A piedi scalzi in Myanmar

Magia, tradizione e semplici piaceri
Scritto da: coppiafelice
a piedi scalzi in myanmar
Partenza il: 04/06/2014
Ritorno il: 25/06/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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A piedi scalzi in Myanmar

Kipling la descrisse… diversa da ogni altro Paese da voi conosciuto… niente di più vero!

Siamo la solita coppia affascinata dal mondo e abbiamo 21 giorni a disposizione per visitare il Myanmar che come al solito, sin dalla stesura del programma di viaggio, ci rendiamo conto essere troppo pochi. Il Myanmar è grande e bisogna sicuramente considerare almeno uno spostamento interno in aereo!

A marzo abbiamo prenotato il volo internazionale con Oman Air, Milano –Bangkok A/R per due persone 840 euro, e con la Air Asia il volo per il Myanmar, andata Bangkok – Mandalay e ritorno Yangon – Bangkok , 240 dollari.

Il 4 giugno partenza di buon mattino, lasciamo l’auto al solito parcheggio nei pressi dell’aeroporto e con la navetta raggiungiamo la Malpensa. L’imbarco è regolare e puntuale, ci sono pochissimi occidentali sul volo per l’Oman! La Oman Air è una compagnia nata da pochi anni, gli aerei sembrano nuovi, il servizio a bordo è buono e il personale molto gentile. Scalo a Muscat dove abbiamo un paio d’ore di attesa per la coincidenza delle 23.30 per Bangkok dove ci fermeremo un giorno e una notte per poi ripartire nuovamente per Mandalay.

Per raggiungere il centro di Bangkok prendiamo la metropolitana express ( 180 baht ) che parte direttamente dall’ interno dell’aeroporto, una stazione nuovissima e semideserta. Scendiamo alla fermata più vicina all’hotel Miami, prenotato dall’Italia, ma disorientati dal traffico caotico, dal caldo e dai binari della ferrovia che ci sbarrano la strada nella direzione dell’hotel (vedi GPS) decidiamo di prendere un taxi per percorrere poche centinaia di metri. Ovviamente il taxista percorrerà la strada più lunga per giustificare la spesa di 100 baht!

L’hotel Miami è una struttura un po’ datata ma funzionale, la camera è grande con tv , frigor, a/c rumorosa e Wi Fi a pagamento. Dopo un po’ di riposo e un pranzo in un ristorante Thai accanto all’hotel partiamo per una breve visita della città ma ci rendiamo subito conto che il traffico molto caotico non ci permetterà di seguire il programma prestabilito. Impiegheremo più di un’ora in taxi ( 3 $ ) solo per raggiungere la zona dei templi. Prima tappa il Wat Pho ( ticket 200 baht ), abbiamo poco più di un’ora per visitarlo ma è sufficiente. Tutto il complesso è molto bello e suggestivo, in particolare l’enorme statua del Buddha reclinato lungo 46 metri che incanta per il suo sorriso, tanto che nel nostro giro all’interno del complesso ci torneremo tre volte. Ormai si è fatto tardi e non c’è più tempo per visitare altri templi, riprendiamo un taxi per ritornare in hotel, sempre bloccati da un traffico surreale che ci fa’ decidere di percorrere a piedi gli ultimi 500 metri! Andiamo direttamente alla ricerca di un ristorante per la cena poiché da qualche mese, per cause politiche, in questa città vige il coprifuoco dalle ore 22 . Il ristorante sarà il Suk 11 dove mangiamo bene, piatti particolari, spesa 35 $ in due, ma ne vale la pena anche perché il servizio è ottimo, non accettano dollari ma solo Baht o carte di credito. Rientriamo in hotel prima del coprifuoco ma abbiamo l’impressione che venga rispettato solo dalla gente del posto… oppure i turisti sono esentati!

Sveglia e pronti a raggiungere finalmente la nostra vera meta. Sono le 6.30 e siamo già in giro per cercare un posto per una buona colazione e contemporaneamente contattiamo un taxista di passaggio per farci portare all’aeroporto Don Muang ( 14 $ ). Percorrendo l’autostrada il viaggio è di circa 25 km a scorrimento veloce e il traffico è accettabile, infatti arriviamo in anticipo. L’aeroporto è il secondo della città per importanza, volo tranquillo con un vecchio airbus dell’Air Asia, arriviamo in Myanmar sorvolando Mandalay e subito ci rendiamo conto che ha poco in comune con le grandi città asiatiche: tanta zona rurale, grandi fiumi, poca gente e veicoli in giro e tantissimi templi disseminati nelle campagne.

Appena sbarcati passiamo i controlli, decisamente poco invadenti e cambiamo un po’ di dollari in moneta locale nell’apposito ufficio ubicato all’uscita dell’aeroporto perché offre un cambio favorevole. Ad attenderci all’uscita c’è il nostro drive incaricato dall’hotel prenotato dall’Italia, il Peacock hotel (35 $ doppia a notte con colazione).

Il personale del lodge è gentilissimo e visto l’orario di arrivo ci fermiamo a pranzo nella loro zona ristorante, due tavoli posizionati nel cortile, ( 6000 K in due ) veramente ottimo! La camera è carina, come al solito il condizionatore e il ventilatore sono molto rumorosi ma sopportiamo perché il caldo è veramente molto.

Nonostante sia già tardo pomeriggio decidiamo di andare alla scoperta della città a bordo di due biciclette affittate nell’hotel (4000 k ). Il cielo è minaccioso ma un dipendente del lodge ci rassicura che non pioverà, quindi partiamo senza alcuna protezione (nonostante che da quel punto di vista ci siamo organizzati bene, visto che ci troviamo nella stagione delle piogge monsoniche). Un quarto d’ora dopo, mentre pedaliamo verso Mandalay Hill sentiamo le prime grosse gocce d’acqua … in pochi minuti veniamo sorpresi da un nubifragio monsonico, l’istinto è di ripararsi sotto ad una albero ma è come nascondersi dietro ad un francobollo! Con l’unico impermeabile a disposizione ripariamo la macchina fotografica, i cellulari e il denaro, pedaliamo velocemente cercando di rientrare in hotel. Lungo il tragitto ormai fradici, incrociamo tanta gente del posto che pedala in tranquillità sotto la pioggia, per loro è certamente una situazione normale, meno comune è vedere due turisti affrontare la pioggia e infatti molti ci salutano ridendo e facendo il tifo per noi !

