Armenia: un Paese ricco di storia, religione, religiosità, spiritualità
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Per me è stato un godimento.
Fa un po’ impressione pensare che via terra in Armenia si può entrare solo dal nord, attraverso la Georgia, o da sud, attraverso l’Iran. I confini sono chiusi a est con l’Azerbaijan, nemico per via della questione del Karabakh, territorio popolato da Armeni ma completamente circondato da territori Azeri e con i quali sono in ‘tregua’e a ovest con la Turchia (confini chiusi nel 1993) con il suo nemico endemico. Un piccolo paese, grande come la Lombardia, senza sbocco al mare, un’economia arretrata e isolata geograficamente da una situazione politica molto complicata, anche se l’attuale stabilità ha permesso lo sviluppo di un’economia in crescita e di un’industria turistica in espansione. La ricchezza del suo patrimonio culturale, storico ed artistico in un territorio maestoso fatto di spettacolari montagne, valli, canyon e foreste attraggono ormai ogni anno milioni di turisti, e quanti italiani c’erano!
L’Armenia è stato il primo paese ad adottare ufficialmente il Cristianesimo nel 301 a.C. La Chiesa armena è pertanto la più antica chiesa cristiana ed è chiamata “Chiesa Apostolica Armena”.
Non mi interessa se oggi è venerdì 13 giugno 2014, non sono superstiziosa. Averne di queste date se si può partire per un viaggio che si preannuncia affascinante: è un bel giorno. Mi spiace solo che Silvano non abbia voluto venire, per paura di stancarsi troppo in un percorso piuttosto impegnativo, secondo quanto indicato da Metamondo, l’agenzia di Venezia che ha organizzato il viaggio.
Sarebbe stato bello condividere tutto quello che ho visto. Parto dunque da Venezia e raggiungo il gruppo a Vienna (partito da Milano) e dopo due ore di attesa allo scalo, raggiungiamo la capitale dell’Armenia Yerevan a un’ora indecente: le 4 e mezza del mattino (ma ci sono due ore in più di fuso orario), ma sembra che in aeroporto ci siano tutti i turisti del mondo e dato che siamo partiti con un’ora di ritardo, quando usciamo si sta facendo giorno ed ecco lo spettacolo: il monte Ararat con la neve sulla cima, illuminato dal sole: una visione! Sistemazione nell’Hotel Ani Plaza: io ho una piccola camera, ma quando apro le tende ho uno spettacolo: la luna piena e l’Ararat!!!
Mi sistemo e dormo un’ora e mezza. Alle 9.30 faccio colazione. Comincio con le ciliegie, le more di gelso bianche e nere e il classico pane tostato con burro e marmellata, succo e tè. Non sono di quelli che mangiano salato: sono un classico! Poi esco e con una cartina raggiungo la Piazza della Repubblica con viali alberati, poco traffico, bar ristoranti all’aperto: bell’impatto! La Piazza è circondata dagli edifici più belli della città, in particolare quelli che ospitano l’Armenia Marriott Hotel, la Galleria d’Arte nazionale e il Museo Statale di Storia Armena, dove lo stile staliniano incontra l’architettura armena in una vasta costruzione color giallo e crema affacciata su alcune imponenti fontane.
Poi alle 12 con guida e bus facciamo il giro della città orientata a dare una introduzione alla storia e alla cultura armena. È una città a 1000 metri, il caldo è secco, si sta bene. Molti parchi e giardini, bei palazzi – soprattutto uffici pubblici – di tufo rosa. 70 anni di Urss hanno lasciato una impronta indelebile, ma molto è stato fatto ed oggi la capitale si presenta come una città europea. Visitiamo il Parco della Vittoria nella commemorazione dell’Armenia Sovietica per la partecipazione alla seconda guerra mondiale. Il parco è una distesa verde occupata prevalentemente da un bosco e nel parco sono ospitati un lago artificiale, la statua di madre Armenia (Mayr Hayastan) con il museo, un pittoresco luna park con una ruota panoramica, alcuni caffè e vari tavoli da biliardo all’aperto. La statua di Madre Armenia ha sostituito una statua di Stalin rimossa senza preavviso in una notte del 1967. La gigantesca statua di Madre Armenia, collocata su un alto podio, domina la città dall’alto di una piazza in stile tipicamente sovietico, con tanto di carri armati e jet posti su piedistalli all’estremità orientale del Parco. Dalla sommità si gode una vista estesissima su tutta la città e sull’Ararat.
Una fermata alla Cascade, costruita in marmo bianco, ma ci devo tornare perché è possibile salire sino alla parte più alta della costruzione osservando dall’alto il centro della città e godere delle opere esposte. Iniziò ad essere costruita nel 1970, ma quando cadde il Comunismo, tutto, dall’economia alla costruzione di questo monumento, cessò e le decine di fontane di “Cascade” smisero di funzionare. Nel 2000, Gerard Cafesjian, armeno/americano collezionista d’arte, ha contribuito economicamente per terminare l’opera e ha inoltre donato la scultura di un gatto nero dell’artista Botero.
