Messico, Yucatan di e Palenque: dal bagno con gli squali balena alle avventure nella giungla

Meraviglioso viaggio, a misura di bambino, alla scoperta degli squali balena di Holbox, dei siti e della giungla Maya, dei cenotes e del mare caraibico
Scritto da: zikkiobello
messico, yucatan di e palenque: dal bagno con gli squali balena alle avventure nella giungla
Partenza il: 06/08/2014
Ritorno il: 27/08/2014
Viaggiatori: 3
Spesa: 3000 €
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Ciao a tutti, siamo Piero, Alessandra e … Lorenzo: il nostro bambino di 4 anni e mezzo.

Dato che il nostro viaggio si è rivelato bellissimo, soprattutto per Lorenzo, abbiamo deciso di pubblicare questa relazione con l’intento di invogliare altri genitori con bambini a superare i vari timori (… e noi ne avevamo tanti!) ed a partire per un meraviglioso viaggio in Messico.

Quando abbiamo iniziato a pensare a questo viaggio, il problema era trovare una meta che, anzitutto, fosse abbastanza sicura (anche riguardo a malattie e strutture sanitarie); che poi offrisse motivi di interesse e di divertimento di generi diversi e che, in caso di necessità, consentisse in ogni momento di “ripiegare” al mare.

Ed il viaggio che abbiamo fatto ha soddisfatto tutte queste esigenze.

Sotto il profilo sanitario, se ci si attiene alle regole base (mai usare acqua del rubinetto, nemmeno per lavarsi i denti; non mangiare frutta non sbucciata o verdura non cotta, non mangiare i cibi che sono in mostra ma solo quelli cucinati al momento, evitare il ghiaccio se non sotto giuramento che sia purificato, ecc.), problemi non ce ne sono: Lorenzo non ha avuto neppure un accenno di diarrea (noi, un po’ meno disciplinati, invece sì).

Inoltre, in Messico ci sono le cliniche private dove vanno a curarsi gli americani per risparmiare: basta fare una buona assicurazione medica (noi abbiamo fatto la Globy Rosso Family della Allianz: 285,00 euro il costo per le 3 settimane) e sei coperto qualunque cosa succeda con strutture di alto livello.

Quanto ai motivi di interesse, si comincia con la possibilità di nuotare insieme agli squali balena ed alle tartarughe marine e si finisce con le avventure nella jungla, passando per la storia dei Maya (affascinante anche per i bambini), per i bagni nei cenotes e – last but not least – per il mare caraibico.

Quanto a questo, abbiamo costruito il viaggio in modo che ogni giorno fosse possibile fare il bagno (d’agosto fa veramente molto caldo), se non al mare o nei cenotes, almeno in piscina (per questo abbiamo scelto hotel di livello medio); oltre a ciò, abbiamo diviso i circa 2.500 km da percorrere, in modo da fare tappe non troppo lunghe (fatta eccezione per il detour di Palenque).

Inoltre, nei 21 giorni di vacanza che avevamo a disposizione, dal 6 al 22 agosto abbiamo fatto il giro descritto nel diario, mentre, dal 22 al 27 agosto, lasciata la macchina, siamo andati in una struttura all inclusive poco a nord di Akumal, il Grand Palladium Kantenah che avevamo già pagato dall’Italia: questa decisione è stata dettata dalla paura di arrivare alla fine del viaggio stremati da giorni di diarrea, magari con la febbre, per poter avere gli ultimi giorni sicuri in una mega-struttura internazionale dove riprenderci prima del rientro; in realtà, questa necessità non c’è stata affatto, dato che nessuno ha avuto il minimo problema di salute.

Ma al Palladium ci torneremmo lo stesso, sia perché è una struttura bellissima, immersa nella giungla, ben organizzata, con un mare splendido ed adattissima per far giocare Lorenzo (ci sono ovunque amabili procioni e iguane pigre e splendide piscine per bambini), sia perché per un giorno sulla Riviera Maya, dormendo in un hotel decoroso e mangiando senza rischiare la dissenteria, finisci pur sempre per spendere una somma vicina a quei 190 euro che (per la Junior suite) si è speso al Palladium.

Ci pare doveroso dire che i voli, le assicurazioni integrative (annullamento viaggio e medica) ed il Palladium (per la macchina a nolo si è fato da noi su internet) li abbiamo presi con l’aiuto di Sabrina Irenei dell’Agenzia Certosa Viaggi di Firenze (Tel. 055/20.47.019 oppure 055/20.47.075).

Questo, in breve, il viaggio:

1° giorno: arrivo a Cancun e pernotto;

2°: visita ad Isla Mujeres e rientro a Cancun;

3°: trasferimento a Chiquilà e da lì ad Holbox (Cancun-Chiquilà: 2 ore 45 min + 30 min. di traghetto);

4°: escursione con bagno con gli squali balena a Holbox;

5°: visita di al Ek Balam e pernotto a Valladolid (Chiquilà–Ek Balam: 3 ore; Ek Balam-Valladolid: 30 min.);

6°: visita di Chichen Itza, cenote Dzinup e rientro a Valladolid per la notte (Valladolid-Chichen Itza: meno di 1 ora);

7°: cenote Samula, visita Izamal, cenotes di Cuzamà, arrivo e pernotto a Tekoch (Valladolid-Izamal: 1 ora e 20 min.; Izamal-Cuzamà: 1 ora; Cuzamà-Tekoch: 30 min.);

8°: visita Mayapan, cenote Kankirixche (vicino Mucuychè), visita Kabah, pernotto a Santa Elena (Tekoch-Mayapan: 15 min; Mayapan- Mucuychè: 20 min; Mucuychè-Kabah: 1 ora; Kabah-Santa Elena: 10 min.);

9°: visita a Uxmal, trasferimento a Seybaplaya e notte a Campeche (Santa Elena-Uxmal: 15 min; Uxmal-Campeche: 2 ore; Campeche-Seybaplaya: quasi 1 ora);

10°: visita Edznà, rientro a Campeche per la notte (Campeche-Edznà: 1 ora e 10 min.);

11°: trasferimento a Palenque (Campeche-Palenque: 5 ore ca.);

12°: escursione a Yaxchilan e rientro a Palenque per la notte (Palenque-Frontera Corozal: 2 ore e 20 min.) ;

13°: visita Palenque e trasferimento a Xpujil (Palenque-Xpuijl: 5 ore e 30 min.);

14°: visita Calakmul e ritorno a Xpujil per la notte (Xpujil-Calakmul: 2 ore ca.);

15°: trasferimento a Laguna Bacalar e pernotto (Xpujil-Laguna Bacalar: 1 ora e 50 min.);

16°: trasferimento a Playa del Carmen e pernotto (laguna Bacalar-Playa del Carmen: 3 ore ca.);

17°: a Cancun per restituire l’auto e ritorno ad Akumal per entrare nella struttura all-inclusive Palladium (Playa del Carmen-Cancun: 1 ora ca.);

18°/22°: Palladium e bagni con le tartarughe marine sulla spiaggia di Akumal

Prima di iniziare con il diario dettagliato di viaggio, eccovi qui alcune informazioni pratiche e consigli, anticipando che (salvo diversa indicazione) i prezzi sono espressi in pesos e che il cambio – al momento del nostro viaggio – era di 17,20 pesos per 1 euro.

1) Auto a nolo

  • presa dall’Italia in anticipo su www.Cars-Scanner.com, che ci ha re-indirizzato su www.mexrentacar.com (tel. 01.800.830.6030): costo per i 15 giorni: 466,40 euro, compreso il seggiolino e la ri-assicurazione Allianz (te la dà, come opzione, sul sito) che azzera la franchigia (che altrimenti sarebbe stata 1.450 dollari USA);
  • abbiamo preso una ottima Nissan Tiida: bagagliaio grande e ben maneggevole; consiglio assolutamente di vincere ogni resistenza e di accettare l’auto con il cambio automatico: ti salva la vita quando vedi le topes (gobboni pazzeschi per farti rallentare, che sono ovunque, spesso non segnalati) all’ultimo momento;
  • consigliamo di prendere a nolo anche il navigatore (anche se è caro): noi non lo abbiamo fatto, dato che avevamo scaricato le mappe offline sul cellulare, ma hanno funzionato assai male perché all’inizio di ogni tappa, per pianificare l’itinerario, il cellulare si deve connettere e, quando questo non succede, si blocca: soprattutto se si vogliono visitare i villaggi dell’interno percorrendo strade secondarie, il navigatore è utile (in ogni caso, le richieste di indicazioni ai passanti ti salvano sempre). Noi, a casa, avevamo anche guardato i passaggi più critici su street view e ci eravamo segnati i punti di riferimento (tipo: gira a destra dopo la farmacia con l’insegna rossa) e questo ha aiutato parecchio;
  • il noleggio per un giorno costa all’incirca quanto il taxi dall’aeroporto all’hotel di Cancun, per cui – anche considerata la scomodità di caricare e scaricare i bagagli – l’abbiamo presa subito all’atterraggio;
  • il seggiolino per Lorenzo (da prenotare su internet) lo si paga lì per lì in più;
  • abbiamo sempre scelto hotel che avessero il parcheggio custodito.
  • 2) Telefono
  • appena arrivati, a Cancun vicino all’Hotel (proprio davanti a Wall Mart sull’Av. Xcaret angolo Av. Yaxchilán) c’è Sam’s e dentro c’è un negozio Telcel (ma ce ne sono tantissimi): lì abbiamo preso una scheda messicana internet e telefono con la tariffa promozionale del momento (AmigoTu) che costava 89 pesos per ogni sms, minuto o mega scaricato: il tutto per 150 pesos la scheda, più (complessivamente per tutto il viaggio) 350 pesos di ricariche.
  • Del telefono c’è bisogno in particolare se, come noi, non avete prenotato gli hotel dall’Italia e, guardando sulle guide e su booking, li dovete fissare via via. Noi questo sistema lo consigliamo, sia perché così te li puoi scegliere vedendoli e contrattando lì per lì, sia perché così è possibile adattare il viaggio alle esigenze del momento, cosa importantissima con un bambino!

