Visita al VOLCANOES NATIONAL PARK RWANDA

Sveglia alle 6 come a solito, ma stamattina a colazione c’è un'aria diversa: siamo tutti eccitati, in fin dei conti tra qualche ora realizzeremo il desiderio che ci ha portato qui in Africa: vedere dei gorilla da vicino. Anastasio, la guida, ci ha informato che non potremo andare nel parco tutti insieme per motivi di sicurezza i rangers...
Scritto da: maus64
visita al volcanoes national park rwanda
Partenza il: 09/08/2008
Ritorno il: 21/08/2008
Viaggiatori: in gruppo
Sveglia alle 6 come a solito, ma stamattina a colazione c’è un’aria diversa: siamo tutti eccitati, in fin dei conti tra qualche ora realizzeremo il desiderio che ci ha portato qui in Africa: vedere dei gorilla da vicino. Anastasio, la guida, ci ha informato che non potremo andare nel parco tutti insieme per motivi di sicurezza i rangers accompagnano gruppi di otto persone. Quindi noi formiamo un gruppo completo e un “semi gruppo” a cui aggregheranno 4 persone. Mi sembra logico per non spezzare le coppie che io mi aggreghi ai tre amici sammarinesi: Daniela, Stefano e Mariantonia, la mia proposta è condivisa dal gruppo e così si parte. Velocemente arriviamo laddove i ranger la mattina preparano i gruppi dando loro rapide spiegazioni su come comportarsi davanti ai gorilla e poi informazioni specifiche sulla famiglia che il gruppo vedrà. Nel parco ci sono almeno 7 famiglie diverse che si distribuiscono lungo i vulcani Sabinyo (3.634m), Gahinga (3.474m), Karisimbi (4.507m), Mikeno (4.437m), Muside (3.000m), Visoke (3.711m) e Muhabura (4.127m); il ranger ci spiega che sono gruppi relativamente stanziali ,nel senso che si muovono alla ricerca di cibo in un area abbastanza limitata ma che varia comunque giorno dopo giorno, quindi ci spiega che fintanto che sono cuccioli fino ai cinque anni si spostano legati alla madre o sul dorso o lateralmente, da adolescenti poi diventano un po’ autonomi si staccano dalla madre e vagano anche un po’ per conto loro. I maschi adulti, i Silver Back, il cui nome deriva dalla striscia bianca che si evidenzia sulla schiena, sono organizzati in una rigida gerarchia dove il più forte comanda fino a quando è tale, invecchiando poi si fa da parte e cede il comando a quello che fino a poco prima era il vice. Quindi ci mostra le foto del gruppo che andremo a visitare: ci fa i complimenti! Ci è toccato il gruppo Susa: il più famoso formato da 38 elementi e soprattutto dove c’è Poppy la cui storia è stata resa famosa dal film gorilla nella nebbia: è la stessa che Diane Fossey salvò dai bracconieri. A noi 4 si aggiungono una coppia di americani e una di inglesi, salutiamo gli altri e partiamo con la jeep per la visita. Il ranger ci chiede se abbiamo con noi cibo e acqua e quando gli diciamo di avere una bottiglietta a testa e di aver prenotato il pranzo per le due ridacchia, ci dice che difficilmente per quell’ora saremo tornati e ci invita a portare più acqua e a prendere dei panini per una colazione a sacco. Noi ci guardiamo un po’ increduli sono le 9 di mattina, gli scimpanzè li avevamo incontrati dopo un oretta di cammino e immaginavamo che la cosa si sarebbe ripetuta con i gorilla, comunque eseguiamo gli ordini e in jeep arriviamo al campo di partenza. Qui il ranger ci consiglia di prendere dei portatori per il sacco con il cibo e l’acqua e ci consegnano un bastone per aiutarci nell’arrampicata. Si parte: le pendici di questi vulcani sono