Pranzo all’Ararat Hall, ristorante centrale con cucina tradizionale armena, bella preparazione e tutto saporito e perfetto. Anche il cuoco ci ha dato il benvenuto. È questo uno dei migliori ristoranti dove abbiamo mangiato, ma non so perché sono quasi tutti ubicati nel seminterrato.
Siamo andati quindi nella Cattedrale di S. Gregorio l’Illuminatore, la più grande chiesa Armena del mondo, la cui consacrazione nel 2001, ha coinciso con la celebrazione del 1700° anniversario dalla fondazione della Chiesa Armena e l’adozione del cristianesimo come religione di stato in Armenia. La Cattedrale è un complesso costituito da tre chiese con 1700 posti a sedere Nell’anno 2000, l’allora Papa Giovanni Paolo II consegnò al Catholicos Karekin II, Vescovo della Pastorale di Yerevan, la reliquia di San Gregorio, fino ad allora custodita a Napoli. La chiesa moderna è di forme semplici ma al tempo stesso eleganti e riprende la struttura della volta a costole incrociate dei manufatti medioevali. Pur essendo grande dà la sensazione di essere raccolta. Curioso anche vedere gli sposi tra tradizione e folclore.
E poi tutti liberi al Vernissage, o mercato delle Pulci, in centro di Yerevan, un colorito bazar che si tiene ogni sabato e domenica. Ma bisogna avere un occhio allenato, perchè è molto grande e ci sono molti stracci, molti souvenir, molti oggetti made in Cina. ma se si ha occhio si possono trovare delle cose veramente interessanti. “”Lì, due volte alla settimana, il paese si mette in vendita per sopravvivere: diodi, lampadine e chiodi allineati sul marciapiede come gemme sul panno di velluto di un gioielliere, ostentati uno per uno, lucidati, accarezzati. Ognuno espone la propria merce con il sorriso sulle labbra ed un inspiegabile, rassegnato distacco che rende i commerci locali molto diversi dalle concitate trattative levantine. Un tappeto antico passa di mano per cento dollari. Ma in negozio un chilo di pane costa l’equivalente di mezzo euro, un litro di benzina costa sessanta centesimi: come fa una famiglia a tirare avanti? “L’Armenia è un economic paradox”, risponde un anziano commerciante.”” Nato come mostra-mercato d´arte 20 anni fa, in breve tempo si è ingrandito fino a diventare un mercato delle pulci, con l´artigianato armeno, dai ricami al legno, dalla bigiotteria agli strumenti musicali, ai CD di musica tradizionale. I settori più interessanti sono quelli delle antichità, dedicati ai tappeti (di cui l´Armenia vanta una lunga tradizione), alle porcellane d´epoca, alle ceramiche di design, ai libri, alle collezioni di monete e, non ultimi, ai memorabilia dell´era sovietica. Ho comperato solo due CD folk di Jvan Gasparyan, virtuoso dell’antichissimo “duduk”, simile all’oboe e ottenuto da legno d’albicocco, uno degli alberi più diffusi in Armenia. Famoso per le colonne sonore dei film Il Corvo e Il Gladiatore. Questa musica è molto dolce e struggente, ma è la rappresentazione di un piccolo paese segnato dal passato, il cui presente è sicuramente una piacevole sorpresa. Io mi sono divertita al Vernissage…. Rientro in hotel, ma se mi butto in letto dormo sino a domani. Sono stanca: sono in piedi da troppe ore, ma andiamo a cena presto, un giro del centro in bus per vedere le evoluzioni delle fontane in Piazza Repubblica e….a dormire!!!
Domenica 15 giugno 2014
Che dormita! Oggi mi sento un cardellino. Guardo fuori e la giornata è splendida. Partenza ore 9.
Prima tappa: a 30 minuti dal centro della capitale, visitiamo le suggestive rovine del tempio di Zvartnots del VII secolo, crollato a causa di un terremoto nel 930 con la sua splendida costruzione architettonica, di cui oggi rimangono soltanto un arco di colonne scolpite e un’infinità di blocchi, capitelli e quant’altro, segni di uno splendore senza pari. Resto ad ammirare l’armonia delle forme, lo splendore e la raffinatezza di questi resti che lasciano intuire la grandiosità dell’opera complessiva. Nell’anno 2000 la Cattedrale di Zvartnots venne inclusa, insieme alle chiese di Echmiadzin, nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità dell’Unesco.
È la prima tappa del viaggio eppure c´è già tutto: il monte biblico, la bellezza della natura, le rovine dei luoghi di culto adibite a fortezze. Non si può non godere della vista dell´Ararat, il monte sacro agli armeni, ora in territorio turco e le sue cime imbiancate si vedono, in pratica, da ogni punto del paese.
Ci fermiamo quindi a visitare la chiesa della Santa Hripsimè (del 618), bellissima suora martire, lapidata per aver rifiutato di sposare il re armeno Tiridate III. Crispina era emigrata in Armenia assieme ad altre 32 suore ed a Gaiana, suora priora, per sfuggire alle brame dell’imperatore Diocleziano. Ci fermiamo dunque per visitare la chiesa, piccola e con la cripta che contiene i resti della santa. È in corso la cerimonia del giorno festivo.