    3) Costi: un po’ superiori alle previsioni.

    Avevamo preventivato circa 860 pesos a notte per dormire e 430 pesos a giorno per mangiare tutti e tre: ma mentre per gli hotel ci siamo stati dentro, per mangiare – evitando i tuguri più insalubri per la sicurezza di Lorenzo – abbiamo quasi raddoppiato; oltre a ciò, tutti gli ingressi sono a pagamento e la benzina costa 12,95 pesos (più di 1 euro).

    Insomma, alla fine – per tre persone – abbiamo speso una media di 2.850 pesos (165 euro) al giorno, compreso tutto: 50+50€ dormire e mangiare; 40€ auto a nolo e benzina; 25€ tra ingressi ai siti, guide e sfizi.

    4) Clima: ad’agosto fa veramente caldo, per questo è importante prevedere ogni giorno la possibilità di fare un bagno; i cenotes sono perfetti: a parte la bellezza irreale (quando sei nell’acqua limpidissima, sotto le stalattiti, con le radici degli alberi che calano a “bere” fino all’acqua, nel silenzio, ti aspetti che da un momento all’altro arrivi Gandalf!), sono freschi e pervasi di energie positive.

    Noi – forse per fortuna – abbiamo preso solo 3 o 4 brevi scrosci di acqua (da non vedere oltre il parabrezza quando guidi!): uno solo è durato qualche ora.

    Siccome non ha quasi piovuto, non abbiamo avuto problemi di zanzare (che invece temevamo molto).

    5) Nel diario che segue, cercheremo di dare informazioni pratiche e nostre impressioni. Non daremo, invece, notizie storiche o artistiche perché trovate tutto meglio trattato nelle guide (noi ne avevamo 3: la Lonely, che si è rivelata deludente; la Rough guide, ottima, e la Dumont, buona). Solo una cosa, però, raccomandiamo a chi voglia fare un viaggio simile con bambini: a casa studiatevi molto bene le vicende dei Maya (anche quelle un po’ romanzate) per poter “dare vita” ai luoghi che vedrete, raccontando la vita di tutti i giorni che vi si svolgeva, descrivendo nei dettagli le cerimonie religiose (che, cruente come sono, hanno un gran fascino per i bambini), narrando della spietata gestione del potere e degli intrighi di palazzo, ecc.: il rischio, sennò, è che nelle rovine i vostri figli vedano solo cumuli di sassi e si annoino. Noi con Lorenzo prima e durante il viaggio abbiamo letto:

  • Il segreto dei Maya, Fiorella Congedo, Ed. Fabbri
  • Tikal e le città Maya classiche, Ed. De Agostini Ragazzi
  • I Maya, gli Atzechi e gli Incas vita quotidiana, Neil Morris, Ed. San Paolo

Diario di viaggio

6 Agosto

Arrivo ore 19.00 all’aeroporto di Cancun: al desk della Fox Rent Car (che, evidentemente, collabora con la Mex) troviamo una ragazza prontissima che ci accompagna all’ufficio, che è lì a 3 minuti, e facciamo tutte le pratiche. Mi portano a vedere la macchina, che è appena tornata e la stanno lavando: la controllo e funziona tutto: in effetti, la macchina sarà perfetta per tutto il viaggio.

Si parte alle 19.45 alla volta dell’unico hotel che avevamo prenotato dall’Italia: il Grand City Cancun: non avendo in animo di fare mare a Cancun, ma di riprenderci dal fuso andando il giorno successivo a Isla Mujeres, l’avevamo scelto perché (da booking.com) sembrava carino, con piscina e parcheggio ed a prezzi meno esorbitanti della Zona hotelera.

Il punto è che scopriamo che nessuno dei 3 navigatori off line che avevamo scaricato sul cellulare funzionano: nessun problema, arrivati in Cancun centro si chiede ad un tassista e quello ci fa “sigue me”: noi dietro e in due minuti siamo all’Hotel.

Hotel Gran City – Av. Yaxchilan 154 – tel +529981933580 – 66 dollari USA + tasse, colazione per 2 inclusa: ci danno un intero appartamento (con salottino e camera con 2 queen size); c’è anche con una bottiglia di acqua gratis al giorno. Bellino, pulito, moderno, quello che ci vuole e …

… si crolla.

7 Agosto

Incurante del buio, Lorenzo si sveglia alle 3,38: risulta inutile ogni tentativo di convincerlo che è un po’ prestino, ci si arrende e se ne approfitta per riorganizzare il bagaglio.

Ci si fa un caffè (in camera c’è la macchinetta per l’orrendo caffè americano, ma a quell’ora va bene anche quello) e, quando sono le 7,00 si scende per la colazione a bordo piscina.

La colazione per due è buona (uova e frutta, yogurt, succo, pane, marmellata, caffè) e basta per tre, la cameriera – poi – ci strizza l’occhio e ci porta una macedonia in più per Lorenzo.

Tentando di porre rimedio al fatto di non aver noleggiato il navigatore insieme alla macchina, si decide di comprare una scheda per il cellulare che abbia anche internet.

Andiamo a piedi da Sam’s (davanti a Wall Mart) sull’Av. Xcaret (angolo Av. Yaxchilan) dove troviamo un negozio TelCel (ce ne sono ovunque) e compriamo la scheda (150 pesos + le ricariche) e così attivo il navigatore che ho di default del Samsung Galxy S3: controllo e funziona. Solo dopo scopriremo che, per pianificare il precorso, il cellulare all’inizio si deve connettere alla rete (sennò si blocca), rete che però, nella selva o dove più serve non c’è: per questo si consiglia di spendere i 50 euro in più, ma di prendere il navigatore insieme con la macchina.

Torniamo in hotel dove riprendiamo la macchina per andare all’imbarco per Isla Mujeres: Puerto Juarez. Ci sono 2 compagnie, Ultramar è la più veloce e costa 146 ps a testa andata e ritorno: risparmiando sul parcheggio (che – dall’altro lato della strada – costa 80 ps tutto il giorno), prendiamo questa.

A Isla Mujeres si sbaglia tutto: si va – sì – alla Playa Norte (che è la parte bella) ma ci si arriva passando dall’interno del paesello perché Lorenzo ha fame e noi si pensa che i ristoranti sul lungomare siano troppo cari. Si finisce con il mangiare un banale hamburger in un luogo anonimo, per rispuntare, poi, direttamente sulla parte più turistica della spiaggia nord, con ombrelloni attaccati l’uno all’altro (200 per tutto il giorno), musica a palla e tantissima gente che sguazza (comprese due attempate signore americane, scese da uno degli yacht che chiudono la vista dell’orizzonte, col cappellino a unghia e occhiali da beach volley players (grasse) aggrappate al materassino con una mano e con l’altra a ciucciare dall’inseparabile mega tazzone termico!).

La sabbia è, oggettivamente, bianca e finissima (tanto che in acqua fa un po’ effetto limo), l’acqua è un brodo.

Dopo un paio d’ore di sguazzo (che Lorenzo apprezza molto), noi decidiamo di averne abbastanza e di tornare all’imbarcadero dal lungo mare: e lì che si scopre che, prima della parte così tanto ben “civilizzata”, c’è la parte dove la spiaggia è libera e dove ci sono i negozietti di prodotti artigianali (anche carini) ed i ristorantini popolari dove viene cucinato il pesce appena pescato.

Va bè, la prossima volta sapremo come comportarci!

Si riprende l’Ultramar, poi la macchina, si raggiunge l’hotel e – senza cena – alle 19,00 si crolla.

P.S.

Anche da Isla Mujeres organizzano le escursioni per il bagno con gli squali balena: non l’abbiamo fatta e non sappiamo come è (è Holbox ad essere famosa per questo, non Isla Mujeres): per cui se qualcuno, interessato all’esperienza, non ce la fa ad andare a Holbox e dovesse farla da Isla Mujeres, scriva com’è andata, che siamo curiosi.

8 Agosto

Oggi è prevista la partenza per uno dei due passaggi più attesi di tutto il viaggio: Holbox ed il bagno con gli squali balena: è da giugno che facciamo salire in Lorenzo l’aspettativa per questa straordinaria esperienza e tutto luglio lui ha fatto esercizio con la maschera ed il boccaglio, che non aveva mai messo, per prepararsi.

Sveglia alle 6,30, solita colazione per due che basta per tre (il cameriere, maschio però, non ci strizza l’occhio e non ci offre la macedonia in più) e partenza per Chiquilà, dove si deve lasciare la macchina, perché a Holbox circolano solo “carritos” da golf.

Ci vogliono 3 ore, incluso il tempo per un pranzetto ad una “comida familiar” lungo strada: per 215 pesos ci cuociono, lì per lì, delle tortillas con carne macinata, cipolla e, volendo, peperone non piccante – nota: in Yucatan, al contrario di quanto si temeva, è perfettamente possibile mangiare non piccante (e Lorenzo ringrazia) e senza peperoni (e Alessandra, allergica, ringrazia).

A Chiquilà, il parcheggio costa 50 pesos al giorno ma – sorpresa! – il giorno dura 12 ore e non 24: è solo dopo una vibrata discussione (col mio spagnolo!) sul fatto che il calendario Maya è stato abbandonato da qualche secolo che si riesce a concordare 100 pesos per 48 ore.