tutte coltivate, piccole proprietà a schiera dove mi è sembrato prevalesse la coltivazione delle patate, il terreno è irregolare ma ,insomma ,la mattina fresca invoglia il cammino e poi siamo eccitati per l’incontro che ci aspetta dopo circa 20minuti arriviamo ad un muretto di pietre che segna il confine tra la zona coltivata e improvvisamente ci troviamo davanti la foresta di bambù, siamo sopra i 2,000m e il ranger ci organizza: prima i portatori, poi lui, quindi le donne, poi noi uomini quindi un altro ranger armato a chiudere il gruppo. L’inglese si porta avanti, vedendola cicciotta ho pensato “bene bene l’andatura sarà alla mia portata”: come mi ero sbagliato, la tipa malgrado si fosse scusata preventivamente perché a suo dire era lenta, si rivela uno stambecco allenata alle passeggiate in quota e su terreni fragili e/o scivolosi, insomma un Panzer che ben presto mi distanzia, anche perché io mi fermo a guardarmi intorno continuamente affascinato dalla foresta. I bambù sono molto fitti e noi ci apriamo una stretta via, il silenzio mi assorda, non vedo il cielo, tutto verde e marrone intorno in un labirinto dove tutto sembra uguale per km. Qui è evidente la lotta tra l’uomo e la natura, l’uomo che col suo passaggio ogni giorno cerca di crearsi una strada spezzando qualche fusto e la natura che giorno dopo giorno chiude il varco, che non è mai lo stesso. Comincio a sentire la pendenza; ho davanti Stefano e l’inglese, il compagno della nostra apripista, che ci racconta che abita a Newcastle e avendo un orologio con altimetro ci segnala che ci stiamo portando ai 2.800 m. Io non avevo l’altimetro ma cominciavo a sentire il fiatone, l’aria diventare diversa, lo scarpone più pesante.

Nel silenzio… Un rumore, vedo una scimmia, una “golden monkey”, – eccoli – penso, – li abbiamo trovati! – ormai era da più di un ora che camminavamo, ma mi sbagliavo e proseguiamo. Finalmente usciamo dalla foresta di bambù, la luce cambia completamente si vede il sole, le piante intorno sono di un verde carico, appaiono i gialli e l’inglese contento ci annuncia che siamo a 2900m. Davanti a noi la foresta di hegenia: alberi non troppo alti, erba a foglie larghe che mi arriva appena sotto il ginocchio, il passo si fa più pesante, tendo ad incespicare e la sensazione piacevole del sole sul volto presto si trasforma in un disagio, comincio sudare e a sentir caldo, c’è ortica alta e rami spinosi: ripenso ai guanti ben riposti nella sacca sulle spalle del portatore. Il terreno è scivoloso, il carroarmato sotto gli scarponi è pieno, il dislivello cresce e quando scivolo mi aggrappo ovunque incurante che ci siano spine… Il palmo destro sanguina ma è una sciocchezza. L’inglese si accorge che sono in difficoltà e si porta alle mie spalle per aiutarmi, mi mostra come affrontare degli ostacoli, mi suggerisce il passo, cerca anche di chiacchierare ma sono in affanno, il poco ossigeno mi serve per i muscoli non riesco a concentrarmi su quel poco inglese che conosco per comprenderlo, annuisco con sorrisi ebeti, inizio ad avere crampi ai polpacci mi fermo e lui con me. Ci attardiamo rispetto al gruppo anche se scortati dal ranger che chiudeva la cordata, è lui che ci mostra come proseguire abbiamo perso contatto con gli altri e una direzione vale l’altra. Superando un tronco mi si irrigidisce la coscia destra ho il muscolo tutto contratto: il mio corpo comincia a mandarmi segnali di evidente stanchezza.