Ci spostiamo poi alla Chiesa della Santa Gayane: Tutt’attorno giardini e orti e la vigna. Davanti all’edificio si trova una pietra dove viene benedetto il sale per il sacrificio degli animali.
A mezzogiorno arriviamo alla cattedrale di Echmiadzin, (sede del Catholicòs, suprema autorità della Chiesa Apostolica Armena) dedicata a San Gregorio Illuminatore, che ha indicato il luogo che Cristo gli ha mostrato per costruire la prima chiesa. È in corso la cerimonia cantata, ma non ho capito se c’era la presenza della somma autorità della chiesa. La domenica la cerimonia dura due ore, ma la gente va e viene e permettono anche di fotografare. Fa molto caldo e al sole ci si può fermare solamente pochi minuti. Ogni sosta viene fatta scegliendo un luogo ombreggiato. Tutt’attorno alla cattedrale sorgono splendidi khatchkar, le “pietre a forma di croce”, alcuni elaboratissimi, uno dei prodotti più caratteristici dell’arte religiosa armena, che a migliaia (circa 40 mila sono quelli conservati) segnano con la loro presenza il carattere cristiano del territorio armeno. Mi sarebbe piaciuto vedere anche il “tesoro” della chiesa, sul retro della cattedrale, dove sono riuniti importanti cimeli compresa la Sacra Lancia, l’arma utilizzata per trafiggere il fianco di Cristo sul Calvario, reliquie dei Santi Taddeo, Pietro e Andrea, e vari frammenti dell’Arca di Noè, ma sembra che ci vogliano permessi speciali.
Pranzo fuori città e rientro a Yerevan perché avevamo appuntamento con una guida locale al Museo Statale di Storia in Piazza della Repubblica. Il Museo della Storia di Yerevan viene fondato nel 1931. Qui sono raccolti circa 80 mila reperti, che rappresentano vari periodi dell´esistenza della città di Yerevan, dalla fondazione (anche l´iscrizione del re Arghishti che indica l´anno della fondazione della città della Erebuni (Yerevan) – 782 a. C.) fino ai nostri giorni. Il museo espone una vasta collezione di reperti suddivisi sulle sezioni di archeologia, etnografia, storiografia che illustrano la storia del popolo armeno dal paleolitico all’epoca moderna. Ad ogni modo è un museo che non mi dà soddisfazione, perché non si può fotografare, la guida è una ‘pizza’ e in molte sale non ci sono le didascalie in inglese.
Dopo un’ora me ne vado. Lascio il gruppo e torno per l’ultima ora di apertura al Vernissage. Guardo più con calma la parte che non avevo visto ieri: ricami, macchine fotografiche, strumenti chirurgici, provette in vetro, ma anche gattini e cagnetti – poveri – al sole: fa ancora molto caldo. Mi prendo un taxi che mi costa 89 centesimi, ma con la mancia spendo ben € 1.60, facendo poco più di un chilometro sino all’hotel e….relax.
A cena sempre in centro alla Taverna Yerevan, dove è bello vedere come fanno la pasta e cucinano il pane.
Il dopo cena in Piazza della Repubblica dove dalle 21 alle 23, per sei giorni la settimana, viene presentato un bello spettacolo di luci e suoni con le fontane d’acqua. Tanta gente in una serata tiepida, attorniato dagli edifici illuminati più scenografici della città.
Lunedì 16 giugno 2014
BARILUIS, è il saluto del buongiorno e corrisponde a BUONA LUCE.
Si parte, lasciando l’Hotel Ani Plaza, e stanno lavando le strade (ogni mattina). Ancora poco traffico. Stanno costruendo la prima autostrada da nord a sud, che sarà pronta nel 2018 (appalto vinto dagli spagnoli). Le strade non sono bellissime ma , quel che è peggio, guidano male. Hanno la ferrovia ma non la utilizzano.
Dopo una quarantina di chilometri svoltiamo diretti a Khor Virab. La costruzione, circondata da mura si erge su una collinetta nel bel mezzo della valle. Fra la collinetta e il monte Ararat scorre il fiume che segna il confine col territorio turco. Ci fermiamo prima di arrivare per scattare una foto panoramica di queste montagne spettacolari con l’aureola di nuvole, quindi il pullman ci lascia ai piedi della piccola altura.
Qui hanno inventato un commercio particolare: vengono offerte ai turisti delle colombe bianche da liberare sul belvedere del monastero, una piccola fabbrica di desideri da esprimere per due euro ciascuno. All’interno del cortile del complesso, in un angolo c’è la costruzione che nasconde una camera sotterranea col soffitto a volta, senza finestre a cui si accede da un camino, dove è stato rinchiuso per 14 anni san Gregorio l’illuminatore. Ora nel camino è stata installata una scala perpendicolare di ferro con i gradini resi lisci e scivolosi dal continuo afflusso dei pellegrini.