Il ferry della 9 Hermanos (ci sono due compagnie e c’è un traghetto ogni mezz’ora circa) costa, andata e ritorno, 180 pesos: si paga e si sale.

Holbox è un’isoletta stretta e lunga con un solo villaggio che si affaccia dalla parte della terraferma: sono quattro strade in croce, non asfaltate, senza auto (ma solo pochi carritos) e la corrente c’è solo nel centro (a casa nostra c’era il generatore). Stanno costruendo parecchio, ma ancora si respira l’aria autentica del villaggetto di pescatori; le spiagge – bianche e bellissime – sono libere, non ci sono grandi hotel, insomma, è il sogno caraibico di qualsiasi viaggiatore alla ricerca di posti autentici.

Troviamo ad aspettarci sul molo Francesca (cell. +51 1 984 130 9133) la ragazza italiana a cui (da internet ieri) abbiamo prenotato la stanza con booking.com (digitate Casa Francesca a Holbox su Booking e vedete le foto): affitta due stanze di casa sua, davvero molto belle, a 150 metri da una spiaggia mozzafiato un po’ fuori dal centro, dove non c’è letteralmente nessuno: prezzo della stanza 40 dollari USA a notte.

Una volta sistemati in camera, si torna in paese e si va a fissare per l’escursione dell’indomani: l’attesissimo bagno con gli squali balena. Ce l’eravamo studiata bene da casa e non abbiamo dubbi: anche se costa di più, si va diretti all’Hotel Mawimbi (+52 9848752003, www.mawimbi.net, info@mawimbi.net a gestione italiana) per prenotare per domani. Sono 155 dollari USA a testa (un bel po’) ma hanno la barca veloce (un gommone fatto venire dall’Italia con su due Suzuki da 300 cavalli l’uno) ed ampia dotazione di carburante. Gli altri operatori, invece, partono con la benzina misurata sulla base del numero dei partecipanti, per avere la certezza di rientrare nei costi, col rischio di essere decine su una barca o di dover tornare senza magari averli neppure raggiunti, se sono lontani.

Fissato per la mattina dopo alle 7,00 in punto al Mawimbi, si fa un giro per il paese e qui ci aspetta una piacevole sorpresa. La Francesca ce lo aveva detto che ci si sarebbe potuti incontrare “alla loro gelateria”, ma non potevamo immaginare: abbiamo scoperto che lei e il suo compagno – Gianni – a dicembre dell’anno scorso hanno mollato tutto e si sono trasferiti dall’Italia ad Holbox per aprire una gelateria artigianale italiana. E, vi assicuro, nell’ultimo posto dove te lo potresti aspettare, fanno uno dei gelati più buoni che si siano mai assaggiati. Il segreto sta nel fatto che hanno a disposizione frutta fresca maturata sugli alberi (abbiamo visto noi il ragazzo che portava le cassette) e non quella roba insapore con cui lo fanno qui (quando non usano le polverine!): il risultato sono gelati alla frutta che sanno davvero straordinariamente di frutta: di mango, di maracuja, di carambola, di cocco! Abbiamo scoperto che, prima d’ora, non avevamo mai mangiato un gelato al vero cocco! In breve, abbiamo passato il pomeriggio a mangiare ogni gusto di gelato alla frutta (i messicani – strana gente – vanno matti per l’Oreo o per il Tiramisù): il problema è che ora Lorenzo reclama il gelato di Porque no (così si chiama la gelateria) e non si contenta di altro!

Per trovare la gelateria basta chiedere; in ogni caso, dalla piazza centrale guardando il mare, è la strada sulla destra.

Ovviamente non si cena e si va a letto presto.

9 Agosto

E’ il grande giorno: Lorenzo eccitatissimo si sveglia alle 6,00. Si prende la nostra roba (ci eravamo portati dall’Italia pinne, maschera e boccagli, appesantendo non poco il bagaglio) e si va al Mawindi. Lì ci danno la colazione (leggera) e quando siamo tutti pronti si va al gommone: siamo noi, un’altra italiana, un signore americano e tre messicani (uno dei quali non scenderà mai in acqua perché ha paura).

Si scopre anche che sul nostro gommone c’è tutta l’attrezzatura necessaria (anche se Lorenzo ha usato la maschera ed il boccaglio con cui si era esercitato!) e che non serviva affatto portarsela da casa (ma ci servirà ad Akumal quando faremo il bagno con le tartarughe!). Ma quel che più conta è che c’è una guida bravissima (Andres) che ci rassicura subito che si occuperà lui di Lorenzo. In 25 minuti si arriva in mare aperto ed il capitano (Leo) avvista i bestioni e li avvicina: ce ne sono decine che nuotano in circolo per mangiare il plancton e da allora funziona così: la barca – piano piano – affianca e supera uno squalo (che è più lungo della barca!) e, a quel punto, chi è pronto (non più di tre persone per volta: ma per noi fanno un’eccezione e ci fanno calare insieme ad Andres che tiene Lorenzo) si butta e ci nuota accanto.

Il bello è stato che l’americano è sceso una volta soltanto, i messicani due volte e noi ci siamo così trovati e poter scendere in acqua ben quattro volte e per tutto il tempo che ci è parso: un appagamento che non si può descrivere.

Ovviamente, non è consentito toccarli, ma la cosa non è facile perché ci sei talmente a ridosso e, poi, ogni tanto te ne trovi attorno più di uno, con la conseguenza che alla fine (qui lo dico e qui lo nego) a uno … gli ho accarezzato la pancia.

E’ stata un’emozione incredibile, nuotare con questi giganti buoni, lunghi più di 10 metri, con una bocca che Lorenzo ci sarebbe entrato tutto intero (meno male che Andres lo teneva ben stretto!) che si lascerebbero accarezzare.

E per dare l’idea di quanto il tutto sia stato tranquillo – così enormi sono addirittura rassicuranti – basti dire che Lorenzo, quando l’ha raccontato ai nonni, ha detto che lui è andato a nuotare con gli squali balena insieme al babbo, alla mamma “e ad un altro signore che mi teneva … chissà perché”!

Una giornata così memorabile non poteva finire meglio: la Francesca e Gianni – che avevano a cena i proprietari italiani dell’Hotel Mawindi, l’italiana e l’americano che erano sulla barca ed un’altra coppia di loro amici, italiani anche loro, che hanno un B&B a Playa del Carmen – ci hanno invitati a cena da loro: cena a base di pesce, nella quale per la prima volta abbiamo assaggiato il piatto che sarà il leit motive della nostra vacanza: il cheviche, insalata di pesce crudo marinato, con cipolla, pomodoro e foglie di coriandolo (ma, dopo un po’ di volte, anche senza).

Buonissimo e serata eccezionale: grazie ragazzi!

10 Agosto.

Come si diceva, il mare di Holbox è veramente bellissimo: sabbia bianca, mare cristallino e spiaggia con 4 persone qua e là. Alle spalle, il villaggetto dove stanno costruendo un po’ troppo e tra qualche anno si ha il sospetto che sarà parecchio diverso; ma, per ora, ci godiamo una mattinata di mare bellissimo.

Purtroppo, dobbiamo partire (se dovessimo rifare il viaggio, ad Holbox dedicheremmo almeno quattro giorni), oggi pomeriggio è prevista la visita del primo dei nostri siti Maya (Ek Balam) e dobbiamo arrivare a dormire a Valladolid dove non abbiamo ancora fissato l’albergo (abbiamo guardato su Booking e telefonato, ma nessuno ci ha convinto).

Alle 12.30 siamo di nuovo a Ciquillà e, dopo 3 ore di macchina, alle 15,30 siamo ad Ek Balam.

Fa un caldo assurdo.

Il sito è piccolo ma molto bello e, a quest’ora (e con questo caldo), ovviamente siamo soli. Ci sono 2 piramidi gemelle, il campo del gioco della palla ed una piramide più alta su cui si può salire: abbiamo letto della tecnica per affrontare le piramidi (salire e scendere in diagonale: i gradini sono erti e le pedate tanto strette che, per dritto, non ci entra il piede) e la spieghiamo a Lorenzo; lui, però, ha paura e non vuol salire.

Allora sale prima l’Alessandra da sola, poi sale Piero da solo: ma quando è in cima, Lorenzo decide che vuole salire anche lui e così l’Ale se la fa in su e in giù due volte: che se ci ripensa oggi ricomincia a sudare!

Dalla cima la vista è spettacolare e ci si resterebbe a guardare il tramonto se non fosse che alle 17,00 tutti i siti chiudono e questo non fa eccezione (solo Bonampak chiude alle 16,30).

Ci buttano fuori; si riprende la macchina e ci si avvia verso Valladolid.

Ma i viaggi non son belli se non ci sono imprevisti: lungo la strada, a sinistra, subito passato il paese di Temozon, si vede una sorta di grande accampamento con tendoni, baracconi, specie di giostre e, sullo sfondo, un’arena costruita di legno e foglie di palma. Si pensa sia per una battaglia di galli e si va: si scopre che invece è una corrida, si paga, si entra e dopo poco entra anche il toro. Urla, strepiti, incitamenti – poi due banderilleros; ma il matador non arriva: entrano invece una decina di peones a cavallo che immobilizzano il toro con i lazi e lo atterrano. A questo punto reputiamo che Lorenzo abbia visto anche troppo e lo portiamo via, senza convincerlo affatto che lo spettacolo è finito. Per il toro, invece, lo spettacolo è finito davvero: quando è a terra, entra un macellaio che con un colpo secco al cuore lo stecchisce.

