Francia 2004 – Tra Loira, Bretagna e Normandia

Francia, Agosto 2004 Loira / Bretagna / Normandia Diario di viaggio La preparazione. Da sempre mi affascinava un viaggio tra i castelli della Loira e dopo la magnifica esperienza in Irlanda avevo subito preso in considerazione questa regione. Il problema del costo mi aveva pero' sempre trattenuto dall'organizzare un “fly and...
Scritto da: Davide Martini
francia 2004 - tra loira, bretagna e normandia
Partenza il: 05/08/2004
Ritorno il: 19/08/2004
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
Francia, Agosto 2004 Loira / Bretagna / Normandia Diario di viaggio La preparazione.

Da sempre mi affascinava un viaggio tra i castelli della Loira e dopo la magnifica esperienza in Irlanda avevo subito preso in considerazione questa regione.

Il problema del costo mi aveva pero’ sempre trattenuto dall’organizzare un “fly and drive”.

Grazie anche ad alcuni consigli e a diari di viaggio trovati su internet ho potuto scoprire che i prezzi erano relativamente bassi (nulla a che vedere con la dispendiosa Costa Azzurra di cui avevo gia’ esperienze) e che questa regione poteva essere facilmente raggiunta in auto in 7-8 ore di viaggio, evitando percio’ il volo e il noleggio dell’auto.

Un costo percio’ evitato di circa 1200-1400 euro che valevano il viaggio di 800km.

Vista anche la vicinanza della Loria con l’affascinante Bretagna e la Normandia (quest’anno celebrano il sessantennale dello sbarco e della liberazione) pianifico un itinerio con l’inseparabile Autoroute Express e con il sito www.Michelin.It, veramente due risorse inestimabili per queste avventure.

A priori le tappe stabilite sono le seguenti.

Strevi -> Bourges (inizio delle regione della Loira) Km. 780 Bourges -> Carnac (regione Bretagna) Km. 502 Carnac -> Caen (regione Normandia) Km. 470 Caen -> Strevi Km. 1160 Contando ovviamente le tappe intermedie e le “escursioni” stimo un totale di 3000-3200 km da effettuarsi in un arco massimo di 16 giorni (partenza Giovedi 5 Agosto e ritorno previsto per Sabato 21 Agosto), tutto sommato decisamente fattibile.

Una alternativa che mi viene suggerita e’ quella di prendere un volo economico (ad esempio con la Ryanar, giusto per non fare nomi) dall’Italia al Belgio (200 euro due biglietti andata e ritorno tasse comprese) e noleggiare li’ una macchina (molto piu’ economico che in Francia), ma il costo complessivo andrebbe comunque a sfiorare i 1000 euro.

Il vantaggio di una macchina a noleggio e’ la tranquillita’, in caso di imprevisti all’auto basta chiamare la compagnia e farsela sostituire.

Se, toccando ferro, mentre sono fermo in coda un’autista distratto dovesse tamponarmi, l’autonoleggio mi fornirebbe un altra veicolo in meno di due ore permettendomi di continuare il viaggio, come e’ successo in Irlanda nel 2000.

Con la propria auto sarebbe un grosso problema, bisognerebbe portarla o farla trainare in un officina del luogo, dovrei affittare una macchina se volessi continuare il viaggio e dovrei farmi portare l’auto a casa o provvedere alla riparazione sul luogo, anticipare i soldi e, nel caso avessi ragione, aspettare i rimborsi dell’assicurazione… Insomma… Vacanze sicuramente rovinate.

Provo a chiamare l’Aci di cui sono socio da due anni ma non mi forniscono molte informazioni, forse siamo ad Agosto e sono a corto di personale o oberati di lavoro per l’elevato traffico autostradale, ma tutto cio’ che mi dicono e’ di andare a guardare il sito; ovviamente lo faccio e trovo le informazioni che desidero anche se purtroppo non si parla di auto sostitutiva in caso di incidente.

Provo allora a rivolgermi alla Europe Assistance, qui gli operatori sono estremamente piu’ gentili e disponibili, ma un contratto simile a quello dell’Aci (che costa 60 euro e che mi scade il 13 Agosto) costa ben 130 euro facendo il preventivo on line; mi verrebbe subito da pensare, la qualita’ si paga, sempre, ma a queste cifre il rapporto prezzo/qualita’ migliore lo ha l’Aci. Chiedo allora alla mia assicurazione che mi dice che grazie ad una convenzione puo’ farmi il contratto dell’Europe Assistance con circa 18 euro all’anno, non ha tutte le caratteristiche di quello “full” che avevo trovato sul sito ma le cose che mancano non mi servono assolutamente (ad esempio l’auto sostitutiva per piu’ di 3 giorni in caso di incidente in Italia).

Visto che la cifra viene considerata ad “anno assicurativo” e a me mancano circa 4 mesi alla fine dell’anno pago solamente la differenza da adesso alla prossima scadenza, in totale quindi 5 euro.

Rispetto ai 60 euro dell’Aci, sono gia’ i primi 55 euro risparmiati, il budget della vacanza inizia con il piede giusto; forse non avro’ tutti i servizi del contratto completo ma dopo aver letto due volte il contratto non vedo sostanziali differenze e cio’ che mi offrono lo ritengo estremamente valido per poter partire con la mia auto in tutta tranquillita’.

Prima cosa da confermare e’ il giorno preciso della partenza, mi faccio aiutare dal servizio di viabilita’ delle autostrade e dal numero verde del traforo del Freyus, mi dicono che giovedi e’ considerato verde (assenza di traffico), il venerdi giallo (traffico rallentato) mentre sabato e domenica mi attenderebbero due bollini rossi (traffico congestionato e code all’imbocco del traforo).

Mirna, mia moglie, riesce a prendere le ferie proprio dal giovedi e io mi metto d’accordo con un collega per la reperibilita’ che avrei dovuto avere il giovedi e il venerdi, reperibilita’ che giro a lui per 40 euro, sicuramente ben investiti.

Il budget previsto e’ di 2000-2100 euro. Il conto che ho fatto e’ di 110 euro al giorno circa tranne il primo e l’ultimo giorno per cui il budget e’ di 180 euro (a causa dei pedaggi e dei rifornimenti), con in piu’ 200 euro tra gli “extra” e le solite ed immancabili “varie ed eventuali” che sia in Irlanda che in California ci avevano portato, sebbene di poco, fuori budget.

Il viaggio avra’ una durata stimata di 7 ore, che salgono a 9 circa considerando una prima pausa per la colazione, una pausa a meta’ mattina e una pausa pranzo per riposare, sia noi che la macchina.

Per evitare le ore di caldo (il tragitto si prevede lungo e molto caldo) decidiamo di fissare la sveglia per le 5:00 per poter partire con tutta calma entro le 6:00 e arrivare a Bourges nel primo pomeriggio, intorno alle 15:00.