Si prosegue per il villaggio delle cicogne a Surenavan, una zona agricola con frutteti e campi dove lavorano molte donne con corte zappette. Secondo me qui non hanno ancora inventato i manici di scope e zappe. Comperiamo le prime albicocche, piuttosto verdi, sembrano acerbe, invece sono dolci e succose ed hanno profumo e sapone ai quali non sono più abituata. Nel villaggio, inoltre ci sono zolle di sterco lasciate al sole ad essiccare. Questi mattoncini vengono utilizzati come combustibile. La rete gas raggiunge tutto il paese, ma è molto più economico questo, perché è reperibile facilmente e dappertutto, ma soprattutto non costa nulla. Si vedono sono donne, bambini e anziani in giro, perché tutti gli uomini ed i ragazzi vanno a lavorare in Russia, appena possibile. Sono ancora forti le relazioni con la Russia; la gente comune dice che sotto l’Unione Sovietica…si stava meglio. Il socialismo ha lasciato palazzoni/dormitori che si stanno sgretolando ed un’infinità di fabbriche e poli industriali completamente abbandonati a se stessi. Chi resta lavora i campi, acquista i generi necessari con il ‘libretto’ e aspetta gli invii di denaro dai parenti lontani per saldare quanto dovuto. La vita qui costa: un affitto di un appartamento di mq 75/80 in periferia costa € 150 al mese, in centro due o tre volte in più. Tenendo presente che il salario medio va da 200 a 300€ hanno difficoltà a vivere, ne servirebbero € 500, anche perché il gas costa € 80/100 al mese, ora che è aumentato del 20%.
La strada comincia a salire ed il paesaggio diventa più aspro. Raggiungiamo il passo a 1800 m. e cominciamo a scendere nella valle opposta. Ci fermiamo ad Areni in un’azienda vinicola per la degustazione del vino rosso omonimo locale. La cantina ha una produzione di 250.000 bottiglie l’anno e il 50% va in Russia, ma producono anche il vino fruttato che piace tanto in Germania. È un vino che a me personalmente non piace perché ad elevata acidità.
Subito dopo la cittadina giriamo a destra e ci inoltriamo in una stretta valle con alte pareti rocciose rosse, come un canyon, lungo km. 8. La strada si inerpica sino a giungere al monastero di Noravank del XIII secolo, dove arriviamo a mezzogiorno. Un panorama spettacolare da qui, in questo posto sperduto. Qui ci sono due chiese, la prima a due piani con al centro una cupola campanile. Si accede al piano superiore con due ripide scale in pietra con alti gradini agganciati alla parete della facciata senza alcun riparo. La seconda chiesa, più antica, ha davanti, collegata all’ingresso, una costruzione quadrata denominata gavit che serviva per le riunioni e da refettorio. Addossata alla sinistra della chiesa si trova una seconda cappella. Nelle pareti sono scolpite una serie di croci votive di varia fattura e dimensione. Pranziamo a fianco del complesso in un locale con una cucina ruspante come i polli arrosto che ci vengono serviti.
Ci dirigiamo a nord est verso il lago Sevan. Attraversiamo una zona tra verdi vallate, pochi villaggi e terreni poco coltivati, ma le case hanno tutte coperture con l’eternit, spesso sbriciolato. La strada è deserta e raggiungiamo il passo a 2.400m.. Il paesaggio ora è brullo e ci fermiamo al Caravanserraglio di Selim che è del 1332 e dove trovavano alloggio i componenti delle carovane e i loro animali carichi, collegando l’oriente con l’occidente attraverso l’itinerario della Via della Seta. Ecco finalmente una foto di gruppo, costituito da 15 persone, oltre all’accompagnatrice di Metamondo, Daniela, e alla Guida locale sig. Karen. Poi scendiamo dolcemente tra verdi colline: sono vulcani spenti, alpeggi e qualche baraccamento dei pastori, ma con satellitare. Quando arriviamo sul lago che si trova a 1900 metri di altitudine, appaiono i primi alberi. Proseguiamo e passiamo nella valle a fianco attraversando un tunnel/grotta sterrato di 2700 metri. Quando arriviamo dalla parte opposta, la vegetazione appare lussureggiante: grandi boschi che assomigliano ai nostri dell’Appennino, con le stesse specie arboree, carpini, querce, aceri, frassini, noccioli e faggi. Mancano solamente i castagni dato che siamo troppo alti. Il lago Sevan è color smeraldo.
Poi ci fermiamo al cimitero di Noraduz per vedere la più grande raccolta di croci di pietra in Armenia. Ci sono da 800 a 1000 lapidi, alcune veramente straordinarie. Il cimitero di Noraduz è un cimitero medioevale con un gran numero di khachkars (o croci di pietra) situati nel villaggio di Noratus, vicino al lago Sevan. Erano due i cimiteri famosi in Armenia: questo è il cimitero medioevale di Julfa, nella regione di Nakhchivan, è stato distrutto dagli Azeri e i Khachkar sono stati sbriciolati. Pascolano le pecore, signore anziane e bambini ci vengono incontro per vendere calzettoni, scialli, presine e berretti di lana. Che posto suggestivo, incantevole…sarei rimasta lì tutto il giorno.
