In Nepal con tanto spirito… Umoristico

Genova 28/10/1999 h.11.30 inizia il nostro viaggio per il Nepal. Se il buongiorno si vede dal mattino… all’aeroporto di Roma, l’aereo invece che alle 18.30, parte alle 02.30. Appena saliti a bordo, intuiamo lo spirito della nostra vacanza quando l’hostess (una tipa sospetta con una vestaglia colorata addosso) c’informa che i posti a...
Scritto da: Marina Monaldi
in nepal con tanto spirito... umoristico
Viaggiatori: in coppia
Genova 28/10/1999 h.11.30 inizia il nostro viaggio per il Nepal. Se il buongiorno si vede dal mattino… all’aeroporto di Roma, l’aereo invece che alle 18.30, parte alle 02.30. Appena saliti a bordo, intuiamo lo spirito della nostra vacanza quando l’hostess (una tipa sospetta con una vestaglia colorata addosso) c’informa che i posti a sedere, anche se già assegnati in base al numero, in realtà sono liberi: inizia la corsa per il posto migliore e sull’aereo si crea il caos totale. 29/10/99 h.15.30 saliamo sull’aereo che dal Bangladesh ci porta in Nepal: stavolta i posti sono davvero assegnati in base al numero, ma in modo non continuo, così mentre Marina ha il posto davanti, io mi ritrovo seduto in coda; la stessa cosa vale per gli altri passeggeri. Di conseguenza noi italiani ricreiamo il caos scambiandoci i posti. Arriviamo a Kathmandu dopo aver sorvolato l’Everest. E’ incredibile vedere così da vicino il tetto del mondo. Come benvenuto invece, scopro che il mio zaino è stato perquisito e che mi hanno rubato il rasoio elettrico e la torcia. Dopo aver provato in diversi alberghi, finalmente troviamo una camera e mentre Marina cerca qualcosa da fare, io cado in coma per 12 ore. 30/10/99 In centro con il risciò, saliamo su un tempio per sottrarci all’assalto dei mendicanti, dei bambini che si offrono per farci da guida e da qualche altra centinaia d’inseguitori. Nonostante i nostri tentativi di depistaggio ci ritroviamo (senza aver chiesto nulla) con un bambino che ci guida per le vie della città, mostrandoci posti altrimenti introvabili, attraverso viuzze o bassi, bui e sporchi cunicoli al di là dei quali si trovano piazze interne, prive di turisti, dove è possibile vedere le reali condizioni di vita della popolazione nepalese. La nostra piccola guida, di nome Biki, ci porta poi al tempio delle scimmie (indovinate perché si chiama così ??!!). 31/10/99 h.6.00 ci rechiamo a Pasupatinath per assistere alle cremazioni! A quell’ora ci siamo solo noi e la gente del posto ci guarda come se volesse utilizzarci per i riti funebri. Ci sediamo su una sponda del fiume che divide in due il paese (solo in seguito veniamo a sapere che l’altra sponda è riservata agli induisti…Per fortuna abbiamo azzeccato la riva giusta). Siamo di fronte ad un bel tempio, alquanto strano, quando iniziano i preparativi per la prima cremazione… meno male che siamo arrivati presto… Aspettiamo altre 3 ore prima di riuscire ad assistere al rito. La cerimonia è particolare, Marina si commuove e qualcosa di triste e misterioso fissa quelle immagini nella nostra memoria. E’ curioso notare che questa gente usa il fiume per qualunque cosa e vi getta dentro di tutto. Una persona ci fa da guida (anche se come al solito non abbiamo chiesto niente) mostrandoci alcuni bei posti e spiegandoci gli usi della gente locale. Dopo ci rechiamo a Bodnath, attraversando a piedi villaggi poverissimi, dove c’è uno dei più grandi stupa del paese (Marina ne diventa subito membro onorario). Dentro alcuni templi abbiamo visto dei veri monaci tibetani!!! Dopo pranzo prendiamo un taxi, che puntualmente si rompe a metà strada. Rimediamo prendendo un autobus locale a poco prezzo, sul quale mi taglio la testa (soffitto ad altezza nepalese) e finalmente arriviamo a Patan. Attraverso viuzze povere e sporche con topi morti a terra, arriviamo in una bellissima piazza ricca di templi sui quali