Grecia continentale on the road
Partiamo? Per un viaggio sorprendente!
Si parte. Non si parte. Zona gialla. Zona rossa. Quarantena sì. Quarantena no. Prenotiamo. Non prenotiamo.
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Praticamente per decidere il da farsi pensar troppo era inutile, c’è mancato poco che non lanciassimo i dadi e facessimo scegliere a loro il nostro destino, che poi probabilmente avremmo cambiato con qualche sotterfugio se fosse uscito esito negativo.
Alla fine abbiamo ragionato. Piccolo, stupido, ma che si è rivelato il migliore. Il prezzo del volo andata e ritorno con bagaglio era di circa 150 euro a testa. Voci insistenti parlavano di una fine quarantena obbligatoria a partire da metà maggio. Se così fosse stato, i prezzi sarebbero andati alle stelle. Nel caso fossimo stati costretti a rinunciare (causa quarantena) sapevamo quanto stavamo perdendo a livello monetario.
Biglietti acquistati. Tampone e macchina prenotati ed hotel scelti rigorosamente tutti con cancellazione gratuita. O la va o la spacca!
Aspettiamo con ansia di sapere le novità del governo e con leggero anticipo ecco la tanto attesa comunicazione: niente più quarantena. È fatta! C’è andata bene anche questa volta!
Giorno 1 – Volo Italia-Grecia
Eravamo impreparati per questa partenza. Una valigia riempita all’ultima durante una breve pausa pranzo. L’assenza di un vero e proprio itinerario (se non uno scheletro che ci avrebbe guidato negli spostamenti). E, soprattutto, l’assenza di attesa. Quello che però sicuramente non mancavano erano il nostro tampone (negativo) in inglese e il documento dPLF richiesto del governo greco. Un insieme di dati relativi alla persona, alla meta e al tampone, da compilare 72 ore prima dell’arrivo.
Passiamo velocemente i controlli e siamo già pronti per ammirare la pista aerea. Stanno per aprire il gate e l’addetto ai controllo inizia ad avvicinarsi. Tampone in una mano, PLF e biglietto aereo nell’altra.
Speriamo sia tutto ok. Già, perché purtroppo ora è tutto un “chissà”. Se non siete persone attente all’organizzazione e/o non avete un minimo di esperienza, vi sconsiglio vivamente di organizzare viaggi all’estero. L’assenza anche di un singolo elemento vi impedirà di imbarcarvi. E di scene simili ne ho viste parecchie. Ma per le lacrime di alcune persone, c’erano mille sorrisi di tante altre. E tra questi anche i nostri.
Un viaggio di due ore e mezza ci separa dalla Grecia. L’aereo era pieno ed il nostro vicino di posto ci dà un anticipo di quello che sarebbe stato il nostro viaggio: un mix di risate ed emozioni.
Cosa potrebbe mai accadere di tanto divertente in aereo? Vedere l’uomo prendere dal proprio zaino un contenitore alimentare e iniziare a mangiare (con le mani) due mozzarelline e del gorgonzola. Il motivo della scelta della nostra meta? Il prezzo basso. Nulla di più. Anche se la storia di questa nazione di sicuro non mi rende triste al sol pensiero di visitarla. Sbarchiamo ed una fila non troppo lunga ci attende per il secondo controllo dei documenti.
Siamo ufficialmente pronti per questo viaggio. Usciamo dall’aeroporto e cerchiamo lo stand del noleggio auto. Sulla ricevuta vi era la indicazione “a 500 metri a destra dell’uscita numero cinque”. Perfetto, ma dove? Nessun dettaglio ci riconduceva ad esso, se non un grande parcheggio totalmente vuoto. Attendiamo un’infinità di tempo (a memoria saranno stati circa 30 minuti) fino a quando non arriva il nostro furgoncino. Dovete aspettare ancora, poiché posso portare solo due persone alla volta, ma nel frattempo ne aveva caricate quattro (perché una signora anziana non voleva attendere altro tempo). Vado e torno subito. E fu così che si dimenticarono di noi, tanto che abbiamo dovuto aspettare altri 45 minuti circa. Come inizio non c’è male insomma.
Arriviamo finalmente al deposito e una signora dall’inglese incomprensibile ci offre un’auto di dimensioni più grandi per scusarsi dell’attesa. Ma rifiutiamo. E non avremmo potuto fare scelta migliore: le strade strette e il traffico confusionario stavano per accoglierci a braccia aperte. È bella la macchina, mi dice emozionato mio fratello. Ci accingiamo a caricare i bagagli quando la signora del noleggio ci interrompe per farci ispezionare il veicolo, segnalando su un foglio tutte le ammaccature e i graffi della carrozzeria.
È tempo di partire quando facciamo per aprire il baule, ma niente. A volte non si apre, dice la donna. Perfetto dai. Siamo già in ritardo di circa mezz’ora rispetto la tabella di marcia, quindi cerchiamo di svincolarci dalla signora che a ogni posso accompagnava le nostre ombre.
Decidiamo di rischiare e di inserire sul navigatore la meta che avevamo pensato per quella giornata. Proviamo a collegare il cellulare alla radio, dispositivo non riconosciuto. Nulla, la nostra “modernissima” auto non ci permetteva di vedere il navigatore.