Ma il bello viene dopo: il toro viene portato subito fuori e lì per lì – a terra – macellato, fatto a pezzi e venduto alla gente che fa la fila. Prezzo molto basso senza possibilità di scelta di quello che ti danno: quando è il tuo turno in fila ti prendi il pezzo che hanno appena tagliato della bestia giacente a terra. Ci si informa: la corrida la fanno una volta l’anno e tutti gli allevatori della zona che hanno bestie a fine corsa (e che non venderebbero mai ad una macelleria perché sono tori con la carne dura come il legno) li portano lì e, tra i soldi dei biglietti dello spettacolo e il poco che prendono al chilo, ci riprendono le spese, mentre la gente, con poca spesa, si porta a casa la carne per il pranzo.

Si è fatto tardi e si decide – anche se poco convinti – di fissare a telefono la camera all’hotel Aurora Colonial di Valladolid, dove si arriva verso le 19,30 ma si scopre che c’è solo un’ultima stanza che, però, non è una vera e propria camera: è un secondo ingresso alla strada che è stato tamponato; la porta sulla strada, ovviamente, non si può aprire e non ha finestre. Se non bastasse, pretendono di farci pagare come se si trattasse di una camera vera: 760 pesos. Si discute, ma la signora è antipatica ed inamovibile, siccome dobbiamo stare 2 notti, anche se è tardi e Lorenzo ha fame, si va via.

Si va al Maison Marquez dove è tutto molto (davvero molto) bello, ma caro (970 pesos); ma il meglio sono gli inservienti: chiedo se il ristorante dell’albergo è caro e quello candidamente dice sì; gli chiedo se ce ne sono di altrettanto buoni ma più economici e lui dice che ce n’è uno, ma non ricorda il nome: allora mi porta alla reception e lo chiede alla ragazza della reception (che mi indica il Las Campanas, lì di fronte sulla piazza della cattedrale).

Nel frattempo, a telefono, Alessandra sta contattando l’Hotel San Clemente (Tel. 9858562208 – Calle 42 entre 41 y 43) che ha una stanza per 515: lo dico alla ragazza della reception del Marquez e quella mi disegna addirittura una piantina per dirmi come arrivare all’Hotel della concorrenza!

Prendiamo la stanza al San Clemente e, attraversata la strada, ceniamo al Las Campanas (siamo sempre attorno alla piazza della cattredale): cibo nulla di notevole, salvo il fatto che la “bistecca” di Lorenzo era chiaramente di carne del toro della corrida di prima: non c’è stato verso di tagliarla nemmeno con i nostri coltelli Opinel!

Però l’ambiente è divertente: c’è il cantante con la chitarra e ci sono tanti tavoli di messicani che cantano con trasporto insieme a lui e, con un po’ di birra in più, alla fine ballano anche. Bellini anche i camerieri con la retina in capo come la mia bisnonna!

Il tutto per 432 pesos.

Si rientra in hotel e, prima di coricarci, si fa un bel bagno nella piscina che sta nel giardino centrale su cui si affacciano tutte le camere: l’albergo è popolare (un sacco di famiglie messicane con bambini che giocano nell’acqua) e allegro. Forse un po’ troppo chiassoso.

11 agosto

Partenza per Chichen Itza alle 7.30, con colazione per la strada all’Oxxo (non era compresa nel prezzo dell’Hotel). Da varie relazioni, avevamo letto di una guida bravissima che collabora con National Geographic (Mr. Lupito – cell. 0052 9851020520) e, da Holbox, l’avevamo chiamato e fissato per oggi alle 8 in punto, contrattando 50 euro. Noi si arriva alle 8,50 e Lupito, che ci aspettava quasi da un’ora, non batte ciglio (i messicani sugli orari sono elastici), ma cerca di aggregarci ad un gruppo di Avventure nel Mondo: loro sono 14 e noi rifiutiamo, concordiamo di aggregarci, invece, ad una coppia di Pavia di stanza a Merida. Lupito è bravo e preparato, un po’ troppo autoelogiativo (ha scoperto tutto lui, ha capito tutto lui, è stato il primo lui, ecc.), ma brillante: parla bene italiano, ha un tablet con le foto per spiegare meglio, tratta bene con Lorenzo e lo incuriosisce con aneddoti. Alla fine (la visita dura 2 ore e 30) accetta 50 USD invece dei 50 euro pattuiti perché eravamo due coppie, noi continuiamo girellando per acquisti. Avevamo letto, infatti, che roba bella come a Chichen Itza non se ne trova altrove (ed abbiamo constatato che è vero!): compriamo 3 maschere di legno scolpito lunghe un metro di legno belle: richiesta 900, pagato 600 e potevo scendere ancora. A mezzogiorno c’è veramente tanta gente ed è caldissimo: si suda e decidiamo di andare via per fare prima un bagno in un cenote e poi mangiare (non l’opposto per pericolo congestione).

Scartiamo il Cenote Sagrado dove dei gendarmi armati fino ai denti ci impediscono perfino di andare a vedere se prima non paghiamo il (salatissimo) biglietto e andiamo al cenote Dzinup (alle porte di Valladolid tornando da Chichen: è indicato): MAGICO!

Luogo da fiaba con enorme energia positiva! 1 ora lì (ingresso: 60 pesos) poi pranzo sulla strada al ristorante Tio Cif: carne alla brace normale e zuppa di fagioli immancabile.

Tuoni e fulmini: sotto la pioggia andiamo a visitare la basilica di S. Bernardino a Valladolid bellina (… così così) poi si rientra all’hotel S. Clemente per doccia e piscina per Lorenzo.

Si girella e si finisce a cena al ristorante dell’Hotel Maria de la Luz (sempre sulla piazza della cattedrale: tel. 985.8562071 – 985.8561181 – www.marialuzhotel.com.mx – info@marialuzhotel.com.mx – Calle 42 entre 39 y 41) e scopriamo che sarebbe stato l’hotel perfetto: bella piscina nel patio interno su cui si affacciano tutte le stanze, tanti bambini ma meno chiassoso e a prezzo intermedio: 680 la camera con 2 letti queen size, colazione esclusa. La cena è ottima e i camerieri sono bravissimi e gentili. Sopa de lima, Guacamole, Pollo asado alla yucateca, Pollo Pibil, Sopa de mais, 2 birre, Succo di ananas per Lorenzo + acqua: tutto 411 pesos. Secondo noi la miglior soluzione – anche come Hotel – a Valladolid nel rapporto qualità/prezzo.

12 agosto

Sveglia presto (6,45) e si torna ai cenotes di ieri (da ora in poi il navigatore funzionerà quando vorrà lui!) ma invece del Dzinup si va al Samula, cui si arriva dal medesimo ingresso (soliti 60 pesos) ma, dopo fatti i biglietti, si va a destra invece che a sinistra. Siamo i primi e siamo soli ed è ancora più bello di ieri con le radici degli alberi che, dal “soffitto” della grotta sopra, scendono fino all’acqua. Stiamo fino alle 10.30 quando comincia ad arrivare gente. Torniamo alla macchina e ci dirigiamo alla città coloniale di Izamal. Sbagliamo la strada non prendendo la 180D (cioè l’autostrada a pagamento) e con l’altra invece di un’ora ce ne mettiamo più di due. Si arriva alle 13 sotto la canicola con un caldo pazzesco e si va subito a pranzo al ristorante Kinik: abbiamo mangiato pollo poc chuc (ottimo); maiale marinato e cotto su griglia a legna; queso relleno (buonino) e la cacciagione (venado): sfilacci di cacciagione non meglio identificata affogati nel succo di lime, con coriandolo e pezzi di pomodoro (buono per la diarrea, ma non per il palato!). Il posto bello con le signore che ti cuociono davanti al naso le tortillas a legna. Costo 515 ps.

Visitiamo il convento, enorme, molto bello.

Città molto carina, coloniale, tutta color giallo ocra.

Alle ore 15.30 partiamo per Cuzama. La strada non è facilissima da trovare, ma i messicani (quelli non ubriachi) danno ottime indicazioni: siamo arrivati alle 16.45.

Si trova a 50 Km da Merida verso sud est (dalla 180 imbocchi la 184 per 500 mt e poi subito la 18 verso Acancèh dove giri a sn per la per la 34 e poi la 21); arrivati alla piazza della chiesa di Cuzama (Calle 14) c’è una freccia per i cenote; si fa una strada sterrata e ci si ferma in un grande parcheggio dove ci sono i posteggiatori con le bandierine rosse.

Il tutto è gestito da una cooperativa; il carretto costa 300 fissi e, a fine giornata, ciò che è stato incassato viene ripartito tra tutti i guidatori dei carretti; così la differenza tra chi lavora di più o di meno sta solo nella mancia.

Sono visitabili 2 cenotes e una grotta con stalattiti e stalagmiti: siccome è tardi evitiamo la grotta.

Il percorso dura 45 minuti in tutto, 30 minuti per il cenote più vicino (Chacsinicché), 15 minuti ulteriori per quello più lontano (Bolonchojool). Non è comodissimo ma molto affascinante: carretto a due panche di legno, tirato da un ronzino macilento, guidato da un vecchiettino secco e gentile (mezzo sbronzo!), su un percorso monorotaia, apparentemente infinito attraverso la selva rigogliosissima che si è rimangiata le piantagioni di agave che c’erano all’inizio del secolo e fa un effetto tunnel sopra il binario. Sgomento grande quando fronteggiamo un altro carretto che, sul medesimo binario, viene in direzione opposta: ma niente paura, uno dei due carretti si ferma, scendono tutti, il guidatore tira già il carretto dalle rotaie, passa l’altro carretto, si rimette il carretto sfortunato sulle rotaie (non si è capito quale sia la regola per le precedenze!), tutti sopra e si riparte!

