Rapa Nui, un viaggio mitico!
-voli: abbiamo prenotato tutti i voli con Lan Chile per poi scoprire amaramente che la tratta Milano-Madrid e Madrid-Santiago sarebbe stata effettuata dalla compagnia Iberia per accordi commerciali. Purtroppo, gli aerei Iberia sono nulla in confronto a quelli della Lan che invece abbiamo preso per la tratta Santiago-Calama e Santiago-Isola di Pasqua (sedili comodi e spaziosi, televisore su ogni sedile con un intrattenimento da fare invidia e una qualità nel servizio catering decisamente superiore) ma non c’era alternativa. L’unica pecca della Lan è il check-in automatico al computer per cui anche se riconosce che la prenotazione è per due persone, assegna i posti sui voli assolutamente a caso e quindi ci si trova seduti divisi e in alcuni casi addirittura uno agli antipodi dell’altro. Si può forzare il cambiamento dei posti e vedere di stare vicini, verificando se ce ne sono ancora di liberi, ma a noi è capitato di avere l’aereo pieno per cui questa opzione non era fattibile. L’unica alternativa è chiedere il cambiamento al check-in delle valigie o direttamente sull’aereo al compagno di viaggio o alle hostess. Ma non sempre si viene accontentati.
-Il Cile è il paese dei cani “in libertà”. Questo fatto non lo abbiamo letto su nessuna guida turistica e per fortuna nessuno di noi ne ha veramente paura. I cani, randagi e non, vivono e dormono tranquillamente per le strade e all’inizio lasciano un po’ in soggezione, anche perché non si sa mai come comportarsi soprattutto quando ce ne sono diversi in gruppo.
-Noi siamo partiti con il viaggio individuale (solo per noi quattro e non di gruppo) organizzato dalla nostra agenzia di fiducia che si è appoggiata su Tucano, che a sua volta si è appoggiata sui tour operator locali (Turavion per il tour sul continente – Santiago e il Nord Chile – mentre Tour Kia-Koe per il tour a Rapa Nui) e ci siamo trovati benissimo, ottima organizzazione e puntualità nei servizi.
-Se passate da Santiago solo come scalo prima di partire per altre destinazioni, consigliamo di alloggiare all’Holiday Inn proprio in fronte all’aeroporto, è perfetto.
-Hotel Taha Tai di Hanga Roa: lo sconsigliamo, è uno dei più costosi eppure la pulizia non è ottima, l’arredamento è veramente spartano, quasi ridotto al limite, e gli albergatori non parlano assolutamente inglese.
Siete comodi? Allora si parte! Domenica 20 luglio Il nostro volo parte alle 19.10 da Malpensa e bisogna essere in aeroporto tre ore prima… Questa cosa ogni anno ci pesa da morire… Facciamo il check-in e poco prima dell’imbarco ci informano che ci sarà un ritardo imprecisato dovuto ad un guasto nel rifornimento del carburante; alla fine partiremo con un’ora di ritardo. Per fortuna a Madrid abbiamo un margine di altre due ore prima del volo intercontinentale delle 00.20 per Santiago. Arrivati a Madrid, cerchiamo di capire come arrivare al terminal da cui partirà il nostro volo e scopriamo che dopo una serie di tapis roulant, scale mobili e ascensori, c’è un modernissimo metrò automatico che fa solo una fermata e ti porta a destinazione. Il volo per Santiago parte in orario.