L’importante è che abbia le ruote, rispondo dopo che mio fratello si è lamentato di non riuscire a trovare i pulsanti per i finestrini. Già prima di partire avevamo deciso che avremmo assistito al nostro primo tramonto greco direttamente dal Tempio di Poseidone a Capo Sunion. Parcheggiamo e a passo spedito raggiungiamo l’ingresso: 10 euro.
Direi persino troppo, dati due fattori: il primo è che siamo arrivati alle 20 e avrebbe chiuso al tramonto (circa mezz’ora dopo) e secondo perché oltre il tempio, non vi era nulla. Ma la nostra intenzione era proprio quella di ammirare il calar del sole da quella posizione. E la vista e ci ha ripagati.
Neanche il tempo di scattare qualche foto che una signora porta il fischietto alla bocca. Ma non capisco. Pensavo semplicemente richiamasse il suo gruppo di turisti. Invece no, stava segnalando la chiusura dei cancelli. Davanti a noi il sole che ancora non toccava la superficie dell’acqua. C’era chi si fermava, chi si affrettava ad uscire, chi tornava indietro, chi si nascondeva. E la povera donna a far sentire a gran voce quel suo fischietto argento diventato ormai opaco.
Lo spettacolo era troppo bello però. Così uscendo dal parco ci dirigiamo verso la collinetta che si trova proprio di fronte. Salutiamo il sole e ci rimettiamo in auto. Per tutta la settimana abbiamo cercato di evitare di guidare con il buio perché le strade sono mal segnalate, poco curate e l’illuminazione quasi assente. Arriviamo dopo un’oretta ad Atene. L’hotel ha un parcheggio, eppure non lo troviamo. Avevamo persino pensato di lasciare l’auto a bordo strada (gli autisti sono del tutto incuranti dei divieti), ma le strade strette e la loro guida spericolata mi hanno riportato alla mente la donna del noleggio auto che controllava ogni imperfezione.
Scendi e inizia a fare il check-in, mentre io cerco parcheggio mi propone mio fratello. Varco l’ingresso di una lussuosa struttura. Nessuno che mi accolga. Più aspettavo e più mi guardava attorno, più osservavo e più mi convincevo di essere entrata nel luogo sbagliato. Sto parcheggiando ma non so dove stia andando, mi dice al telefono mio fratello.
Finalmente una ragazza sorridente mi viene incontro. Sì ciao. Ho una prenotazione qui, adesso arriva mio fratello, sta cercando parcheggio. Ah, un ragazzo con una Focus? Bene, non sono neanche con quale macchina siamo in giro. È bianca! rispondo. Aspetta che lo vado ad aiutare!
Ed eccolo arrivare dal parcheggio sottostante. Hai capito? Bisogna entrare in una sorta di ascensore per auto e ti ritrovi nel parcheggio, mi racconta sbalordito.
Siamo solo a poche ore dall’inizio del viaggio e mi sembra già tutto surreale. Corriamo a lavarci e facciamo una bella dormita, mi sa che ne abbiamo bisogno.
Giorno 2 – Visita ad Atene
Ci svegliamo dopo una lunga e profonda dormita. Ci gustiamo un’ottima colazione e siamo pronti per partire per questa nuova avventura. La posizione del nostro B&B era davvero strategica. A pochi metri vi era il fulcro di Atene.
Quando arriviamo alla biglietteria dell’Acropoli, la città è ancora deserta. Acquistiamo il ticket completo (con 30 euro potrete accedere ad altri siti archeologici, se invece preferite visitare solo il simbolo della città, vi basterà quello da 10 euro) e un uomo sorridente ci dà il benvenuto.
Un’Acropoli vuota ci attende. Ci godiamo questo luogo in grado di far tornare indietro nel tempo con calma. Qualsiasi colonna, qualsiasi pietra era in perfetta armonia con ciò che la circondava. E non importava se sotto di essa si fosse sviluppato una città moderna. Lei, l’Acropoli, era perfetta così. E nessun altro luogo le sarebbe stata più adatta. Come l’abito di una sposa le calza alla perfezione gli occhi del suo amato, così l’Acropoli, di marmo vestita, si sposa con la sua città. Ci fermiamo ad osservare ogni singolo tempio fino a quando non arriviamo davanti al simbolo per eccellenza di questo luogo: il Partenone, il tempio dedicato alla dea Atena.
Piccola nota storica: l’edificio cambiò più volte la sua funzione (chiesa cattolica e persino moschea) senza però subire modifiche irreparabili. I danni maggiori, motivo per il quale oggi ha queste sembianze, li ha subìti quando alla fine del ‘600 gli ottomani lo utilizzarono come deposito di polvere da sparo. Di conseguenza, dopo il bombardamento da parte dei Veneziani, gran parte dell’edificio venne distrutto.
E dopo questa mini lezione in stile Alberto Angela, possiamo tornare al nostro racconto.