La documentazione e’ avvenuta in due modi, su Internet, grazie ai diari di viaggio e ai tanti siti disponibili e su 4 libri: “Le guide Mondadori” (“Bretagna” e “Valle della Loria”) “On the Road” (”Francia”) del Touring Club e “Traveler di National Geographic” (“Francia”), oltre naturalmente ad una buona cartina stradale. Inseparabili compagni di viaggio saranno una videocamera digitale DV della Sony e una fotocamera, anch’essa digitale, della Nikon.

Giovedi 5 Agosto 2004 Day: 1 Strevi (AL) -> Bourges (Loira) Km. Percorsi oggi: 870 Mirna si sveglia alle 5, gia’ fresca e pronta per partire, io fatico un po’ di piu’ ma sono in piedi, un po’ pigramente, alle 5 e 20.

Salutiamo la gatta, controlliamo per l’ennesima volta che non manchi nulla e alle 5 e 50, come da programma siamo gia’ in viaggio.

Partenza da Strevi, ovviamente, il paese in cui viviamo, in provincia di Alessandria.

Colazione all’autogrill sulla Piacenza-Torino (il secondo autogrill sulla nostra strada) intorno alle ore 7, strada deserta e cielo parzialmente nuvoloso, non avrei potuto sperare in condizioni migliori.

Arriviamo al traforo del Freyus prima delle 9, come da nostra speranza senza code, costo 29,30 euro. Mirna patisce un po’ un luogo cosi’ chiuso e i controlli termografici, per cercare la presenza di incendi a bordo, ricordano la recente tragedia del non lontanissimo tunnel del Monte Bianco.

Fu proprio un incendo a bordo di un camion a causare la tragedia del 1999 in cui morirono bruciate ben 39 persone e alla velocita’ massima di 90 km orari i 7 km della galleria sembrano non passare mai.

Dopo 5 minuti arriviamo in territorio francese (anche se in realta’ il confine e’ sotto la galleria) e ci prepariamo ad affrontare la parte piu’ lunga del viaggio.

Dopo neanche 30 minuti di autostrada francese c’e’ il primo casello, 9,80 euro… Se moltiplicassi questo costo per i chilometri ancora da fare il budget del primo giorno sarebbe gia’ in pericolo.

Al termine dell’autostrada, che finisce a Lione, abbiamo il nostro primo “litigio” con la segnaletica francese, anche se, in questo caso, la colpa e’ stata nostra.

In Francia infatti, a differenza dell’Italia, l’autostrada e’ indicata in blu mentre le strade locali e regionali sono quelle verdi.

Abituati alla segnaletica italiana, senza neanche pensare che all’estero possa essere diversa, ci dirigiamo sulla strada “verde” e solo dopo diversi chilometri, quando vediamo l’autostrada sfrecciare alla nostra sinistra, capiamo di avere sbagliamo qualcosa; torniamo allora indietro e, nonostante l’assenza totale di indicazioni, riusciamo a intuito e a “vista” a reimmeterci sull’autostrada giusta e puntare verso Bourges, direzione St. Etienne prima e Clermont-Ferrand poi.

Una seconda sosta a meta’ mattina per fare rifornimento mi dice che qui il diesel costa piu’ che in Italia, 0.98 anziche’ 0.96.

La situazione in Iraq degli ultimi tempi ha mandato il costo del petrolio a prezzi da record, contribuendo a rendere il carburante caro come non lo era era dai tempi del dicembre 1999… Gia’… Proprio durante il mio “Fly and Drive” in California.

Per fortuna il costo del carburante negli Stati Uniti e’ bassissimo (meno di 18 euro per un pieno di carburante da 40 litri nel 2002) ma in Europa non siamo cosi’ fortunati e questi aumenti arrivano nel momento meno indicato per tutti quelli che devono viaggiare. Dopo avere visto 3 o 4 McDonald per strada decidiamo di uscire dall’autostrada alle 13 per mangiare un panino. Purtroppo, il posto in cui usciamo si rileva un vero e proprio deserto e, l’unica opzione e’ quella di mangiare alla “Pizzeria Etna” nel primo ed unico paesino che troviamo.

Il McDonald piu’ vicino e’ a troppo chilometri di distanza e non ce la sentiamo di allungare oltremodo il viaggio di andata.

Il posto non e’ dei piu’ consigliabili e nessuno sa una parola di italiano o inglese, ma la pizza e’ comunque accettabile Dopo altri due caselli (si paga per tratti autostradali anziche’, come in Italia, in unico tratto dall’ingresso all’uscita) e una pioggia torrenziale che ci costringe a fermarci dieci minuti in una area di emergenza, arriviamo in Loira, a Bourges.

Durante il percorso una pietra scagliata da una macchina di fronte alla nostra colpisce il parabrezza che pero’ sembra non aver subito nessun danno.

Troviamo un bel motel subito all’ingresso della citta’ ma il prezzo, 60 euro, e’ piu’ alto di quello che speravamo. Da una parte ci stupisce e ci fa piacere la presenza di un hotel/motel in pieno stile americano, dall’altra speriamo di trovarne a prezzi non superiori i 45 euro.

Un po’ rattristati ripartiamo in cerca di un altro motel e, seguendo i cartelli, troviamo quello che definiscono “centre hoteliere”, ovvero un quartiere in cui mettono tutti i motel di fascia economica.

Ci sono 3-4 grosse societa’ che dispongono di una decina di catene alberghiere e nelle citta’ piu’ famose e piu’ turistiche vengono raggruppati in un unico luogo. Cartelli ce ne sono parecchi per strada, quindi trovarne unico significa trovarli tutti.

I prezzi qui variano dai 25 euro in su per una camera da due persone. Prendiamo il piu’ lontano dall’autostrada, “Mister Bed” al prezzo di 28 euro. La camera e’ piccola ma funzionale, un letto matrimoniale, una sedia con piccola scrivania, un attaccapanni, bagno con doccia e Tv con canali satellitare nazionali e internazionali, tutto quello che serve in circa 4 metri x 4.

La colazione non e’ compresa e costa 5 euro a testa, che, almeno per la prima volta, decidiamo di provare, portando a 38 euro il conto della stanza.

Dopo avere posato la valigia e fatto una bella doccia ci accorgiamo che sono “solo” le 17 e decidiamo di andare a vedere la vicina cattedrale gotica di Bourges, una delle piu’ alte e grandi di Francia.

Il parcheggio vicino alla chiesa, che ovviamente e’ nel centro storico della citta’, e’ a pagamento ma solo fino alle 18, percio’ mi bastano 30 centesimi per lasciare la macchina in sosta.

Lo stile e’ quello classico gotico, navata a forma di croce cristiana con tipico frontale gotico, stupendo, e a impreziosire questa cattedrale vi sono oltretutto dei vetri dipinti che sembrano risplendere di luce propria.

Un salto ad un supermarket per acquistare una bottiglia di the (in albergo costa 1,50 euro la lattina, al supermarket con la stessa cifra se ne comprano 2 litri) e, clamorosamente dimenticati a casa, gli asciugamani da bagno e gli spazzolini. Con dieci euro riusciamo a prendere tutto.