Per cena decidiamo di cercare un ristorante in centro, che si trova distante dal nostro lodge. L’idea iniziale è di andare a piedi ma veniamo scoraggiati dalle strade buie e rese fangose dal nubifragio quindi concordiamo con il drive dell’hotel per portarci ( 8000k ) al ristorante scelto e venirci a prendere al termine della cena. Il ristorante è il “ BBB “ gestito da giovani ragazzi, dove ordiniamo piatti di pesce. Il tutto si presenta bene ed è anche squisito tanto che facciamo il bis ( 28.500 k in due ). Appena usciti dal ristorante c’è già il nostro motor-car-taxi ad aspettarci per riportarci in hotel, nel buio più totale della notte birmana.

Dopo una buona e abbondante colazione, alle 8.30 puntuale arriva in hotel la nostra guida/drive a bordo di un taxi, il tour di una giornata lo abbiamo prenotato il giorno prima direttamente presso la direzione ( 35.000 k per due ). L’autista si presenta … si chiama “Potato “ ( ? ) è particolarmente gentile, si interessa alle nostre richieste e alle località che vogliamo visitare, ci fa accomodare nel suo taxi dove ci fa’ trovare acqua fresca. Sarà una giornate piena, tra visite a templi buddisti, monasteri, piccoli villaggi e altro, il tutto immersi in un caldo al limite della sopportazione. Memorabile sarà la visita al monastero di Maha Ganayon dove vivono migliaia di monaci di tutte le età. Tutti i giorni alle 10.15 si radunano in fila indiana, in ordine di età, per andare a mangiare il loro unico pasto giornaliero offerto e preparato dalla comunità. Formano un’interminabile processione arancione, una cerimonia molto suggestiva e molto apprezzata dai tanti turisti presenti ai lati delle strade, in alcuni casi seguita in modo poco rispettoso vista l’invadenza delle cineprese e macchine fotografiche posizionate a pochissima distanza dai monaci, a volte anche con l’improbabile richiesta a questi ultimi di mettersi in posa ( generalmente si tratta turisti cinesi )

Pranziamo presso un ristorante locale scelto da Potato, situato sulle sponde del fiume Ayeryariwady, lungo la strada per Inwua ( 6000 k in due ). Subito dopo pranzo ci imbarchiamo per Inwua ( tassa per ingresso 20.000 k ), cinque minuti di barca ( 1600 k in due ) e raggiungiamo la meta. Sull’altra sponda veniamo accolti da un gruppo di persone che ci offrono il tour della zona a bordo di calessi trainati da cavali ( 12.000 k). Sembra di essere tornati indietro nel tempo, iniziamo il giro percorrendo strade di terra battuta devastate dalla pioggia visitando templi pagode e villaggi. Ritornati sull’altra sponda ci attende Potato per il rientro. La giornata giunge al termine, ultima meta la visita al tramonto del famoso ponte U BEI’S , il più lungo al mondo costruito interamente in legno di teck. Bello e caratteristico, tanti i turisti che passeggiano sul ponte ma anche tanti birmani, soprattutto giovani studenti e giovani innamorati. Il tour di questa giornata comprendeva Amarapura , Sagain, Inwua.

In serata ceniamo al ristorante del lodge , abbiamo prenotato la cena tipica birmana , una cucina gradevole e non troppo speziata con tante verdure cucinate in vari modi, segnaliamo in particolare le melanzane con sugo al curry.. buonissime! Rientriamo in camera e visto che il wi fi funziona bene ci colleghiamo per un saluto a casa.

Ci svegliamo presto, alle 6 a causa della forte luce che entra dalla finestra fornita solo di tende leggere. Oggi è in programma la gita a Mingun. Prendiamo due mototaxi e raggiungiamo il porto, dove acquisiamo due biglietti con la Mayan Chan Jetty, per la barca che risalendo il fiume per un ora circa ci condurrà a Mingun ( 10.000 k in due ). L’attesa per la partenza della barca è piacevole perché si ha modo di ammirare la vita nel porto di Mandalay, uno spaccato di una realtà lontana anni luce dalla nostra. La navigazione verso Mingun è tranquilla, siamo in compagnia di due britanniche, madre e figlia e quattro giovani cinesi. Giunti a Mingun, scendiamo dalla barca tramite una pericolante passerella posta sulla riva, risaliamo a fatica la ripida riva sabbiosa raggiungendo il piano, dove troviamo dei calessi trainati dai buoi con la scritta a vernice “ TAXI” ma la zona da visitare è piuttosto piccola quindi decidiamo di andare a piedi.

Al primo tempio visitato ci aspetta un doloroso impatto con il rovente selciato da percorrere rigorosamente a piedi nudi, così arroventato dal sole che rinunciamo a percorrere gli ultimi metri per raggiungere la cima. Il tour di Mingun è interessante, c’è anche da vedere un’ enorme campana in bronzo, pare sia la più grande al mondo! Prima di imbarcarci per il ritorno ci fermiamo in un chiosco per mangiare un po’ di frutta e bere qualcosa di fresco. Rientrati in hotel trascorriamo le ultime ore del pomeriggio in camera, al fresco del l’A/C dopo una mattinata rovente e massacrante, impegnati ad organizzare la prossima tappa Nyaung U – Bagan.

Per cena bissiamo la cucina birmana al ristorante del lodge accompagnata da un’ottima Myanmar beer ( 15.000 k ). Queste cene sono sempre da prenotare al mattino per la sera perché è una cucina che necessita di tempi lunghi per la preparazione. Domani si parte in bus per Bagan, con la Shwe Man Thu Express ( 17000 k per due ). I biglietti li abbiamo acquistati presso la reception del lodge. Il Peacock Lodge è una buona soluzione, la camera è ampia e pulita, la connessione internet è buona e gratuita, ottimo il ristorante e il personale è gentile, unico lato negativo è la distanza dal centro che ti obbliga a servirti del loro servizio di taxi a pagamento per ogni spostamento! Ottimo anche il servizio che il lodge offre per l’organizzazione di vari tour ed escursioni.