appaiono basso rilievi raffiguranti svariate divinità religiose e immagini erotiche. Ritorniamo a Thamel (quartiere di Kathmandu) a bordo di un ape trasformata in taxi, ovviamente dopo aver contrattato sul prezzo. Alla sera, organizziamo con il nostro albergatore il safari a Chitwan, ma rimaniamo con qualche dubbio quando gli diamo 120 $ in cambio di un fogliettino con su scritto il nome di un probabile hotel e la dicitura “Two Italy”!!?? Dopo l’impatto scioccante della confusionaria Kathmandu, partiamo alla volta di Chitwan il 01/11/99, preoccupati per l’esito della nuova destinazione. Dopo qualche problemino per trovare l’autobus giusto, costeggiamo un bellissimo fiume e finalmente dopo ore di viaggio, arriviamo nella desertica Chitwan, dove una jeep ci porta al nostro “albergo” (4 capanne). Ad attenderci il sosia nepalese di Jerry Lewis, che con un cordialissimo e permanente sorriso, ci accoglie con quello che poi diventerà per noi un suono familiare “Namasteeee”. Pranzo e via… safari sull’elefante, durante il quale incontriamo il nostro primo rinoceronte e qualche daino. Prima del ritorno alla nostra capanna, ci fermiamo sulla riva del fiume a gustarci un meraviglioso tramonto e assistiamo alla danza dei bastoni. Segue cena a lume di candela, non per romanticismo, ma perché dopo le 18.00 tolgono la corrente. Di sera ci accorgiamo che una zecca, incontrata probabilmente sull’elefante, si è talmente affezionata, da decidere di attaccarsi al mio dito. Dopo avermi prestato le opportune cure, Marina prova un disperato bisogno di assumere una qualunque sostanza purché stupefacente!!! Il giorno seguente è un vortice di emozioni, a partire dalla gita in canoa per osservare i coccodrilli. La canoa (un tronco d’albero scavato) porta dieci persone e il bordo è a pelo con l’acqua… se non facciamo bruschi movimenti, riusciamo a non rovesciarci. Ecco il primo coccodrillo sulla sponda e un secondo che spunta dall’acqua…E la canoa puntualmente oscilla, facendoci sentire come delle cotolette gettate in pasto ai coccodrilli. Gita al centro degli elefanti, Marina incontra Dumbo. Pomeriggio: walking jungle (un nome, un programma). Alla prima curva un roarrr provoca il panico e il fuggi fuggi generale, ma le nostre guide c’incitano a seguire eroicamente l’animale nella Jungle. Eccolo a 50 metri da noi, un rinoceronte grosso come una casa con il suo piccolo. Le guide, con le loro ciabattine infradito e il loro bastoncino c’esortano ad avvicinarci. Non del tutto d’accordo con loro, il rinoceronte si allontana, seguendo uno strano itinerario che ci appare come una carica verso di noi: secondo fuggi fuggi fuggi generale alla ricerca di un albero dietro cui nascondersi. Tornati alla capanna, Jerry ci conforta con il suo “hallooooo” “tea or coffeee??”. 03/11/99 Birdwatching: passeggiata nella giungla dove la cosa più emozionante sono stati due elefanti passati a mezzo metro da noi (e lì ci siamo accorti quanto siano davvero enormi). Sopravvissuti a Chitwan, finalmente partiamo per Pokhara. Pokhara non è proprio come ce l’aspettavamo, un tranquillo paesino in riva ad un lago con dietro le vette dei monti, no… non è questo. Pokhara si rivela molto caotica, con strade non asfaltate, polvere, vacche, cani, 1000 negozi e i soliti “Namaste” per venderti qualunque cosa ad un prezzo che devi chiedere tu!!? Ed ecco che prendiamo la prima cantonata: una torcetta piccola, piccola, che paghiamo come quattro pranzi, ad ogni modo siamo ugualmente contenti, perché finalmente siamo riusciti a farci la prima doccia dopo 7 giorni! 04/11/99 Gita in barca sul lago: un traghettatore di nome Caronte o forse Carogna ci fa attraversare il lago solo che, dopo aver preso i soldi per l’andata e il ritorno, ci ha abbandonati sulla sponda. Facciamo colazione sperimentando il pudding rise, quindi iniziamo a scalare una collina con pendenze che sfiorano il 100 % e dopo un’ora raggiungiamo un tempio, ci togliamo le scarpe ed eccoci di fronte a Buddha. Il panorama è meraviglioso. 