Una veloce cena al McDonald e alle 21 siamo gia’ sotto le coperte.

Spesa del primo giorno, 196 euro, leggermente sopra il budget ma di pochissimo e siamo contenti cosi’, sapere di poter trovare da dormire in modo cosi’ facile ed economico ci rende decisamente tranquilli.

Oltretutto e’ la settimana che precede Ferragosto, siamo in piena Loria e gli alberghi sono mezzi vuoti, evidentemente il turismo di massa e’, per nostra fortuna, ben lontano.

Venerdi 6 Agosto 2004 Day: 2 Bourges -> Chambord -> Chenonceau Km. Percorsi oggi: 262 Ci alziamo alle 8 in punto dopo oltre 10 ore di meritato riposo e, dopo una scarsa colazione in albergo (che ci ricorderemo di non prendere piu’) ci dirigiamo verso Chambord, considerato uno dei piu’ grandi castelli di Francia.

L’esposizione di alcuni frammenti del codice Leicester “ex codice Hammer, ex codice Da Vinci” rendono ancora piu’ interessante la visita a questo stupendo castello e, ironia della sorte, fanno da accompagnamento al libro che ho appena iniziato a leggere “Il codice Da Vinci” di Dan Brown.

Due ore di visita al castello, dieci euro a testa ben giustificati, tante foto e andiamo a mangiare. La lieta sorpresa e’ che anche nei posti piu’ turistici con 12-14 euro ci si puo’ mangiare un super panino (baguette) imbottito e bere una bibita fresca alzandosi da tavola pieni e senza aver speso una fortuna.

Nel pomeriggio scopriamo, purtroppo, una crepa di 30 cm nel parabrezza della macchina, forse la pietra a 130 all’ora del giorno prima non era stata cosi’ ininfluente.

Decidiamo allora di procedere lentamente verso il piu’ vicino albergo e decidere sul da farsi. Purtroppo in questa zona, senza grosse citta’ in vista, non ci sono catene alberghiere a basso prezzo e dopo aver girato invano un paio di bed & breakfast e un paio di hotel troppo cari per i nostri gusti ci dirigiamo a Chenonceau, tappa del nostro prossimo castello, dove prendiamo una camera a 45 euro in uno degli unici due hotel del luogo.

Mi rimane il dubbio di sapere se i bed & breakfast erano veramente pieni o se non avessero voglia di comunicare con turisti non francese. Passi che non sappiano parlare bene in inglese ma non sono disposto a credere che non sappiano il significato di parole come “room” “how much” o “available” dopo anni di attivita’.

Secondo me farebbero prima a scrivere che danno le camere solo ai francesi, ma e’ solo una mia opinione personale, di scelta ce n’e’ parecchia, gli hotel costano meno e hanno anche il bagno in camera, percui senza troppi problemi continuano il nostro giro per queste bellissime vallate.

La cena e’ una piacevole sorpresa, un posto magnifico proprio di fronto all’albergo e una supercena per due in cui posso finalmente gustare il tipico “Moules e Frites” (cozze e patatine) e altre cose buone locali al prezzo di 20 euro (tutti e due!).

L’assenza di bibite e di coperto aiuta a risparmiare quei 7-8 euro che in tasca fanno proprio piacere.

Le bibite pero’ sono l’unico piccolo neo, l’acqua in bottiglia non e’ buonissima e costa troppo, birra alla spina nemmeno a parlarne e il sidro costa ancora troppo (dai 6 agli 8 euro la bottiglia) per essere provato. Optiamo per la gratuita acqua in caraffa che da queste parti e’ come la nostra migliore acqua naturale in bottiglia.

Per poterci bere una birra alla spina dobbiamo fare un salto dopocena in birreria, un piccolo giro per il paese (che comprendera’ al massimo 40 case), una visita all’ufficio turismo che sembra abbia preso gli orari dai nostri uffici pubblici (10-12 e 15-18) e apprendiamo con un po’ di dispiacere che il “Son et Lumiere” c’e’ solo il sabato e la domenica.

Il “Son et Lumiere” e’ una spettacolo di suoni e luci (foto o video) proiettate sul castello, sono in francese ma sono di grande effetto, peccato solo che sia Venerdi sera e non sia in programma.

Arriviamo in camera alle 21 e scopro, con mia disperazione, di non aver preso il caricabatterie della videocamera. Mi dispero e mi accuso per una tale leggerezza e scendo in strada per chiedere consiglio su quale fosse il piu’ vicino negozio di foto/elettronica ma nessuno sembra parlare inglese in tutto il paese.

Alla fine riesco a farmi consigliare dal barista dell’albergo (l’unico in tutto il paese che parlasse inglese !!) un centro commerciale non molto lontano da li.

Tra il vetro dell’auto che rischia seriamente di compromettere il viaggio e il caricabatterie dimenticato (che significava fare tutto il viaggio senza videocamera, cosa per me decisamente importante) il secondo giorno si rivela essere per la terza volta consecutiva un giorno maledetto (dopo l’incidente in Irlanda 2000 e il malore di Mirna in California 2002).

Sono le 22 passati e vado a dormire, sebbene ci riesca solo a sprazzi.

Sabato 7 Agosto 2004 Day: 3 Chenonceau -> Amboise -> Tours Km. Percorsi oggi: 74 Ci svegliamo per le 8 e mezza e alle 9 siamo gia’ davanti al castello di Chenonceau, che dista circa 500 metri dal nostro albergo.

A differenza di ogni altro posto visitato, non solo in Italia ma anche in Irlandia e in Slovenia, notiamo che il parcheggio, come ieri a Chambord, e’ gratuito e subito notiamo un paio di differenze rispetto all’Italia.

In Italia, ma come ripeto, anche in altri paesi, avremmo trovato bagarini o posteggiatori ufficiali pronti a scucirci 2-3 euro e il chiosco adiacente al castello, e’ ancora chiuso.

Il castello apre alle 9, e nel parcheggio libero dei camper, quasi tutti italiani, sarebbero in molti a voler fare una colazione con croissant caldi, ma dopo quasi un quarto d’ora di attesa, apprendiamo da una svogliatissima addetta che il chiosco non sarebbe pronto “per ancora un bel po”.

Stupidi dalla scelta di buttare letteralmente via non meno di 30-40 colazioni ci accontentiamo di due cioccolate calde alla macchinetta e entriamo nel castello, considerato uno dei piu’ belli non solo di Francia ma d’Europa.

Nonostante la mia preoccupazione per il caricabatterie decido di non risparmiare l’ultima batteria per questo capolavoro e di riprenderlo come merita, anche Mirna, come potrete vedere dalle foto, si sbizzarrisce come meglio crede.

Il castello e’ un vero e proprio capolavoro e la presenza di una guida digitale audio in italiano aiuta a capire meglio la struttura e le storia di questa meraviglia. La guida e’ digitale, un Apple Ipaq, una sorta di moderno e leggero walkman e ogni stanza, contrassegnata da un numero, viene descritta da file audio parlato in un buon italiano. Si possono scegliere due percorsi, uno da 25 minuti e uno da 45 minuti, noi optiamo per il primo, quello proposto di default.