Dopo colazione, con il drive del lodge, raggiungiamo la stazione dei bus ( 7000k ) distante 8 chilometri, siamo in compagnia di due giovani statunitensi anche loro in partenza da Mandalay. Il bus express è comodo e il viaggio è rilassante. Verso le 11 il bus si ferma per il pranzo, noi non perdiamo l’occasione per assaggiare i piatti birmani in uno di quei locali dove normalmente un europeo non si fermerebbe mai, pranziamo con una spesa minima di 2.500 k. Arriviamo a Bagan in anticipo, alle 12,40 e veniamo subito assaliti da tassisti. Entrando in Bagan bisogna fare tappa all’ufficio statale per pagare 15 $ a persona per la tassa di soggiorno, la cosa strana è che lo Stato si fa sempre pagare in dollari. Ci facciamo portare in taxi all’hotel New Park scelto nella LP, dove contrattiamo una stanza per 25 $ con colazione. Il New Park Hotel non sarà certamente il più bel hotel della zona ma il suo buon prezzo, per una camera degna e la vicinanza al centro lo fanno diventare una buona scelta da consigliare. Nel pomeriggio affittiamo due bici ( 3000 k ) e facciamo il primo giro della zona e le prime visite ai templi e pagode e mercati della città, anche qui veniamo sorpresi da un acquazzone ma siamo al riparo all’interno di un complesso di templi buddisti. Nel temporeggiare in attesa della fine del diluvio, nel passeggiare a piedi nudi nei lunghi corridoi del complesso, ci imbattiamo in un enorme serpente, che disturbato dalla nostra presenza fugge via … anticipando di un soffio la nostra fuga !!! La sera ceniamo in un locale che più che un ristorante è un ritrovo per gente del posto, il Shwe Yar Su, dove servono birra alla spina il tutto gestito da giovani ragazzi ( 13.500 k ) Mangiamo pesce beviamo birra, immersi nella vivacità della gente birmana.

Colazione in hotel, poi affittiamo 2 bici elettriche direttamente alla reception ( 8000 k ) ed iniziamo il nostro tour verso la Bagan vecchia. Sarà un’altra giornata di visite a imponenti templi e meravigliosi panorami della piana di Bagan, il tutto ampiamente fotografato. Il caldo è sempre opprimente ma resistiamo e le bici elettriche ci sono d’aiuto. Per il pranzo scegliamo un ristorantino vegetariano consigliato dalla LP, scelta veramente ottima, il Be Kind To Animal ( 13700 k ), mangiamo cucina vegetariana birmana, tra cui le memorabili melanzane al curry. Nel pomeriggio continuiamo il tour con il proposito di terminare la giornata ammirando il tramonto dalla cima di uno dei templi più alti … peccato che il cielo è nuvoloso! Comunque da quell’ altezza la vista è incredibilmente suggestiva e solo questa esperienza merita il viaggio in Myanmar! In serata ceniamo al ristorante cinese “ A Little Bit of Bagan “ , dove mangiamo noodols e pesce serviti al tavolo direttamente su un braciere in terracotta ( 15900k ).

Inizia un’altra giornata, questo è un giorno di spostamento ma notturno, alle 19 partirà il nostro bus per Aung Ban e da qui poi raggiungeremo Pindaya con un minibus che dovrebbe partire da un incrocio imprecisato … dove esattamente lo scopriremo vivendo! Il biglietto del bus lo abbiamo prenotato in hotel ( 11000k a testa ). Trascorriamo la giornata passeggiando in centro paese dove visitiamo il museo del Thanaka e nelle ore più torride ci rintaniamo nel fresco della camera. A pranzo torniamo al ristorante cinese della sera precedente dove siamo gli unici clienti e dove ordiniamo piatti leggermente modificati rispetto al menù, creando un po’ di scompiglio tra il personale. Ci accorgiamo che le ordinazioni vengono comunicate via telefono e il tutto arriva poco dopo tramite un ragazzino in motorino chissà da dove! E’ comunque tutto buono. Alle 18.30 arriva un camioncino con il cassone già strapieno di viaggiatori, dove saliamo a fatica, siamo praticamente uno sull’altro e durante il tragitto farà anche altre due fermate per prelevare altre persone! Un’esperienza poco entusiasmante … stile carro bestiame! Raggiungiamo la stazione dove ci attende il nostro autobus piuttosto malconcio e visto che dobbiamo viaggiare tutta la notte siamo un po’ preoccupati. Nel Bus ci sono persone di tutti i continenti … cinesi, spagnoli, americani,… siamo tutti turisti ( o meglio viaggiatori ). Facciamo sosta per la cena nel solito locale sulla strada, tipicamente asiatico, essenziale nella sua organizzazione ma funzionale, dove solo noi e uno spagnolo ci sediamo e mangiamo quel che c’è ( 5000 k ).

