porto alegre florianopolis in bicicletta
Carissimi Turisti per caso, vi invio questo breve racconto di un viaggio appena concluso di una comitiva di cicloamatori della provincia di Vicenza. Un giro turistico/ciclistico che ha visto partire da Canoas, centro limitrofo di Porto Alegre, un omogeneo gruppo di ciclisti con destinazione Florianopolis. La meta reale del viaggio era comunque...
Carissimi Turisti per caso, vi invio questo breve racconto di un viaggio appena concluso di una comitiva di cicloamatori della provincia di Vicenza. Un giro turistico/ciclistico che ha visto partire da Canoas, centro limitrofo di Porto Alegre, un omogeneo gruppo di ciclisti con destinazione Florianopolis. La meta reale del viaggio era comunque Monte Belo do Sul, piccolo paesino dello stato di Rio Grande, gemellato da orami 10 anni con il comune di Schiavon, altro piccolo centro alle pendici del Monte Grappa in quella terra di fratelli emigranti che ha visto all’inizio del secolo l’esodo di migliaia di poveri disperati alla ricerca della fortuna. Appunto in Brasile. La prima tappa, ha visto impegnati il gruppo per ben 140Km, da Canoas fino a Monte Belo do sul, attraversando pianure incolte e salendo nel mezzo della terra dei vigneti fino a destinazione. Monte Belo do Sul, paese di poche migliaia di anime, per lo più discendenti dell’immigrazione veneta, poche migliaia di anime che stavano lì ad aspettarci, con i fuochi artificiali, con il loro calore che mai avremo potuto immaginare. Accoglienza fragorosa e fantastica. I due giorni seguenti verranno spesi dal gruppo alla scoperta delle ricchezze della terra che ci ospita. Fabbriche di mobili e cantine, paesi di valenza storica, fiumi e cascate naturali. Il tutto accompagnato da mangiate e bevute che poco hanno a che fare con lo spirito sportivo della spedizione, ma si integrano alla perfezione con lo spirito di fratellanza che solo un gemellaggio tanto lontano può far crescere. La lingua locale è senza dubbio il “talian”, dialetto veneto comprensibile ai soli veneti, meglio se provenienti dalle zone di Marostica, Bassano del Grappa ecc. Le uniche parole dateci in dono dal portoghese sono state Churrasco, Picanha e Cachaca. La seconda tappa, ci vede salire fino a Antonio Prado, la città più italiana del Brasile, meta importantissima per gli immigrati di inizio secolo, con evidenti segni della residenza di Italiani, i nomi delle vie, dei negozi, le targhette dei campanelli. Un autentico museo a cielo aperto. La storia vista nel presente. Le case di cento anni stanno lì a testimonianza del passato. Una meta da non mancare. Attraversando una infinita serie di saliscendi, che a farli in macchina nessun ne duole, ma si provi a farli in bicicletta…, ci avviciniamo a Bom Jesus, altro piccolo centro agricolo nello stato di Rio Grande, a farne contorno, migliaia di ettari di frutteti, ancora qualche vigna e soprattutto la sensazione che qui non esista la ricchezza, tutt’altro. Il centro del paese attornia la piccola piazza, quattro negozi e qualche locale tengono aperto per ragion d’orario, ma d’avventori non c’è ombra. Decidiamo che dopo 70Km vale la pena di berci una birra e quindi riempiamo l’unico bar del paese. Trascorriamo la serata in un’osteria dal nome assolutamente familiare, Cantina Longhi. Osteria dalla evidente conduzione familiare. Aspetto esterno ed interno non certo da guida Michelin, ma piatti gustosi e sapori decisamente genuini. Il giorno successivo, la comitiva sgonfia le coperture, si tratta di salire in pulmann e di goderci un giorno di riposo. Si godrà della maestosità degli spazi della sierra, accompagnati dal discendere del rio Pelotas fino alle cascate Aparados da Serra. L’arrivo in serata a Sao Joaquim non è dei migliori, l’accoglienza è piuttosto fredda, il paese non è stato informato, attraverso