Nicosia, l’ultima frontiera

Un fine settimana nell'ultima capitale divisa
Scritto da: guajirabeat
nicosia, l'ultima frontiera
Partenza il: 19/10/2012
Ritorno il: 22/10/2012
Viaggiatori: 1
Spesa: 500 €
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Strano Paese, Cipro: situato geograficamente in Asia, dato che è a due passi (o, meglio, a due bracciate… dato che in mezzo c’è il mare) dalla Siria, ma parte dell’Unione Europea, tanto che la valuta corrente è l’euro; ex colonia della Gran Bretagna, che ancor oggi ne controlla parte del territorio attraverso un paio di basi militari e che ha lasciato in eredità una conoscenza abbastanza diffusa della lingua inglese; indipendente, ma diviso in due: la parte sud di lingua ed etnia greche, quella nord filoturca e de facto repubblica a sé, anche se quello di Ankara è l’unico governo al mondo a riconoscerla. E’, quindi, con non poca curiosità che mi reco a visitare quest’isola del Mediterraneo, vero e proprio crogiolo di culture differenti.

All’andata il viaggio si rivela decisamente lungo, dato che dopo essere stato costretto ad una levataccia per riuscire a raggiungere l’aeroporto di Bologna alle prime luci dell’alba, ho la sgradita sorpresa di vedere il mio volo partire con ben quattro ore e mezza di ritardo. Arrivo a Larnaca nel pomeriggio ed in minibus raggiungo in meno di un’ora la capitale Nicosia, che qui però si chiama Lefkosia. Mi viene a prendere un’amica, che mi ospita a casa sua, e la sera trascorre in convenevoli ed in quattro chiacchiere davanti ad una birra fresca. E’, pertanto, solo il giorno seguente che mi spingo alla scoperta della città. Partendo da Ledra Street, un tempo arteria principale di Nicosia ed ora tagliata in due dalla divisione della città, inizio con il recarmi nella parte nord, previa esibizione del passaporto ai militari turchi. Sono le otto di mattina e in giro non c’è pressoché nessuno, al punto che mi sorprendo di come una capitale possa essere così vuota ad un’ora in cui, di solito, la gente dovrebbe muoversi per andare al lavoro o a scuola. Le due parti della città mi appaiono da subito come due mondi completamente diversi: di stile occidentale la parte sud, una propaggine della Turchia la parte nord. Devo ammettere, comunque, che è in quest’ultima che si trovano i monumenti più interessanti: la Moschea Selimiye (o di Santa Sofia), la Chiesa di San Nicola e, soprattutto, il Büyük Han, un piccolo cortile circondato da edifici monumentali che, oggi come un tempo, costituisce un elegante punto di ritrovo. Nella centrale Piazza Atatürk, dove mi fermo a bere un ottimo caffè turco, si eleva una colonna veneziana, a testimonianza della passata presenza veneta nell’isola. Girovagando per le strette stradine del centro, vedo da distante una torretta dell’ONU, i cui militari presidiano la zona cuscinetto esistente lungo la linea di divisione tra le due Cipro facendomi pensare a come, purtroppo, la riunificazione non sembri essere a portata di mano.

Riattraversando a piedi il punto di confine, mi ritrovo nel piccolo centro della Nicosia greca, e mi sento come se fossi stato ricatapultato in avanti di qualche anno: se a nord sembra che il tempo si sia fermato al 1974, anno dell’invasione turca, a sud si ha la sensazione di trovarsi nuovamente nel millennio in corso. Passeggiando all’interno di un’area pedonale, raggiungo la caratteristica zona di Laiki Geitonia, un dedalo di stradine in cui, negozi di souvenir permettendo, si rivive l’atmosfera dell’antica Nicosia. Dopo un veloce pranzo presso un ristorante siriano (per la cui cucina ho più che un semplice debole), mi dirigo fuori dal centro storico e raggiungo l’abitazione presso cui alloggio, sita nell’Acropoli (che qui non è una zona turistica, ma semplicemente un quartiere residenziale) e ne approfitto per riposarmi e rilassarmi.

L’indomani approfondisco la visita della parte greca di Nicosia, iniziando dalla Casa di Hadjigeorgakis Kornesios, un tempo potente dragomanno, una sorta di intermediario tra i governatori ottomani e la popolazione cristiana. La sua abitazione ospita ora un piccolo museo in cui è possibile farsi un’idea di come fosse la vita, perlomeno quella di corte, alla fine del diciottesimo secolo. La casa è dotata di un piccolo giardino interno in cui trova posto uno splendido albero di melograno. Mi trovo nei pressi del Palazzo arcivescovile, al cui esterno dovrebbe ergersi una gigantesca statua in bronzo di Makarios Terzo, arcivescovo nonché primo presidente della repubblica di Cipro. La statua, tuttavia, non c’è più, poiché nel 2008 è stata spostata presso un monastero e rimpiazzata con una scultura di dimensioni molto più modeste. Raggiungo poi la Porta di Famagosta, parte della vecchia cinta muraria cittadina. Ovunque vedo bandiere greche, senza ombra di dubbio più numerose di quelle cipriote: vengo così a sapere dell’Eoka, organizzazione politica attiva fino a qualche decennio fa con l’obiettivo di realizzare l’enosis, ovvero l’unificazione con la Grecia.

Il tempo è volato e la mia permanenza a Cipro è già agli sgoccioli. Mi resta un’ultima mattina per ritornare a Ledra street e comprare un paio di regali per i miei genitori, cosa che faccio ad ogni mio viaggio. Non c’è negozietto che non venda dolcetti tipici ed icone religiose, per cui la scelta è quasi obbligata. L’ultimo pranzo a Cipro lo consumo in un locale situato all’ultimo piano di un centro commerciale, con una bellissima vista panoramica al di là del muro, cosa che mi permette di osservare un’enorme bandiera con la mezzaluna dipinta sul versante di una collina.

Sulla via del ritorno, l’autostrada costeggiata da oleandri ed i terreni brulli tutt’attorno dipingono un paesaggio tipicamente mediorientale. A conti fatti, le peculiarità di quest’isola divisa e sospesa tra Europa ed Asia si presentano continuamente agli occhi dei visitatori. A pensarci bene, la storia di Cipro è ricordata anche dal fatto che l’aeroporto è a Larnaca anziché a Nicosia, poiché il vecchio scalo della capitale, situato nella zona controllata dall’Onu, è chiuso dal 1974 ed è ora in stato di completo abbandono. Chissà se un giorno mi capiterà di tornarci e di atterrare direttamente a Nicosia…

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Büyük Han



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