Rientrati nel bus tutti si sistemano per la notte occupando tutti i sedili disponibili, dormendo fino alle 3 cioè fino a quando giungiamo alla fermata di Kalaw, un paese famoso per la partenza dei trekking per il lago Inle. Qui scendono solo le 4 ragazze spagnole … un po’ spaesate dal buio della notte che le avvolge e dall’hotel a pochi metri dalla fermata ancora chiuso, la loro tentazione iniziale è quella di risalire sul bus ma poi vengono raggiunte da due ragazzi del posto che le accolgono e forse le tranquillizzano. Ripartiamo subito e dopo circa 20 minuti giungiamo al paese di Aung Ban, la nostra meta intermedia ma dal nostro GPS non ci pare il punto esatto di partenza del bus di collegamento con Pindaya. Ci rivolgiamo all’autista, facendogli presente la nostra meta finale, lui capisce e ci fa risalire per poi farci scendere qualche chilometro più avanti, esattamente al crocevia col la strada per Pindaya. Siamo letteralmente abbandonati nel buio della notte al centro del crocevia dove l’unica cosa da fare è aspettare. Davanti ad una vicina stazione di servizio chiusa, vediamo parcheggiato un piccolo autobus e 5/6 birmani seduti a terra che attendono! Quello è il bus per Pindaya, le persone in attesa già dalle tre lo fanno per assicurarsi il posto a bordo, non appena giunge l’autista, cioè alle 7.00. Poco dopo spuntano dal nulla due ragazzi a bordo di due ciclomotori scassati che indossano delle pettorine con la scritta taxi, si avvicinano a noi per chiedere dove siamo diretti e ci offrono di raggiungere Pindaya in moto … ma non è proprio il caso vista la distanza e i nostri ingombranti zaini.

Veniamo poi contattati da un taxista fai da te svegliato dai due ragazzi ma i 30.000 k che ci chiede sono una esagerazione. Decidiamo di attendere e vedere cosa il destino ci riserva, alla peggio cercheremo di accaparrarci un posto nel bus. Poco dopo accade quello che non ti aspetti o meglio quello che trasforma questo tipo di viaggi in una esperienza unica. Si ferma un piccolo furgone già stracarico di spezie, verdure e … donne. L’autista, un uomo con pochi denti interamente rossi di betel e un po’ sciancato, si avvicina a noi e in modo cortese ci rivolge la parola, aiutato nella traduzione in inglese da uno dei ragazzi in motorino, sa bene che aspettiamo la partenza del bus ma chiede comunque dove siamo diretti, aspettando da noi una proposta che non si fa attendere. Alla nostra richiesta lui con un rosso sorriso ci propone il passaggio per Pindaya per 2.000 k a testa. L’affare è concluso sia perché il prezzo è onesto sia per la simpatia dell’uomo. Ora rimane solo da stabilire l’organizzazione dei posti a sedere visto che il furgone è già strapieno. I nostri zaini vengono legati sul tetto del furgone, insieme ad altri sacchi di merce, noi veniamo fatti sedere davanti con lui, facendo spostare una donna, probabilmente sua moglie, che con una piccola espressione di disappunto si siede dietro nel cassone con le altre donne! Sicuramente questa pratica di dare passaggi occasionali viene usata spesso, loro percorrono quella strada per andare ai mercati per vendere le merci e noi contribuiamo al pieno di carburante, infatti poco dopo essere partiti si ferma ad un benzinaio al momento chiuso ma svegliata la proprietaria fa’ rifornimento.

Il viaggio verso Pindaya a bordo di quel furgoncino sgangherato, invaso dai profumi di cipolle, patate e spezie di ogni genere, attraversando la verde campagna birmana al sorgere del sole è un bel momento, da assaporare fino in fondo. Dopo una sosta in un paesino tra le colline, dove viene scaricata parte della mercanzia, alle 5.30 arriviamo a Pindaya. Chiediamo all’uomo se ci porta fino all’hotel dove ci salutiamo e gli lasciamo anche una bella mancia, più che meritata. L’hotel Golden Cave è discreto, le camere standard sono nella norma, non vale i 50 $ con colazione che ci chiedono ma non ci sono molte alternative, l’impressione è che sia un hotel governativo e questo spiega perché non è contrattabile il prezzo. Alla reception prenotiamo il trekking di due giorni nella foresta, 50.000 k per due persone, che comprende la guida il cuoco i pasti e il pernottamento in un monastero.

La mattina la passiamo a riposarci dalla veglia notturna, nel pomeriggio andiamo a visitare la Golden Cave, una enorme pagoda rupestre, Shwe Oo Min, contenente migliaia di statue dorate di Buddha donate da persone di tutto il mondo … da non perdere ( ticket 3 $ in due ). Sia a pranzo che a cena andiamo nell’unico ristorante decente della zona, il Green Tea, ( 11000 k per il pranzo ). A cena praticamente il ristorante lo aprono per noi , poi arriverà anche un altro cliente. Pindaya non è certamente un paese pieno di vita, i turisti arrivano qui con bus granturismo per gite giornaliere da località turistiche vicine, per visitare le grotte e pranzare al Green Tea, oppure i viaggiatori arrivano solo per fare trekking per poi ripartire per altre tappe! Oggi è piovuto tutto il giorno… siamo un po’ preoccupati per il trekking di domani.