Quando terminiamo di visitare l’Acropoli è già mezzogiorno. Il caldo non smette di farti sentire e neanche una piccola pausa all’ombra è in grado di lenire la nostra sofferenza. Decidiamo di andare al museo a pochi passi dal sito, per rinfrescarci. Ammetto di aver avuto persino freddo (nonostante avessi la felpa)! Il museo non mi ha, personalmente, esaltato. E per chi non è un grande esperto, 10 euro sono persino troppi. Devo però ammettere che vedere le vere cariatidi, mi ha fatto pesare meno il prezzo del biglietto.
Usciti dal museo (che non vi ruberà molto tempo), ci siamo diretti verso la parte sottostante. Durante la costruzione del museo, scavando sono stati ritrovati resti di antiche abitazioni. Credo sia una delle parti più belle dell’intero complesso. Pensare che lì, qualcuno, tanto tempo fa passasse la proprio quotidianità senza sapere che un domani quel luogo così “anonimo” e semplice sarebbe diventato fondamentale per la storia di una nazione, lo rende incredibilmente unico.
È ora di pranzare. Forse è meglio non pensarci, date le mie poche aperture mentali a livello culinario. Lascio scegliere un fratello. Dopotutto conosce i miei gusti. Ha ordinato un pita gyros, 3 euro e la pancia si riempie per l’intera giornata. Ma per quanto buono esso sia, ne vorresti ancora. Ottima scelta. Per tutta la settimana ho il pranzo assicurato!
Lasciamo il locale e ci rimettiamo in marcia. Il caldo non sembra volersi attenuare. Decidiamo così di non strafare e ci incamminiamo verso il Parlamento. Lungo la strada ci concediamo delle piccole pause per ammirare l’Arco di Adriano e, dall’esterno (causa inagibilità dovuta a lavori di restauro), il Tempio di Zeus.
Sono circa 15:50 quando ci dirigiamo a Piazza Syntagma (dove ha sede il Parlamento). Ad ogni ora qui avviene il cambio della guardia. Per quanto “turistica” possa apparire, merita di essere vista. La lentezza sinuosa e sincronizzata delle guardie, la loro serietà e fierezza per quel ruolo, il tutto unito alla fatica disumana nel dover rimanere per 60 infiniti minuti nella medesima posizione, rendono quello spettacolo davvero unico.
Torniamo verso quella che per qualche giorno sarà la nostra nuova dimora passando per i giardini Zappeion che costeggiano la strada principale. Mi pento di non averli visti nella loro totalità perché l’ingresso prometteva molto bene, ma il caldo era più forte della nostra voglia di scoprire la città.
Qualche attimo di relax sul letto ed è già ora di uscire. Sono due momenti che preferisco della giornata: l’alba e il tramonto. In quelle ore, il cielo e la città (qualunque essa sia) hanno un vestito nuovo. Il più bello che ci sia nell’armadio.
Purtroppo però faccio anche molta fatica a svegliarmi presto, così è raro che riesca ad ammirare l’alba. Quello che però sicuramente non mi perdo mai è il tramonto. Dopo una lunga ed ancora calda passeggiata, arriviamo alla funicolare che porta al Licabetto. Una piccola chiesa ed una vista sulla città ci attendono.
Passiamo circa due ore qui, tra il vento freddo e l’euforia di un gruppo di tedeschi, fino a quando il sole non decide di calare. Ogni volta mi dico “questo è il tramonto più bello che io abbia mai visto” ma poi capisco che non smetterò mai di rimanerne totalmente incantata. Quei colori, quell’atmosfera e quella sensazione di felicità mista all’incredulità, mi rendono ogni volta innamorata di quello che è un semplice evento naturale.
Finalmente il sole dà la buonanotte alla città ed io le do il benvenuto nel mio cuore. Finalmente mi sentivo a casa. Ed è questo il senso del viaggio, trovare sempre casa nonostante la lontananza dalle proprie quattro mura. Salutiamo la città che, da quel punto così alto, sembra uscita da una favola e torniamo “all’antichità”.
Una cena a base di feta e carne ai piedi dell’Acropoli e possiamo andare a letto.
Giorno 3 – I templi di Atene
Quando ci siamo svegliati il primo pensiero è stato “speriamo che oggi non faccio così caldo”. Facciamo colazione e proviamo a non pensarci, ma quando la porta si apre e la città ci accoglie fra le sue vie, la realtà si abbatte su di noi. Anche oggi fa caldo! Dedichiamo la giornata alla visita di tutti gli altri siti inclusi nel ticket acquistato ieri. Ma prima non possiamo non fare un salto alla parte più vera della città: il mercato. La cosa particolare di Atene è quella di ritrovare monumenti storici attorniati dalla modernità e dalla freneticità della città. Proprio ciò che noterete se vi imbatterete nella Chiesa dell’assunzione della Vergine Maria.
Il primo biglietto che ci viene staccato è quello della Biblioteca di Adriano. Ora, chi dice che è bello, mente! Bisogna davvero avere una grande fantasia per poter ricreare una visione realistica di quello che sarebbe dovuto essere. I resti sono davvero pochi e l’assenza di immagini esaustive rendono la visita quasi faticosa. In ogni caso sarebbe piaciuto anche a me dedicarmi alla lettura da una finestra che dava sul Partenone!