Il cenote più lontano è il primo in cui ci porta (perché intorno a quello più vicino ci sono 3 carretti e cercano di non affollarsi). Ci fa vedere l’acqua dall’alto, dai buchi da cui entra la luce: bellissimo. Ma l’accesso al cenote è attraverso una scala a pioli praticamente verticale, altezza 35 m; il signore si offre di portare lui Lorenzo, ma non ce la sentiamo, per cui scende solo Piero. Il cenote è bello, ma non esaltante forse anche perché non c’è luce.

All’altro cenote – Chacsinicché – invece si va “facilmente”. È bellissimo, di un turchese splendido (nonostante siano ormai passate le 18, e il tempo sia brutto e senza sole), perfettamente circolare, con le radicione degli alberi sopra che raggiungono l’acqua. Restiamo troppo poco per la bellezza del posto, ma è quasi buio.

Ritorniamo in macchina alla volta di Acanceh e poi Tekoh.

Tutto il percorso, da prima di Izamal, è la c.d. “Via delle cattedrali”, dato che la piazza di ciascun paesino che si incontra è dominata da una grande chiesa fortificata: questa è, infatti, una delle zone in cui la dominazione spagnola è stata particolarmente pesante.

Pernottiamo a Tekoch all’Hotel Na’ Lu’ Um (+52 999 1956294 oppure + 52 199 9008076: non è facile da trovare e dobbiamo telefonare); arriviamo alle 20.30. È un complesso di capanne ricostruite in stile maya in un bel giardino curato con piscinetta, alberi da frutta ed uccelli. La camera è grandissima: una intera capanna. Non ha aria condizionata ma non serve: con il solito temporale l’aria è fresca. Tengono aperto il ristorante per noi (siamo gli unici ospiti ed è tardi) e si mangia le solite cose (pollo asado o simile, zuppa di fagioli, etc.).

Anche il ristorante, come l’albergo, è un po’ caro: 1000 la notte e 450 la cena.

13 agosto

Sveglia molto comoda, colazione alle 9.30 inclusa nei 1000 ps: è solo per due ma basta per tre (frutta, uova, caffè, pane tostato, burro, marmellata, succo) e andiamo a visitare Mayapan che è vicinissimo.

Siamo soli ed è molto bello e suggestivo: piramide tipo El Castillo di Chichen Itza (più piccolo e non restaurato), osservatorio, altra piramide. Un cenote secco. Tutto molto ben tenuto. Riprendiamo la macchina per dirigerci verso Uxmal. Senza navigatore non è facile orientarsi. Per fortuna dall’Italia con street view Piero aveva descritto gli itinerari punto punto e, anche con l’aiuto delle indicazioni dei locali, si procede.

Sulla strada da Mayapan a Muna sulla mappa sono indicati alcuni cenote e, chiedendo, ne troviamo uno vicino al paesino di Mucuychè: si chiama cenote Kankirixche. Non è facile da trovare (non ci sono indicazioni e non ci arriva la strada asfaltata) ma i locali ve lo indicano. È bellissimo e, come al solito, siamo soli.

Dopo un po’ che si sguazza beati si affacciano 6 ragazzi che non fanno il bagno. Gli chiediamo se non sanno nuotare ma, sebbene noi si parli spagnolo, non ci capiscono: parlano solo la lingua maya! (anche il vecchino del cavallo di ieri parlava maya e ci ha detto che lo spagnolo lo usano solo negli atti ufficiali: in famiglia parlano maya). I ragazzi si tuffano solo dopo che ce ne siamo andati noi.

Alle 14.30 si riprende la strada e si arriva a Kabah alle 15.30 con il solito caldo pazzesco. Anche Kabah è bella, soprattutto per il muro coperto di maschere di Chac Mool: il dio della pioggia. Oggi alcuni studiosi hanno convalidato un’ipotesi che Piero formulò quando venne qui 18 anni fa: che le maschere raffigurano una proboscide perché i Maya conoscevano gli elefanti, anzi i mammut, dato che i primi abitanti del contenente americano vennero superando lo Stretto di Bering (quando era congelato) rincorrendo proprio un branco di mammut cui davano la caccia. E sempre, nelle successive raffigurazioni, ricorre, come animale ormai mitologico, l’elefante, di cui presero la parte più strana, la proboscide, per creare l’immagine di Chac Mool.

Visitata Kabah ci dirigiamo verso l’hotel Flycatcher Inn (poco fuori da Santa Elena: 50 m oltre il paese, sulla prosecuzione sud della strada n. 20 – se fai la 261 da Uxmal a Kabah, è sulla destra passata la scuola: tel. 997.978.53.50 – info@flycatcherinn.com – www.flycatcherinn.com): molto bello. La signora ci consiglia il ristorante El Chac Mool (997.978.51.17) a circa 100 m dall’hotel sulla calle 29. Ottimo!!! Per ora il miglior ristorante del viaggio per soli 351 ps: pollo alla yucateca e sopa de lime. Il cibo yucateco inizia, peraltro, ad essere monotono. In camera presto (le 20.00), cartone animato per Lorenzo (ci siamo portati il tablet, anche per le tratte di macchina più lunghe) e poi nanna.

14 agosto

Sveglia media (ore 8.00), una lunga colazione inclusa nel prezzo dell’ottimo (davvero ottimo: le lenzuola sembrano di seta!) Hotel Flycatcher Inn per 750 pesos.

Santiago e la sua signora si prodigano per aiutarci a trovare un bell’hotel sul mare a sud di Campeche, dato che il nostro programma è di passare i prossimi due giorni verso Campeche per visitare la città, il sito di Edzna e fare un po’ di mare prima di affrontare il passaggio in Chapas. Nonostante i molti sforzi del Sig. Santiago – gentilissimo – non si riesce a trovare un hotel decente e lui ci consiglia di dormire a Campeche, visto che comunque per arrivare a quella che secondo lui è l’unica spiaggia bella nei paraggi (Seybaplaya) ci vuole solo una mezz’ora. Su booking.com il Sig. Santiago ci trova l’hotel a Campeche con piscina e si prenota. Poi si parte per Uxmal, che è lì a 20 minuti. Si arriva alle 9.30 e si prende la guida: il Sig. Jorge Burgos (tel 997.11.33.685): per 450 pesos ci offre una guida davvero eccellente per tre ore circa, molto meno sensazionalistico di Lupito, ma più preparato sui profili storici generali: ci racconta la storia dei rapporti tra Maya e Toltechi, delle interferenze culturali e delle dipendenze commerciali (sale, miele, cera, ossidiana, ecc.) e dei loro rapporti politici: davvero bravissimo. Parla italiano e Lorenzo segue attento. Uxmal è bellissima.

Si esce dopo tre ore e ci si dirige a Campeche passando per Muna dove ci si ferma per mangiare (pollo arrosto in una specie di rosticceria in piazza) e dove c’è un mercatino: si fanno acquisti di camicie e stoffe ricamate a mano. A Campeche arriviamo all’Hotel che avevamo prenotato: il Socaire (Calle 55, entre 12 y 14, tel +52 981 811 2130) ad un passo dalla cattedrale. Sono le 3 e fa un gran caldo, decidiamo – dopo aver visto la bella stanza e la piscina – di stare 2 giorni e oggi riposarci al mare di Seybaplaya dove ci dirigiamo. In realtà, ci vuole quasi un’ora e si arriva lì che tuona. Capiamo perché nessuno annovera questa zona come luogo di mare: a Seybaplaya effettivamente c’è la spiaggia, e nemmeno brutta, con un sacco di tettoie di palma libere a disposizione dei bagnanti e ci sono molti bellissimi pellicani e cormorani. Ma il mare è torbo, puzza di petrolio (ci sono le piattaforme davanti). Lorenzo sguazza beato per un po’ poi arriva il diluvio e si torna: piove tanto, ma tanto, che con la macchina si naviga letteralmente.

Tornati a Campeche verso le 19.30 si va al ristorante La Parroquia, dove finalmente il menù cambia: accanto al solito pollo asado c’è pesce e gamberetti. Per 148 ps si prende un piatto di gamberetti al cocco: sono gamberi belli grossi e cicciotti in una pastella con cocco fritti e serviti con una salsa di arancia amara: spettacolare!

Si cerca di andare a vedere lo spettacolo dei pirati alla Porta di terra ma piove (fulmini e tuoni) e non lo fanno. Torniamo, quindi, in hotel dove le signorine (le uniche messicane belline di tutto il viaggio, ancorché prive del collo) ci chiedono di lasciare le chiavi della macchina alla reception perché domattina presto deve arrivare il camion del gas e gli occorre il posto davanti all’hotel: si tituba, ci si raccomanda, poi si cede. E si sbaglia.

15 agosto

Ci svegliamo con l’intenzione di andare subito a Edzna, ma appena affacciati sulla strada, ci si accorge che la macchina è stata battuta: spostato il paraurti davanti e staccato un pezzo sotto, oltre ad una grattata accanto alla ruota. È vero che abbiamo la riassicurazione Allianz che ci copre anche la franchigia di 1450 USD, ma il giramento è notevole. Piero chiama la ragazza della reception che chiama la gerente che osserva, riflette e comunica che va a telefonare. Torna dopo cinque minuti iniziando a dire che è colpa di quello del gas, che devono fare le pratiche assicurative, ecc. … Piero non la lascia parlare e la investe di parole perché capisca subito che non si intende sopportare ritardi dovuti a loro esigenze: abbiamo bisogno della macchina e devono ripararla subito; poi, tra loro, se la risolveranno. Dopo gli urli per strada (con tanto di capannello di gente a vedere) la musica cambia subito: in 3 minuti arriva il capo dell’hotel che – montato con Piero in auto alla volta del meccanico – si danna l’anima perché questo sospenda tutti gli altri lavori e faccia subito il nostro: così il tempo minimo per la riparazione scende da: “domani”, a “tra 8 ore”, a “tra 6 ore”, infine “tra 4 ore”: quindi pronta alle 14.