Ci svegliamo carichi di entusiasmo per i due giorni che ci aspettano, sicuramente in compagnia delle piogge monsoniche! Lasciamo gli zaini grandi in custodia alla reception, prepariamo gli zaini piccoli con il necessario per una notte, più l’indispensabile zanzariera. Alle 9 partiamo con la guida, che in realtà è il gestore dell’hotel e un altro giovane uomo che porta un grande zaino, il cuoco! Percorriamo mulattiere in salita, ogni tanto incrociamo gente del posto a piedi o a bordo di scassati motorini. Sono sentieri in terra rossa e sassi che collegano il paese ai villaggi di montagna, tutto attorno è molto verde e gli alberi sono enormi. Più saliamo e più aumentano i terrazzamenti con piantagioni di tè, dove alcune donne con ceste enormi sono occupate nella raccolta delle foglie più verdi. Raggiungiamo dei villaggi fatti di case in legno e piccoli cortili in terra battuta dove le persone si ritrovano, noi non passiamo inosservati e tutti ci salutano con un gioioso “ mingalabà “, i bimbi dalle finestre ci sorridono e ci seguono con lo guardo incuriositi. Ci inoltriamo nel bosco umido e impervio quando le prime gocce ci segnalano che l’acquazzone sta’ arrivando. Sfoderiamo le nostre mantelle tattiche che ci proteggono totalmente compresi gli zaini. Anche sotto la pioggia la camminata è relativamente facile e interessante, siamo già a circa 1500 metri di altitudine quando raggiungiamo un monastero dove pranzeremo. Le nostre due guide ci preparano il pasto in una capanna adibita a cucina con un bel braciere nel mezzo. Noi attendiamo all’interno del monastero, nella grande sala principale dove hanno steso una stuoia e apparecchiato un basso tavolino. In una sala attigua ci sono una decina di ragazzini, forse futuri monaci o solo studenti, che seguono una lezione. Mentre pranziamo a base di noodols verdure e carne, inizia nuovamente a piovere forte, siamo costretti a rimanere nel monastero per un’altra ora aspettando che il diluvio cessi. Finalmente si riparte, le scarpe sono zuppe e piene di terra ma il resto è asciutto ! Dopo circa tre ore di cammino raggiungiamo la cima della montagna dove vi è un secondo monastero che sovrasta un piccolo gruppo di case di contadini. Poco prima di raggiungere il monastero incontriamo un gruppo 7/8 bambini, sono di varie età e ci guardano un po’ straniti. Noi imbacuccati all’inverosimile tra mantelle zaini cappelli antipioggia e scarponi, loro in calzoncini magliette infradito e un ombrellino. Uno scambio vivace di parole e palloncini ( portati per queste occasioni ) poi loro si allontanano felici mentre noi raggiungiamo il monastero. Ci sistemiamo all’interno dove conosciamo il monaco anziano che ci ha adibito a giaciglio un locale attiguo alla sala principale e ci crea un po’ di privacity mettendoci una tenda all’ingresso. Il nostro letto sarà una serie di strati di coperte imbottite dove noi aggiungeremo la zanzariera e i sacchi lenzuolo. Fino alle 19.00 gironzoliamo nel cortile del monastero facendo foto e cercando di scambiare qualche parola con il monaco. Sembra ci siano solo due monaci in tutto il complesso, il più anziano è certamente un riferimento per la comunità della montagna mentre il secondo ha più le mansioni di custode. Gli abitanti della zona si occupano del sostentamento dei monaci, portando loro il pasto quotidiano. Anche qui ceneremo nella sala principale seduti a terra con un tavolino basso davanti alla grande statua del Buddha, è come se da noi apparecchiassimo la tavola nel mezzo della chiesa. Anche per cena la guida e il cuoco ci preparano un gustoso pasto con un servizio da non far rimpiangere un ristorante anche come quantità … zuppa verdura carne riso biscotti frutta …. Ma dove l’avevano tutta questa roba ?

Dopo cena non c’è molto da fare, tutto attorno un silenzio irreale, nel monastero le luci si spengono rimangono solo i le piccole luci votive accese davanti al Buddha, fuori è buio pesto e il monaco ha già preparato il suo giaciglio, uno sdraio vicino ad una finestra. Ci salutiamo e ci ritiriamo nella nostra “dependance”. Trovarsi a dormire in cima ad una montagna in un monastero buddista, soli e nel completo silenzio è un’incredibile esperienza …. e fuori naturalmente PIOVE.

Ci svegliamo presto, al canto dei numerosi galli della zona e dopo aver mangiato qualcosa procediamo al ripristino del nostro giaciglio, successivamente partecipiamo alla cerimonia organizzata dalla nostra guida, nella quale provvediamo a fare la dovuta offerta al monastero e al monaco per l’ospitalità, dopo i saluti riprendiamo il cammino verso il paese, reso più difficile sia per la strada ora in discesa, sia per la pioggia caduta durante la notte che rende la terra rossa molto scivolosa. Dopo qualche ora di cammino giungiamo in un villaggio dove la guida e un uomo del posto, dopo essersi parlati ci propongono di proseguire il viaggio a bordo di un trattore cinese motivandolo sia perchè il terreno non è in buone condizioni ma soprattutto perchè a Pindaya oggi è giorno di mercato, il famoso “ mercato dei 5 giorni “ uno spettacolo da non perdere, dove tutta la gente dei villaggi di montagna con le lori vesti tradizionali e colorate vengono a vendere le loro mercanzie.

Il trattore cinese è un tipico veicolo agricolo di questa zona dell’Asia, utilizzato per il trasporto di merci e persone, incredibilmente versatile, praticamente un carretto scoperto trainato da un motore a cinghia, un assemblaggio di tecnologia probabilmente risalente alla prima metà del secolo scorso.

Accettiamo il passaggio, anche perché ormai il trekking non ha più obbiettivi interessanti. Durante il viaggio incontriamo altri trattori cinesi carichi all’inverosimile sia di persone che di merci, tutti diretti al mercato di Pindaya. Il mercato è effettivamente un evento da non perdere, con tutti i suoi colori ed odori, uno spaccato di un popolo non ancora rassegnato al progresso.

E’ in questa baraonda che ci capita l’ennesimo episodio bizzarro … ci ritroviamo nel bel mezzo di una tappa della trasmissione RAI “Pechino Espress,” con i concorrenti impegnati nel loro gara, questi ultimi vedendoci e sentendo che siamo italiani ci corrono incontro urlando, contenti di poter chiedere informazioni per trovare la strada giusta per raggiungere il lago Inle.

Sveglia alle 4.30, si parte per il lago Inle, o meglio dobbiamo prima raggiungere una cittadina nei pressi di Nyaungshwe per poi proseguire per la nostra destinazione. I biglietti per il bus li abbiamo acquistati direttamente in hotel ( 7000 k per due ).

Al mattino la titolare dell’hotel ci attende per consegnarci la colazione al sacco e per salutarci. Alle 5.45 passa dall’hotel un minibus da 12 posti che ci porterà a destinazione, a circa 11 km dalla meta, l’ultimo tratto di strada lo percorreremo in taxi. Sul minibus siamo gli unici occidentali, il viaggio in compagnia dei birmani sarà piacevole e rilassato. Arrivati a Soung Y veniamo contattati da un taxista che per 6500 k ci porterà a Nyaungshwe, presso l’hotel Princess, scelto nella LP ma a dispetto del suo nome si tratta di una struttura pessima e poco pulita; uno sguardo alle camere e decidiamo di andare a vederne un altro, il Royal Hotel …. tutta un’altra cosa e complice la bassa stagione, otteniamo una camera ottima per 55 $ a notte con colazione. Dopo un breve riposo andiamo alla scoperta del paese dove, al contrario di Pindaya, c’è tanta gente in giro e il mercato è vasto, sembra un paese in festa! Nel girovagare giungiamo al molo sul canale che collega il lago Inle, dove arrivano e partono le lunghe canoe affusolate cariche di persone e merci per il mercato. E’ un caos organizzato e lo spettacolo è assicurato, i canali sono pieni di barche in un groviglio inimmaginabile e apparentemente inestricabile, la vita sull’acqua fa di questa zona una meta imperdibile.

