Ricevono contributi per lasciare i cavalli a Campo Imperatore, e non permettono ad altri di fare lo stesso, con intimidazioni.

Più a valle, a 1.600 metri di altitudine, ad un incrocio di strade (scendendo da campo Imperatore, a Fonte Vetica, dove c’è la strada che va a nord e l’altra), c’è la baracca di lamiera e legni del RISTORO MUCCIANTE. È un macellaio che ha avviato l’attività di vendita di arrosticini e di brace. In pratica, si compera da lui la carne, i salumi, il formaggio, il pane. Tutto attorno si possono usare le sue griglie, con la brace già accesa, a self service.

Ma noi avevamo già deciso di tornare a pranzare all’OSTERIA TANA DEL LUPO, che era quasi di strada. Beh, con una leggera deviazione, che però valeva la pena fare. Così, siamo tornati a goderci i migliori arrosticini del nostro viaggio abruzzese (euro 40,50).

Dopo di che, tolte le maglie di lana, ci siamo avviati verso TORTORETO LIDO sulla costa adriatica. All’hotel, in realtà ci aspettavano l’indomani, ma visto che stava tornando il bel tempo ed il caldo, abbiamo deciso di raggiungere al più presto la spiaggia. Lungo il percorso, su suggerimento ricevuto illo tempore dal nostro amico Marco, abbiamo visitato la cittadina di PENNE, Km. 49). Molto elegante, con un centro storico medievale molto grande. Abbiamo fotografato l’antica casa di famiglia del nostro amico milanese, e gli abbiamo inviato la prova del nostro passaggio! Siamo stati solo un’ora, giusto il tempo di riposare un po’. Si può tornare.

Ovviamente, l’hotel CONTINENTAL quando siamo arrivati a TORTORETO LIDO (km. 80) sulla costa adriatica. L’Albergo aveva già posto per noi, quindi ci siamo adagiati in una camera, spaziosa e ben attrezzata con letto e doccia ottima. Usciti a cena, abbiamo visto un lungomare elegante, molto più di quello romagnolo, ma senza esercizi in attività, né bar sulla spiaggia, né pizzerie. Andando verso il centro abbiamo trovato aperto il ristorante IL FARO. È un locale arredato in stile tradizionale, ben pulito. Il menu è di pesce, piuttosto interessante. Solo il giorno dopo avremmo saputo che è considerato da Trip Advisor il migliore di quelli a Tortoreto Lido, e noi l’avevamo scelto a caso. Ma era anche l’unico aperto! Ma piace, perché era al completo e veniva in continuazione gente a ritirare cibo da asporto. Tutti i tavoli erano prenotati, e la cosa non poteva che essere un buon segnale. Abbiamo scelto due primi con sughi di pesce, diversi. Non sono stati male, forse i sughi dovevano essere più ristretti, mancava un poco di sale. I tempi di servizio sono abruzzesi. Noi lombardi, e perfino i Trentini, siamo più veloci. Ma qui nessuno ci fa caso, è normale. Una signora del posto ci ha detto. “Ma si va per mangiare, al ristorante! Dove dovete andare?!”. Vedete voi, giudicate voi.

Abbiamo dormito benissimo! Costo dell’HOTEL, camera doppia con prime colazioni: 49 euro.

30 SETTEMBRE – MERCOLEDI’

TORTORETO LIDO

Prima colazione, nel pieno rispetto delle regole Covid, serviti al tavolo da ben 4 camerieri. Dolci buoni, formaggi e salumi, idem.

L’hotel Continental è un tre stelle, di recente ristrutturazione. È sul lungomare, ha un bel giardino privato, un parcheggio, una spiaggia privata. Se non trovi parcheggio da loro, l’hotel fornisce un tagliando per parcheggiare gratis nelle vicine zone a pagamento. Per arrivare alla sua spiaggia, abbiamo solo attraversato la strada. Gli ombrelloni erano ben distanziati e ci hanno assegnato due lettini solari. Erano già inclusi nel costo totale del pernottamento. Per cena, siamo tornati al Ristorante IL FARO, non volendo spostarci in auto altrove. L’esperienza della sera prima ci è stata gradita, il cibo era buono ed abbondante, ricco. Abbiamo ordinato i fritti di pesce, ottimi e leggeri. Costo: euro 42 euro.

01 OTTOBRE – GIOVEDI’

TORTORETO LIDO – ARCO

Dopo la nuovamente ottima prima colazione in hotel, siamo partiti, per il lungo percorso autostradale. Non prima di avere fatto, però, gli ultimi acquisti di buoni prodotti locali, frutta e pasta di grano duro. Costo dell’HOTEL, camera doppia, vista mare, con prime colazioni: 54 euro. Viaggio tranquillo. Dopo circa 5 ore (KM 523) siamo arrivati a casa, ad ARCO, lasciando a malincuore il caldo della costa e trovando la pioggia, anzi, un diluvio!

COSTI TOTALI, con benzina, autostrada, pernottamenti, cene, prime colazioni, pranzi, parcheggi euro 800 in due persone.

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Campo Imperatore

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Navelli

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Rocca Calascio

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Oratorio S.Pellegrino, Bonimaco

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Basilica di Collemaggio, L'Aquila

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Gran Sasso



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