La Pampa, la sconfinata terra dei Gauchos di terza parte

In macchina dispersi nell'immensa Pampa argentina, alla scoperta di capolavori della natura e dell'uomo...
Scritto da: Git_Sedentario
la pampa, la sconfinata terra dei gauchos di terza parte
Partenza il: 21/07/2011
Ritorno il: 07/08/2011
Viaggiatori: 4
Spesa: 3000 €
Prima il tramonto e poi il buio ci trovano ancora sulla strada. I grandi spazi e il cielo sempre limpido rendono quest’ora magica. Più di un tramonto ci è rimasto impresso qui in Argentina, il rapido imbrunire e l’alternarsi di colori caldi come il giallo, l’arancione e il rosso fino al blu intenso e al buio della notte.

Sono solo le otto di sera, ma la nostra giornata è iniziata più di 13 ore fa e ci mettiamo alla ricerca di un posto dove dormire. I paesi qui intorno hanno nomi strani: Generale… Ingegnere… Ambasciatore … ma il più che ci attira è Alta Italia. Sulla cartina è distante 2 dita ad est della strada che stiamo percorrendo, ma fatti i dovuti calcoli, dobbiamo fare oltre 80 km; tanto basta a farci passare l’ idea un po’ scema di dormire in ‘Alta Italia’ pur stando in Argentina. Stabiliamo come obiettivo minimo per questa tappa l’ingresso nella ‘provincia de La Pampa’, ci fermeremo al primo paese appena superato il confine.

Dormiamo a Realicò, 250 km da Santa Rosa, un paesino dove i cani, come in tutta l’Argentina, la fanno da padroni.

Una parentesi sui cani è d’obbligo: questi animali, quasi mai invadenti, li abbiamo trovati disseminati un po’ ovunque, sono parte del paesaggio e vengono rispettati come tali. Vivono in giro per i paesi anche in gruppi numerosi, non di rado si sono uniti alle nostre passeggiate. Quasi sempre si tratta di esemplari meticci, bastardini, ma hanno l’aspetto curato quindi fanno pensare a cani di proprietà.

La mattina dopo arriviamo presto a Santa Rosa e l’accoglienza che ci viene riservata è emozionante. Chiunque conosciamo, qualunque persona che prova a colloquiare con noi, ci trasmette l’eccitazione di parlare con ‘los italianos’. Noi, nel nostro spagnolo stentato, li obblighiamo a grossi sforzi per comprenderci, ma sembrano intenzionati a farlo, fino in fondo.

Santa Rosa, di suo, si presenta come una città tranquilla con estese zone residenziali; il centro della città si snoda intorno a plaza San Martín, la piazza principale. Le insegne di centinaia di negozi illuminano la piazza e tutte le vie limitrofe, negozi con prezzi carissimi, non inferiori ai nostri. In strada, invece, c’è un’ umanità variopinta e chiassosa. Gruppi di giovani in moto si radunano ai bordi delle strade più trafficate parlando, ascoltando musica, spesso condividendo il rito del mate come fosse un momento sacro, che unisce.

Poco a sud di Santa Rosa si trova il Parque Luro, riserva di caccia dei primi del ‘900 dove sono stati introdotti e tuttora vivono in cattività animali selvatici europei come il cinghiale, il cervo, ma anche molte specie di uccelli tra cui alcuni rapaci. La giornata fredda (finalmente) e il cielo che minaccia la pioggia, fanno apparire tutto più silenzioso e selvaggio. Un’ oasi in cui la natura sembra regnare.

I primi 3 giorni a Santa Rosa li spendiamo abbuffandoci ad ogni banchetto a cui veniamo invitati e per riposarci tra un pasto e l’altro. Presi da una botta di orgoglio (e di nostalgia) anche noi inventiamo una carbonara che, con ingredienti non proprio ortodossi, riesce speciale.

Si avvicina la data del matrimonio e la nostra preparazione è fatta a base di pasta in bianco, verdura, acqua (…e birra) e tanto riposo. Arriva finalmente l’evento che ci ha spinto oltre oceano, è sabato 30 luglio, belli e profumati saliamo sul nostro Berlingo e via… fiesta! La messa scorre veloce e presto ci ritroviamo in una sala da ballo per il ricevimento. Subito dopo la cerimonia civile, che in Argentina segue il rito cattolico, inizia la cena ed il calore degli argentini ci sorprende ancora. Veniamo coinvolti in una dozzina di brindisi agli sposi e senza accorgerci siamo belli caldi per la festa.

