A Bormio col monello
Adesso mezza automobile è invasa da passeggini, ovetti, tendine e accessori vari mentre un borsone quasi non basta a contenere il necessario per la sopravvivenza di un esserino di appena sette chili: incredibile!
Quest’estate la vacanza in fly and drive che negli ultimi anni tanto ha appassionato le nostre menti e i nostri cuore, permettendoci di visitare luoghi stupendi, è stata cestinata. Così come primo tentativo di notte fuori casa ci siamo “accontentati” di guidare per un paio d’ore, il tempo necessario a raggiungere la nota località turistica di Bormio in Alta Valtellina. Il mare e le città d’arte sono rimandate al prossimo anno perché Leonardo non è proprio un bimbo tranquillo, anzi per dirla tutta è iperattivo, e non dorme né di notte né di giorno, era quindi impensabile affrontare un viaggio più lungo. La breve vacanza inizia nel bell’impianto di Bormio Terme dove, oltre a saune, bagni turchi, idromassaggi e cascate, trovano posto una piscina adatta al nuoto dei bambini accanto a quella grande natatoria termale destinata agli adulti e, al piano superiore, una seconda vasca a misura di bimbo rallegrata da diversi coloratissimi giochi.
Io e mio marito ci siamo alternati nella gestione di Leonardo visti i pochi minuti possibili di permanenza in acqua del piccolo. Certo non possiamo dire di esserci rilassati come quando eravamo soltanto noi due, tuttavia è stato divertente vederlo sguazzare insieme agli altri bimbetti e ridere per ogni movimento, persona od oggetto che attirasse la sua attenzione. Segnalo il sito internet di Bormio Terme al fine di ottenere informazioni utili su tariffe, orari, corsi e servizi offerti: http://www.bormioterme.it/. Inoltre ricordo che per i bimbi piccoli è obbligatorio il pannolino per l’acqua e il costume contenitivo plasticato oltre ovviamente alla cuffia. Le altre attrazioni termali di Bormio dedicate stavolta agli adulti sono i romantici Bagni Vecchi e i lussuosi Bagni Nuovi, entrambi con hotel annesso. Le meravigliose atmosfere rilassanti incorniciate dall’ameno paesaggio alpino li rendono unici e irresistibili; noi li conosciamo bene e per questo vi consiglio di inserirli nella vostra lista di ‘cose da fare e vedere’ in Alta Valtellina. Chissà quando riusciremo a tornarci…per ora possiamo solo riviverli attraverso i ricordi e farveli conoscere grazie alle parole.
Le chicche dei Bagni Vecchi sono indubbiamente la piscina panoramica all’aperto con vista sulla verdeggiante vallata di Bormio, le vasche dei Bagni Romani scavate nella roccia e la Grotta sudatoria di San Martino realizzata nel lontano 1827 e articolata in due gallerie che si addentrano nella roccia per una lunghezza complessiva di ben 50 metri. Sito internet dei Bagni Vecchi: http://www.bagnidibormio.it/it/terme-bagni-vecchi.page
La bellezza dei Bagni Nuovi è invece racchiusa a mio parere nei Giardini di Venere, uno splendido parco termale esterno (il più grande delle Alpi) dove fra verdi prati e pinete si nascondo piscine, vasche, baite e fontane. Qui è impossibile non cedere al dolce far nulla, al piacere di crogiolarsi al sole sulle comode sdraio o alla voglia di sprofondare nell’acqua calda quando la temperatura esterna è prossima allo zero e la neve imbianca i fili d’erba. Sito internet dei Bagni Nuovi: http://www.bagnidibormio.it/it/terme-bagni-nuovi.page
Per recuperare le energie consumate in piscina e soprattutto quelle bruciate ad accudire Leonardo acquistiamo tranci di pizza e pasticcini presso la pasticceria Pozzi situata in via IV Novembre, una delle prime traverse della centralissima Via Roma. All’interno non ci sono né sedie né tavolini ma vista la bella giornata di sole ci accomodiamo con piacere sulle panchine in legno all’esterno del locale per gustare le nostre leccornie.
Sito internet della Pasticceria Pozzi: http://www.bormio.it/dolci/pasticceria-pozzi-1105.htm
A oltre 1700 metri di quota in località Dossaccio sorge austero e scavato nella roccia il Fortino di Oga, la prossima meta di giornata. Dal parcheggio, dopo aver attraversato un ponte in pietra a tre arcate, inizia la salita pedonale per raggiungerlo lungo una bella strada sterrata battuta immersa in un bosco di larici e abeti, percorribile tranquillamente col passeggino.