Proseguiamo lungo la strada fino ad arrivare ad un complesso archeologico più grande e meglio conservato: l’Antica Agorà. La prima cosa che abbiamo fatto una volta varcato il cancello è stato dirigerci al museo. In primo luogo per scappare dalla calura e in secondo luogo perché avrebbe aiutato a ricreare mentalmente l’immagine di ciò che stavamo per visitare. Esso, infatti, oltre ad avere numerosi reperti storici (perlopiù ornamentali) ha un buon numero di plastici che riproducono in maniera dettagliata le varie fasi di sviluppo del sito e di ciò che lo circondava. Una cosa carina, inoltre, è la struttura in sé. Essa infatti è una fedele riproduzione di quello che era un tempio greco. La Stoà di Attalo è l’unico edificio antico ad essere stato restaurato.
Terminata la sua visita raggiungiamo, a pochi passi, la Chiesa dei Santi Apostoli. Priva ormai di ogni suo elemento, quello che risalta è la decorazione sul soffitto della cupola.
Una breve camminata all’ombra delle piante per poi raggiungere, nuovamente sotto il sole, il Tempio di Efesto. Quello che è uno tra i monumenti meglio conservati al mondo, nonostante venga ben poco nominato a favore del più famoso Partenone. Il Tempio ora svetta in totale solitudine su di una collinetta mentre, tutto attorno, le molteplici rovine ci ricordano di quanta bellezza vi era ai suoi piedi tempo addietro. Cerchiamo ancora dell’ombra e in una breve pausa, tra qualche scatto al poco distante Partenone, qualche passeggiata attorno al Tempio e una videochiamata con la mamma, si è fatta ora di pranzo. Scegliamo però di mettere a tacere lo stomaco sorseggiando tra le vie del quartiere di Monastiraki una fresca spremuta d’arancia. Ne approfittiamo anche per acquistare una bottiglia d’acqua fresca da travasare velocemente nella borraccia. Nel viaggio precedente avevamo notato quanto importante potesse essere (proprio perché non ce l’avevamo), questa volta ne abbiamo avuto la conferma. Girare per la città con 35 °C ed avere sempre a disposizione acqua fresca è davvero impagabile!
Proseguiamo la visita verso l’Agorà Romana. Un grande sito archeologico, ai piedi anche esso dell’Acropoli, andato quasi del tutto distrutto. Per accedervi dovrete passare attraverso la Porta Atena Archegetis che vi condurrà fino alle latrine pubbliche. Le parti meglio conservate sono la moschea di Fethiye e, la più famosa, Torre dei Venti (quello che, una volta, era l’orologio pubblico).
Il bello di questi siti archeologici poco rinomati, ma non meno importanti, sta proprio nella loro assenza di calca. È finalmente ora di metterci seduti all’ombra davanti una nuova pita. Pita gyros per me e pita falafel per mio fratello. Una nuova bottiglia d’acqua e siamo di nuovo in marcia. Ci dirigiamo nei pressi dell’Acropoli per poi compiere una deviazione rispetto al viale principale. Poco distante vi è l’ultimo dei siti archeologici inclusi nel biglietto cumulativo: il Ceramico.
Ci risulta difficile da visitare nella sua totalità per due motivi: l’afa (ormai compagna inseparabile di questo viaggio) e la quasi totale distruzione di tutti quegli elementi che una volta facevano parte del cimitero più grande ed importante di Atene. Il nome, del tutto fuorvianti, deriva dalla posizione che occupava, ovvero a ridosso del quartiere in cui si trovavano le botteghe dei vasai. Acceleriamo la visita per dirigerci all’interno del suo museo. Parte che più di tutte merita di essere osservata. Poche stanze luminose accolgono sculture ed elementi di decoro dalla perfetta conservazione.
Il sole è ancora alto quando decidiamo di raggiungere la camera d’albergo. Decisione dettata anche dal fatto che, non si sa bene per quale motivo, uno sciame di moscerini abbia deciso di suicidarsi proprio sulla parte posteriore dei pantaloni di fratello mettendo così anche il secondo paio diritto diritto nel sacchetto degli indumenti sporchi. Riuscirà il nostro eroe a terminare il viaggio con un solo paio a disposizione?
Ci concediamo un paio di ore di relax fino a quando non si fa ora di raggiungere la collina di Filopappo. Un nuovo tramonto ci attende. Anche questa volta una felpa è vivamente consigliata. Trascorriamo qualche ora sulla parte più alta della collina: da lì si può ammirare l’intera città e il Partenone, questa volta, è molto più vicino.
Attendiamo il calare del sole, il cielo è completamente limpido e il gioco di colori con le nuvole non si crea. Ma anche stasera, sognare è l’unica cosa che mi riesce. Lo spettacolo davanti a me è pur sempre speciale. Scendiamo della nostra postazione quando il buio non è ancora intenso (cosa che vi consiglio perché poi l’assenza di illuminazione potrebbe crearvi qualche difficoltà) e ci dirigiamo al vicino viewpoint della collina dell’Areopago.
Questa volta sembra riuscire a toccare con le mani l’Acropoli per quanto sia vicina.
È ora di cenare, questa volta lo facciamo nel più movimentato quartieri Plaka. Una cena leggera a base di insalata greca e siamo pronti per dare per l’ultima volta la buona notte alla capitale.