Proseguiamo sino al lago Lago Sevan: È il più grande lago dell’area transcaucasica, un tempo più ampio, ha riportato alla luce vestigia di oltre 2000 anni fa. È considerato “lo smeraldo d’Armenia” per le sue acque cangianti che in alcuni momenti passano dal chiarore adamantino a bellissime tonalità di verde. Oggi è centro turistico di grande impatto.
Saliamo i duecentoventi gradini (ecco perché Silvano non è voluto venire….) che portano al monastero di Sevanavank, sull’isola che adesso è unita alla terraferma da un promontorio per l’abbassamento delle acque dovuto al forte sfruttamento idroelettrico durante l’epoca sovietica. La vista del lago è mozzafiato dal complesso monastico medioevale. Era un luogo di produzione delle miniature. Le due chiese sono in restauro e non è possibile visitarne l’interno.
Raggiungiamo Diljan tra montagne di velluto e paesini di etnia russa e il nostro hotel è a 1.300 m. Ho una camera matrimoniale grande, un TV da 50 pollici e un bagno con idromassaggio dove si potrebbe fare un party .
Martedì 17 giugno 2014
Si va a nord, verso la Georgia tra belle vallate e boschi, ma con pendenze anche del 12%, ma non c’è traffico e si arriva ad Alaverdi . La città nasce come centro minerario per l´estrazione del rame. Nel periodo dal 1880 al 1890 la concessione mineraria venne venduta alla Francia. Durante il periodo sovietico, nel XX secolo, la città assunse l´aspetto attuale, tipico dei centri industriali sovietici. Oggi le miniere sono state privatizzate e sono la principale fonte di occupazione, anche se i posti di lavoro si sono ridotti drasticamente. Il ceto basso stava meglio ai tempi dell’occupazione russa, perché tutti lavoravano, anche se non c’era la libertà di esprimersi e le chiese erano chiuse. Il KGB controllava e tutti avevano paura e diventavano asociali, nessuno si fidava di nessuno.
Proseguiamo e a 2 km. raggiungiamo il Monastero di Sanahim, per me il più bello. Non so perché preferisco questo, ma mi ha emozionato di più, rispetto agli altri. È una mescolanza di elementi bizantini e di architettura tradizionale delle regioni del Caucaso. Fondato nel X secolo, è in posizione dominante e si compone di diversi edifici che risalgono a periodi diversi: Il Monastero di Sanahin fa parte dell’elenco dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO insieme ai monastero di Haghpat.
Poi al ponte medioevale di Tamara. Questo ponte venne costruito per volere della Regina Vaneni nel 1192 in memoria del defunto sovrano Gugark Abbas, suo consorte. Il diametro dell´arco in muratura raggiunge i diciotto metri e le pile di sostegno poggiano direttamente ai lati delle acque del fiume. Questo antico ponte, finora molto ben conservato, porta ancora i segni delle ruote dei carri trainati dai muli che per decenni lo hanno calpestato e ancora oggi ai lati dell´impalcato sono ben visibili alcune figure scultoree raffiguranti leonesse stilizzate. Su una delle sponde si erge un khachkar, la tradizionale croce armena di pietra, che porta la stessa data di costruzione del ponte e che molto probabilmente venne eretta in funzione di pietra miliare e a protezione dei viandanti.
A poca distanza visitiamo anche Haghpat del X secolo. Il complesso di monasteri appartiene alla Chiesa Apostolica Armena, e per tutto il sito vi sono numerosi Khachkar (pietre con elaborate incisioni rappresentanti una croce) e sepolture di vescovi. Il complesso stesso rappresenta uno straordinario e magnifico esempio di architettura armena medioevale.
Dopo pranzato, dato che era ancora presto, prima di rientrare in hotel, ci siamo fermati un’oretta nella città di Vanadzor. Abbiamo girovagato e mi sono divertita molto a passeggiare tra le bancarelle del mercato: pane, pasta, funghi, frutta e verdura, carne, pesce fresco e secco. Molto coreografico. E poi, prima di rientrare ho fotografato, in un cortile di una scuola, alcuni alberi i cui tronchi erano stati coperti da una maglia realizzata ai ferri o all’uncinetto.