Usciti dal castello, dopo circa un paio d’ore, ci dirigiamo verso il centro commerciale ma del caricabatterie neanche l’ombra, proviamo a chiedere e ci suggeriscono di provare in un negozio di foto in una vicina citta’.

Anche qui pero’ del caricabatterie nemmeno l’ombra ma almeno riusciamo a capire come si chiama in francese e dove dobbiamo cercare, cioe’ Amboise, la citta’ in cui ha vissuto gli ultimi anni Leonardo da Vinci e in cui saremmo comunque andati nel pomeriggio.

Dopo avere visto il castello piu’ grande e il castello piu’ bello di Francia “snobbiamo” il pur bellissimo castello di Amboise e ci dirigiamo nel complesso di “Clos Luce”, dove il genio toscano ha vissuto gli ultimi 3 anni della sua vita.

Qui sono stati ricostruiti partendo dai suoi progetti decine delle sue invenzioni e nel grande parco, un percorso di oltre un ora, ci accompagna nei momenti della sua vita: pittura, scultura, progettazione, architettura, anatomia, invenzioni con ovviamente gli immancabili misteri.

Durante il percorso queste vere e proprie “stazioni” contengono anche un commento in italiano, in cui ci si puo’ sedere e ascoltare spiegazioni e informazioni sulla vita e le opere di Leonardo da Vinci.

Le analogie con il libro che sto leggendo, e che consiglio a tutti, rendono ancora piu’ affascinante questa visita.

All’uscita andiamo di volata in centro citta’ per cercare il famoso caricabatterie e, al secondo negozio di foto, finalmente lo trovo, proprio mentre cominciavo a perdere le speranze…

Facciamo un giro in questa splendida citta’ e andiamo a prendere una camera nel “Mister Bed” della vicina Tours, un hotel gemello di quello del giorno prima che qui costa 31 euro.

A cena andiamo al “Buffalo Grill”, una catena franco-americana di carne alla brace, dove con 30 euro riusciamo a mangiare tanto e bene.

La crepa nel parabrezza dell’auto, anche se abbiamo fatto “solo” 74 km, non e’ avanzata, quindi piu’ rasserenati, andiamo a nanna decisamente tranquilli.

Domenica 8 Agosto 2004 Day: 4 Tours -> Gennes -> Angers Km. Percorsi oggi: 168 Dopo avere visto le brochure in albergo, sempre pieni di volantini e informazioni sulle “attrazioni” della zona, decidiamo di dirigerci verso Angers, sulla strada ci sono parecchie cose interessanti.

La prima tappa e’ il castello di Villandry, bellissimo come architettura e struttura ma anche e soprattutto noto per i suoi giardini, costruiti su tre livelli.

Il livello piu’ basso e’ il giardino botanico ornamentale piu’ grande del mondo. Qui con una maestria incredibile 8 giardinieri lavorano a tempo pieno tutto l’anno e ripropongono, migliorandolo, il gioco di colori e simmetrie che i monaci medioevali avevano iniziato secoli fa.

Ora il castello, da oltre un secolo, e’ di proprieta’ spagnola ed e’ proprio di questa nazione la galleria di quadri che, a onor del vero, io e Mirna non notiamo nemmeno piu’ di tanto, piu’ stupiti dal castello e dai giardini che dalla pinacoteca interna.

Dopo un bel giro tra piante, siepi, labirinti e giardini e’ quasi mezzogiorno e , una volta usciti, ci dirigiamo verso le vicine grotte di Villandry.

In ogni posto dove siamo stati siamo andati a vedere delle grotte e anche qui non vogliamo essere da meno.

Oggi il caldo si fa abbastanza sentire, siamo intorno ai 28-29 gradi e la macchina dopo 2 ore al sole non e’ certo il posto migliore in cui stare a quest’ora.

Ne approfittiamo per visitare queste fresche grotte, l’ingresso e’ molto “rustico”, bisogna pagare il biglietto presso la cassa del vicino bar, come gia’ ci era capitato una volta in Irlanda.

Il biglietto di ingresso e’ onesto (5 euro) e ci viene data anche una sorta di guida fotocopiata in italiano da cui apprendiamo che queste grotte hanno la particolarita’ di essere 100 volte piu’ veloci nella calcificazione. In pratica una stalattite di un metro impiega “solo” cento anno per formarsi; questa caratteristiche viene anche sfruttata commercialmente immergendo oggetti di ogni sorta (souvenir come statuine, bamboline, manufatti) e vendendoli completamente “pietrificati” al negozio di fronte all’uscita.

Le grotte non sono molto lunghe, nulla a che vedere con le meraviglie italiane o slovene, ma meritano comunque di essere visitate e un ora di visita a 15 gradi ci fa proprio bene.

Prima di uscire siamo accompagnati nell’ultima stanza della grotta che e’ in realta’ una “cave”, ovvero una sorta di fresca cantina/enoteca costruita in queste grotte naturali e dove, come ogni enoteca che si rispetti, ci viene offerto un mezzo bicchiere di Cabernet Rose’ del luogo, veramente ottimo.

Sono le 13 passate e con quel bicchiere di vino la fame si fa sentire, ci dirigiamo allora in auto notando con tristezza che la crepa nel vetro ha subito un aumento di 2 cm circa.

Valutiamo la possibilita’ di chiamare la Europe Assistence per “prenotare” un parabrezza che potremmo far arrivare gratuitamente in una citta’ a nostra scelta, magari Rennes o Caen dove saremo la settimana prossima; in due ore farebbero il lavoro e il disturbo sarebbe minimo.

Decidiamo di aspettare ancora e ci dirigiamo verso il primo paese che incontriamo, Langeais, dove all’ombra di un altro magnifico castello oramai alle 14 passate mangiamo qualcosa e sostiamo un oretta.

Qui le cameriere sono ancora piu’ svogliate di quella del giorno prima a Chenonceu e, se possibile, vogliono anche farci credere che, non solo non sanno l’inglese ma non sanno neanche cosa vogliono dire “One” o “Two”. La fame e’ piu’ forte della voglia di alzarci e andarcene e col dito, riusciamo a farci capire e ordinare da bere e da mangiare.

Proseguiamo la nostra strada e decidiamo di non andare a vedere l’abbazia di Fontanevraud, sicuramente bellissima ma non abbiamo molta voglia di un altra camminata di due ore e ci attende ancora l’abbazia di Cluny.

Ci dirigiamo allora verso Gennes, nota per i resti di un antico anfiteatro romano.

Forse perche’ siamo abituati troppo bene con i resti romani, tanto presenti dalle nostre parti, ma non ci dice piu’ di tanto, anzi, pensiamo proprio di avere buttato via i 6 euro; ci consoliamo pensando che comunque non sarebbe umanamente possibile riuscire a azzeccare solo le cose piu’ belle.