Giorno 4 – Da Atene a Kalambaka (via Delfi)
Ci alziamo di buon’ora. La giornata si prospetta lunga e faticosa. Facciamo un’abbondante colazione e siamo pronti per lasciare il nostro B&B. Speriamo che le ruote siano ancora belle gonfie, dice mio fratello mentre, con le valigie in mano, raggiungiamo il garage. Sono perfette! Potevamo riprendere il viaggio, ma non prima di aver sudato sette camice per poter fare le manovre in un garage minuscolo e pieno di pilastri, ed aver centrato perfettamente “l’ascensore per auto”.
Siamo finalmente sulla strada. È ora di impostare il navigatore, ma prima chiedo a mio fratello di pulire i vetri dell’auto poiché pieni di polvere. Esco dal traffico e li pulisco. Guidare per le vie di Atene non ti permette di distrarti neanche per un secondo. C’è chi inchioda, chi attraversa incurante delle auto, chi parcheggia in doppia fila rendendo ancora più piccola di quello che già non è la corsia, segnali inesistenti e semafori con il verde che dura a malapena cinque secondi.
Ce l’abbiamo fatta, ora possiamo pulire quei vetri diventati ormai opachi. Neanche l’acqua hanno messo in questo schifo di macchina. Siamo in moto da neanche un’ora e stiamo già maledicendo la nostra quattro ruote. E più lui si arrabbiava e più io ridevo fino alle lacrime. Il viaggio è lungo, accendiamo almeno la radio, ma neanche quella era di nostro gradimento: tra stazioni radio religiose, notiziari e canzoni folcloristiche, proprio non ci piaceva. Parliamo che è meglio, penso. Ma noto che mio fratello rimane con il dito attaccato al pulsante per cambiare stazione radio.
Vuoi rimanere così tutto il viaggio? gli domando divertita. Non è colpa mia se non ha i tasti sul volante, ribatte innervosito.
Continuiamo il nostro viaggio tra una risata e un’altra fino a quando non arriviamo alla nostra tappo intermedia: Delfi. Anche in questo caso il sito appare distrutto in quasi la sua totalità (in modo particolare quella che una volta era la palestra).
Evito di portare lo zaino con me, questa volta mi basta avere il cappello. E sarebbe servita anche l’acqua. ”Siamo in montagna, non farà poi tanto caldo” ho pensato tra me e me. Ma dopo pochi metri già mi ero pentita di aver indossato l’unica T-shirt dal cotone più grosso. La Via Sacra è il percorso che sotto il sole ed in salita, ci porta nei pressi del vecchio stadio usato per le corse a cavallo.
Pare esserci un percorso circolare che giri attorno al sito, così seguiamo le altre coppia di turisti. Peccato che a fine strada li vediamo risalire poiché interrotta. La giornata continua a darci grandi soddisfazioni! Prima di spostarci al museo (che a detta di mio fratello è sinonimo di toilette e acqua) ci fermiamo sotto un albero ad immaginare come poteva essere quel Tempio ormai raso al suolo.
Era proprio lì, infatti, all’interno del Tempio di Apollo che avvenivano gli oracoli, e tra questi anche quello che pare essere il più importante della religione greca in periodo arcaico. Secondo la mitologia, qui avvenivano le consultazioni. Chiunque, dietro un corrispettivo, poteva chiedere responsi. La Pizia (ovvero la sacerdotessa) pronunciava la sua sentenza attraverso parole del tutto sconclusionate poiché in una sorta di trance. Era proprio dall’interpretazione di queste parole che dipendeva la risposta al quesito che era stato posto. Inoltre, proprio questo luogo per i greci era il centro del mondo. Cosa che viene rappresentato da una pietra decorata la cui copia si trova nel museo adiacente.
Visitiamo frettolosamente il museo e raggiungiamo la restante parte del sito posta a una decina di minuti a piedi. È qui che troverete il Tempio di Atena Pronai. Quello che, forse, è il vero simbolo di Delfi. Raggiungiamo a passo spedito la nostra auto. Il viaggio verso la nostra vera meta giornaliera è ancora lungo.
Dove ti sei seduto? chiedo divertita. No dai, non scherzare. Giuro, ti faccio una foto così vedi rispondo con le lacrime agli occhi per quanto ridessi. E mentre gli ribolliva il sangue al cervello apre lo sportello: appena arriviamo in hotel me lo pulisci! Fuori anche il terzo, ed ultimo, pantalone.
Saliamo a bordo di auto rimasta ore sotto al sole. Il display segnala 40 °C. Apri i finestrini dietro, mi dice mentre è intento a guidare. E come faccio che ci sono le manopole?! gli chiedo ridendo. Il nostro tentativo di creare corrente d’aria è sfumato. Quando arriviamo a Kalambaka sono circa le 18:00. Un viaggio pieno di risate e di perplessità. “Ma perché abbiamo pagato l’autostrada?” era la domanda ricorrente che ponevo. Già, perché attraversavamo solo paesini e vie sperdute quasi dallo stile americano. Eppure ogni tanto ci ritrovavamo a pagare pedaggi senza neanche accorgerci di essere entrati in autostrada.