05/11/99 Finalmente si parte per il trekking; la nostra guida è un cinese mezzo cieco e il portatore uno che ci fa subito dimezzare il peso degli zaini. Il trekking si svolge lungo un fiume spettacolare, attraversando ponti tibetani, capanne con bambini che ti dicono “namaste”, asini che se ne vanno a spasso e le solite vacche (anche se a me sembrano tante bistecche che camminano). Il punto di partenza è Birethanti a 1050 m. Dopo 2 ore di cammino iniziano i primi ripensamenti di Marina. Finalmente dopo 5 ore di sentiero arriviamo a Ghandrung a 1960 m. Qui, come ricompensa della fatica, veniamo subito radunati con gli altri turisti per assistere all’entusiasmante proiezione del filmato culturale sul Nepal…Dopo i primi 5 minuti, le prime teste cascano giù stremate da quest’ultima tortura. 06/11/99 ore 8.00 Lasciato Ghandrung per salire a 2200 metri, ridiscendiamo a 1800, per risalire a Chamrong (2000 metri). Poi scendiamo e saliamo fino a che inizia a piovere; stremati, preghiamo Marina di fermarci in un albergo, ma lei è impassibile… vuole continuare. Alle 15.30 bagnati dalla pioggia e distrutti dalla fatica arriviamo a Sinuwa, a 2350 metri (di doccia nemmeno a parlarne). Iniziamo a sentire il freddo. Tutta la notte Marina, mi sta appiccicata per paura dei topi. 07/11/99 h 06.00 le montagne che ci sovrastano sono stupende. Saliamo fino a Himalaya a 2900 metri (abbiamo incontrato due scimmie bianche e grigie!!), pranziamo e quindi raggiungiamo Deuraly a 3150 metri. Inizia a piovere, così decidiamo di fermarci a dormire qui. Dopo dieci minuti inizia a grandinare, ma per fortuna siamo già dentro al rifugio. Prima di cena insegniamo a giocare a scala quaranta a Mani (la nostra guida) e a qualche altro nepalese, mentre il portatore, da noi affettuosamente soprannominato Ciccio, data l’incomprensibilità del vero nome, declina il nostro invito e si limita ad osservarci. Sono le 19.30 e Marina dorme, mentre io scrivo a luce di candela; ogni tanto mi devo fermare per schiacciare qualche ragno. 08/11/99 h 08.00 affrontiamo il quarto giorno di cammino. Ad attenderci: mille metri di dislivello. Il fiume c’indica il sentiero, mentre dalle pozze di acqua ghiacciata, apprendiamo la temperatura attuale e una lieve preoccupazione, ci fa pensare a quello cui andremo incontro. H 10.00 siamo al M.B.C. 3700 metri (Campo Base del monte Machhapuchhre). H 12.00 finalmente abbiamo raggiunto la meta del nostro viaggio A.B.C. 4150 metri (Campo Base dell’Annapurna). Intorno a noi ci sono montagne imponenti che vanno dai 6900 m. Agli 8090 m. Le vette innevate ci meravigliano, facendoci sentire vicini al paradiso. La bassa temperatura, invece, ci ricorda l’inferno. Pranzo a base di salame italiano, che facciamo assaggiare anche ai nepalesi, i quali assumono un espressione disgustata. Nel frattempo una bufera di neve ci avvolge completamente insediandosi sui monti. Della serie: te pareva che per una volta questa vacanza non prendesse una brutta piega!! Quant’è dura l’avventura. Come se non bastasse ci piazzano in camera un inglese. Dopo quattro ore che siamo qui, si sono formati dieci centimetri di neve. Passiamo il pomeriggio chiusi nel rifugio a causa della tormenta, aspettando con timore la notte… Marina vuole tornare a casa. Fuori dal rifugio si scatena un inferno di ghiaccio e qualcuno inizia a raccontare di precedenti turisti bloccati dalla neve che si sono dati al cannibalismo o che morivano di fame per mancanza di viveri e rifornimenti. Ed ecco che quando credevo che la giornata stesse volgendo al termine, Marina pensa bene di riscaldare l’atmosfera litigando con il gestore del rifugio (lui litiga in nepalese e lei in italiano), perché ci ha affibbiato uno in camera facendoci, ingannevolmente, credere che non ci fossero più stanze libere in tutto l’ABC. Risultato: Marina se ne va sbattendo la porta, mentre io mi ritrovo a dover cercare di spiegare a 2 nepalesi, che non era corretto quello che avevano fatto, sfoggiando un perfetto inglese da italiano, mentre l’intera sala osserva incuriosita la scena. Di notte ci siamo coperti con tutto quello che avevamo (maglione in testa e calze alle mani). 