L’inglese contento mi annuncia che siamo sui 3200m recuperiamo il gruppo che si è fermato ad aspettarci, sono le 12 circa e facciamo una pausa pranzo. Divoro il toast ma soprattutto le banane sperando che il potassio mitighi i crampi, gli altri mi sembrano tranquilli, immagino che Mariantonia vivendo a Zurigo sia avvezza a passeggiate in montagna e che l’allenamento fatto da Daniela andando a piedi tutti i giorni in ufficio a San Marino (quindi facendo belle pendenze) abbia dato i suoi frutti, Stefano poi col suo fisico asciutto mi appariva avere la situazione sotto controllo, guardavo gli americani e gli inglesi ansiosi di continuare e mi sentivo la loro palla al piede, quindi quando ripartiamo stringo i denti. Non posso fare a meno di pensare all’ultima partita di pallone quando coi crampi per inseguire un avversario mi procurai uno strappo al quadricipite femorale, agli sfottò dell’amico radiologo quando all’eco rivelò il danno: “Maurì ò vvuò capì ca tien n’età?” Continuiamo a salire, il panorama è bellissimo ma sono troppo intento sopravvivere per notare i particolari, fotografare le viole africane che danno punti di colore nel verde; ad ogni curva spero appaiano i gorilla e che la strada finisca. Vedo il ranger lontano che armeggia con la radio, gli sento dire che siamo vicini o almeno che i gorilla erano stati avvistati da quelle parti, le gambe sono sempre più legnose ogni ostacolo mi sembra insormontabile, comincio ad avere difficoltà a puntare i piedi quando il terreno si fa scivoloso, laddove il sentiero è più ripido l’inglese mi si fa al fianco ed è lesto ad afferrarmi se sto per cadere, non guardo mai sotto. Arriviamo ad uno spiazzo, abbiamo superato i 3500 annuncia fiero il ragazzo di Newcastle. Anche Daniela comincia a dare segni d scompenso mi dice che le fanno male le ginocchia , l’americano con discrezione quando la vede in difficoltà le dà una mano. E’ l’una sono almeno tre ore che camminiamo, non ce la faccio più! Il gruppo si ferma, credo che il ranger stia facendo il punto della situazione con i suoi collaboratori, io mi lascio cadere a peso morto sul prato, le cosce sono rigide, l’americana gentile mi offre una banana dicendomi che il potassio aiuta per i crampi, io penso che mi servirebbe un frullato endovena per recuperare, ma le sorrido grato, il ranger si avvicina e vede come sto, si rende conto dei crampi e mi fa un massaggio che mi scioglie un po’ il muscolo, poi ci mette in circolo e con aria cupa ci dice che purtroppo il gruppo di gorilla oggi si sta spostando velocemente e che prevede altre due ore di cammino. Alzo gli occhi al cielo, per me possono andare dove vogliono mi compro una cassetta del National Geographic e me li guardo, da lì non mi alzo, mi spiace per gli altri, mi chiedo se fosse possibile rimanere con un portatore mentre gli altri proseguono, Daniela poi mi confesserà che in quel momento pensava le stesse identiche cose. Non faccio in tempo ad esternare la cose, che il ranger caccia un sorrisone a trentadue denti e dice “I Joke” , “Vi ho fatto uno scherzo: i gorilla sono qua sotto”. Il sospiro di sollievo che si è alzato è stato registrato al sismografo di Kigali come un movimento tellurico del quarto grado scala Mercalli.