Paradossalmente vale di piu’ un menhir alto quasi 5 metri che troviamo per caso in mezzo ai campi e alle case proprio vicino al parcheggio.

Per fortuna riusciamo a parlare con una studentessa che si occupa della cassa, la prima in tutta la Francia con cui riusciamo a comunicare bene in Inglese e ci indica la strada per la nostra prossima tappa, l’”Helice Terrestre”.

Qui uno scultore ha scavato in un antichissimo villaggio neolitico, una vera e propria opera d’arte, una sorta di piccolo cunicolo di gallerie e sculture, interamente nel tufo. Nonostante le buone indicazioni trovarlo non e’ semplicissimo ma alla fine ci arriviamo e riteniamo ne sia valsa sicuramente la pena, specie dopo la delusione dell’anfiteatro.

Concludiamo la giornata prendendo una camera al Village Hotel di Angers e cenando con “Buffalo wing, barbecue ribs e brochettes” (carne alla griglia con spiedini, costine e croccanti ali di pollo) al Buffalo Grill, che dista meno di 400 metri dall’albergo.

Lunedi 9 Agosto 2004 Day: 5 Angers -> Carnac -> Rennes Km. Percorsi oggi: Oggi ci apprestiamo a lasciare la Loira e andare in Bretagna.

Partiamo visitando il vicino castello di Angers, che a differenza degli altri finora visto e’ un castello che aveva scopi prettamente difensivi, una vera e propria fortezza.

Qui dal giro sulle mura godiamo di una magnifica vista della Loira e della citta’ e all’interno, oltre ai giardini, la cappella, le torri e le abitazione dei Signori dell’epoca e’ ospitato quello che era l’arazzo piu’ grande del mondo, noto anche come “Arazzo dell’Apocalisse”.

In oltre 44 metri di lunghezza e 4 di altezza (352 metri quadrati complessivi, contanto che l’arazzo e’ speculare fronte/retro) viene descritto il libro dell’apocalisse, purtroppo le iscrizioni sono solo in francese e il giro guidato in italiana, peraltro gratuito, parte solo tra 1 ora ma oggi la strada e’ troppo lunga per aspettare e un altro chilometro di giro sulle mura ce lo risparmiamo volentieri.

Passando per le magnifiche vie del centro storico notiamo anche qui la splendida cattedrale e le bellissime case ristrutturate, come in ogni citta’ finora vista, con il rispetto per quello che era l’aspetto originario, cioe’ con un’intelaiatura di legno esterna.

Dopo quasi 2 ore di viaggio arriviamo a Carnac, ci dedichiamo un oretta di pausa riposo e pranzo e andiamo a visitare il complesso megalitico piu’ grande d’Europa. Migliaia di grossi massi allineati tra loro su oltre 12 km di terra.

Uno spettacolo veramente mozzafiato e il fatto che i motivi di tali allineamenti siano ancora sconosciuti aiuta a rendere questo posto uno dei piu’ ricchi di fascino e visitati di Francia.

Le ipotesi sono ancora tante, complesso religioso, funerario o astronomico, nascondono una realta’ che forse non conosceremo mai. Rimane stupefacente vedere come pietre da diverse tonnellate (alcune anche da 50-60 tonnellate) siano state allineate con un dispendo sicuramente enorme di tempo e fatica oltre 6000 anni fa.

Proprio a causa dell’elevato numero di turisti (stimano un milione solo nel 2003) le visite nel complesso megalitico chiamato “Allineamento di Carnac” non sono piu’ libere ma solo organizzate, dietro appuntamento, 2 volte la settimana; ovviamente oggi non era uno di quei due giorni, ma lo sara’ domani.

Il percorso, per evitare il formarsi di sentieri, viene cambiato quotidianamento in un ordine ben preciso stabilito da un computer in modo di rifare lo stesso percorso solo ogni 120 giorni.

Quando ancora l’ingresso era libero, fino al 1992, erano stati proprio i sentieri a danneggiare il manto erboso e causare l’erosione del terreno fino a far cadere diverse rocce.

Ora il sito megalitico e’ patrimonio dell’Unesco e si sta’ provvedendo ad un recupero del terreno, grazie anche al costante e “guidato” lavoro degli animali, che portera’ entro pochi anni a vedere Carnac come lo potevano vedere gli antichi celti.

L’unico limite di non poter girare in mezzo alle pietre e’ quello di non poterle toccare, per il resto la visibilita’ e’la stessa, quindi siamo piu’ che soddisfatti dei percorsi intorno ai campi.

Facciamo un bel giro a piedi, andiamo a vedere il centro informazioni di Carnac e andiamo a cercare un albergo in zona per poter ritornare il giorno dopo.

Oggi per la prima volta vediamo veramente tanti turisti, e’ il primo luogo con turismo di massa che incontriamo dall’inizio della vacanza, evidentemente il fresco delle Bretagna, il fascino del luogo e la vicinanza con la costa oceanica (a meno di 10km) attirano il turismo che in tutta la Loira non abbiamo visto.

Per la prima volta, purtroppo, ci viene detto che l’hotel e’ completo e anche in tutti gli altri hotel della zona non va meglio. Nell”ultimo degli hotel, l’Etap, una infastidita “oste” mi dice che e’ tutto pieno nel raggio di almeno 30 km, a meno che non voglia andare al Novotel che ha ancora alcune stanze libere.

Il dettaglio che non mi dice e’ che il Novotel e’ un tre stelle da 110 euro a testa e allora me ne torno in macchina un po’ scoraggiato da questa informazione; mai piu’ pensavamo di avere problemi di posto in Bretagna e nessuno in Loira, avrei scommesso l’esatto opposto.

Anche dirigendosi verso l’interno in ogni hotel c’e’ sempre la stessa scritta: “Hotel Complet”.

Il problema ora e’ questo: vorrei restare in questa zona, non e’ in programma un viaggio verso Est (verso Brest per intenderci), verrebbe troppo lunga la strada per il ritorno, ma neanche andare troppo verso l’entroterra, ogni chilometro fatto dalla costa verso l’interno infatti dovrebbe essere rifatto domani due sia in andata che ritorno.

Andiamo nella quasi vicina cittadina di Baud, nessuna ombra di catene hoteliere ma troviamo due alberghi. Il primo viene scartato da Mirna, costa 35 euro e ha camere libere, ma definirla una bettola sarebbe un grosso complimento. Due grossi, “unti” e malvestiti energumeni che trangugiano birra nel bar interno ci suggeriscono di provare il secondo hotel.

Qui il costo e’ di 50 euro, tutto sommato accettabile stasera, e l’ambiente e’ pulito e raffinato. Purtroppo il cameriere, dopo che ci squadra semi-disgustato dal basso all’alto (forse i nostri pantaloncini corti e l’aspetto da turista non lo convince molto) ci dice che e’ tutto completo.