Lunedì 21 luglio Atterriamo all’aeroporto di Santiago e sono le 8.00 del mattino. Fuori ci aspettano Luis, la nostra guida che parla italiano, e Juan, il nostro autista. L’impatto con Santiago è col pieno traffico di una giornata lavorativa e per fare prima (si fa per dire) ad arrivare al nostro hotel, l’Atton El Bosque, passiamo per un tunnel sotterraneo che fa da “tangenzialina” per evitare la città. Questo tunnel è stato ideato e progettato da un architetto italiano e ha facilitato di molto la viabilità della capitale. Per il momento il tempo è discreto; Luis ci dice che siamo fortunati perché di solito c’è una cappa di smog impressionante, essendo Santiago immersa in una conca circondata da montagne (e l’unica soluzione che hanno trovato per risolvere questo problema sarebbe quella di fare un enorme “buco” in una di queste montagne per far circolare l’aria, ma per fortuna non sono andati avanti col progetto), ma il giorno prima ha piovuto e quindi l’aria è pulita. In albergo tentano di farci pagare l’early check-in ma Luis li convince che gli accordi presi non lo prevedono… E risparmiamo ben 40 dollari. Furbetti! Prima di partire per il tour, abbiamo tempo per riposarci e fare un giro nei dintorni per avere un primo contatto con la città e mangiare un panino. Santiago è una città moderna con poco di antico e storico. Le uniche cose meritevoli di nota sono ovviamente il Palazzo della Moneda, la Plaza de Armas con la Cattedrale (storico edificio coloniale), e il quartiere universitario. C’è molto di italiano e ne siamo orgogliosi. Visitiamo anche un negozio con i classici oggetti in lapislazzuli e il Mirador, il Cerro San Cristobal, al tramonto che ci presenta una città estesa e trafficatissima. La sera mangiamo piatti tipici messicani in un ristorante molto carino … Giusto per stare leggeri!
Martedì 22 luglio Sveglia all’alba (sarà la prima di una lunga serie): sono le 4.00. Abbiamo il volo per Calama alle 6.20 e il nostro albergo non è proprio vicino all’aeroporto ma visto l’ora e il poco traffico, il nostro autista ne approfitta per passare per le vie del centro e fare un ripassino “in notturna” di quanto abbiamo visto ieri. Atterriamo con il volo della Lan Chile (finalmente, che spettacolo!) alle 8.25 e fuori ci aspetta Enrique con il suo pulmino. Non parla italiano, ma uno spagnolo stretto e facciamo un po’ fatica a capirci. Il paesaggio per arrivare a San Pedro de Atacama cambia in continuazione in questo viaggio di circa un’ora e mezza attraverso la Cordigliera Domeyko: si passa da distese desertiche ad altipiani dai diversi colori, a paesaggi lunari e canyon all’americana. Arrivati a San Pedro andiamo al nostro hotel vicinissimo al centro storico, il Kimal, dove, in attesa che le camere siano pronte, approfittiamo per prendere un po’ di sole ai bordi della piscina. Il cielo è terso e senza una nuvola; noi arriviamo con giacche a vento e cappellini ma il tempo ci porta a stare in mezze maniche a circa 2500 mslm. Fantastico! La struttura è molto caratteristica, sembra un piccolo villaggio e i muri delle abitazioni sono fatti di terra e pietra come vuole la tradizione architettonica atacamegna. Finalmente usciamo alla scoperta di San Pedro, un paesino in pieno deserto con le strade non asfaltate e i nostri amici cani che riposano e girovagano pacifici tra i turisti e i locali. In un locale della via principale, l’Estaka, mangiamo quello che sarà un piatto tipico della vacanza: pollo o manzo alla plancha con patate e riso. Buonissimo! Al pomeriggio siamo pronti per la nostra prima escursione con la nostra guida che parla italiano, Sandra (italiana). Visitiamo la Cordigliera del Sale (una serie di colline dalle creste bizzarre), la Valle della Morte (caratterizzata da terre dal caldo colore rossiccio e da dune di sabbia dove molti giovani si divertono a praticare il sand surfing) e poi finalmente la Valle della Luna (dove l’azione del vento e della pioggia ha creato formazioni policrome) per godere di un tramonto mozzafiato sul deserto di Atacama. Nel frattempo il cielo si è oscurato con qualche nuvola. Arrivati a destinazione dall’alto di una montagna, che fatica salire, possiamo godere un panorama ineguagliabile. Il tramonto sulla Cordillera del Sal all’inizio non sembra un gran chè, ma non appena il sole scende dietro le montagne, il cielo e le nuvole si colorano di un rosso e arancione intensi e le montagne dirimpetto diventano rosa come per magia. I colori lasciano senza fiato… E non solo per l’altitudine! E’ il più bel tramonto che abbiamo mai visto. Rimaniamo fino all’ultimo seduti sulle rocce rapiti da questa visione; poi inizia a far buio e dobbiamo andare al furgoncino scendendo per una duna di sabbia finissima e ripidissima sulla quale ci divertiamo a fare un finto surf affondando nella duna. Prima di salire sul pulmino dobbiamo toglierci le scarpe perché sono strapiene di sabbia… Ma ne è valsa la pena! Torniamo a San Pedro con il buio della notte, la strada (ovviamente non asfaltata) illuminata solo dai fari del nostro pulmino. Ceniamo a pochi metri dall’albergo, al Bend’ito D’esierto in Domingo Atienza, sempre senza riscaldamento e con la giacca a vento perennemente indossata (dove abbiamo mangiato un’ottima zuppa di verdura ma una terribile pizza margherita… Ma chi ce lo fa fare di mangiare italiano all’estero!?), il cui proprietario è una persona simpaticissima. Prima di andare a dormire facciamo un giro per i negozietti del centro. Nella strada verso l’albergo non possiamo che rimanere affascinati dal cielo stellato che qui sembra vicinissimo e dalla via lattea che illumina il cammino.
Mercoledì 23 luglio Partenza alle 8.00 per il Salar de Atacama e sosta presso la Laguna Chaxa, che è un’area protetta col nome di “Reserva Nacional de Los Flamencos”. Arriviamo tra i primi in modo da godere in pace questa distesa immensa e silenziosa di sale e minerali, intervallata da pozze di acqua che ospitano colonie di fenicotteri di tre specie diverse. Abbiamo la fortuna di ammirarne in volo una molto particolare, quella dei fenicotteri andini, che arrivano a questa laguna migrando di solito ai primi di agosto. Si differenziano dagli altri per la colorazione delle ali, nere e rosso intenso.
Da qui proseguiamo per le strade sterrate fino alle lagune Miscanti e Miniques a 4150 mslm. Siamo veramente in alto e anche il furgoncino fa fatica a salire tanto che dobbiamo spegnere l’aria condizionata per dargli un po’ di potenza in più! Fa freddissimo e tira un forte vento, ma questo rende il cielo di un blu intenso e di conseguenza anche le acque delle due lagune al cospetto di frandi cime vulcaniche. Sosta per il pranzo in un villaggio sulla strada, Socaire, dove per la prima volta assaggiamo un piatto tipico cileno, la cazuela (una zuppa con carne o pollo, patate, zucca gialla). Ripartiamo per visitare il villaggio di Toconao, interessante per l’architettura in chiara pietra vulcanica e per la seicentesca Chiesa di San Lucas con la torre campanaria separata dal resto dell’edificio. Alla sera ceniamo in un ristorantino, la Casa Piedra, dove un fuoco vivace al centro del locale ha l’arduo compito di riscaldare i commensali, e poi a nanna presto.
Giovedì 24 luglio Dovremmo avere la mattinata libera per oziare e riposarci invece, ieri, su suggerimento di Sandra, abbiamo girato diverse agenzie turistiche e alla fine abbiamo prenotato con l’agenzia Colque Tour una visita di mezza giornata alla Laguna Blanca e alla Laguna Verde niente popò di meno che…In Bolivia! Quindi di nuovo sveglia presto, partenza di gruppo per la frontiera e arrivo in Bolivia. Con nostro stupore, i compagni di viaggio proseguono e ci lasciano fermi ad aspettare una nuova guida. Poco dopo arriva un ragazzino su un furgoncino (che “profuma” di capra) e ci porta alla prima delle due lagune. Qui ci aspetta una colazione nel rifugio (a fianco di una stufetta che caccia un piacevole caldo inaspettato) completa di the caliente, panino appena sfornato e formaggio fresco. Rifocillati, siamo pronti per partire con un nuovo autista, Macario, che col suo pick-up ci farà fare il tour. La cosa più bella è che siamo solo noi. Quella Blanca è molto salina, tanto che a volte il sale si confonde col il ghiaccio; a questa altitudine la temperatura notturna scende di parecchi gradi sotto lo zero. E’ popolata da uccelli che zampettano sulle lastre ghiacciate e, a contrasto, c’è un’area caratterizzata da un’intensa attività geotermica dove l’acqua calda permette di poter fare il bagno (per i più coraggiosi) e crea nuvole di vapore che rendono il paesaggio ancora più affascinante. Da qui proseguiamo per la Laguna Verde poco distante, siamo a 4.200 metri; è un bellissimo lago verde dovuto ad un microrganismo che rende l’acqua, già pura, di quel colore smeraldo. Sullo sfondo, con questo cielo limpido che non ci abbandona mai, si staglia un panorama di montagne e vulcani, tra cui il Licancabur, del quale ne vedevamo l’altro versante da San Pedro de Atacama. Nel tornare al rifugio diamo un passaggio ad un boliviano che deve raggiungere la frontiera e facciamo un’ulteriore sosta alla Laguna Bianca per camminare sul ghiaccio spesso… Mal che vada la laguna non è più profonda di un metro e mezzo… Torniamo a San Pedro in tempo per pranzare a La Casona con un mega hamburger con la famosa palta, una salsa di avocado tipica cilena, e le porzioni dei panini sono veramente giganti! Il pomeriggio è dedicato alla visita del Museo Archeologico Padre Gustavo Le Paige dove è custodita una collezione di reperti archeologici della cultura atacamegna. Proseguiamo per il Pukarà di Quitor, fortezza indigena pre inca del XII secolo, e delle rovine di Tulor, dove visitiamo al tramonto in pieno deserto i resti degli insediamenti dei primi abitanti della zona risalenti a 3000 anni fa.
Alla sera pappa al El Adobe dove non consigliamo di andare perché il servizio e la qualità non sono dei migliori, anche se l’ambiente è molto caratteristico. Sosta veloce nei negozietti per comprare guanti e calze di lana d’alpaca per domani e poi nanna.
Venerdì 25 luglio Sveglia alle 4.00 con valigie già pronte, la sera purtroppo si parte per Santiago. Partenza per raggiungere l’altopiano del Tatio che si estende a 4300 metri circa di altitudine ed è sovrastato da vulcani, superiori ai 6000 metri, la cui attività è all’origine di geyser (i più alti del mondo), fumarole e piscine naturali di acqua bollente. Sul pulmino ci danno le coperte di lana per coprirci, abbiamo il classico abbigliamento a cipolla, speriamo che basti. Dopo due ore di strada dissestata con i vetri del finestrino completamente appannati, arriviamo ai geyser con una temperatura esterna di –14 gradi. Proseguiamo in direzione del campo geotermico dove ammiriamo le colonne di vapore che si possono vedere solo la mattina presto perché poi il fenomeno scompare. Bisogna stare attenti a non avvicinarsi alle bocche dei geyser perché il terreno è molto fragile, e così girovaghiamo ammirati per questa distesa comparendo e scomparendo alla vista degli amici in base agli sbuffi di vapore. Le dita delle mani quasi si spezzano dal freddo e fare le foto è un’impresa. Vista l’alzataccia, è prevista la colazione per cui c’è chi cuoce le uova nelle bocche dei geyser, Enrique, invece, ci scalda il latte che ci verrà servito insieme ad un panino e un the fumante. Intanto sorge l’alba: il sole crea effetti di luce tutti particolari e i venti mattutini iniziano pian piano a disperdere il vapore. Qualcuno si arrischia a bagnarsi nelle calde acque, noi invece proseguiamo il cammino per Caspana, un villaggio di origini incaiche per l’architettura e per le terrazze coltivate, i cui abitanti fino a pochi anni fa non salutavano i visitatori e ancora oggi si nascondono in casa al passaggio dei turisti. Proseguiamo per il villaggio Chiu Chiu con una delle chiese, in tipica architettura andina, più antiche del Paese e poi per la fortezza del secolo XII di Pukarà de Lasana, mille volte più bella di quella di Quitor. Arriviamo a Calama per pranzare insieme alla guida e all’autista nel centro commerciale della città. Poi purtroppo dobbiamo salutarli. Nota negativa dell’aeroporto di Calama: la totale mancanza di pannelli informativi sui voli in partenza. La conseguenza è stata che avendo la Lan Chile due voli per Santiago a soli venti minuti di distanza, poco dopo l’imbarco del primo volo è scoppiato il delirio perchè alcuni passeggeri del secondo volo sono saliti sul primo e quelli del primo erano fermi a terra (per un breve momento uno dei nostri amici ha rischiato di essere imbarcato sul volo sbagliato e da lì è nato il dubbio nelle hostess di terra!) e quindi alcuni sono stati fatti sbarcare e altri salire. No comment! Prima della nostra partenza, invece, un black out ha fatto calare il buio nell’aeroporto in attesa dell’intervento delle luci di emergenza! Atterriamo a Santiago alle 21.00 e, come sempre, Juan e Luis ci attendono per portarci al nostro albergo. Siamo così stanchi che non usciamo per mangiare. Domani dobbiamo essere freschi freschi, si parte per l’Isola di Pasqua!!!!
Sabato 26 luglio Anche oggi sveglia presto, alle 4.00, per andare in aeroporto dove ci attende il volo per Easter Island delle 8.10 del mattino. Siamo tutti seduti in posti lontani tra di noi ma, chiedendo ai compagni di viaggio/hostess di volo se è possibile cambiarli, riusciamo almeno a stare vicini come coppie anche perché il volo è abbastanza lungo, circa 6 ore. L’isola dista dal Cile circa 4000 km (e ci sono anche due ore di fuso di differenza da Santiago per cui atterriamo che è mezzogiorno ora locale) ed è popolata da polinesiani di razza maori dediti alla pastorizia e alla pesca. L’aeroporto è piccolissimo con un unico nastro per il recupero dei bagagli, per cui ci sono 300 persone ammassate alla ricerca della propria valigia con i cani antidroga che girovagano tra i passeggeri. Fa caldo… E noi arriviamo con le giacche a vento di Santiago! Fuori ci sono diversi pulmini che aspettano i turisti per portarli ai vari alberghi. Quando la nostra futura guida ci saluta, mettendoci al collo la ghirlanda di fiori, con il classico “Iorana!” (che oltre ad essere il loro saluto è anche un famoso hotel dell’isola) noi le rispondiamo che dobbiamo andare al “Taha Tai” … Hem! Chiarita l’incomprensione, partiamo per l’albergo, che dista solo una decina di minuti dall’aeroporto, dove ci attendono con il cocktail di benvenuto e le camere già assegnate… Per fortuna la nostra ha vista oceano! Ci rilassiamo un attimo, visto l’alzataccia, e poi siamo pronti per la visita di Hanga Roa. Il nostro hotel è in centro così arriviamo a piedi al porticciolo dove incontriamo i primi due moai. Che emozione! Da lì prendiamo per la via principale e sentendo i morsi della fame mangiamo la nostra prima empanada al pino (simile ad un panzerotto ripieno con carne, uova e olive). Squisita! Ci accorgiamo che qui, oltre ai cani liberi, ci sono anche molti cavalli che vagano tranquillamente per i prati e per la strada. Proseguiamo la nostra passeggiata verso altri moai restaurati raggiungibili a piedi, l’Ahu Tahai e l’Ahu Akapu e ammiriamo il primo moai con gli occhi (agli altri sono stati rimossi). Il tempo non è bellissimo, c’è molto vento (una costante essendo l’isola in mezzo all’oceano) e parecchie nuvole. Il sole ogni tanto fa capolino tra le nuvole dando talvolta un aspetto quasi minaccioso e imponente a queste statue giganti. Sulla via del ritorno, abbiamo il primo e unico vero incontro spiacevole con i cani randagi, vedendone uno arrivare di corsa ringhiando per poi capire che non ce l’aveva con noi ma che andava verso un suo simile che stava mangiando il resto di una carcassa puzzolente… Preferiamo non sapere di cosa …E con non chalance allunghiamo il passo… Sosta breve per fare rifornimento di acqua (evitate di andare al market Kai Nene che lascia molto a desiderare per le condizioni igieniche) e per strada cerchiamo un paio di ristoranti per la sera segnalati sulla guida ma senza trovarli. Stanchi dal viaggio, decidiamo di mangiare nel ristorante dell’albergo.
Domenica 27 luglio Finalmente si può dormire! I tour sull’isola infatti inizieranno sempre alle 9.40, sembra un sogno. Ci alziamo con calma, facciamo colazione e poi pronti per partire. Siamo in una decina di persone; la guida purtroppo parla solo spagnolo. La prima visita è a Vaihu, tempio all’aperto dove ci sono 8 moai rovesciati che giacciono a faccia in giù con i loro pukao (cappelli) sparsi per il prato vicino, alcuni dei quali sono stati recuperati dal mare. Proseguiamo con il pulmino per Akahanga con un grande ahu (piattaforma cerimoniale ma anche piedistallo per i moai) con un moai caduto e, lì vicino, il resto di una grotta e le rovine di un villaggio dove si possono vedere le fondamenta delle abitazioni dei primi abitanti della zona a forma di barca. Segue il famoso vulcano Rano Raraku, che era la cava da cui venivano estratti i blocchi di tufo utilizzati per scolpire i moai. Ce ne sono alcuni che sono ancora visibili nella roccia come se fossero stati abbandonati lì, tra i quali il più grande in assoluto di circa 20 metri per un peso stimato di 150 tonnellate. Molti sono stati sepolti dalle eruzioni e ne rimane fuori solo la testa; è incredibile pensare quanto potessero essere enormi. Passeggiamo fino alla bocca del vulcano dove ci sono alcuni cavalli che pascolano vicino alla laguna, formatasi nel suo cratere, coperta di canne di totora. Scendiamo per un pranzo a base di pollo, riso, insalata e mela. Sorvoliamo sulle condizioni dei bagni (gli unici disponibili dal mattino) per i quali hanno anche il coraggio di chiedere un dollaro… Al pomeriggio visitiamo Ahu Tongariki (dove c’è l’ahu più grande mai costruito con ben 15 moai in fila) e poi Te Pito Kura (dove si trova il moai più grande mai trasportato dalle cave di Rano Raraku , ben 90 tonnellate, che giace a faccia in giù, e una pietra rotonda, Te Pito Te Huena, che tradotto significa l’ombelico del mondo). Arriviamo per ultimo alla spiaggia di Anakena, la più grande dell’isola e l’unica dove sia possibile bagnarsi. Per noi l’acqua è freddina e ne approfittiamo per vedere l’Ahu Nau Nau con i moai con gli occhi intarsiati di corallo e pietra (alcuni ricostruiti) e quattro anche con il pukao. Ritorniamo in albergo e ceniamo al ristorante interno (esperienza che non ripeteremo più).