Tornato in hotel col taxi (pagato dall’hotel) Piero ritrova l’Ale con Lorenzo, cui l’hotel ha offerto generi di consolazione.

Senza macchina invertiamo i programmi: giretto di Campeche vecchia (la città fortificata è molto bella e ben tenuta, anche se i lavori di restauro sono in corso) e piscina fino alle 11.30 poi nave pirata, “il Lorencillo” (nemmeno a farlo apposta!), che salpa alle 12.00.

Alle 11,30 si prende il Taxi (30 pesos) per la nave e si arriva in 10 minuti, ma se non ci sono almeno 15 partecipanti il giro non parte: sono 20 ps per visitarla soltanto, oppure 100 (adulti) / 50 (Lorenzo) per salpare: intanto si paga i 20, con l’accordo che se poi dovesse partire si dà la differenza. Fa schifo! Un battello con 4 spade finte e 2 cannoni di plastica, un teschio che ciondola triste: Lorenzo è contentissimo lo stesso (benedetti bambini!). Per fortuna, non si arriva al fatidico numero di 15, si risparmia e si torna prima in hotel, ribagno in piscina e alle 13.30 ci si trova col capo dell’hotel. Si va in taxi (pagato da lui) dal meccanico e la macchina è fatta. Fatta bene. Partiamo diretti a razzo per Edznà dove si arriva alle 15.10 (siamo quasi soli). Ogni sito che si visita ci piace di più del precedente. La descrizione e la storia di Edznà si trova nelle guide, e noi – anche se è un sito “minore” – lo consigliamo assolutamente.

Per cena andiamo sul lungomare di Campeche verso nord dove ci sono, uno dopo l’altro, una fila di ristorantini che fanno pesce freschissimo. Tutti si equivalgono e scegliamo quello con la musica meno brutta (dal vivo, pianola e due voci) e con il cameriere più simpatico.

Avocado ripieno di gamberi freschissimi, cocktail di gamberi, pesce fritto per Lorenzo e gamberoni al cocco. Tutto buonissimo, prezzo del tutto onesto: 560 ps.

Alle 19.30 si scappa a vedere lo spettacolo sui pirati di suoni e luci che ieri saltò per la pioggia: 50 ps a testa, ma – come diceva Fantozzi – è un cagata pazzesca. 4 messicani cicci col cappellone e la spada di plastica alla cinta col megafono che ci fanno andare sui bastioni (belli) e raccontano goffamente la storia di Campeche. Poi due luci colorate, un petardo, poi tutti a sedere e ci fanno vedere un film sulla storia di Campeche (pubblicitario), mentre – sugli spalti – i soliti cicci maldestramente travestiti mettono in scena la narrazione del film.

Insomma, le vicende piratesche di Campeche (che a casa, con Lorenzo, avevano animato le fantasticherie del viaggio) non è che i locali siano riusciti a renderle granché bene: Lorenzo ha 4 anni e mezzo e si contenta ma, sinceramente, c’è molto da migliorare.

Al nostro ritorno, tutto lo staff dell’albergo è lì che si profonde in mille scuse per l’incidente della macchina. Ma va detto che, dopo l’urlo, sono stati di una disponibilità e di una professionalità da manuale. Non un tentativo di negare la responsabilità, disponibilità totale e solerzia assoluta per risolvere il problema.

Una nota di merito all’hotel Socaire.

16 agosto

Giornata di trasferimento da Campeche a Palenque: ed inizia l’attesa per la seconda grande avventura: la scoperta della giungla di Yaxchilan dove, 18 anni fa, Piero si imbatté (con terrore!) nel giaguaro. Sveglia comoda, colazione in hotel, bagno in piscina e partenza alle 11.00. La strada è lunga, Lorenzo si addormenta e si tira dritto senza pranzo. Si arriva a Palenque alle 16.00 circa, si gira 5 hotel e, alla fine, si opta per il Cañada International, che sta prima della deviazione (a sinistra) per il centro e (a destra) per la zona archeologica, un po’ fuori (ma abbiamo la macchina) che costa un po’ meno: camera con due letti queen size, A/C, piscina, parcheggio (il tutto piuttosto squallidino): senza colazione, contrattando ed in contanti 1000 per le due notti.

Poi si va all’agenzia per organizzare l’avventura nella giungla del giaguaro di Yaxchilan!

Andiamo ad una agenzia (non ci si ricorda il nome) che, rispetto alla rotonda dove c’è la testa della testa dell’indio, sta dall’altra parte della strada rispetto alla stazione Ado e la signora onestissima e di una professionalità incredibile (figuratevelo in Italia!) ci spiega che, andando da soli e senza agenzia, non solo ci conviene dal punto di vista economico, ma è anche meglio per Lorenzo, perché la gita organizzata visita anche Bonampak che chiude alle 16.30 ed è una tracannata; quindi ci spiega per filo e per segno come fare per andare per conto nostro con la macchina e ci fa anche il disegnino!

Ovviamente seguiamo il suo consiglio e decidiamo di andare per conto nostro, senza fare Bonampak (sigh, dispiacere dell’Ale, ma in effetti chiude pure prima). Siccome è ancora presto ci consiglia di andare alle cascate di Misol-Ha e ci indica la strada (anzi, ci disegna un’altra piantina). Si va: ci vuole 45 minuti e si arriva alle 17.45 (2 pedaggi da 20 pesos a testa: uno per la “manutenzione” di 1,5 km di strada che è tutta piena di buche e 1 per il parcheggio). Alle 19.20 si viene via, dopo un bellissimo bagno nel laghetto formato sotto le cascate e sentierino (sassoso, se le avete portate scarpe da bagno) fino ad una grotta con cascata sotterranea dove si fa un altro bagno al buio totale. Cena all’angolo della piazza centrale (ristorante qualunque, cibo qualunque, prezzo medio).

17 agosto

E’ un altro gran giorno: sveglia alle 6.30 – partenza alle 7.10.

Seguendo le perfette indicazioni della ragazza dell’agenzia, per una buona strada asfaltata, si arriva all’imbarcadero di Frontiera Corozal per Yaxchilan alle 9.30. Lì, a dispetto di quello che dicono tutti (cioè che la tariffa 700 di pesos a barca non è contrattabile) al terzo tentativo (con richieste di 950/850/800) concordiamo 550 con la cooperativa Pajaro Giaguaro, il lanchero è il Sig. Victor che viene col suo figliolo. E’ carino, si accosta alle rive per farci vedere le scimmie urlatrici e i coccodrilli. 40 minuti e si arriva. Lorenzo, eccitatissimo, vuol vedere tutto e sceglie il giro lungo: edifici della piccola Agorà sulla destra, poi gli edifici 39/40/41 poi il tempio con la cresta intatta, poi la piazza grande e infine il labirinto. Tutta l’escursione è molto faticosa (si suda come orsi) ma bellissima e Lorenzo si diverte da matti, munito di zaino dell’avventura con l’acqua, la lente di ingrandimento, la bussola, il fischietto ed con il bastone biforcuto per immobilizzare i serpenti, che gli ha fatto Piero, il quale – a sua volta – brandisce la sua “lancia anti-giaguaro” (avendo incontrato il giaguaro 18 anni fa, si è portato una punta fatta con il terminale di un palo da tenda, innestato su un manico di scopa comprato qui: una lancia anti-giaguaro perfetta!). In tutto, tre ore con salite e discese in mezzo alla giungla fittissima, su viottoli da Indiana Jones con le classiche radici contorte che si arrampicano e circondati dai veri e propri ruggiti (un po’ inquietanti) delle scimmie urlatrici. Lorenzo non si spaventa per nulla e, anzi, è perfino deluso che non si incontri il giaguaro (noi, invece, ne siamo assai sollevati). Gli scimmioni sono ovunque ed è davvero impressionante.

La formazione-avventura è: Piero, davanti, Lorenzo nel mezzo, Ale dietro; il refrein è “giaguari in vista?”, “niente”; “serpenti in vista?”, “niente?”; “scimmie in vista?”, “pieno”.

Torniamo alla barca con un’ora di ritardo rispetto a quello che ci aveva detto (3 ore invece di 2) ma Victor non fa una piega e ci accoglie sorridente. Dopo un po’ fa guidare la lancia a suo figlio di 10 anni, cui diamo 50 pesos di mancia. Vediamo anche un coccodrillone.

Torniamo a prendere la macchina verso le 14 e si inizia la strada per tornare. Ci si ferma ad un ristorantino (Las 2 Hermanas): pollo fritto, hamburger e Mirinda (300) e poi si riesce ad arrivare al Pemex a fare benzina giusto un metro prima di dover spingere.

Hotel, filmino sul tablet tutti insieme e nanna alle 21.00.

P.S.

Informazione importante: da Frontera Corozal (cioè dallo stesso imbarcadero per Yaxchilan) le lance portano anche a visitare il sito (che gli archeologi stanno scavando ora) di Pietras Negras in Guatemala, con gita che dura 3 ore a andare, 2 ore lì e 4 ore a tornare (corrente contro).

Con una gita di 3 giorni c’è anche la possibilità di andare a visitare Tikal.

P.P.S.

Sulla via del ritorno da Frontera Corozal, sulla destra (a circa mezzora da Palenque) ci sono delle altre cascate che dicono molto belle: quando ci siamo passati Lorenzo dormiva e abbiamo tirato dritto.