il suo prefetto, del nostro arrivo, quindi non ci toccano riti ufficiali in questa fresca serata estiva. Siamo a quota 1350m, il punto più elevato di tutto il Brasile. La giornata successiva ci vede impegnati in una scorpacciata di saliscendi, per un totale di 106Km. L’arrivo è fissato a quota 50m, in quel di Urussanga. L’emozione più forte si avverte al culmine della salita, prima di affrontare quello scoglio che si erge di fronte a noi, Uno scoglio in discesa, una serie impressionante di curve, tornanti, cemento graffiato per favorire l’aderenza dei pneumatici dei pochi camion che tentano di percorrerlo. Il mostro ha un nome, si chiama Serra do Rio do Rastro. Affrontarlo in quelle condizioni climatiche, nebbia, pioggia, acqua che scende dalle pareti di roccia a strabiombo sulla strada. Una grande, grandissima emozione. Urussanga ci accoglie per tramite di una sparuta compagine formata da tre imprenditori locali, gestiscono un bar, un motel ed un ristorante. Local Business Improvement… Per fare affari, occorre andargli incontro. Ci dissetiamo al bar, ci sistemiamo nel piccolo ma accogliente motel e ceniamo nello sfarzoso ristorante. Il motel è consigliato, cercate l’accoglienza di “Dona Alice” e rimarrete soddisfatti. Siamo entrati nello stato di Santa Caterina. Da Urussanga a Sao Bonifacio, la tratta di divide in due, per la prima, fatta di asfalto, saliscendi e discese nel mezzo della foresta pluviale, non c’è problema alcuno. Per la seconda, fatta di sterrato, fango e buche alte così, problemi ce ne sono. La comitiva si divide in due, i più rinunciatari, caricano le bici sul motorhome immediatamente dopo il pranzo, per gli altri, l’avventura continua. La soddisfazione di pedalare per 50Km su di una superficie assolutamente insolita quale il ghiaino pestato dal passaggio di auto, camion e corriere, è impagabile. Per chi arriva col sedere attaccato alla sella a Sao Bonifacio, la sensazione di aver realizzato un impresa è grande. Ancor più se accompagnata da uno scroscio d’acqua che avrebbe fatto meglio a ritardare ma, col tempismo del diavolo, si è abbattuto sui più in prossimità dell’arrivo. A Sao Bonifacio, ceniamo e pernottiamo presso un motel fuori paese, l’etnia locale è di chiare origini teutoniche. Alti e biondi come solo i tedeschi possono essere. Un’allegro gruppo di danzatori ci allieta la serata, mentre noi si guarda oltre la finestra a quel fiume d’acqua che scende dal cielo. La mattina successiva ha il sapore amaro dell’ultimo boccone. Saliremo sulla bici per raggiungere Florianopolis, bellissima città sul mare, capitale dello stato di Santa Caterina, ma anche sede dell’aeroporto che ci riporterà a casa. Il sapore dell’ultimo boccone si perde nel mezzo dell’ultima salita, ancora un po’ di foresta da attraversare, ancora qualche pedalata ai bordi della strada statale e quindi entreremo in città, circa 80Km. Florianopolis è città ricca, i giardini del centro sono senz’altro ben tenuti, pochi segni di degrado. La comunità di Italiani è piuttosto nutrita e ci accoglie nel migliore dei modi. 600Km pedalati attraverso il Rio Grande do Sul, attraverso Santa Caterina, attraverso la bontà della gente, che ha accolto a braccia aperte questo stranuto gruppo di Italiani che si meravigliava ognivolta che qualcuno li salutava al loro passaggio, ogni clacson che suonava non diceva “spostati”, ma bensì “siete grandi, avanti così”.
Un gruppo di Italiani, che probabilmente non immaginava cosa potesse voler dire “attaccamento alla patria” prima di entrare a Monte Belo do Sul. Centinaia di persone con gli occhi lucidi, ammiravano insieme un gruppo di persone percorrere una salita a bordo delle loro biciclette, ma su quelle biciclette, non vi erano semplici persone, ma bensì fratelli. I loro fratelli giunti dalla loro patria. L’Italia.