Vi ricordo invece che, se avete neonati al seguito, per visitare l’interno della rocca bisogna munirsi di marsupio o zaino a causa delle tante scale e degli angusti passaggi presenti.
Arrivati in cima al Dossaccio compare il Fortino circondato, come fosse una matriosca, prima da ampi spiegamenti di reticolati e punte di ferro disposte a ragno con lo scopo di renderne difficoltoso l’avvicinamento, poi da un fossato e infine da possenti muraglie realizzate con pietre ricoperte di cemento.
Il Forte di Oga rappresenta un pezzo importante della storia valtellinese del novecento. Fu costruito fra il 1908 e il 1912 a difesa dei diversi valichi alpini dell’Alta Valtellina (Passo Stelvio, Passo Gavia, Passo Foscagno e Livigno) in previsione di un incombente conflitto con il vicino impero asburgico; infatti durante la Prima Guerra Mondiale è stato ampiamente sfruttato e i suoi cannoni, dalla gittata massima di 13 chilometri, colpirono molte volte le linee nemiche. La roccaforte venne successivamente ampliata vista l’incombenza della Seconda Guerra Mondiale tuttavia il suo utilizzo, vitale durante il primo conflitto, risultò stavolta superficiale finché nel 1958 cadde in rovina e i cannoni furono smantellati e venduti come ferraglie.
Il fortino di oggi è perciò il frutto di una costante attività di restauro sia della struttura, sia dell’area torbiera limitrofa anch’essa meritevole di una visita.
All’interno del fortino rabbrividisco al pensiero che quei freddi e umidi ambienti ospitavano le camerate, l’infermeria, le latrine, la cucina, le polveriere, i magazzini, la camera di comando, l’osservatorio. Qui si viveva, si dormiva in sacchi a pelo in vello di pecora, si combatteva, si soffriva e si moriva; il rancio veniva distribuito nella gavetta e consisteva all’incirca di 4000 calorie al giorno, abbondante sì, ma spesso freddo e di scarsa qualità.
Vecchie foto appese alle pareti correlate da parole toccanti danno l’idea dell’assurda vita condotta dai soldati in stato di guerra. Ecco, a mio parere, le più rappresentative.
“Barelle che discendono, galletta e scatolette e arnesi da mina che salgono, è quasi uno stato di equilibrio” di Paolo Monelli, capitano alpino combattente sul fronte trentino, giornalista e scrittore.
“Da una parte stavano i morti. I medici rossi come macellai avevano le braccia nude. Non bastavano le barelle. Qualche ferito gridava, altri si lamentavano ma i più erano calmi” di Ernest Hemingway, tenente americano, premio Nobel per la letteratura nel 1954. Questa frase è stampata sopra la foto dell’infermeria. Rifletto e purtroppo trovo delle similitudini con le immagini terrificanti dei conflitti di oggi: il dolore e la disperazione sono sempre gli stessi.
Percorriamo i corridoi angusti, le scalinate strette, visitiamo le stanze silenziose come tombe e alla fine usciamo di nuovo alla luce del giorno per salire sul tetto piatto del forte dove vi sono le cupole corazzate mobili attraverso cui sparavano i cannoni. Respiriamo l’aria pulita e tiepida lasciandoci alle spalle quella fredda e umida dell’interno e godiamo dell’incantevole vista su Bormio con le sue infinite piste da sci e verso la Valfurva coronata da vette aguzze: uno spettacolo.
Torniamo ai 1225 metri di altezza di Bormio per concederci, prima di cena, due passi nella pedonale via Roma dove gli amanti dello shopping e del buon vivere potranno lasciarsi tentare dalle boutique, dai negozi di prelibatezze locali e dagli innumerevoli ristorantini.
Il centro di Bormio però non è solo questo. Passo dopo passo si respira la travagliata storia delle persone che centinaia di anni fa scelsero di formare qui una comunità e le loro vicende sembrano riflettersi sulle pietre degli antichi edifici.
Sulla facciata della semplice Chiesa di San Vitale si nota per esempio l’affresco sbiadito del “Cristo della domenica”, così chiamato per la leggenda della goccia di sangue apparsa sul corpo del Signore ogni qualvolta il riposo domenicale non veniva rispettato. Poco lontano la Torre Alberti di origine medievale si mostra in tutta la sua imponenza ricordandoci l’illustre passato della nota casata bormiese degli Alberti mentre l’adiacente Palazzo dell’antico ginnasio, donato nel XVII secolo all’ordine dei Gesuiti, testimonia l’importante tappa di alfabetizzazione della zona. Il cuore del paese si schiude maestoso in piazza del Kuerc sulla quale si affacciavano importanti edifici politici e religiosi. Poggiata ai piedi del Monte Reit, la piazza fa parte del reparto (ovvero contrada) di Dossorovina, il più antico di Bormio. Curioso conoscere l’origine del nome Dossorovina dovuto alle numerose frane riversatesi lungo le pendici del dosso. Cos’era invece il Kuerc? Detto Coperto di sopra o Coperto nuovo, il grande porticato sostenuto da colonne un tempo era una sorta di tribunale e si contrapponeva al Coperto di sotto o Coperto vecchio sotto le cui volte i notai avevano i loro banchi.