Facciamo velocemente il check-in nel nuovo hotel e siamo già in camera. Quando siamo in viaggio abbiamo l’abitudine di scegliere chi debba farsi la doccia per primo attraverso “la conta”. È il turno di mio fratello. Meno male perché ho dei seri problemi a capire il funzionamento delle manopole della doccia.
Dopo una decina di minuti mi sento chiamare: ma non c’è l’acqua calda! Me la sono scampata, il tempo che lui si lava ed io avrò l’acqua riscaldata, penso. Invece no. Riprendiamo l’auto e raggiungiamo il viewpoint per eccellenza di Meteora: l’Observation deck. Si tratta di un ammasso di rocce dal quale è possibile vedere il calore del sole tra due “montagne”.
Stasera lo spettacolo non è dei migliori, ma ad un tramonto così particolare non si può di certo dire di no. Per stasera cena a base di souvlaki (spiedini di maiale). A differenza dell’Italia, qui riceverete un solo spiedino ma fidatevi che vi sembrerà di averne mangiati cinque.
A letto presto. Anche domani sarà lunga.
Giorno 5 – I Monasteri di Meteora
Quando raggiungiamo la sala adibita per la colazione, ai tavoli non vi è ancora alcun ospite. È mattino presto eppure il sole è già alto. Questa mattina non abbiamo fretta, i monasteri aprono alle 9:00.
La città di Meteora è famosa per la sua particolarità: sulle cime delle montagne sorgono dei monasteri (ancora oggi occupati). Inizialmente gli eremiti occupavano grotte che ancora oggi si possono vedere sui fianchi dei dirupi. Successivamente hanno dato vita a 25 monasteri ognuno ubicato su di una meteora, appunto. Ad oggi ne sono rimasti solo sei.
Sono tutti visitabili (il costo è di 3 euro ad ingresso) e ogni giorno uno di questi è chiuso al pubblico. Il monastero non può essere visitato in tutte le sue stanze, inoltre sono collegati tutti da un’unica strada. Per questo motivo, se foste interessati a raggiungere Kalambaka, vi consiglio di non sostare per più di un giorno.
Noi abbiamo visitato solo due monasteri, ma devo ammettere che mi sono bastati. Si trovano, ovviamente, in una posizione sopraelevata rispetto alla strada e dovrete arrivarci a piedi. Trattandosi poi di un luogo di culto, prestate anche attenzione al vestiario. Io ho litigato un po’ con il dress-code.
Avevo deciso di indossare un pantalone lungo e un body sul quale avrei messo poi la felpa. Raggiunto il primo monastero mi viene fatto notare che il pantalone non andava bene. La fatica per raggiungere l’ingresso e il caldo, rendevano impossibile decifrare il discorso. Ad un tratto ho persino pensato di aver indossato i pantaloncini. Per gli uomini è obbligatorio indossare i pantaloni lunghi, mentre per le donne una gonna anch’essa lunga.
Raggiungiamo il secondo monastero e nel frattempo cerco di escogitare un piano per alleggerire il vestiario. Quando viaggio porto sempre come una stola di cotone (quelle da spiaggia per intenderci) poiché la trovo pratica e soprattutto multitasking. La uso come turbante al posto del cappello, come gonna lunga per entrare nei luoghi religiosi, come asciugamani in spiaggia e come copri spalle. Proprio a questo utilizzo avevo pensato per questo nuovo ingresso. Le spalle erano ben coperte e pensavo fosse una buona soluzione. Invece niente, la signora della biglietteria mi fa cenno di toglierla. Così la uso come gonna (in modo tale da non dover usare la loro) e rimetto la felpa.
Varchiamo la soglia e davanti a noi si scagliano infiniti affreschi e oggetti dorati. Di questi posti conserveremo sono ricordi perché vietato scattare fotografie. Riprendiamo la nostra auto per raggiungere l’ultimo tappa di queste vacanze.
Hai a portata di mano il filo per il telefono? mi chiede mio fratello mentre tiene ben saldo il volante alla vista del segnale “venti forti”. Colleghiamo il telefono per ridar vita alla batteria ed ecco che sentiamo scaraventarsi addosso i famosi venti. È l’unica macchina che anziché caricare, scarica il telefono, mi dice affranto. Già, perché la presa USB in realtà non funzionava.
L’importante è che abbia le ruote ripeto nuovamente. Ma ormai non credo neanche più in loro. Sono le 16:00 quando parcheggiamo nei pressi del porto di Lefkada la nostra auto. Questa è la nostra ultima tappa. Lefkada è un’isola collegata via terra e che si affaccia sul Mar Ionio. Proprio la possibilità di evitare la nave ci ha orientati nella scelta di quest’isola poco conosciuta.
Ci cambiamo velocemente e siamo pronti per toccare la sabbia. Raggiungiamo, in auto, Agios Nikitas. L’azzurro intenso dell’acqua ci attrae come una calamita. Ma il vento ci impedisce di raggiungere la riva. Ci spostiamo dall’altro lato dell’isola nella speranza di essere più fortunati. Le ore passate alla guida si fanno sentire, così decidiamo di fermarci alla prima spiaggia. Ci sdraiamo al sole ma la fresca brezza non ci dà tregua. Dopo neanche un’ora raggiungiamo la nostra camera d’hotel. Sono quasi le 18:00 quando decidiamo di perderci tra le viette della città vecchia di Lefkada town.
