Armenia, oriente cristiano

Riti religiosi, cibo e vita quotidiana di questo splendido e piccolo Paese del Caucaso
Scritto da: cielienuvole
armenia, oriente cristiano
Partenza il: 20/10/2010
Ritorno il: 27/10/2010
Viaggiatori: 6
Spesa: 2000 €
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Genocidio”. E’ questa la parola tragica e drammatica che ha sconvolto il popolo armeno, quando nel 1915 l’impero dei Giovani Turchi, guidato dalla legge coranica quando, durante la prima guerra mondiale e approfittando dell’indifferenza dei Paesi occidentali, impegnati a confermare i propri confini, hanno sterminato almeno un milione e mezzo di armeni. Da allora, la Nazione armena aspetta il riconoscimento di questo “crimine contro l’umanità”, mentre l’Unione Europea tra le clausole per l’ingresso della Turchia nella Comunità Europea chiede ad Ankara altrettanto. Dal 2003 l’Armenia fa parte del Consiglio Europeo, però tra gli alberi piantati nel “Giardino dei giusti”, sulla “Collina delle rondini”, dove si trova il loro “Memoriale”, per ora non c’è nessuna targa di alcuna autorità islamica oppure ebraica, ci sono solo quelle degli Stati Uniti d’America e dell’Europa. Nel sottostante museo, invece, sono esposti documenti, fotografie e filmati da brivido che testimoniano questo sterminio etnico di massa.

Alla fine di ottobre del 2010 ho partecipato al viaggio “Armenia, oriente cristiano”, organizzato dal tour operator “Mistral”, assieme ad altri cinque viaggiatori di Torino (Sandra, Elda e Nella), di Carpi (Anna), di Roma (Daniela) e accompagnati dalla preparata guida locale Metaksya Vanoyan, con il bravo autista Ara.

Abbiamo visitato questo splendido e piccolo Paese del Caucaso, grande quanto la Lombardia, con tre milioni di abitanti, ricco di importanti vestigia dell’antico Regno Armeno (la basilica di Odzun del VI secolo e il monastero di Goshavank) e di siti archeologici (la cadente fortezza di Amberd a 2.400 metri d’altezza e il restaurato tempio ellenistico-romano di Garni).

Ci siamo spinti fino al confine meridionale con la Turchia, presso il santuario di Khor Virap (in vista del monte Ararat, dove secondo la Bibbia è approdata l’Arca dopo il diluvio universale; purtroppo, a causa di motivi politici e bellici, la “montagna sacra” a Noè – del quale gli armeni ne sono i discendenti – non può essere da loro scalata, perché attualmente si trova in territorio turco).

L’Armenia – dopo la caduta del muro di Berlino e la fine dei Paesi socialisti dell’ex CCCP – dal 1991 è una Repubblica indipendente che affonda la propria identità nell’antica religione di Stato “Cristiana-Apostolica”. Infatti gli armeni dal 301 dopo Cristo, sotto la guida di “Gregorio l’Illuminatore” (imprigionato in un pozzo per 13 anni dal re Tiridate), difendono la fede predicata dagli apostoli Taddeo e Bartolomeo. Nonostante la distruzione di alcuni templi da parte di musulmani e sovietici o a seguito del micidiale terremoto del 1988, sul territorio ci sono tutt’ora interessanti monumenti religiosi (alcuni dei quali tutelati dall’Unesco) con una originale architettura, costituita da cupole esagonali a cono, da transetti e “gavit” (locali scavati nella roccia per le tombe dei prìncipi), da cappelle con affreschi e cripte, da campanili ed armoniosi “khatchkar” (croce di pietra e simboli religiosi), da ex accademie e biblioteche (“Sanahin” e “Haghpat”). Inoltre il monastero di Noravank, con l’ardita scala sulla facciata, e quello di Gheghardt oppure i conventi di Hovhannavnk e di Saghmosavank (un’architettura che rimanda al romanico italiano di “stile pisano”) a picco sopra un canyon. Alcuni templi custodiscono le reliquie di martiri e di santi (le chiese di S. Hripsimé e di S. Gayané), mentre altri sono aperti al culto religioso per un popolo mite (come la chiesetta del 1694 di S. Zoravor, in un quartiere cittadino di Yerevan e quella graziosa del villaggio di Karmravor, utilizzata per gli sposalizi).

I riti sono diversi da quelli della religione cristiana “Cattolica-romana”: il prete prega e canta rivolto verso l’altare rialzato (a lui solo riservato), mentre i fedeli assistono, fanno offerte e accendono candeline gialle; il sacramento del battesimo è abbinato a quello della cresima, e durante la cerimonia del matrimonio gli sposi vengono “incoronati”. A Echmiadzin si trova il loro “Vaticano”, dove è custodita la “Lancia sacra” che ha trapassato il costato di Gesù, un frammento dell’Arca di Noè, una Bibbia e altre reliquie minori.