Pur dubbiosi sulla veridicita’ di quanto appreso torniamo in macchina e decidiamo di dire addio a Carnac e a questa zona della Bretagna.

Ci dirigiamo sconsolati verso Rennes, sicuri di trovare posto in uno dei numerosissimi hotel di questa grande citta’.

Un po’ stanco e un po’ scoraggiato decido di andare nel primo hotel della periferia di Rennes, per la precisione nel sobborgo di “Le Rheu”. Qui, come pensavamo, troviamo subito posto presso il Fast Hotel, forse non impeccabile dal punto di vista della pulizia ma comunque accettabile per una notte e decidiamo, dopo esserci fermarti, di dirigerci a mangiare nell’unico posto possibile a distanza di occhio.

Troviamo una piccola pizzeria a pochi metri dall’albergo, l’unico locale aperto in zona, e scopriamo con stupore che il giorno dopo avrebbe chiuso 20 giorni per ferie.

L’ultima cosa che avremmo voluto era fare altri 30 km di strada per cercare da mangiare.

Prendiamo una pizza grande in due e ci sediamo in uno dei due tavolini, ancora pieno delle birre lasciate da un gruppo di turisti pochi minuti prima.

Un colpo veloce con una non pulitissima spugna e il ”gentilissimo” cameriere/pizzaiolo/cassiere ci posa delle altrettanto non pulitissime posate sul tavolo; cio’ ci suggerisce di mangiare con la mani una, seppur buona, pizza, anche se completamente diversa da quella che avevamo ordinato.

Notiamo con piacere che la crepa dell’auto non e’ aumentata nonostante i quasi 500 km di oggi e un po’ sconsolati torniamo in albergo a leggere, sulla guida della Bretagna, quali bellezze e quali siti ci siamo lasciati alle spalle oramai a oltre 140 km di distanza.

Martedi 10 Agosto 2004 Day: 6 Rennes -> Paimpont -> Vitre’ -> Rennes Km. Percorsi oggi: 222 Una bella e abbondante colazione ci rimette subito di buon umore e, memori del giorno prima, decidiamo di cercare un buon hotel in cui stare altri due giorni.

Cosi’ facendo aumenteremo di un po’ i chilometri da percorrere ma usando Rennes come “base” possiamo pianificare i prossimi 2-3 giorni per tutte le tappe rimanenti della Bretagna, con la tranquillita’ di poter stare in giro fino a dopo cena sapendo gia’ dove andare a dormire e senza correre il rischio di trovare esaurito.

Oggi decidiamo di fare la zona della Bretagna a Sud e Sud-Est di Rennes, in particolare puntiamo dritti verso la foresta di Paimpont, nota anche per essere il luogo in cui e’ ambientata la leggenda di re Artu’ e di Merlino.

Per strada ci fermiamo nei pressi di un bellissimo laghetto, fresco e tranquillo, e la voglia di tuffarmi in acqua e’ veramente tanta, ma sarei l’unico e non sono nemmeno certo che si possa farlo liberamente qui.

Proseguiamo, grazie anche alle indicazioni di una simpatica e disponibile agente dell’ufficio turismo, verso la citta’ di Paimpont.

Proprio qui Mirna, letteralmente a fiuto, trova un posto splendido in cui pranzare con carne alle griglia e cucina casalinga.

Proseguiamo visitando l’abbazia di Paimpont, il bel laghetto che la abbraccia e ci dirigiamo in auto verso quello che, secondo la leggenda, sono la tomba di Merlino e la fonte della giovinezza, entrambe comprese in quella che si chiama anche “Foret de Broceliande’”.

I due luoghi di per se’ si rilevano una vera e propria delusione, una pietra con un palo rinsecchito e decine di foglietti dovrebbe essere quello che, secondo la leggenda, e’ il luogo in cui Viviana, dopo avere fatto innamorare e aver carpito i segreti di Merlino, lo ha trasformato in un albero secolare.

Un fosso asciutto invece, dovrebbe essere la fonte della giovinezza, ma siamo comunque felici, la foresta, la passeggiata e i luoghi meritano abbondantemente una giornata di visita.

La foresta di Paimpont e’ cio’ che rimane delle enormi foreste Bretoni, dopo secoli di sfruttamento del legname per i cantieri navali e per le abitazioni e per poco non investiamo un grosso cervo che ci e’ transitato a pochi centimetri dalla macchina. Per fortuna la nostra andatura “turistica” a 40 km orari, che faceva un po’ arrabbiare i frettoloso, si e’ rilevata oltremodo utile.

Sulla strada del ritorno andiamo a Vitre’, bella e famosa per il castello, e dopo un breve giro per la citta’ andiamo all’ufficio turismo per chiedere dove possiamo trovare un Internet Point.

Un’addetta, simpatica e disponibile seppur in uno stentato inglese, ci “mima” che l’unico si trova nelle Poste del paese, comunque poco distanti.

Da qui avremmo prenotato, o quantomeno deciso, dove andare a dormire per un paio di sere.

Sette euro non sono proprio un prezzo onesto per un’ora di navigazione con un antiquatissimo Macintosh con Internet Explorer 5, una connessione a 56k, una tastiera francese (che non consiglio nemmeno al mio peggior nemico se non si e’ abituati) e un mouse tenuto insieme con il nastro adesivo, ma ci rinfranca vedere che c’e’ posto in quasi tutti gli hotel di Rennes.

Da non e’ pero’ possibile stampare la prenotazione a causa dell’assenza di una stampante e decidiamo, comunque rinfrancati, di dirigerci a prenotare di persona.

Ci dirigiamo in quello che avevamo considerato il piu’ bello tra gli hotel finora utilizzati, il Villages Hotel e prenotiamo per tre sere, proprio dieci minuti prima di vedere appeso il cartello “Hotel Complete”.

Una rapida cena e alle 22 siamo gia’, rilassati, tranquilli e felici per la bella giornata, sotto le coperte.

Agosto 2004 Day: 7 Rennes -> Mont St. Michel -> Dol Du Bretagne -> Rennes Km. Percorsi oggi: 208 Oggi e’ in programma la costa da St. Brieuc a Cap Frehel, con magari un bel bagno nell’oceano, ma ci svegliamo sotto un vero e proprio diluvio e decidiamo allora di cambiare programma e dirigerci verso Mont S. Michel.

Dopo un oretta di macchina, a meno di 4km dal parcheggio, troviamo gia’ coda ma lo spettacolo che vediamo e’ da lasciare senza fiato.

Ha gia’ smesso di piovere e Mont St. Michel sembra una montagna sospesa nel vuoto che sbuca dal terreno e galleggia sull’oceano.

Per i non conoscenti faccio una breve parentesi, Mont St. Michel e’ un’isola-penisola. A causa delle maree piu’ forti del mondo, a seconda dell’alta e della bassa marea quest’isola viene circondata dal mare.

Quello che ora per noi e’ un parcheggio questa sera sara’ mare aperto, anche se in realta’ ci sono due alte e due basse maree al giorno ma e’ d’inverno che il mare riesce a circondare completamente questa rocca, mentre in estate, anche con l’alta marea, non c’e’ pericolo per la nostra auto e le decine di camperisti presenti.