L’ imminenza dell’incontro mi restituisce forza mi rialzo aiutato e seguo il gruppo. Cominciamo a scendere ma non facciamo neanche 10m che ecco alle spalle sentiamo un rumore, il ranger ci sposta per far strada ad gorilla sbucato dal nulla: Daniela è sfiorata e sulla sua faccia leggo paura, emozione, gioia, curiosità e…Improvvisamente ci siamo nel mezzo!!! Tutto intorno masse nere, enormi, pelose… I Silver back mi sembrano mastodontici dovunque mi giro ci sono gorilla…L’adrenalina sale alta, il cuore mi batte a mille non sento più dolori, sono affascinato da quello che vedo… pensavo di osservarli a distanza invece ora ero tra di loro… Pensavo che la visita fosse come vedere un documentario dal vivo e invece ero nel documentario…Come nelle scene del film “Gorilla nella nebbia” ero tra di loro, tra il boss, come il ranger chiama il Silver dominante e le sue femmine… Ed ecco ne arriva una col un cucciolo in groppa, poi a destra un rumore di ramo rotto ed ecco cadere giù un albero, mi giro è solo un gorilla che si è alzato a rompere un ramo per prendere le foglie più morbide e più gustose…E poi eccone uno che arriva rotolando…No sono due si inseguono giocando…Non so dove guardare comincio a fare foto a raffica ma il mirino della macchina mi limita la scena, perdo l’insieme che è esaltante, guardo gli altri e vedo che tutti condividono le mie emozioni, i volti che fino a 5 minuti prima erano tirati ora sono rilassati…Sorridiamo, non so se sia possibile ma si sentiva l’odore di adrenalina nell’aria, un gruppo di adulti che improvvisamente tornano bambini e hanno trovato i loro adorati enormi peluche. Tenerissime le gorilla con i cuccioli, una stacca foglie e imbocca il piccolo, un’altra disturbata forse dalla nostra presenza lo prende in spalla e si sposta… il tempo si ferma,li osservo mangiare… Poi vedo Daniela sgranare gli occhi: un maschio enorme fermo con le mani sotto il mento, una statua greca di un pensatore, con le dita che grattano il viso, se ci fosse un fumetto apparirebbe mumble mumble, il ranger poi ci segnala Poppy, la gorillina ormai anziana salvata dalla Fossey… i ranger li conoscono uno per uno e li riconoscono dai segni sul muso … ma come per Cenerentola scatta la mezzanotte e deve lasciare la festa, così il ranger ci segnala che dobbiamo andare sono passati 50 minuti, sono le due e bisogna tornare anzi è necessario farlo pure velocemente perché si metterà a piovere. Guardo in alto il cielo: è limpido. Maligno, penso che il ranger ha fatto il suo e ora vuole andare a casa.

Comincia la discesa, tutti con la testa rivolta indietro, nessuno vorrebbe lasciarli e forse anche loro comprendono e per un po’ ci accompagnano lungo i costoni della montagna rotolandoci affianco i più giovani o seguendoci con fierezza i grandi… poi scompaiono noi siamo contenti, euforici ma l’adrenalina è un picco e presto la stanchezza torna con i dolori, la discesa è più difficile si scivola. I crampi mi rendono difficile puntare i piedi, stare dritto, quando la terra mi viene meno sotto invece di aggrapparmi al bastone mi lascio scivolare, Daniela dietro di me ride…Mi trova buffissimo e un po’ mi fa piacere riuscire a stemperare la stanchezza che le leggo sul volto. Maria Antonia comincia ad avvertire l’altitudine, le manca il fiato e la discesa veloce non l’aiuta. Il gruppo si spacca inglesi e americani avanti, noi dietro. Se ne accorgono anche i ranger che abbiamo due passi diversi e si dividono: il mio portatore arretra e discretamente mi assiste. Non stiamo facendo la stessa strada di prima , la montagna mi sembra più ripida o forse è solo che salendo guardavo in alto e non mi rendevo conto dell’altezza e della pendenza. Mi sembra anche più scivolosa, ma forse dipende dall’umidità che nel corso della giornata è aumentata… faccio fatica, sono in preda a forti crampi, mi ricordo una mitica finale al Roland Garros Chang contro Lendl, il supercampione slovacco contro un, all’epoca, semi sconosciuto cinoamericano, Chang in preda ai crampi che cerca di guadagnare tempo mangiando le banane, Lendl che si innervosisce comincia a sbagliare i colpi più semplici, ecco mi sento Chang devo vincere la sfida; la montagna è Lendl, la devo battere… il tempo mi sembra non passi