Per cena scegliamo un ristorante consigliato dal nostro hotel e dalla LP, il Green Chili Restaurant, molto curato e superiore alla media come arredo ma i piatti sono scarsi e più costosi. Tramite la reception prenotiamo il tour in barca sul lago Inle per l’indomani ( 25000 k per due ).

La colazione sul terrazzo panoramico dell’hotel al quinto piano è memorabile! Alle 8.30 ci incontriamo con il barcaiolo, e prima di partire stabiliamo accuratamente un percorso ma soprattutto chiariamo ciò che vogliamo visitare e ciò che non vogliamo visitare. Si parte comodamente (!!) seduti su due sedie posizionate all’interno della canoa a motore, è una bella giornata di sole … finalmente! Faremo un bellissimo tour che ci porterà a vedere pagode, villaggi, orti galleggianti, i tipici pescatori che remano con una gamba e un importante monastero sull’acqua il Phaung Daw Oo Paya. Pranzeremo in un ristorante su palafitte il Shwe Yamin, molto caratteristico ( 15000 k ). Faremo rientro in albergo alle 16 stanchi e cotti dal sole. La sera, dopo una ricerca sfrenata di un buon ristorante, proviamo un locale cinese/birmano dove tutti i clienti i camerieri e i titolari, sono letteralmente incantati davanti alla tv a guardare una sop opera … magia della televisione !

Oggi giornata di relax, ci svegliamo con comodo non abbiamo particolari programmi. Verso le 10 prendiamo due bici ad uso gratuito dell’hotel e ci dirigiamo lungo il lago dove pedaliamo per circa un’ora fino al villaggio di Maing Thauk, dove con nostra sorpresa incontriamo nuovamente il cast di “Pechino Espress “. Le telecamere sono spente quindi sono tutti più rilassati, facciamo quindi alcune foto ricordo con i concorrenti per testimoniare l’evento, qualche chiacchiera e saluti . Proseguiamo a piedi lungo il ponte di legno che collega la terra ferma al villaggio sull’acqua. Al termine del pontile ci sono canoe in attesa di portare i turisti attraverso gli orti galleggianti ( 2000 k per ½ ora ). Il giro è bello e interessante e il nostro capitato è un vecchietto simpatico e sorridente. Ritornati sulla terra ferma riprendiamo le nostre bici e facciamo rientro frettoloso in paese perché il tempo sta peggiorando. Facciamo appena in tempo a raggiungere il ristorante italiano, Golden Kite, quando inizia a piovere. Le tagliatelle al ragù e gli gnocchi al pesto sono veramente molto buoni ( 13500 k ), verso la fine del nostro pranzo il tempo migliora ed improvvisamente si scatena una festa in strada, pare sia un importante cerimonia religiosa legata alla partenza per alcuni mesi di molti giovani monaci per un ritiro spirituale. Per le strade, sia a piedi che a bordo di furgoni tantissime persone in vesti tradizionali delle varie etnie, cantano con altoparlanti e suonano strani strumenti musicali. Alle 18.30 andiamo al teatro delle marionette, dove ogni sera un uomo, aiutato dal giovane figlio, organizza due spettacoli. Appena entrati ci viene offerto il te, poi una breve storia sulla tradizione famigliare delle marionette e poi lo spettacolo inizia… bello, caratteristico, da vedere ( 6000 k per due ). La sera termina nel più bel ristorante di Nyaungshwe … il View Point ( 25000 k ). Domani partiamo per Yangon, abbiamo optato per un trasferimento in aereo perché in bus sarebbe stato un viaggio lungo 14 ore! I biglietti li abbiamo comprati tramite la reception dell’hotel, 250 $ per due persone più 2000 k di commissione con Air Yangon.

Questa mattina sveglia presto, colazione in terrazza alle 6.30 con il solito spettacolo da immortalare con numerose fotografie. Raggiungiamo l’aeroporto di Heho in taxi ( 15000 k ), piccolo quasi casalingo e anche l’aereo è un piccolo bimotore ad elica. Durante il volo ci consultiamo per decidere se quando arrivati a Yangon ci dobbiamo spostare verso il mare o verso i monti della Golden Rock. Decidiamo per la Golden Rock perché la stagione delle piogge non è quella ideale per la vita da spiaggia. Prendiamo il taxi per andare alla stazione dei bus dove è già in partenza il bus per la nostra destinazione ( 6000 k per due ). Una piccola curiosità … vista l’usanza di tutti i birmani ( uomini e donne ) di sputacchiare continuamente il betel masticato, tutti gli autobus sono attrezzati di sacchettini per contenere ciò, ogni sedile ne ha uno a disposizione! Arriviamo a Kinpun dove piove a dirotto e noi non abbiamo un’ idea precisa di quale hotel scegliere. Veniamo contattati da alcuni ragazzi che ci portano a vedere alcune camere da affittare ma sono tutte orrende. Continua a piovere forte e questo non aiuta a schiarirsi le idee nella ricerca di un posto per dormire, decidiamo quindi di fermarci in un bar a bere un te e riflettere sul da farsi, nel frattempo anche il tempo ci concede una tregua, ci facciamo così portare da due ragazzi con le loro moto all’hotel Golden Sunrise consigliato dalla LP. Questo Hotel è’un po’ decentrato ma carino, le camere sono bungalow in muratura, spaziose e tutte disposte intorno ad un curato giardino, unica pecca, non hanno il wi fi. Trattiamo molto sul prezzo anche perché siamo gli unici clienti alla fine saranno 50 $ con colazione in due. In serata ceniamo nel ristorante dell’hotel, una bella struttura in legno e bambù ( 11500 k ). Questa tappa in Myanmar è finalizzata alla visita della Golden Rock, un luogo molto sacro ai buddisti, ubicato in cima ad una montagna, importante meta di pellegrinaggio per tutti i fedeli.