Parcheggiamo di fronte a questa meraviglia e tra una goccia e uno spiraglio di sole riusciamo a salire per le strette vie che portano all’abbazia, quasi millenaria e tutt’ora nuovamente abitata dai monaci benedettini.

Inutile soffermarci sulla bellezza di questo posto, ritengo, e non solo io, che sia uno dei luoghi piu’ belli del mondo e nessuna foto o video potra’ descrivere veramente bene le sensazioni che si provano visitandolo.

Ci fermiamo a mangiare in un ristorantino tipico e ci stupiamo dell’onesta’ dei prezzi; un pranzo completo per due con piatti tipici e birra ci costa poco piu’ di 13 euro a testa.

Sono oramai le 15 passate e tra una cosa e l’altra (compreso l’arresto di un turista che aveva lasciato per piu’ di 3 ore due cagnolini nell’auto al sole) e torniamo verso la macchina, direzione Rennes con due tappe in mente.

La prima tappa e’ un Internet Point per prenotare l’albergo che tra tre giorni ci ospitera’ a Caen (oramai la paura di viaggiare in cerca di un albergo si fa sentire e l’idea prenotare anticipatamente per venerdi 14 e Sabato 15 Agosto ci fa stare meglio).

Anche qui con la tecnologia non andiamo molto meglio, 4 euro per mezz’ora di internet (anche stavolta a 56k) con un Pentium III a 450 Mhz che non ci accelera certo il lavoro, vista anche la grafica sontuosa dei portali delle catene hoteliere, ma soprattutto con la tastiera francese, completamente diversa dalla nostra.

Tastiera “Azerty”, punteggiatura diversa, lettere scambiate, numeri al posto dei simboli e viceversa, ci rallentano un po’ la ricerca, ma almeno qui e’ possibile stampare e in mezz’ora esatta riusciamo a prenotare il nostro Villages Hotel a Caen per il venerdi, mentre per il sabato e’ gia’ tutto pieno.

Decidiamo di non pensarci fino al venerdi, una volta arrivati a Caen e ci avviamo verso la seconda tappa, Dol Du Bretagne.

Questa piccola cittadina poco distante da Mont St. Michel e’ famosa per 3 cose.

Il menhir dei “Champ-Dolent”, considerato il piu’ alto dell’Europa continentale, il Mont Dol, una rocca di granito alta 65 metri da cui vedere un bellissimo panorama sulle terre, sui polder e sull’oceano e la Cattedrale di Dol Du Bretagna, con il suo nuovissimo sistema informatico chiamato “CathedralScope”, una sorta di ricostruzione al computer dei momenti della creazione e della vita di questa bella cattedrale gotica.

Visitiamo volentieri il menhir, un vero e proprio gioiello megalitico da decine di tonnellate, alto 9 metri e 50 cm anche se le indicazioni per arrivarci sono a dir poco fuorvianti.

Saltiamo Mont-Dol, la rocca di granito, in quanto con un po’ di superficilita’ riteniamo non valga la pena fare 30 km per vedere un panorama meno bello di quello che ci ha offerto l’abbazia di Mont St. Michel poche ore prima.

Vorremmo fare un salto al CathedralScope ma scopriamo con non poca sorpresa che la super ricostruzione 3D e’ ascoltabile in Francese, Tedesco, Spagnolo, Inglese e Olandese; visto che gli italiani sono gli stranieri statisticamente piu’ numerosi appare evidente come sia una scelta ben precisa quella di escludere la nostra lingua, qui e in diversi altri posti.

E’ evidente che non vogliono turisti italiani percio’ riteniamo tale scelta non degna del biglietto di ingresso e oramai appagati da una bellissima giornata ce ne torniamo in albergo, non prima di una buona cena.

Giovedi 12 Agosto 2004 Day: 8 Rennes -> Cap Frehel -> Rennes Km. Percorsi oggi: 277 A nord di Rennes e a Ovest di Mont St. Michel, in Bretagna, su quello che e’ l’Oceano ma qui definiscono come “Mar del nord”, o “La Manica” ci sono due promontori molto belli.

Oggi decidiamo di visitare il primo, approfittando di una discreta giornata. Oramai abbiamo capito che il tempo varia cento volte al giorno, infatti gia’ solo durante il tragitto troviamo due volte un cielo quasi sereno e due volte la pioggia, portata da scure nubi oceaniche.

Con questo tempo gli arcobaleni sono all’ordine del giorno e Mirna riesce addirittura a filmarne uno in arco completo, da terra a terra.

Il viaggio dura un po’ di piu’ del previsto, quasi due ore anche a causa della scelta, azzeccata secondo me, di percorrere solo le belle e caratteristiche stradine locali.

Arriviamo a Frehel, la citta’ piu’ vicina al promontario quasi alle 12 e decidiamo di pranzare con un po’ di anticipo prima di procedere oltre.

Dopo avere pranzato, nuovamente bene e nuovamente a buon prezzo e avere “visitato” una pasticceria proprio di fianco al ristorante, viaggiamo in direzione del capo del promontario, il bellissimo “Cap Frehel”.

Qui scopriamo che il vento che soffia forte da Nord Ovest e’ presente 330 giorni su 365, ma fa parte della corrente oceanica della “Corrente del Golfo”, in grado di mitigare notevolmente il clima portando aria tiepida a 14 gradi in pieno inverno e aria fresca d’estate.

Proprio a causa di questo vento molto forte il clima e’ cosi’ fortemente variabile.

Raggiungiamo il capo attraversando un bellissimo sentiero (chiamato GR34) attraverso brughiere e campi di erica. Qui le sabbiose spiagge si alternano ad alte falesia e il verde del mare ci fa capire perche’ questo tratto di costa delle Bretagna venga definito la “Cote d’Emeraud”.

Per i patiti delle passeggiate il GR34 (Grand Rendonniere 34) e’ un percorso che si snoda lungo quasi tutta la costa Bretone, lungo quello che una volta era il “percorso dei doganieri”, tra scogliere ancora incontaminate e bellezze naturali piu’ conosciute e frequentate; altamente consigliato portare con se sempre un impermeabile, difficilmente riuscireste a stare in piedi con l’ombrello aperto per piu’ di 5 secondi con venti simili.

Noi, ovviamente, li abbiamo dimenticati a casa.

E’ proprio passeggiando su questi sentieri che cominciamo a vedere i segni della seconda guerra mondiale, bunker tedeschi oramai invasi dalle erbacce e pedane di cemento per le difese contraeree ci ricordano quanto siamo vicini alla Normandia.

Poco distante, visitiamo anche “Fort La Latte”, un piccolo castello-fortezza medievale a picco sul promontorio da cui si poteva facilmente dominare l’area circostante e dotato di formidabili, quanto inespugnabili, difese quali, ad esempio, una fonderia autonoma ed indipendente per le palle di cannone.

