La piccola chiesa italiana… sulle isole più selvagge della Scozia: è un luogo incredibile, soprattutto per la sua storia
Sulle coste della Scozia, nelle isole più selvagge battute dal vento e dal mare impetuoso, c’è un luogo incredibile che ha una storia di resilienza… e di fede. In un angolino remoto di quelle che si chiamano Isole Orcadi, su un’isoletta di nome Lamb Holm, c’è un luogo di speranza nato nella Seconda Guerra Mondiale da diversi prigionieri di guerra italiani. Viene chiamato anche il Miracolo del Campo 60, fatto da due lattine e poco più. Un edificio che dire modesto è riduttivo, specie per come è stato creato: quel che viene semplicemente chiamato Italian Chapel, la Cappella Italiana, nasce da materiali di fortuna e dalla necessità di un po’ di fede. E un po’ di cartongesso.
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Due “lattine” Nissen e poco più
Alan Jamieson, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons
La Cappella Italiana è un esempio iper famoso in Scozia di come creatività e necessità riescano a creare cose meravigliose nelle condizioni peggiori. Siamo in Seconda Guerra Mondiale quando una nave britannica, la HMS Royal Oak, viene affondata da un U-boot (l’U-47) nel ’39: Churchill decide di far erigere barriere per chiudere l’isola creando quelle che poi verranno chiamate le Churchill Barriers, barriere marittime che dovevano proteggere la base navale di Scapa Flow.
Pochi materiali a disposizione, nulla di sofisticato: nel ’42 sull’isola di Lamb Holm vengono deportati 550 prigionieri di guerra italiani (presi nel Nordafrica), 200 dei quali vengono piazzati nel Campo 60. Tempo un anno e fra un nuovo comandante e padre Gioacchino Giacobazzi nasce una duplice intesa: c’è bisogno di un luogo di preghiera, di fortuna, piccolo che sia, ma serve. E così cominciò la costruzione della Cappella Italiana.
Due lattine e poco più, davvero. E con lattine non intendiamo solo i barattoli di latta, che vengono usati come lampade del soffitto, ma della struttura in sé. Vennero usati due capannoni Nissen, un tipo di edificio militare che sembra una mezza lattina, quelli tipici già visti in millemila film di guerra sulla Seconda Guerra Mondiale, anche se vennero ideati durante la Grande Guerra. E sempre in quell’anno, nel 1943, di fronte alla Cappella Italiana si crea un monumento per i prigionieri di guerra italiani con una scultura di San Giorgio che trafigge il drago… fatta con un po’ di filo spinato coperto in cemento.
Com’è dentro la Cappella Italiana?
Italian Chapel by Steve Denoon, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons
La Cappella Italiana venne finita solo nel dopoguerra, ma c’è da spendere qualche parola per l’artista principale. All’autorizzazione dell’uso delle due lattine Nissen arrivò un po’ di felicità negli occhi di Domenico Chiocchetti, prigioniero dal talento artistico eccezionale, che praticamente si assunse la responsabilità delle decorazioni principali. Chiocchetti non solo era un pittore, ma aveva una visione ambiziosa: voleva trasformare i semplici capannoni in una chiesa che ricordasse quelle della sua terra, il Trentino.
L’opera richiese mesi di duro lavoro e il contributo di molti altri prigionieri con varie abilità, tra cui Giuseppe Palumbi, un fabbro che fece una intricata grata in ferro battuto in soli 4 mesi, grata che separa l’abside. Se per questo, l’interno venne ricoperto in cartongesso mentre altare e balaustra vennero fatti col calcestruzzo. Ciocchetti (originario di Moena, vicino Trento) rimase anche dopo la fine della guerra per finire l’affresco. L’affresco è la Madonna col Bambino, copia della Madonna dell’Olivo di Barabino, mentre vicino l’altare c’è un angelo con lo stemma della sua città natale, una barca che va verso il cielo sereno da una tempesta. E poi, il fonte battesimale… fatto con una vecchia macchina rivestita di cemento.
Dai un’occhiata:
I contrasti sono meravigliosi. Le pareti sono decorate con affreschi religiosi, e l’ispirazione della Madonna col Bambino venne a Chiocchetti da una cartolina che portava sempre con sé, datagli dalla madre. Le colonne sono dipinte per sembrare di marmo, le vetrate fatte con la vernice sul vetro trasparente, l’esterno cementificato per sembrare una normalissima cappella moderna. Fare di necessità virtù.
Oggi come oggi la Cappella Italiana è molto famosa in Scozia. Dopo la guerra rimase un segno molto tangibile fra le comunità italiane e quelle scozzesi, tanto che vennero fatti su di essa un servizio della BBC, della RAI, fu protagonista di un paio di restauri, ci fecero poesie ed addirittura un romanzo. Ciocchetti, più volte, tornò a Lamb Holm. Nello specifico la rivisitò nel 1960, quando ci andò per sovrintendere al primo restauro della cappella; la sua famiglia continua ad averci legami, poiché la figlia Letizia è presidente onoraria del comitato di conservazione, tenendo ricchi scambi di lettere con le persone delle Isole Orcadi.
Detto questo, di recente, la cappella ha subito un altro restauro nel 2015 a cura di Antonella Papa, poiché la cappella è fragile e soggetta all’usura, causa ambiente dell’isola. E vedete quel Cristo in legno lì di fronte? Originario di Moena, città natale di Ciocchetti, così come altre cose lì. Se andate in Scozia, fategli una visita: non ve ne pentirete.
Robin Drayton, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons