Libia – Uomini del deserto. Non solo Tuareg
E come ci sono gli uomini di mare così pure ci sono gli uomini del deserto che conoscono tutto e sanno decifrare segni minimi, scegliere il passaggio giusto in una distesa enorme e senza il minimo riferimento, centrare perfettamente una macchia di vegetazione per trovare legna secca per il fuoco. Uomini che sanno ancora leggere le stelle, orientarsi in una tempesta di sabbia e sapere che a ridosso di quei due cespuglietti potremo trovare confortevole riparo dal forte vento.
Uomini legati alle tradizioni, che ogni mattina e ogni sera, appena acceso il fuoco, subito, si apprestano a preparare il the, che ristora e tonifica. A loro tutta la nostra fiducia nel nostro viaggio nel deserto Libico.
Noi 6, loro 3. Ahmed la guida che per il campo non si accontentava di un posto qualsiasi, doveva essere il più bello. Maestro nel rito del the, sa riempire i bicchierini da altezze vertiginose senza perderne una goccia. Arabo, quarantenne, sposato con quattro figli, inequivocabilmente nato nel deserto, veste in modo tradizionale con tunica e turbante. Occhi neri, penetranti, loquace. Di sera, dopo cena, davanti al fuoco, si chiacchierava, ci si conosceva, si scherzava, ci scambiavamo informazioni e spesso lui per rafforzare le parole scriveva sulla sabbia, in arabo, incomprensibile, una scrittura bella e morbida come le linee delle dune.
Mohammed il giovane cuoco, dal viso dolce come la sua voce e il suo sorriso. Molto religioso ma senza ostentazione, pregava con devozione appena la situazione lo permetteva. Incredibile la sua capacità di fare con le solite cose piatti sempre nuovi, appetitosi e sofisticati. Una sventagliata di piatti tradizionali. Non è mancato neanche il taajeelah, pane cotto nella sabbia ma senza un granello di sabbia, più frequente invece negli altri piatti.
La cena era il suo momento. In un’ora preparava la minestra sciorba con verdure, pezzetti di carne, pastina, piccante al punto giusto per la presenza dell’harissa; il cus cus o maccheroni accompagnati da carne e verdure a volte impanate e fritte, a volte grigliate o lessate o farcite. A lui il compito di sistemare ogni sera la carne fresca sul tetto dell’auto che fungeva da frigo e per mantenerla fresca riporla la mattina dopo tra uno spesso strato di lana. E’ lui che ha tenuto sulle ginocchia per giorni, tra incredibili sussulti, giravolte e ondeggiamenti due cartoni di uova fresche con pochissime perdite.
Ibrahim, l’altro autista, ventottenne, grande guidatore ed esperto di motori. Imperturbabile di fronte a guasti, forature e discese vertiginose che affrontava con determinazione senza curarsi delle nostre richieste o dei nostri timori, tuttalpiù scomponendosi in un indecifrabile sorriso. Ma la sera, finiti i discorsi e la voglia di parlare, prendeva una tanica dell’acqua vuota e suonava. Le sue dita magistralmente producevano da quello “strumento” un suono suggestivo, semplice, ritmico, atavico, evocativo. Alla musica si aggiungeva il canto di Mohammed e di Ahmed che completavano la magia della nera notte nel deserto. Nera si, ma che cielo straordinariamente punteggiato di stelle dense e grosse e luminose, fantastico! Ma anche la luna nel deserto è leggendaria. Al suo sorgere le stelle spariscono e la luce è così intensa da ridare forma a tutto. E tutto diventa prezioso argento.
E’ grazie al felice incontro con questi uomini che un bel viaggio è diventato un viaggio speciale, con loro l’impressione spaesante di vuoto, di nulla, è diventata subito il piacere della solitudine, il benessere del silenzio e in breve siamo diventati un piccolo gruppo affiatato che ha girovagato tra stravaganti pinnacoli rocciosi, ondate di dune, in paesaggi primordiali dove le rocce sembravano avere occhi e teste e la pelle squamosa dei dinosauri. Estasiati da tramonti, gelati dalle brezze serali, sbigottiti dalla bellezza e dalla vastità.
come fare il the “del deserto” servono: braci, 2 teiere, acqua, the verde, zucchero e bicchierini Nell’acqua fredda versare un bicchierino di the, mettere sulle braci e far bollire, travasare il liquido in un’altra teiera, rimettere sul fuoco aggiungere un bicchierino e mezzo di zucchero, riportare a bollore, travasare varie volte per farlo ossigenare, e l’abilità consiste nell’alzare molto la teiera senza spandere.
La schiuma che si forma nei vari travasi viene versata nei bicchierini.
Riscaldare ancora la bevanda, infine il the viene versato, denso, corposo, caldo e molto zuccherato.
Il rito prevede che il the venga fatto per tre volte con le stesse foglie per cui il primo sarà fortissimo e successivamente sempre più delicato. La ricetta ideale prevede l’aggiunta di menta che gli da un aroma speciale.
Per informazioni e/o contatti Maria Grazia Brusegan mariagrazia@arcam-mirano.It per vedere alcune foto www.Arcam-mirano.It rubrica “viaggi popoli culture”