09/11/99 h.06.00 La bellezza delle montagne rimarrà impressa a lungo nei nostri ricordi. Uahoo! Siamo a oltre 4000 metri e vediamo sopra di noi, a portata di mano, le vette a 8000 m… sembrano così vicine, così maestose, pare che ci stiano osservando dall’alto. Dopo alcune foto inizia la discesa; attorno è tutto bianco, ricoperto dalla neve e dal ghiaccio. Torniamo a Sinuwa; dopo 7 ore di cammino siamo scesi di quasi 2000 metri e la temperatura ci sembra quella dei tropici (anche se Marina si imbottisce come l’omino Michelin) 10/11/99 h. 08.00 Scendiamo a Jhinu e quindi a Hot Spring dove Marina fa il bagno in una vasca d’acqua calda naturale, mentre io puccio le gambe nelle gelide acque del fiume. A Jhinu ci aspetta una supermegafantaextra buona cenetta e poi con Ciccio partecipiamo alla più importante festa nepalese: il festival delle luci. 11/11/99 ultimo giorno di trekking: New Bridge, Syauli Bazar e infine Birethanti. Credevamo che l’avventura fosse finita e invece no: per tornare a Pokhara ci fanno salire sopra un autobus…Sopra il tetto dell’autobus !! Mentre Ciccio si diverte a schivare i rami che gli sibilano sopra la testa, Mani, dopo avermi tampinato durante tutto il viaggio, appoggia romanticamente il suo capino sopra la mia spalla e Marina sghignazza divertita. Alle 17.30 finalmente torniamo alla normalità (Pokhara): doccia calda, barba e soprattutto un gabinetto. 12/11/99 Dopo aver salutato Ciccio e Mani saliamo sull’autobus per Kathmandu. I film nepalesi aumentano la sofferenza del viaggio durato 6 ore. Appena arrivati a Kathmandu, un’altra testata contro l’autobus, mi ricorda quanto sono bassi i nepalesi. 13/11/99 Su di noi incombe un unico dubbio: riusciranno i nostri eroi a confermare il volo per il ritorno in Italia e a salire domani sull’aereo? Oggi è sabato e in questo paese dalle 1000 sorprese il sabato è festa e la nostra compagnia aerea è chiusa!!!! Alla sera Marina si sente male e mentre io le reggo la fronte, lei si china su un secchio; così io ceno da solo e quando torno in camera, scopro che lei mi ha aspettato per condividere con me nuovamente la faccenda del secchio. 14/11/99 Ultimi acquisti e poi partenza. Sarà terminata la nostra avventura? No! Dopo aver assicurato gli zaini con un fatiscente nastro adesivo (memori dei furti dell’andata), partiamo con la solita ora e mezza di ritardo e atterriamo in Bangladesh alle ore 18.00. Qui senza troppe spiegazioni ci prendono passaporti e biglietti aerei e ci stipano in un pulmino e ci conducono in un albergo (chiamarlo così è fargli un complimento), insieme agli altri viaggiatori diretti a Roma. Della serie “riusciranno i nostri eroi a tornare in Italia?”. Finalmente all’01.30 di notte capiamo che non ci hanno sequestrato, ma solo offerto la cena in attesa del decollo. Il volo procede bene fino a poco prima di Roma, quando cominciamo a ballare per i vuoti d’aria. Ad un tratto uno scossone molto forte ci fa pensare che l’avventura non è ancora finita. Marina diventa dello stesso colore della sua maglietta (verdone) e peggiora quando si accorge che le si è sganciata la cintura di sicurezza; non si può neppure contare sull’hostess che, poverina, sta peggio di noi. Alla fine riusciamo a toccare sani e salvi il suolo italiano e a far ritorno a casa. Adesso pensiamo: “purtroppo” le nostre avventure sono davvero terminate.


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