18 agosto

È lunedì e dobbiamo:

– Ricaricare il telefono (il navigatore, se e quando decide di funzionare, puppa parecchio);

– Cambiare i soldi: quanto a questi, l’altra volta, a Campeche, ci si mise 5 minuti secchi.

Oggi è una giornata tosta (visita di Palenque e poi 5 ore ½ di macchina per arrivare Xpujil, che è la base per la visita al sito di Calakmul) per cui ci svegliamo alle 6.45 e dobbiamo correre. Si va in centro per fare tutto assieme alla colazione (necessaria perché ieri Lorenzo aveva saltato cena) ma si scopre che la banca (Bankmex, da evitare come la peste!) apre alle 8, che poi diventano le 8.30 e alla fine alle 9.00. Piero prende il numero, fa la fila, arriva allo sportello ma vogliono la fotocopia del passaporto. Gli dicono dov’è la copisteria e dicono che, dopo, passerà diretto senza fila. Piero va a fare la fotocopia, torna in banca ma gli fanno rifare la fila, che è lentissima (mezz’ora): quando finalmente è il suo turno allo sportello si sente dire che il computer non funziona.

Si sono perse due ore per nulla (nel frattempo l’Ale e Lorenzo hanno fatto tripla colazione per 260 ps): in due minuti, infatti, si ritirano 4.000+4.000 pesos al bancomat. Ma ormai sono le 9.40. Si arriva alle rovine di Palenque alle 10.00 e si lascia la macchina all’ultimo parcheggio, proprio vicino all’ingresso. Il posteggiatore abusivo vorrebbe la mancia, ma gliela promettiamo se al ritorno sarà tutto a posto: al ritorno non ci sarà nessuno a guardare la macchina! Entriamo e contrattiamo per la guida. Per 300 troviamo uno studente (quello diplomato non scendeva sotto i 400). Non tanto efficace ma va bene per non girare a caso, col rischio di perdere altro tempo. Il sito è oggettivamente sempre bellissimo ed interessantissimo (necropoli, palazzo dei regnanti, tempio della croce, tempio della croce fogliata, tempio della luna). La guida, che non è scoppiettante ma parla bene italiano e – alla lunga e sotto la pressione delle nostre domande – si rivela utile e anche prodiga di particolari. Mentre Piero sale sulla piramide della croce, Lorenzo contratta la salita a quella della croce fogliata in cambio dell’acquisto di una bestiolina di perline: sceglie il Quetzal, poi rilancia con un pappagallo Ara per un cuginetto, un tucano per l’altro e una colombina per la cugina (nel frattempo, la tartarughina di ossidiana comprata a Chichen Itza è sparita e dimenticata, verrà ritrovata alla fine sotto il seggiolino).

Finita la discesa dal tempio della croce (dalla cui cima si domina tutto il sito e – anche se è faticosa – va fatta per forza) si segue le indicazioni Museo – Uscita. Ebbene, se avete fretta (come l’avevamo noi che si doveva fare 6 ore di macchina e non avevamo l’hotel per la notte) non lo fate!

Si tratta di una bella girata per la jungla con tanto di passaggio sul ponte tibetano (comodo) sopra le cascatine romantiche che, però, non solo dura 40 minuti, ma in più ti porta sulla strada principale 1 chilometro e mezzo a valle rispetto a dove si era lasciato la macchina. E’ mezzogiorno e mezzo, un caldo tremendo e la prospettiva di risalire tutte le curve non ci fa essere felici. Per fortuna, dopo pochi passi, transita un pulmino che ci porta su per 20 pesos.

Si beve l’ennesimo, buonissimo, cocco (sempre 20 pesos: col machete ti tolgono la punta della noce di cocco ancora verde e, dal buco così formato, succhi l’acqua con la cannuccia; poi la spaccano a metà e mangi il frutto: Lorenzo ne va matto e ne prende due!) e poi si ripiglia la macchina.

Il navigatore funziona e ci dice 4 ore e 14 minuti; in realtà ci vorranno 5 ore e mezzo, mangiando in macchina un panino comprato al volo all’Oxxo (ce ne sono ovunque e ti salvano in caso di difficoltà).

Arriviamo verso le 18.30 a Xpujil dove telefoniamo all’Hotel Puerta Calakmul (983.120.70.73), che è proprio all’imbocco della strada che scende per 60 km al sito archeologico omonimo e domani mattina ci consentirebbe di risparmiare un bel po’ di tempo. Ma è davvero troppo costoso: 160 Dollari USA.

Si prosegue, allora, per Xpujil (circa un’ora di macchina) e lì si guarda prima una specie di motel (non ricordo il nome ma è il primo sulla destra). Nulla di che e piscina sporca per 700 ps. Si va a diritto e si guarda l’hotel Maya Balam: stanza con A/C, due letti queen size e colazione inclusa, ma senza piscina: 490 ps.

Poi – perfetto – l’Hotel Calakmul (è proprio sul lato desto della strada principale). Con piscina pulita e grande, camera oggettivamente non grande ma buona con due letti, bagno, A/C, TV con Sky: il tutto solo 450 (senza colazione).

Va benissimo, io sono distrutto, e si fa l’errore di fare un bagno in piscina che si prolunga un po’ troppo. Il risultato è che Lorenzo, alla cena al ristorante dell’hotel (milanesa de pavo buona: anzi, per cambiare, davvero buona) si addormenta con la testa nel piatto.

Domani si impone ancora lauta colazione.

Si scrivono qui i riferimenti dell’Hotel y Restaurant Calakmul (N.B. NON Puerta Calakmul che è quello caro) perché è un’ottima soluzione economica per andare a visitare il bellissimo sito archeologico di Calakmul senza partire da troppo lontano: www.hotelcalakmul.com.mx, calakmul104_06@hotmail.com, tel. 983.871.6029. Lo consigliamo molto, nonostante. … la sorpresa: si va a letto e i cuscini sembrano scolpiti nella roccia: sono duri che sembrano dei pezzi di stele maya con la federa (anche il materasso è durissimo). Ci se ne fa una ragione.

19 agosto

Sveglia di nuovo alle 6.45, lautissima colazione al restaurant dell’hotel (hanno un pacchetto da 100 pesos con pane tostato e marmellata, caffè, succo, frutta e uovo: in tre prendiamo uno di quello + 1 frutta + 1 caffè + 1 succo = 230: era meglio 2 pacchetti ma ci sembrava troppa roba: alla fine infatti si è preso meno e speso di più!).

Alle 9 (ci si è messo un po’) si parte per il parco naturale di Calakmul dove si trova l’omonimo sito archeologico: occorrono due ore piene per arrivare all’ingresso del sito archeologico, dopo 3 pedaggi, il primo del quale (112) serve per la manutenzione di 20 km di una strada che è tutta buche!

Pronti per l’avventura con lo zainetto: Lorenzo ha il bastone con forcella per bloccare la testa del serpente e Piero ha la sua lancia a punta. Siamo al sicuro.

Ci si mette in formazione-avventura e si parte: “giaguari in vista?”, “niente”; “serpenti in vista” … in effetti un bel serpente ci attraversa il viottolo; “caprioli in vista?” … ce ne sono nella jungla, ma sono timorosi e se ne vede solo le impronte. In compenso, vediamo scimmie ragno, una specie di furetto ed i pecari (anche in macchina lungo la strada di accesso al sito, occhi aperti!). Calakmul è enorme, ci abitarono – sembra – 200.000 persone e conta circa 10.000 edifici dispersi nella – e coperti dalla – jungla. Emergono solo le parti più alte e meglio conservate: gli archeologi hanno lasciato più o meno tutto come era, salvo disboscare e togliere la terra. Se si seguono le frecce (3 possibili percorsi: corto, medio e lungo) è facile da visitare, ma se si devia dal percorso esatto delle frecce perché si è attratti da qualche cosa fuori dall’itinerario, si incappa nelle frecce degli altri itinerari o in quelle per il ritorno e ci si incasina, col rischio di perdersi o di mancare edifici importanti. Comunque è – anche questo – davvero esaltante perché ancora immerso e in parte coperto dalla jungla, nella quale ti aggiri, tra stranissimi versi di bestie invisibili che stanno tutte attorno. Anche qui, Lorenzo intrepido sceglie di fare il giro lungo e si sale su tanta roba compreso l’edificio 1, davvero impressionante tanto è ripido, e fino alla stele (non al top perché eravamo sfiniti) dell’immenso edificio 2 (il più alto di tutto lo Yucatan, la cui base copre una superficie di 2 ettari). Tutto il giro (con 2 pic-nic e sosta all’ombra: il caldo è notevole e l’umidità anche, ma niente zanzare che sempre, fino ad ora, ci hanno graziato) dura assai a lungo, tanto che alla fine abbiamo paura che ci chiudano dentro (chiude alle 17.00). Facendo la strada del ritorno dopo l’edificio 2 a marcia forzata, si riesce ad arrivare alle 16.56. La porta – però – è già sprangata … salvo il fatto che (come in Mezzogiorno e mezzo di fuoco) a destra e a sinistra della porta è tutto spazio aperto (ci sono i montanti che reggono la porta chiusa, ma di qua e di là non c’è nulla!) e si esce senza problemi. Quando andiamo via c’è ancora una macchina nel parcheggio … Lorenzo è preoccupato che possano aver incontrato il giaguaro senza, però, avere la lancia!