Lunedì 28 luglio Partenza con visita alla grotta di Ana Kai Tangata, dove ci sono resti di pitture rupestri, a seguire il vulcano Rano Kau, con i suoi 400 m di altezza (molto più bello del precedente, con una laguna nel cratere di 700 m di dametro ricoperta da canne di totora) ed il centro cerimoniale di Orongo che si affaccia sull’oceano, antico villaggio cerimoniale con resti di petroglifi dove si racconta la storia dell’Uomo Uccello e ci. Terminiamo con Vinapu dove c’è un ahu con pietre così perfette e squadrate che ci ricordano quelle che abbiamo visto a Cusco e Machu Picchu, in Perù, e uno dei pochissimi moai femminili. Tornati a Hanga Roa ci facciamo lasciare all’ufficio della Lan Chile sperando di poter prenotare i posti sul volo di ritorno ma ci dicono che si può fare solo al check-in o via Internet. Andiamo quindi a mangiare delle squisite empanadas di tonno e formaggio (doppia razione) da Tea Berta e poi in un Internet cafè ma solo per scoprire che sulla tratta Isola di Pasqua-Santiago non è possibile prenotare i posti. Vabbè! Al pomeriggio il tour riprende con la visita di Puna Pau (la cava nella montagna da cui estraevano il materiale di colore rosso per realizzate i pukao dei moai); proseguiamo per Ahu Akivi (con gli unici sette moai dell’isola rivolti verso il mare e che hanno la particolarità di guardare dritto al sole nascente durante gli equinozi) e infine Ana Te Pahu dove ci sono resti di abitazioni rupestri nelle grotte che sono tunnel creati dalla lava dei vulcani in cui si ammirano disegni sulla roccia e un petroglifo che rappresenta il “creatore dell’isola”, Make-Make, che a noi ricorda tanto il volto di un extraterrestre… Sarà! Questa sera finalmente decidiamo di mangiare fuori; essendo il ristorante Pea chiuso, proseguiamo fino al porto e ci attira un ristorantino tutto il legno, il Merahi Ra’a. Entriamo e chi ci trovo? La signora che sul volo per l’isola ci aveva gentilmente scambiato il posto per farci stare vicini. Mangiamo dei gamberi favolosi e un trancio di tonno che si scioglie in bocca… Scopriamo che il cuoco è orientale. Torniamo verso l’albergo. Di cani in giro ce ne sono pochi, per fortuna, e dove mancano i lampioni facciamo luce col cellulare senza dimenticarci di guardare in su per contemplare il cielo stellato.
Martedì 29 luglio Oggi giornata libera. Iniziamo con una sosta al centro d’artigianato per farci un’idea dei prezzi e degli oggetti caratteristici, poi proseguiamo con la visita alla Iglesia Hanga Roa con statue intagliate nel legno che fondono la cultura cattolica con quella locale, molto particolari, e infine con il mercato artigianale. Pranziamo finalmente al Pea mangiando pescado con un purè buonissimo. Al pomeriggio, dopo una piacevole sosta per vedere una famiglia di tartarughe marine che giravano beate a riva dell’oceano, andiamo al museo antropologico. Veniamo accompagnati nel nostro cammino da un cane (femmina) nero, dai noi soprannominato appunto Black, che ha deciso di farci da guida creandoci non pochi problemi… Visto che tutti i cani maschi nel vederla abbaiavano come pazzi e uscivano di corsa dalle case per saltarle addosso. Ma non è finita, terminiamo gli ultimi metri che ci separano dal museo con un cavallo e una gallina a seguito. Ci sembra di essere San Francesco! Arrivati, il cane fedele, decide di sedersi sullo zerbino del museo… Quest’ultimo, che è parecchio fuori mano, racconta la storia e la cultura dell’isola (compreso il fatto che è destinata nel futuro ad affondare nell’oceano). Sinceramente ci aspettavamo molto di più. Usciamo e del cane, probabilmente stufo di aspettarci, non c’è nessuna traccia. Ritorniamo al villaggio ma questa volta tornando per la costa, così ripassiamo davanti ai primi moai visti ma finalmente illuminati dal sole. Ceniamo fuori concedendoci le ultime empanada al tonno e formaggio sempre da Tea Berta.
Mercoledì 30 luglio Questa mattina si parte per Santiago con il volo delle 12.00. Al check-in riusciamo a farci mettere vicini e con vista finestrino. Atterriamo che è sera, sono le 19.30. Luis ci aspetta come sempre e ci accompagna questa volta, come da nostra richiesta, all’Holiday Inn. L’hotel infatti è giusto in fronte all’aeroporto, uno spasso. Tempo di prepararsi e si ritorna in aeroporto cercando il banchetto dell’Iberia per il check-in di domani ma è chiuso e così torniamo in albergo cercando di farlo su Internet ma la procedura non funziona. Noi ci abbiamo provato!
Giovedì 31 luglio La vacanza è veramente finita, questa mattina partiamo per l’Italia. Luis ci aspetta alla reception dell’albergo. Facciamo il check-in all’Iberia sia per il volo per Madrid che per quello di Milano. Purtroppo si parte! Tristi ma felici al tempo stesso, salutiamo Luis e il Cile e ci imbarchiamo per gli ultimi due voli che ci separano da casa.