Alle 6.30 dopo una buona colazione ci prepariamo per la visita alla Golden Rock, portando il necessario per proteggerci da una sicura mattinata sotto la pioggia monsonica. Raggiungiamo la stazione da dove partono i veicoli diretti alla Golden Rock che in realtà sono veri e propri camion con il cassone scoperto adibiti al trasporto di fedeli e … infedeli. Le persone vengono stipate su delle panche saldate al cassone, ogni camion parte solo quando è completamente pieno, quindi non esiste un vero e proprio orario di partenza, il costo del trasporto è di 5000 k per due persone A/R. Siamo tutti stipati come sardine e organizzati per ripararsi dall’imminente e certa pioggia in arrivo. L’autista parte imboccando la tortuosa strada in salita guidando come un forsennato, il risultato è che tutti i passeggeri vengono frullati ben bene sotto una pioggia torrenziale. Una situazione al limite per dei poveri europei come noi non abituati alla sofferenza e alla flagellazione che forse questa religione ritiene necessaria per raggiungere un luogo così sacro. A circa 10 minuti dalla vetta c’è una stazione di sosta, in un piccolo villaggio di montagna preparato ad accogliere i turisti e i fedeli di passaggio, ma la pioggia, la nebbia, le nuvole basse e i bracieri accesi all’interno dei locali per riscaldarsi, fa assumere al tutto un’atmosfera surreale! Probabilmente la tappa è necessaria perché l’ultimo tratto di strada è stretto e percorribile in un solo senso di marcia, per noi sarà invece la fine del viaggio per una ribellione incontrollabile del mio stomaco … quindi scesi a fatica dal camion, facendoci strada tra la gente stipata, ci sediamo al tavolo di quello che sembra un bar posizionato sotto una tettoia, godendo del caldo sprigionato dal focherello acceso al centro del locale, dove ordiniamo un opportuno tè, in attesa del camion per il ritorno in paese. Ci è anche venuta l’idea di raggiungere la meta a piedi ma la fitta nebbia e la mancanza di una mappa ci hanno convinto a non tentare l’azzardo. Torniamo sconsolati in paese, consapevoli del nostro fallimento. Pranziamo nel ristorante di un hotel in centro ( 10000 k ) dove c’è anche il wi fi disponibile e prima di rientrare compriamo un casco di dragonfruit da un venditore ambulante.

Alle 8, dopo colazione, partiamo con il bus diretti a Yangon, il biglietto lo avevamo comprato sul bus dell’andata da una ragazza che contattava tutti i turisti per vendere i biglietti della sua agenzia ( 14000 k per due ). Verso le 13 arriviamo a Yangon, contrattiamo con un taxista il quale per 8000 k ci porterà in centro alla ricerca di un hotel. Dopo averne visionati diversi e tutti scartati per varie ragioni seguiamo il consiglio del taxista e andiamo a vedere l’Hotel Millenium …. ci piace e anche il prezzo è onesto, 65 $ con colazione per una bella camera al 7 piano con tv e a/c. Dal terrazzo del nono piano, dove c’è la sala ristorante si gode una vista meravigliosa sul vicino fiume Yangon e sulla Botataung Paya che visiteremo in serata. Per cena andiamo al ristorante Monsoon, un locale rinomato, elegante e frequentato da occidentali, con un menù molto vario ( 30000 k ) e particolare. Ritorniamo in hotel a piedi, nel buio delle strade di Yangon, aiutati dalle torce e dal gps. Yangon non è una città pericolosa, anche di notte si gira in tranquillità, ma come in tutto il paese tutto chiude verso le 22. Finiamo la serata nel bar/ristorante dell’hotel a bere un drink e godere dello splendido panorama.

Sveglia con calma, oggi giornata dedicata allo shopping di fine viaggio. Dopo una colazione sontuosa si parte per i mercati della città, andiamo a piedi seguendo un percorso indicato dalla LP che ci permetterà anche di visitare il centro di Yangon. Prima tappa il mercato popolare dove lungo le vie le bancarelle espongono a terra ogni tipo di merce alimentare, dal pesce alla carne, frutta e verdura nel solito tripudio di colori ed odori caratteristici dei mercati asiatici. Yangon è piena di palazzi risalenti all’epoca coloniale britannica ma con una forte impronta cinese. nel complesso è molto meno caotica di altre città asiatiche. Il giro termina al mercato coperto di Bogyoke Aung San dove troviamo molti oggetti di artigianato locale e riusciamo a soddisfare quasi completamente l’elenco di souvenir da portare a casa. E’ comunque un mercato immenso ed è facile perdere l’orientamento e ripassare più volte dalle stesse bancarelle! Rientriamo in hotel sotto la pioggia, per cena decidiamo di farci portare in taxi ( 2000 k ) al ristorante giapponese Japan Japan, prima però facciamo un giro a piedi al mercato notturno e anche qui tutto è a terra, nella zona del pesce ne vediamo alcuni a noi sconosciuti, ci colpiscono delle canocchie di una grandezza da noi inimmaginabile! Il ristorante giapponese è carino e tipico nell’arredamento, non si può dire la stessa cosa per il cibo che di giapponese ha ben poco e anche non particolarmente squisito ( 16800 k ). Ci spostiamo sempre in taxi, visto il costo irrisorio, al rientro in hotel andiamo al bar al nono piano a goderci il nostro solito drink in terrazza!