A quel punto, per evitare che Lorenzo (che è esaltatissimo ed è salito dappertutto ma oggettivamente ha camminato senza posa con lo zaino per quasi 6 ore ed è stanchissimo) si addormenti senza cenare, optiamo per il ristorante di quell’hotel caro (il Puerta Calakmul) che si trova all’imbocco tra la strada (di 60 km) che porta al sito e la carretera principale Escarcega-Chetumal.

Come al solito, siamo soli, e l’ambiente è bellissimo: un alto edificio con struttura di legno e tetto di palma ma con zanzariere al posto delle pareti. E siccome è immerso nella jungla, siamo proprio a mangiare in piena jungla, tra il vocìo delle bestie.

Il servizio è impeccabile e svelto, il cibo molto buono ma costa il doppio di tutti quelli in cui siamo andati fino ad oggi:

  • petto di pollo alla griglia con patatine per Lorenzo
  • un bellissimo filetto
  • un pollo con salsa al mango
  • un guacamole e una intera cassa di roba da bere (ci eravamo portati 3 litri di acqua e mezzo ma ne avremmo bevuti altrettanto, visto quanto si sudava)

    Totale 860 ps.

    Dopo cena, giretto di 45 minuti di nuovo nella zona dell’oasi protetta di Calakmul nella speranza di vedere il giaguaro, ma nulla di più di un topino bianco. Si rientra in hotel dove l’Ale ha lasciato sul letto quasi 2.000 euro (pensava di averli messi a posto …!).

    E, bel belli, troviamo il letto rifatto ed i soldini tutti lì sopra.

    Affrontiamo, con piacere, i cuscini di pietra alle 22.00.

    20 agosto

    La sveglia sarebbe prestino ma l’Ale ha mal di stomaco e si trattiene a dormire. Si prende il “pacchetto” colazione da 100 pesos e siamo a posto sia io che Lorenzo. Ricomponiamo i bagagli e fatta colazione si parte per la laguna Bacalar. Meno di due ore e siamo lì. Tempo bello (anche se un po’ ventoso) e i colori del lago sono bellissimi, dal bianco al celeste chiaro fino al blu profondo, un po’ per la differenza di fondale un po’ per la profondità. Tutto il lungo lago è costeggiato di ville e villette della più varia foggia: si va dalla “casa China” (una assurda pagoda cinese) alla casa araba (proprio accanto alla pagoda) con tanto di pseudo minareto. Le vacanze scolastiche messicane sono finite da 2 giorni e quindi è quasi tutto vuoto: solo le case per turisti stranieri sono attive. E i turisti stranieri sono per lo più post-hippy col cappello e le vesti variopinte col sorriso fisso. Come dice Virzì in Ovosodo, tutti borghesi “elegantemente illezziti”. Si passa in rassegna praticamente tutti gli hotel con affaccio sul lago e si opta per l’Amigo’s Hotelito (tel. 983-834-2093 983-107-9234, amigoshotelito@bacalar.net, www.bacalar.net): a 600 pesos una stanza al primo piano con balcone con amaca fronte lago e lettone king size, A/C, no colazione. Poi si va a pranzo in uno dei vicini ristorantini sul lungo lago (La Playita): ottimo chevice di gamberi belli grossi e poi bagno (ogni struttura ha un molo che aggetta sul lago con palapa e scalette). Acqua calda e limpida molto piacevole. I colori del blu sono straordinari, l’ambiente è rilassato. Vale la pena stare e l’Ale ha fatto bene ad insistere.

    Passiamo più o meno il pomeriggio a mollo: abbiamo mangiato tanto a pranzo e ricordiamo che al piano terra dell’hotel c’è una bella terrazza sul lago attrezzata per gli ospiti (con frigo, dispenser dell’acqua purificata, tavoli e sedie, macchinetta del caffè); si opta per un pic-nic in hotel. Piero va a fare un po’ di spesa ma trova quasi tutto chiuso. Solo nella piazza centrale c’è un (piccolo) grande magazzino aperto dove compra pane, prosciutto, formaggio, patatine.

    Finito il pic-nic a bordo lago, Piero dorme nell’amaca sul balcone della camera tra i rumori del bosco e la sciacquettare della risacca sul lago.

    21 agosto

    Sveglia, colazione in hotel coi resti del pic-nic di ieri e caffè con la macchinetta dell’hotel (c’è un barattolo e ci vanno messi 15 pesos) e poi bagno nel lago bellissimo di prima mattina. Alla fine si sta a mollo tre ore. Pranzo al Balneario Publico (dove ci sono scivoli a chiocciola che finiscono nel lago, per la gioia di Lorenzo) e poi auto verso Tulum. Mentre andiamo si acquista consapevolezza che ci manca un po’ la “civiltà” e che di rovine ne abbiamo abbastanza: per questo – anche aiutati dai prezzi degli hotel di Tulum che, andando, ci sparano al telefono – si opta per proseguire e fare una botta di vita: Playa del Carmen. Telefoniamo a quella coppia di italiani (Ketty e Paolo) che avevamo conosciuto ad Holbox dalla Francesca della gelateria e che hanno un B&B a Playa (Iguanaplaya B&B, Mundo Habitat, Calle Panama 33,– Tel. 998 203 3547): costo 43 USD per notte con colazione. Va bene: si fissa per le 19.30 circa perché prima vogliamo fermarci a vedere la nostra struttura ad Akumal ed a fare un bagno. La struttura è bella e si concorda la camera di domani.

    Il bagno, invece, con grande delusione di tutti non si può fare perché hanno fiorito i sargassi e la spiaggia è letteralmente invasa dai fiori delle alghe. Il problema è che per i prossimi 5 giorni si è previsto di fare mare qui: e si è già pagato il soggiorno all-inclusive al Palladium. Preoccupati, ci dirigiamo a Playa dove – guidati a telefono da Ketty – alle 19.30 troviamo la casa. È molto carina: la camera ha A/C, TV con Sky, Wi-Fi, e mega lettone, bagno privato e giardino (dove domani ci daranno un’ottima colazione con pane, marmellata, uova, frutta, caffè) e salottino in comune con le altre due camere (il B&B è pieno), l’ambiente è rilassato e cordiale e facciamo due chiacchiere con gli altri ospiti.

    Poi, scaricati i bagagli, doccia, macchina e via alla Quinta Avenida: rispetto a 18 anni fa l’effetto è incredibile: è diventata una quasi metropoli, con centinaia di negozi illuminati e griffati con i butta-dentro, le discoteche, i locali. Ricordavamo tre vie non asfaltate e 4 alberghetti con qualche negozio di artigianato “vero”… La spiaggia – peraltro – continua ad essere bella. Per chi piace la vita mondana e non vuole andare in villaggio, Playa è un’ottima soluzione. Ci sono alberghi di ogni genere e per ogni borsa fin sulla spiaggia, negozi e bel mare. Il tutto anche senza prenotare (c’erano dappertutto cartelli di rooms available). Cena anonima (ma non troppo cara: si fanno concorrenza e fanno offerte). Poi si torna (ci vogliono 10 minuti in macchina per trovare il B&B) e nanna.

    22 agosto e seguenti

    Dopo l’ottima colazione nel giardino del B&B, Piero porta Lorenzo e l’Ale al parco ecologico divertimenti Xel-Ha, poi passa dal Palladium a lasciare i bagagli e poi torna a Playa del Carmen per comprare un opale cristal (è la sua pietra preferita e se ne trovano solo qui): trova un laboratorio dove li montano che gliene vende uno a 280 pesos al carato. Soddisfatto, torna a Cancun a riportare la macchina.

    I tizi della Fox la prendono a cazzotti dappertutto per vedere se si sposta qualcosa, ma la riparazione del meccanico di Campeche è perfetta: controllo superato e caparra restituita!

    Col pulmino torna a Playa e poi, da lì, al Palladium: di pulmini da Palya a Tulum ce ne sono in continuazione e costano dai 30 ai 35. Sul Palladium non ci si sofferma perché non è più diario “di viaggio”. Vale solo la pena di dire che è bellissimo sotto ogni profilo (sulla spiaggia le alghe non ci sono più) ed è a 10 minuti di pulmino dalla spiaggia di Akumal (20 pesos e il bambino non paga): si va sulla strada, si fa segno con la mano e il pulmino si ferma; non abbiamo mai aspettato più di 5 minuti. Sebbene il Palladium sia una struttura davvero notevole, per due (dei cinque) giorni il mare lo abbiamo fatto sulla spiaggia di Akumal dove le pinne, maschere e boccagli che ci eravamo portati dietro tutto il tempo sono finalmente servite. Per due giorni interi, infatti, abbiamo nuotato in mezzo alle tartarughe marine; ed anche lo snorkel sul pezzetto di barriera lì davanti non è affatto male. C’è solo un Hotel sulla spiaggia molto carino, ma stanno costruendo roba più grossa: fino a che gli speculatori non avranno conquistato anche questa, resterà una spiaggia libera bellissima. Per chi – in alternativa alla mega struttura internazionale – volesse passare dei giorni con la stanza letteralmente sulla spiaggia delle tartarughe di Akumal, questi sono i riferimenti: Hotel Club Akumal Caribe Villas Maya: www.hotelakumalcaribe.com, info@hotelakumalcaribe.com, telefono +1915.584.3552 e dal Messico 984.206.3500: è caro – 2.150,33 pesos (125 euro, non poco!) la casetta sul mare – ma sono incluse due colazioni!

    Il viaggio, purtroppo è finito e io sono qui in studio davanti al computer ed ho finito anche il racconto con cui, nel riviverlo, mi sono di nuovo emozionato.

    Speriamo di essere riusciti a trasmettere almeno un po’ di quello che abbiamo vissuto e di aver dato utili indicazione (e rassicurazioni) per chi, avendo dei bimbi, volesse organizzare un viaggio simile.

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