Mercoledì 18 giugno 2014
Ancora al nord e passiamo attraverso la piccola cittadina di Spitak che fu colpita nel 1988 da una scossa di terremoto di magnitudo 6.9 sulla scala Richter. Furono oltre 25mila le vittime e più di 500mila i senzatetto nell’area colpita dal sisma, e ancora oggi più di 4mila famiglie stanno vivendo in condizioni estreme, all’interno di containers, sopportando il rigido inverno armeno. L’Italia, a suo tempo, intervenne tempestivamente per portare aiuti e successivamente costruì il Villaggio Italia. Al passo di Spitak, a 2.100 m. facciamo sosta per una foto panoramica: campi verdi, rossi, gialli e vista sull’Aragats che è la cima più alta dell’Armenia, di poco superiore ai 4000 metri, sotto le nuvole. Le molte stalle abbandonate erano come i colcos russi, le stalle collettive, le “comuni”, in cui venivano socializzati il lavoro, i mezzi produttivi e i lotti di terra individuali, mentre la ripartizione dei redditi si basava sul principio livellatore. Ecco le aquile in sorvolo, lo sterco al sole ad essiccare per il riscaldamento e poi, più a valle, vendono ai bordi strada l’acetosella in trecce.
Poi Karen suggerisce: ‘vi interesserebbe fermarvi per vedere le figure zoomorfè? Giuro: non so cosa siano. Ed è uno spettacolo: ero elettrizzata, come fare una scoperta archeologica. In un campo, lungo la strada principale, c’erano decine di statue di cavallini in pietra. Mi dice che sono pietre tombali, ma non sono riuscita a sapere di più. Voglio stare ancora qui, voglio vedere….ma abbiamo poco tempo.
Fermata idraulica ad Aparan e poi Karen ci porta in un panificio/pasticceria dove c’è un forno a vista e ci lavorano circa 50 persone: pane profumato, caldo, dorato, squisito. Un pane grande 40 centesimi di euro. Ne ho mangiato così tanto che salterò il pranzo oggi. La strada sale ed il nostro pullman arranca lungo la dura pendenza. La manutenzione stradale -un tempo garantita dal sistema sovietico- si fa sentire. Sulle strade non c’è traccia né di biciclette, né di mezzi a tre ruote.
Quando la lasciamo, svoltando a destra, ci fermiamo subito per visitare il parco delle lettere, costruito nel 2005 per celebrare il 1600° anniversario dell’invenzione dell’alfabeto armeno. Su piccoli tumoli di sassi sono state erette in pietra le lettere dell’alfabeto davanti alla statua del suo inventore: Mesrop Mashtots. Proseguiamo il viaggio lungo una strada stretta, spesso sterrata. inerpicandoci lungo le pendici della montagna davanti al monte Aragat. Il paesaggio è brullo. Vediamo solamente erba per il pascolo degli animali. I pastori hanno parcheggiato dei rimorchi carrozzati per ripararsi e hanno costruito gli stalli per ricoverare gli armenti durante la notte.
Sopra uno sperone di roccia, fra due torrenti scorgiamo il forte Amberd e davanti l’omonima chiesa. Siamo a m. 2.300. La fortezza di Amberd è stata costruita dal XI al XIII secolo. La posizione della fortezza fu scelta per costituire un caposaldo avanzato imprendibile. Il forte è però quasi distrutto. Pochi bastioni sono ancora in piedi. Anche qui il turismo di massa sta arrivando e detta le sue regole che uniformano ogni cosa e trasformano tutto in un grande parco divertimenti. Giro attorno al forte dal lato sud ed arrivo sino alla chiesa in pietra a forma di croce col tamburo ottagonale che regge la cupola, come la maggior parte delle chiese che abbiamo visitato. La presenza delle terme è un elemento insolito nelle costruzioni a carattere militare, ma ne sottolinea la ricchezza e quindi l´importanza del complesso di Amberd. Siamo stati fortunati perché il bel tempo ci ha fatto godere questa fortezza in posizione dominante, con una vista spettacolare delle montagne, delle colline, con i fiori bianchi, gialli, viola, rossi. Ah i papaveri grossi come quelli da oppio…
Si ridiscende per la stessa strada sino alla principale e poi a pranzo in un agriturismo in mezzo al verde. Ci riceve una cuoca famosa in Armenia perché insegna le ricette in televisione e con lei i nostri ‘volontari’ delgruppo preparano il dolce e le tagliatelle che poi mangeremo. Bello.
Si prosegue verso Hovanavank, monastero medioevale dedicato a S. Giovanni Battista, del quale si conservano le reliquie. Centinaia di pietre accatastate alla rinfusa accanto al monastero, rendono questo luogo meno attraente di quanto potrebbe essere, ma la posizione a picco su un canyon che attraversa un altopiano è comunque molto affascinante.
Dopo due notti passate al nord all’Hotel Paradise di Dilijan rientriamo a Yerevan e all’Hotel Ani ho sempre la mia vista sull’Ararat dal 10° piano.
Giovedì 19 giugno 2014
Dopo la colazione, e prima che arrivi il gruppo, mi faccio un giro nei dintorni e mi incuriosiscono: i murales, il retro dei palazzi con cortili disordinati, entrate secondarie cui si accede solo con un codice, cavi della luce aggrovigliati, stesi da un palazzo all’altro, tubi e contatori del gas non certo a norma, ma tanti macchinoni parcheggiati (Mercedes e fuoristrada).
Si parte e ci fa una breve sosta all’arco di Charenz (famoso poeta armeno), da dove si ha una vista dell’Ararat innevato, ma oggi ci sono troppe nuvole in sommità.