Nella piazza svettano anche la Torre delle Ore vicino a Casa Alberti e la grande Collegiata dalle tinte pastello dei Santi Gervasio e Protasio.
Per trascorrere la notte scegliamo l’Hotel Baita dei Pini (Sito internet: http://www.baitadeipini.com/), un quattro stelle con camere e ambienti comuni tutti in stile alpino, molto conveniente nel periodo di bassa stagione e in particolare nei giorni lavorativi.
Il ristorante Al Filò ci ospita per la cena (Sito internet: http://www.ristorantealfilo.it/).
Diciamo subito che non è proprio adatto ai genitori con passeggini al seguito in quanto per accedere alle caratteristiche sale voltate in pietra bisogna scendere una rampa di scala, inoltre l’interno è tortuoso e lo spazio tra i tavoli ridotto. Noi però non abbiamo voluto rinunciare alla sua buonissima cucina composta da piatti gustosi e particolari completamente fatti in casa e dal buon rapporto qualità prezzo.
Dopo una notte tormentata dai frequenti risvegli di Leonardo la strepitosa colazione dell’Hotel Baita dei Pini ci rimette in sesto. Sinceramente non avevo mai visto una quantità così variegata di squisite torte e cereali accompagnata da croissants, frutta e un’ampia selezione salata: tutte calorie indispensabili per affrontare la giornata con il nostro esigente bebè.
I ruderi delle Torri di Fraele lo attendono a 1930 metri di quota dopo una strada tempestata da tornanti, molto simile all’interminabile salita al Passo Stelvio. La meravigliosa vista merita comunque lo sforzo e spazia sulla Valdidentro, vallata che da Bormio conduce al valico del Foscagno e quindi a Livigno, e sull’incontaminata Val Viola.
Erette nel 1391 dai Visconti e più volte abbattute e ricostruite, le torri erano le sentinelle della valle. In caso di pericoli qui si accendeva il fuoco per generare i segnali di fumo e sempre qui si consumò l’estenuante battaglia fra i Grigioni e le forze Bormine, queste ultime purtroppo uscite perdenti.
Dalle Torri di Fraele si abbandonano i fianchi boschivi della Valdidentro per addentrarsi nella pianeggiante vallata dei Laghi di Cancano.
Il blu intenso dell’acqua raccolta nelle due dighe è circondato da montagne non particolarmente alte con le estremità appuntite e i fianchi erosi dagli agenti atmosferici che sgretolano la roccia grigia facendola scivolare lungo i canaloni. La ghiaia, la sabbia e i sassi scompaiono nei fitti boschi di resistenti pini mughi e a loro volta i pini lasciano il posto alla roccia brulla della diga disegnando una perfetta linea orizzontale laddove l’acqua raggiunge il livello massimo.
La strada sterrata intorno al primo bacino è incastonata sul fianco ripido e franoso della montagna ed è quindi meglio percorrerla con l’auto fino a raggiungere la seconda diga di cui si attraversa il muraglione per arrivare al rifugio Val Fraele. Da qui inizia la splendida passeggiata di circa 6 chilometri completamente pianeggiante attorno al lago San Giacomo. I piacevoli monti che somigliano a quelli frequentati dalla vivace pastorella Heidi sono delle oasi verde brillante di prati costellate da baitelle di pietre e legno. Lungo il tracciato si trovano le indicazioni per la Val Mora, la Val Trela e la Val Alpisella dove ha origine il fiume Adda, stupende deviazioni da affrontare a piedi o con la mountain bike. Questa volta ‘ci accontentiamo’ del facile percorso in piano con passeggino!
Prima di rientrare a Sondrio è d’obbligo un’ultima sosta a Bormio per suddividere con calma il notevole dislivello di quota, punto critico dei bimbi fino all’anno di età. Ne approfittiamo allora per gustare una golosa merenda a base di torta all’amaretto e torta alle noci e caramello nel bar Bormio in Via Roma: conclusione ideale della due giorni in Alta Valtellina con il nostro monello.