Fotograficamente non vi regalerà molti spunti, ma i colori vivaci e il bianco accecante vi accompagneranno per tutta la passeggiata.
Una pita al volo e si va a letto.
Giorno 6 – Vasiliki
Chissà cosa c’è di buono per colazione, dico a mio fratello. Ad accoglierci come un caloroso kalimera c’è una giovane ragazza che si appresta a posizionarsi dietro ai banconi collocati ai lati della sala.
Le indichiamo cosa preferiamo e ce li poggia sul piatto. Corriamo a prendere il posto davanti alla vetrata che dà sulla piscina e iniziamo a cercare le spiagge più belle da visitare.
Riprendiamo l’auto e raggiungiamo la città più a sud dell’isola: Vasiliki. È proprio qui che vi è la spiaggia di Angiofili. Dopo aver percorso una lunga, stretta e sterrata strada troviamo un piccolo spiazzo per parcheggiare l’auto. Ci siamo, mancano pochi metri e potremo finalmente goderci il sole.
Percorriamo un breve tratto in discesa: c’è un cancello chiuso affermo. E per tutta risposta mio fratello mi fa notare che sicuramente accanto ci saranno delle scale. E invece no. La strada è chiusa. L’accesso alla spiaggia è, momentaneamente, vietato. Ripercorriamo a ritroso la strada, felici di non dover incontrare altre auto, e ci dirigiamo verso la seconda spiaggia.
Una lunga strada, questa volta ben asfaltata, e circondata da alberi ci regala una vista mozzafiato. Ogni rientranza è un buon motivo per fermare l’auto ed ammirare i colori del mare. “Divieto di accesso”. Un altro cancello ci blocca il passaggio. Ad oggi la spiaggia di Egremmi, a causa del cedimento della strada avvenuto a seguito del terremoto del 2017, è raggiungibile solo via mare.
Il problema di quest’isola è che, essendo poco visitata, non permette di reperire un gran numero di informazioni. Motivo per il quale non eravamo a conoscenza di queste chiusure. Stanchi di viaggiare a vuoto, impostiamo il navigatore verso la spiaggia più famosa. Sperando che, almeno questa, sia agibile. Quando arriviamo a Porto Katziki sono già le 11:00.
Una strada stretta e piena di curve ci porta al parcheggio auto (momentaneamente gratuito). Una scalinata di circa 80 grandini ci separa dalla bianca sabbia rocciosa. La vista è impagabile. Il silenzio attorno a noi, le onde del mare che si infrangono con violenza contro le rocce, il sole accecante e il caldo sono l’unica compagnia di cui oggi abbiamo bisogno. Trascorriamo la mattinata distesi al sole, fino a quando non mi accorgo di un ragazzo al quale sanguina la caviglia. Mi avvicino e gli tendo due cerotti: sono piccoli ma se vuoi, puoi prenderli dico sorridendo.
Lasciamo tutto in riva al mare e raggiungiamo i piccoli ristoranti sopra la spiaggia. La scelta non è ampia (ce ne sono solo tre), i prezzi alti e le recensioni negative. Ma dobbiamo accontentarci.
Scegliamo quello al centro e ordiniamo due insalate greche. Mentre ci gustiamo il nostro pranzo davanti a cotanta bellezza, vediamo il ragazzo della spiaggia venirci incontro. Queste sono per voi, per ringraziarvi per prima, ci dice poggiando sul tavolo due bottiglie di acqua. E forse è proprio questo il vero insegnamento del viaggio: aiutarsi gli uni con gli altri.
Perché il bene genera sempre altro bene. Sono stati due piccoli gesti da parte di perfetti sconosciuti, eppure hanno reso quel momento unico e ricco di significato. Torniamo in spiaggia, questa volta ci ripariamo all’ombra della grotta. Verso metà pomeriggio decidiamo di lasciare la spiaggia e di avvicinarci all’hotel. Ci saremmo fermati a 20 minuti di distanza, sulla spiaggia di Kathisma, e da qui avremmo ammirato il tramonto.
Ma sembrava non voler mai calare, il sole. Così cambiamo nuovamente idea e decidiamo di lasciar perdere e di cenare. Un’ottima frittura di pesce (per un totale di 28 euro in due) anticipa la nostra passeggiata serale nel centro città.
Andiamo a letto e il rumore del vento che muove le vele delle barche ormeggiate davanti alla camera, cullano il nostro sonno.
Giorno 7 – Nidri e Kathisma
Ci svegliamo presto e siamo pronti per la colazione. La stessa ragazza di ieri ci accoglie indicandoci dei guanti in lattice. Oggi possiamo prender noi ciò che vogliamo. Riprendiamo la macchina e, prima di dirigerci a Nidri per poter effettuate il tampone di rientro (un incubo riuscire a trovare una clinica che facesse i test nel weekend), visitiamo il monastero di Faneromeni, il cui giardino è la riproduzione dell’Arca di Noè.