In Armenia abbiamo gustato cibi genuini: la carne al barbecue, i pomodori freschi, il “lavash” (simile alla “carta-musica” sarda) e il “pane dolce” come dessert; ammirato splendidi paesaggi naturali: dalla foresta di Haghartsin (con le querce infuocate dai colori autunnali) al lago “alpino” di Sevan, fino al monastero peninsulare di Arakelots, con i gentili venditori di souvenir artigianali e di strumenti musicali.

Gli armeni – commercianti onesti ed apprezzati fin dall’antichità – sono stati uccisi e dispersi in una diaspora mondiale, ma non hanno mai dimenticato la propria Patria. All’epoca dell’Impero Romano, l’Armenia si estendeva dal Mar Nero (l’attuale Georgia) e il Mar Caspio, fino al Mediterraneo (l’ex Cilicia), prima delle invasioni dei Mongoli di Tamerlano e dei Mammalucchi che ne hanno ridotto la sua estensione territoriale. Sono un popolo fiero e geloso della propria storia e cultura: hanno un originale alfabeto “sacro”, composto da 36 lettere (più 3 aggiunte successivamente), creato da Mashtots.

L’economia del Paese – la cui moneta è il Dram e la bandiera ha tre strisce orizzontali (con il colore rosso del sangue, il blu del cielo e l’arancione della terra) – si basa, in parte, sulle rimesse americane degli armeni della diaspora, ma soprattutto sull’agricoltura (la coltivazione del tabacco) e sulla pastorizia (le note pecore “Astrakan” dal sedere grosso), sull’industria chimica e l’attività tessile (i rinomati tappeti di fattura antica), sull’estrazione e la lavorazione delle pietre-minerali di ossidiana, basalto e granito. Per gli stranieri, però, il Paese è strategico per l’energia, per via dell’attraversamento in Armenia di un gasdotto transnazionale.

Nella capitale Yerevan (di fronte al nuovo stadio di calcio) sono da visitare: l’interessante Casa-museo dell’artista d’avanguardia, nonché regista Sergei Parajanov; il museo “Matenadaran”, dove sono conservati pergamene, stampe d’arte, 17.000 manoscritti e preziose opere miniate; e quello della fortezza “Erebuni”, dove è esposta una targa in caratteri cuneiformi che riporta la data di fondazione dell’attuale capitale (782 a.C.). Di sera, nella Piazza della Repubblica – tra il Palazzo del Governo, il Museo nazionale di storia (con i custodi statali di epoca sovietica) e il Teatro dell’Opera – si può ammirare lo spettacolo “Fontane di luci e musica” oppure si può salire alla “Cascade” che domina dalla collina tutta la città (lungo la via d’accesso si possono ammirare due sculture dell’artista Botero ed alcuni localini caratteristici).

La città è molto trafficata (dai veicoli di grossa cilindrata ai furgoni privati utilizzati normalmente per il trasporto pubblico); lungo la strada che porta all’aeroporto di “Zvartnots” ci sono numerosi club e piccoli casinò. Negli ultimi anni importanti operatori stranieri (soprattutto americani ed europei) hanno investito in questo Paese emergente; nella centrale isola pedonale urbana sono sorti alcuni negozi italiani d’alta moda (Armani, Stefanel, Dolce e Gabbana e Luisa Spagnoli). Al mercato cittadino di “Hayastan” si possono gustare buone spremute di melograno (che il simbolo nazionale) o acquistare squisite albicocche e frutta secca confezionata in artistici canestri; di sabato si possono fare buoni acquisti di raffinati oggetti d’artigianato nel mercatino di modernariato “Vernissage”.

Nel 2001 Papa Giovanni Paolo II ha consacrato la nuova cattedrale di “Surp Grigor Lusavorich” (confinante con i quartieri poveri della città) che ha sostituito quella più piccola di “Surp Sargis”; e l’unica e antica Moschea Blu è tutt’ora in fase di restauro.

La settimana è terminata – anzi volata – e una nostalgia mi assale nel volo notturno che mi riporta in Italia. Nella dogana dell’aeroporto di Vienna – nell’attesa che l’Armenia entri al più presto nell’Unione Europea – un finanziere mi sequestra una bottiglia di cognacArarat” (nonostante l’avessi acquistata al duty-free e riposta dall’addetto in un’apposita confezione sigillata), riportandomi così nella realtà della burocratica normativa europea.

Comunque sia, mi rimangono duemila immagini, ricordi bellissimi e la voglia di coinvolgere una parrocchia carpigiana in un pellegrinaggio nella terra antica dei “Fratelli armeni in Cristo”; prima che diventino troppo occidentali e moderni.

Maurizio Battello



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