Oggi è prevista la visita alla pagoda con la “P” maiuscola, il santuario dei santuari birmani, la Shwedagon Paya. Prendiamo il solito taxi e percorrendo la grande via principale già in lontananza la Paya si staglia in tutta la sua dorata magnificenza ! Il ticket per entrare è di 9 $ a testa, ti danno la mappa e un adesivo da applicare sulla maglia come verifica del pagamento. Il complesso al suo interno è veramente stupendo, i pochi raggi di sole che la giornata ci regala fanno risaltare ancor di più il suo splendore e la sua magia, infatti è veramente difficile descriverlo…. è qualcosa che ti colpisce e ti fa capire di essere davanti al massimo della rappresentazione buddista. Rimaniamo all’interno del complesso per più di tre ore, in parte ad ammirare le gesta e i rituali dei fedeli ed in parte abbagliati dai giochi di luce sulle pareti dorate, poi a fatica ci convinciamo ad uscire per continuare il tour. Ci attende il museo nazionale dove anche qui l’oro e le gemme preziose si sprecano, il tutto appartenenti ai vari re del passato ( ticket museo 10000 k per due ). A pranzo cerchiamo un tavolo in un famoso ristorante a noi segnalato dalla LP ma non c’è posto ma per fortuna quella è una via con ristorantini uno unito all’altro, c’è veramente l’imbarazzo della scelta, quindi entriamo in un altro a caso ma anche questo è pieno e fatichiamo a trovare due posti. Alla fine riusciamo a sederci ad un tavolo condiviso con due uomini d’affari birmani i quali per tutto il pranzo parlano ad alta voce, rispondono a varie telefonate e fumato per poi mangiare solo due ciotole di brodaglia rossa. Noi mangiamo bene, piatti più sostanziosi, noodols di pesce, crocchette di pesce e altri piatti sempre a base di pesce, il tutto accompagnato dalla Myanmar beer ( 12500 k ). Nel pomeriggio visitiamo un altro mercato coperto e per cena decidiamo di ritornare all’ottimo ristorante Monsoon.

Anche questa mattina è dedicata allo shopping per gli ultimi regali e per questa sera è in programma la seconda visita alla Shwedagon Paya per vedere il suo splendore al tramonto.

Visitiamo ogni angolo del mercato Bogyoke Aung San Market alla ricerca di qualcosa di originale da portare a casa come ricordo di questo magnifico viaggio. Nel pomeriggio facciamo una tappa ai giardini pubblici intorno al lago e quando ormai giunge la sera torniamo alla Shwedagon Paya. All’interno del complesso giriamo attorno allo stupa, insieme ai fedeli e ai turisti, per scattare tantissime fotografie seguendo il cambio di luci e colori mentre cala il tramonto, uno spettacolo indimenticabile! Rientriamo in hotel con il taxi per poi andare a cenare al ristorante dell’hotel perché è già tardi.

Con un bagaglio di bei ricordi e qualche piccolo contrattempo siamo arrivati alla fine delle vacanza, domani si torna a casa … si rifanno gli zaini, buttando qualche vecchia maglia per far posto ai souvenir.

Alle 4.15 sveglia perché alle 5 ci attende il taxi prenotato dall’hotel che ci porterà all’aeroporto ( 8000 k ). Si parte in orario, con il volo dell’ AirAsia. All’uscita dal Myanmar ci aspettavamo di dover pagare 10 $ a testa di tassa governativa ma nessuno ci ha chiesto nulla , forse questa tassa non esiste più.

Arriviamo all’aeroporto secondario di Bangkok, dobbiamo raggiungere quello principale per il volo per l’Italia. I due aeroporti distano circa 50 km ma all’esterno c’è un servizio di bus navetta di collegamento, ed è gratuito, basta presentare il biglietto aereo. Giunti all’aeroporto internazionale abbiamo 8 ore da far trascorrere, ma qui non è un problema … tra ristoranti, centri massaggi e manicure, il tempo vola.

Il popolo birmano è veramente come viene descritto nelle guide: disponibile, gentile e sorridente. I controlli delle Autorità governative ci sono ma nei confronti dei turisti sono contenuti, a noi non ci hanno mai assillato anzi, i controlli di routine sono sempre stati veloci ed essenziali. Per quanto riguarda le mance non è una pratica che i birmani sentono come un diritto però le gradiscono molto. Nel complesso si mangia meglio che in altri Paesi del sud est asiatico e se si frequentano ristoranti non prettamente per occidentali, si spende veramente poco ( tra i 5 e i 7 $ a testa ). Gli hotel invece, in proporzione, costano di più che in altri paesi asiatici, sotto i 25 $ solo generalmente bettole, per qualcosa di medio livello ci vogliono non meno di 40/50 $ per una doppia. La sera, dopo le 22 tutto chiude, sia nelle città che nei paesi, forse a Yangon cercando bene ci saranno anche locali che fanno le ore piccole ma noi non li abbiamo cercati . I birmani amano molto masticare il betel ma questo comporta un continuo e rumoroso sputacchiamento in ogni luogo, usanza poco usuale per un occidentale, per questo motivo tutti i marciapiedi sono interamente chiazzati di rosso, anche noi abbiamo provato a masticare il betel e non ci è sembrato particolarmente disgustoso anche se ti lascia uno strano sapore in bocca dopo che lo hai …. eliminato.

Durante il viaggio è utile portarsi dei piccoli profumi, saponi, creme varie e trucchi, perchè le donne le ragazze e bimbe birmane le apprezzano molto, possono essere usati come doni e in certi casi anche come merce di scambio, è un’esperienza bellissima vedere il sorriso delle ragazzine birmane quando ricevono questi piccoli regali.

Le note negative sono sia la loro scrittura incomprensibile, utilizzata per le indicazioni stradali e turistiche che rende difficile l’orientamento in tutto il paese e la mania dei birmani di accettare solo dollari nuovi, perfetti e stirati privi di qualsiasi segno, che crea seri problemi durante i pagamenti o il cambio di denaro.

In ultimo … potete dimenticarvi scarpe e calze … in Myanmar si gira scalzi in tutti i siti religiosi ( e sono tanti ) sia all’interno che all’esterno.

Antonella e Ernesto

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A piedi scalzi in Myanmar



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