La nostra guida, lungo il percorso – sino alla tappa successiva – ci legge alcune poesie di autori locali e mi è rimasta impressa questa, anche perché corta e facile da ricordare.
È di Parur Sevak.
L’ORBO Guardo con un occhio solo (il secondo è di vetro) e con questo solo occhio vedo molto. Però, con il secondo di più. Perché con l’occhio sano io vedo; ma con quello cieco…sogno…
Raggiungiamo il monastero rupestre di Geghard. In una stretta valle a fianco di un ruscello si trova un complesso di chiese scavate nella roccia e contornate da un muro di cinta. Le varie cappelle disposte su due piani prendono luce da un’apertura sulla sommità della cupola e sono molto suggestive.
Il Monastero di Geghard è un’eccezionale costruzione architettonica ed è Patrimonio Unesco. Fu fondato nel 4° secolo d.c. e presenta una qualità ed una precisione eccezionale nel lavoro d’in-taglio della pietra, l’abbondanza di elementi architettonici, come capitelli lavorati, decorazioni, bassorilievi, pennacchi, sono come un’opera di oreficeria. Il nome attuale Geghard fu dato nel XIII sec. significa “il monastero della lancia”, con riferimento alla lancia che ferì Cristo durante la croci-fissione, che secondo la leggenda sarebbe stata portata in Armenia dall’apostolo Taddeo e conservata nel monastero insieme a molte altre reliquie. Oggi è esposta nella città di Echmiadzin. La zona in cui sorge il monastero si trova in una gola piuttosto stretta piena di grotte, usate spesso come abitazioni dai monaci stessi, e dei kachkar scolpiti o posizionati un po’ ovunque nel corso dei secoli. Dentro è molto buio e dobbiamo illuminare le grotte scolpite con una pila e l’acustica è spettacolare. Nella chiesa più interna al secondo piano Karen ci dà una prova della perfetta acustica dell’ambiente intonando un canto melodioso con grande maestria. Il monastero di Geghard è in assoluto uno dei luoghi più affascinanti dell´Armenia.
Poi ci fermiamo a Garnì. Su un promontorio roccioso, sopra la profonda valle scavata dal fiume ci sono i resti di una fortezza romana e un tempio ellenico dedicato al dio Elios del primo secolo dopo Cristo. Restaurato più volte è ancora in buone condizioni. Il restauro, ultimato da pochi anni ha sostituito i pezzi mancanti sottolineando bene la differenza con quelli originali. Soffia una leggera brezza che mitiga il caldo del sole di mezzogiorno. A fianco del tempio i resti di una chiesa circolare e poco distante quelli delle terme protetti da una costruzione in metallo e plastica. All’interno sono visibili da una passerella il calidarium, il tiepidarium, il frigidarium e nella stanza in fondo i resti di un mosaico. Risaliamo in pullman per raggiungere un ristorante all’aperto.
A pranzo sotto i ciliegi in un agriturismo. Abbiamo mangiato pesce ai ferri (pescati dentro una grande vasca) e verdure in abbondanza e abbiamo visto fare il pane lavash. Bell’intermezzo. Poi siamo rientrati a Yerevan per visitare il Museo dell’arte popolare. Un po’ modesto a mio parere. Al museo sono esposti vari settori dell´arte popolare armena dai tempi antichi fino ai nostri giorni. Nell´esposizione ci sono gioielli d’argento, incisioni, oggetti di legno intagliato in rilievo, ceramiche, tappeti, lavori di ricamo.
Oggi fa caldo e siamo rientrati in hotel per doccia e relax, ma a metà pomeriggio sono andata a piedi alla Cascade, una delle attrazioni della capitale sicuramente da non perdere. È decisamente originale, ricavata su un pendio di una collina dove, arrivato in cima, puoi goderti un magnifico panorama della città. All’esterno sali su una scalinata e ad ogni piano ci sono fontane, giardini, sculture, opere d’arte. Ma dato che i gradini sono 800, preferisco salire dall’interno utilizzando le scale mobili e ad ogni piano esco per vedere e fotografare le esposizioni d’arte e mi godo la città.
Alle 19 rientro in hotel e la temperatura è di 31°, ma è secco e si sta bene. Dopo mezz’ora ci viene a prendere il bus per portarci in un ristorante molto elegante in centro, dove – guarda, guarda –il cuoco è un giovane napoletano che opera qui solo da due mesi, dopo aver fatto la scuola alberghiera in Italia. Tanti complimenti perché la preparazione e la cena erano veramente squisiti. Nello stesso ristorante c’era una festa di compleanno: solo donne e bambini e che donne….stupende modelle, alte, longilinee, molto eleganti con tacco 18.
Ho fotografato uomini e donne in questo viaggio e devo dire che spesso il naso è molto pronunciato, lo definiscono infatti ‘tipico naso armeno’.
Venerdì 20 giugno 2014
È l’ultimo giorno: che settimana intensa, me la sono proprio goduta, e non è finito… Sole anche oggi: evvai!