Non mi dilungo troppo su quanto accaduto in questo sabato di festa, poiché il matrimonio è cosa privata che appartiene agli sposi prima di tutto e non spetta a me parlarne. Grande festa, però; concludo dicendo che alle 7 di mattina ci siamo ritrovati a casa… sfiniti. Anche noi abbiamo fatto il nostro “lavoro”; recuperare non è stato facile ma, ahimè, è passata anche questa.

Ripresi dai bagordi, dopo i doverosi saluti e ringraziamenti, siamo risaliti in macchina con l’obiettivo di arrivare nei pressi di Buenos Aires, un’altra giornata per strada verso Lujan “la capital de la Fe” (la capitale della fede argentina), dove milioni di persone ogni anno si recano in pellegrinaggio e San Antonio de Areco, tipico paese gaucho.

La cattedrale di Lujan è imponente, ma gran parte dell’interno è in fase di restauro. Sulle scale d’ingresso oziano una mezza dozzina di cani, tranquilli e silenziosi. Quella dei cani è una compagnia che in Argentina è costante. Ne abbiamo trovati un paio anche dentro la basilica, a spasso per le navate. Non allontanati da nessuno, anzi, ignorati come ognuno di noi ignora un altro turista o un fedele in preghiera.

Le due notti seguenti le trascorriamo in una estancia famosa in Argentina, proprio nell’ala che ci ha ospitato, visse Ricardo Güiraldes, uno scrittore argentino che qui creò uno dei suoi personaggi più famosi, Don Segundo Sombra.

L’atmosfera dell’ estancia è particolarmente evocativa. Quattro complessi abitabili uniti da un giardino enorme compongono il nucleo centrale. Cavalli, vacche, galline, ma soprattutto i cani fanno da compagnia a noi, unici quattro ospiti.

Il paese di San Antonio de Areco è presentato dalle guide come un luogo fermo nel tempo, che ha lasciato intatto il sapore dell’epoca in cui i gauchos erano i padroni delle pianure. Allevatori, pastori o semplici briganti che a cavallo spendevano gran parte della giornata. La signora del centro informazioni è gentilissima e ci indica cosa e come fare la migliore scoperta del ‘pueblo’, ma noi commettiamo l’errore di aspettarci qualcosa. Non offre niente questo paese se non strade, edifici, negozi o “pulperie” (le public house in stile gaucho) autentici, fermi al secolo scorso quando la loro storia si compiva. Ed è questo il bello da vedere, è questo il succo da assaporare. Il tempo ha giusto un po’ sbiadito i colori di case, chiese, palazzi istituzionali. Qui siamo ancora ai primi del ‘900. Certo, i cavalli sono scomparsi, sostituiti dai cavalli vapore delle automobili; ma il resto è rimasto immutato. Uno scenario che non ha bisogno di essere presentato perché è reale e si è conservato tale senza la volontà di costruire un pacchetto su misura per turisti volenterosi. A distanza di qualche giorno riesci a sentirne ancora l’odore, il sapore. Ed avverti il rammarico di non averlo gustato a pieno lì sul posto.

Interessante la visita ad un laboratorio di argenteria (Taller de plateria), qui vengono realizzati oggetti secondo la tradizione dei gauchos tra cui speroni, staffe, fibbie e ornamenti. Un filmato presenta la figura del gaucho e di come la tradizione per gli ornamenti si è sviluppata fino ai giorni nostri.

È il 3 agosto e partiamo alla volta di Buenos Aires, meta finale del viaggio. La strada è, al solito, dritta ed il sole quasi estivo ci accompagna fino a centro città, il tempo di prendere la camera e via, di nuovo sulla strada…

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Parque Luro - Santa Rosa

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Matrimonio a Santa Rosa

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Tramonto

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San Antonio de Areco - Pulperia

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Estancia 'La Portena'

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Lujan

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San Antonio de Areco



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