e non capisco perché, non riesco ad intravedere la foresta di bambù… Addirittura mi si para davanti il letto di un torrente, è quasi secco, lo guadiamo passando sulle pietre, facendo grandi esercizi di equilibrio, sono verdi per il muschio e scivolose, le gambe sono sempre più rigide. Mi chiedo, da buon napoletano, se San Gennaro abbia un corrispondente africano, un San Bubù che mi possa aiutare… Nella stanchezza divento blasfemo e a posteriori mi spiace, ma al momento ho trovato la cosa divertente e mi distrassi. Non riesco a stare in piedi è dolce scivolare, l’importante penso è non andare giù di faccia. Mi metto dietro Mariantonia e cerco di attirare l’attenzione del gruppo in testa, ma invano, sono capre di montagna e scendono veloci. Finalmente mi appaiono i bambù, posso camminare appoggiandomi a destra e sinistra e se anche il terreno è più scivoloso vado meglio… rallento ho sete, ma forse bere è una scusa per fermarmi sono le 16, sono in piedi da dieci ore, ho mangiato un tramezzino e due banane e ho camminato l’impossibile… il portatore affianco mi sorride cerca di farmi coraggio, parla solo rwandese, quando scivolo mi aiuta ad alzarmi gli dico “Grazie” e lui risponde “YOU ARE WELCOME”,secondo me non ne può più di questo piombo che gli è capitato oggi, ma deve fare buon viso a cattivo gioco. Poi finalmente intravedo la luce i bambù lasciano il posto ai campi coltivati, il terreno è sempre sconnesso e si fa molta fatica a camminare, ad un certo punto mi sembra di sentire delle voci che ci chiamano, convinto faccio “Ragazzi siamo arrivati finalmente, le sentite, ci stanno chiamando!” Lo sguardo assente degli altri mi fa capire che mi sto sbagliando, ma io insisto: “Ma come non li sentite la voce di Alessandra, Clara..” poi piano piano mi rendo conto che quelle voci sono solo nella mia mente, sono io che voglio sentirle, voglio arrivare a casa stendermi, levarmi gli scarponi dove sono entrate delle spine e mi stanno lacerando il collo del piede, ma non sono in grado di fermarmi levarmi le scarpe e proseguire. Non sento più le gambe avanzo per inerzia, raggiungo Stefano e gli dico di aspettare le due ragazze ma lui mi dice che se si ferma crolla, lo guardo in viso e solo allora capisco che anche per lui è dura. Ma quel puntino bianco laggiù è la nostra jeep, ora la vedo bene non la sto immaginando e lì che ci aspetta… Aumento il passo. Comincia a gocciolare… Il ranger aveva visto giusto e mi dispiace di aver dubitato della sua buona fede.

Antonia mi è davanti improvvisamente inciampa su di un sasso, provo a prenderla ma ho i riflessi troppo lenti e mi preoccupo di non crollarle addosso, purtroppo si sbuccia un ginocchio e comincia a zoppicare, le brucia, il pantalone è lacero… Ancora uno sforzo su… La macchina è là, tra poco saremo in albergo. Sono le 17,30 arriviamo alla macchina, inaspettatamente Stefano crolla, si avvicina ad un muretto e vomita. Ci trasciniamo sulla jeep il ranger ci viene a portare dei diplomini dove si certifica che abbiamo visitato il Susa group e ci guarda sorridendo, secondo me ad un certo punto ha pensato che rischiava di non riportarci tutti giù. Ci vengono a salutare gli altri: il ragazzo inglese mi annuncia tutto soddisfatto che si è prenotato per ripetere il giro l’indomani, non so che faccia possa avergli fatto ma dentro di me ho pensato: neanche per tutto l’oro del mondo, l’anno prossimo vacanze a Riccione e se mi viene lo sghiribizzo esterofilo puntata a San Marino per avere un visto sul passaporto. Lo saluto grato, comunque è stato molto premuroso durante il trekking e anche se alla fine è corso avanti è stato veramente gentile. Io, forse, al suo posto mi sarei arrabbiato con quei mollaccioni che gli avevano rallentato la passeggiata. Quando finalmente l’autista ha messo in moto la jeep per l’albergo, tramontava, cominciava a piovere. Alle 19,30 i nostri eroi distrutti fanno il loro ingresso in albergo, accolti calorosamente dal resto del gruppo. Le voci immaginate si materializzano, mi ha veramente fatto piacere ricevere in quel momento un’ ondata di calore, vederli preoccupati e in attesa mi ha reso tutti più simpatici, gli ho voluto bene…

maus64libero.It



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