Prima tappa del giorno Fortezza di Erebuni. Si trova a sud-est di Yerevan, sulla collina Arin Berd sulla valle del fiume Arax e serviva come centro strategico militare e residenza reale. Sotto il sole cocente una visita veloce, anche perché non è rimasto molto delle antiche costruzioni. È una roccaforte costituita da vari ambienti alcuni dei quali utilizzati come magazzini per scorte alimentari, altri erano forni per la cottura del pane (lavash), altri laboratori per la costruzione di utensili, gigantesche anfore per il vino, frecce per combattere e cacciare, oltre a uno spazio utilizzato per il sacrificio degli animali. Il palazzo residenziale aveva pareti ad affresco (gli attuali sono copie) i cui motivi sono quelli che ancora oggi vengono tessuti in alcuni tappeti armeni.
E poi al mercato pubblico, chiamato Tashir, dove si vende non solo frutta, verdura, ma anche prodotti d’importazione, banane e frutta tropicale, carne e pesce. Alcuni banchetti offrono frutta secca e caramellata, considerata un dessert in Armenia. La frutta è posta in vendita come fosse la vetrina di un gioielliere: ciliegie, albicocche, pere poste con ordine uno sopra l’altro con stile e armonia.
E poi al famoso Matenadaran, l’Istituto dei manoscritti antichi dove sono conservati e studiati più di 17 mila manoscritti medioevali e codici miniati che parlano della storia plurisecolare del popolo armeno, la sua arte, letteratura, scienze naturali. Davanti all’edificio la statua dell’inventore dell’alfabeto armeno che ha 39 caratteri. Nel museo sono custoditi 100.000 documenti moderni e medievali. In una sala al primo piano ne sono in mostra una piccola parte per dare un’idea della ricchezza della collezione. Si può fotografare solo a pagamento, ma i libri sono sotto vetro nelle bacheche e i riflessi non permettono un vista ed una ripresa decente.
A pranzo in un grande laboratorio di tappeti dove ci hanno fatto girare nei vari settori, informando sul tipo di lane, sui colori naturali utilizzati per la tintura, sulla tessitura – e abbiamo visto le ragazze al telaio – lavaggio e la fissatura del colore, il controllo della lunghezza del pelo, il laboratorio di restauro e il museo di tappeti antichi. Ho visto molte volte i venditori di tappeti ed i laboratori, ma questo è stato un servizio completo. Nella sala esposizione e vendita poi c’era solo l’imbarazzo della scelta. I tappeti caucasici sono tra i più belli secondo il mio parere. I motivi geometrici abbinati a motivi floreali ricchi e fantasiosi, talvolta con figure di animali, oppure creature mostruose stilizzate. I tappeti caucasici, quelli più preziosi, sono però prodotti dai pastori nomadi, con disegni e tradizioni incontaminate. Questo produttore – Megerian carpet– ha 20 laboratori di produzione solo in Armenia. A me piacciono tanto i tappeti, ma non mi sono lasciata tentare. Nel gruppo due persone hanno acquistato tappeti di media grandezza.
E poi sino al Memoriale del Genocidio: il sole batte in testa. Qui arde una fiamma eterna che commemora il massacro di 1.500.000 armeni ad opera del governo ottomano dal 1915 al 1922. Il Museo invece è chiuso perché stanno riorganizzando e ampliandolo per i 100 anni dal Genocidio degli armeni da parte del governo turco e che si commemorerà nel 2015.
È l’ultima sera a Yerevan e per cena ci portano in un locale elegante dove suona un complessino, tipo piano bar, ma non il preannunciato gruppo folk.
Ho dormito quasi tre ore e sono abbastanza riposata. Sono le 2.15 (del mattino!!!)ma la città non dorme, tanta gente ancora in giro dopo aver visto la deludente partita dell’Italia con la Costarica. Molti bar e negozi sono aperti tutta la notte e quello che più mi meraviglia sono le bancarelle che vendono mazzi di rose colorate…
All’aeroporto una cosa insolita: sia al check-in, sia all’imbarco, rilevano le nostre impronte digitali.
Viaggio puntuale sino a Vienna, ma all’uscita il gruppo che continua per Milano si trova con il volo annullato. Purtroppo perderanno altre cinque ore: fanno il giro del globo Vienna-Zurigo-Milano!!!! Colpa dell’Austrian, ma non c’è alternativa.
Io, che vado a Venezia, invece, devo attendere un po’, ma arrivo puntuale alle 10.30 e lì c’è Silvano che mi aspetta: ha detto che ha sentito la mia mancanza! Che dolce…
ALLA PROSSIMA…
Titoli di coda
“A tutt’oggi gli Armeni chiedono che vengano loro restituite le terre turche e che si riconosca che sono stati vittime di un genocidio. Il riconoscimento dello sterminio degli Armeni è stato tra le condizioni poste dal Parlamento Europeo per l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea ma, nonostante alcune aperture di esponenti politici, in Turchia nominare in pubblico il genocidio rappresenta ancora un reato punibile con tre anni di carcere.”