Stanchi di andare alla ricerca di spiagge sperdute e immancabilmente chiuse, decidiamo di tornare alla spiaggia Kathisma. La spiaggia è attrezzata e con 8 euro potrete avere 2 lettini e un ombrellone per tutto il giorno.
Ci godiamo l’intera mattinata tra un’abbrustolita al sole e una chiacchierata. È ora di pranzo e ci dirigiamo in uno dei bar nei pressi del parcheggio. Anche in questo caso le recensioni non sono sensazionali, ma una semplice insalata greca non dovrebbe essere poi così malvagia. Nel menù c’era un panino dall’aria succulenta: crema di olive, feta, pomodori e cetriolo (che avrei sicuramente scartato).
Peccato che una volta arrivato al tavolo ho ricevuto un panino con quattro fette sottili di pomodori ed un’infinità di cetriolo e di peperoncino piccante. Menomale che gliel’ho anche indicato. Pensa se glielo dicevo solo a voce come volevi t, afferma mio fratello soddisfatto davanti al suo bel piatto di insalata.
Scarto praticamente tutto e cerco di riempirmi con quel panino divenuto ormai vuoto. Torniamo sotto l’ombrellone per goderci gli ultimi attimi di mare.
Quando torniamo in hotel decidiamo di recarci alla spiaggia di Agios Ioannis per ammirare il tramonto. Che cosa è quella manopola strana? chiedo improvvisamente. A fine viaggio ci siamo accorti che l’auto aveva i tasti per la radio vicino al volante, peccato che fosse in una posizione così scomoda da risultare inutilizzabile.
Il paesaggio però non ci emoziona tanto, così preferiamo andare a cenare.
La mia ultima pita mi attende. Non prima però di aver fatto un salto al supermercato vicino al ristorante per acquistare urgentemente una crema per la nostra pelle che nel pomeriggio si era scottata. Ceniamo in riva al mare e corriamo ad incremarci. La pelle sembra bollire per quanto calda sia.
Meglio chiudere gli occhi. A domani.
Giorno 8 – Rientro in Italia dalla Grecia
Chissà come funziona oggi la colazione dice mio fratello. Un kalimera ci accoglie. Indossiamo i guanti e prendiamo una fetta di torta dal primo bancone. Dietro al secondo c’è la solita ragazza che però ci allunga lei i restanti alimenti.
Perché la torta l’ho presa io, mentre la brioche me l’ha data lei? Mi domanda mio fratello mentre raggiunge il tavolino a bordo piscina. Sono le 9:00 quando carichiamo l’auto e puliamo i vetri utilizzando una bottiglia riempita dal rubinetto della camera.
Pulisci anche dietro, gli dico. Fino a quando non ci accorgiamo che non c’era il tergicristallo posteriore. Il viaggio verso l’aeroporto è lungo e così decidiamo di spezzare il tragitto a Micene. Quando raggiungiamo il sito archeologico sono le 12:00 e i 38 °C si fanno sentire tutti! I tempi stretti e l’afa non ci permettono di goderci al massimo la nostra visita. Ci accingiamo a visitare prima il museo, poi la famosa Porta dei Leoni e infine la Tomba di Agamennone.
È ora di ripartire. La strada è ancora tanta e conoscendo la società del noleggio dovremo attendere (e un bel po’) prima di essere accompagnati all’aeroporto. Per fortuna questa volta dobbiamo fare tutta autostrada. Durante la tratta incapperete anche nello Stretto di Corinto (e fidatevi che è davvero stretto!) e nel ponte Rio Antiron. Per attraversarlo dovrete pagare un pedaggio di 13,50 euro oppure optare per il tragitto in barca (più economico ma sicuramente meno comodo a livello di tempistiche).
Arriviamo finalmente ad Atene, ma dobbiamo fare nuovamente rifornimento. Per tornare al noleggio c’erano due strade: la classica asfaltata e una secondaria. Pur di non star fermo al semaforo, mio fratello sceglie la seconda, finendo in una strada sterrata nel bel mezzo di un campo. Lasciamo l’auto e attendiamo con ansia che l’addetto finisca di perlustrarla, poi velocemente saliamo a bordo della navetta. Passiamo velocemente i controlli e ci fermiamo davanti alla prima porta di imbarco che incontriamo. Mancano 30 minuti e ancora il tabellone non indica il nostro gate. Come sempre dovremo fare tutto di corsa.
Ci siamo. Stanno per imbarcare. Iniziano i controlli e qui arriva il bello. Per rientrare in Italia è previsto l’obbligo di un tampone negativo (e da fine maggio anche della compilazione del dPFL). Molti viaggiatori ne erano privi, vuoi perché vaccinanti, vuoi perché hanno fatto quelli fai da te. Sta di fatto che sono dovuti rimanere a terra e il volo ha subìto ritardo.
È ormai finito tutto. L’aereo è in fase di rullaggio e a me non resta che ricordare dei 1313 km fatti, delle risate che hanno riempito l’auto, dei suoi mille rumori strani, delle camminate estenuanti, della gentilezza dei greci e delle sfumature infinite di blu del mare. La scoperta di un’isola sconosciuta e di una città piena di storia e di turisti. Di una nazione pronta a ripartire e di una me sempre più innamorata dei viaggi.