Proprio qui apprendiamo che la Bretagna, e in particolare questi tratti di costa e quelli che visiteremo domani, sono stati per oltre 100 anni dominio assoluto dei piu’ famosi e pericolosi pirati europei.

La Bretagna ricorda in maniera elegante e tutto sommato modesta, come siano stati navigatori Bretoni a dominare i mari oceanici del nord, “scoprire” il Canada e arrivare fino in Sudamerica. Era proprio Bretone anche il pirata che nel 1700 si impadroni’ di Rio de Janeiro in Brasile.

Quelle che un tempo erano le locande piu’ malfamate ora sono diventate tipici ristoranti, birrerie o negozi di souvenir.

Sono oramai le 17 e ci separano piu’ di 120 km dall’albergo, le oltre 2 ore di camminata nel vento ci hanno sfinito e decidiamo di rientrare alla base.

Doccia, cena e alle 22 scarse siamo gia’ col pigiamone sotto le coperte con un forte temporale, iniziato proprio pochi minuti dopo il nostro rientro, che imperversa sopra di noi.

Venerdi 13 Agosto 2004 Day: 9 Rennes -> Cancale -> Caen Km. Percorsi oggi: 331 L’aria e’ ancora fresca dal temporale di questa notte e la grande quantita’ d’acqua caduta ci spiega come tutto qui intorno riesca ad essere cosi’ verde.

Oggi lasciamo Rennes e la Bretagna, prima pero’ rimane l’ultima tappa di questa regione, la baia si St. Malo e, in particolare la zona di Cancale e le insenature.

Dopo aver fatto colazione e un nuovo pieno di carburante ci avviamo verso St. Malo e svoltiamo, prima di entrare in questa citta’, verso la strada locale costiera.

Qui il turismo di massa sembra ben lontano e il fatto che oggi inizi il lungo week-end di ferragosto sembra non interessare a molti, ma, con un po’ di egoismo, non posso che rallegrarmi nel vedere posti cosi’ belli senza frotte di turisti intorno.

Da qui ci dirigiamo verso Pte. Du Grouin, il capo del secondo promontorio della zona, nota per essere una riserva naturale protetta. Sulla piccola isola di fronte al capo, che nel loro piccolo ci ricordano le fantastiche Skellig’s Island irlandesi, nidificano piu’ di 10 esemplari diversi tra cui la pulcinella di mare e due diverse famiglie di cormorani neri.

Una bella passeggiata tra rocce e sentieri ci permette di ammirare un panorama unico, tra la baia di Mont St. Michel a est e il promontorio di Cap Frehel a ovest.

Riprendiamo la macchina e ci dirigiamo verso Cancale.

Lungo la costa troviamo una spiaggetta splendida e semi deserta chiamata “Plage de la Venger”, dal nome di una piccola ma millenaria chiesetta romanica che si intravede passando.

Approfitto di un momento di sole e faccio il bagno per la mia prima volta nell’Oceano Atlantico e scopro un’acqua decisamente piu’ calda di quello che pensavo, forse anche a causa della corrente del golfo, della posizione riparata della spiaggia e del basso fondale.

Riesco cosi’ ad aggiungere l’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico in cui avevo gia’ fatto il bagno durante il “Fly and Drive” in California.

Qui la spiaggia e’ quasi perfetta. Pochissima gente, spiaggia gratuita, parcheggio gratuito, bagnini forniti dalla regione o dallo stato sempre disponibili e all’erta e un piccolo chiosco nascosto, per non turbare la bellezza della spiaggia, in cui poter comprare, e a prezzi onestissimi, da bere e da mangiare.

La voglia di rimanere qui tutto il giorno e’ veramente tanta ma i nuvoloni neri in arrivo non promettono nulla di buono e verso le 13 la fame si fa sentire e andiamo a cercare un ristorantino tranquillo nell’oramai vicinissima citta’ di Cancale.

Cancale e’ famosa per essere stata in passato la citta’ dei contrabbandieri e dei pirati per eccellenza ma anche e soprattutto per essere la patria mondiale delle ostriche.

In questo tratto di costa viene ogni giorno raccolto un quarto della produzione mondiale di ostriche.

La baia anche qui risente di forti maree ed e’ ora un vero e proprio campo di allevamento con tanto di trattori che vanno e vengono dalle stazioni di allevamento poste nel mare.

Lungo la strada che percorriamo a piedi dal parcheggio al centro storico troviamo decine di banchetti che offrono ai turisti le ostriche appena raccolte.

In base alla dimensione le ostriche vengono divise in 5 categorie che costano dai 5 ai 10 euro la dozzina su queste bancherelle. I gentili ambulanti aprono con un coltellino la conchiglia e i turisti, chi con il limone, chi senza, possono assaggiare “al naturale” questa vera e propria specialita’.

Sono onestamente tanto incuriosito quanto respinto dall’idea di mangiare molluschi crudi e preferisco provare ad assaggiarli in un ristorante.

Lungo la strada che costeggia il porto e la baia troviamo piu’ turisti di quelli che abbiamo visto nei due giorni precedenti, ma soprattutto troviamo piu’ di 30 ristoranti, ognuno con il proprio menu’ tipico a base di pesce fresco.

I prezzi sono onesti e con una dozzina di euro mi prendo un bel menu con ostriche “cru’”, cozze, patatine, formaggio e dessert, mentre Mirna, con poco di piu’, si toglie lo sfizio di mangiare un bel piattone di “petit langouste”, che in un italiano approssimato, tradurremmo “piccole aragoste”.

Davo talmente tanto per scontato che le ostriche non potevano essere crude da non aver nemmeno notato la somiglianza tra il termine “cru” e il termine “crudo”; ero anche convinto che in molti posti, ad esempio in Italia, fosse addirittura illegale servire molluschi crudi.

Ma c’e’ di peggio…

Dopo avermi portato il piatto con 8 belle ostriche numero 3 (la via di mezzo come dimensione), noto, non senza un enorme disgusto, che una delle ostriche nel piatto e’ viva e vegeta ! Mi trattengo dal farci subito una bella ripresa per evitare di fare la figura del turista ignorante (come in realta’ ero in quel momento) ma mi riprometto di volerle almeno assaggiare.

Parto allora da quelle che non si muovono, allontano dalla mente l’idea che potrebbero semplicemente essere “svenute” o qualcos’altro di simile e dopo un abbondante dose di aceto e limone, forniti insieme, assaggio la prima.

Mentirei se dicessi che sono cattive, ma mentirei anche se dicessi che sono buone. In realta’ non hanno un sapore preciso, come ad esempio le cozze, mi accorgo solo di qualcosa di viscido e molle (e forse vivo) nella bocca.

Mirna, che deve aver colto la mia faccia non proprio entusiasta, mi propone lo scambio, che accetto al volo, di due gamberettoni in cambio di qualche ostrica, tra cui quella viva che e’ tuttora nel piatto a cercare dov’e’ finita la meta’ superiore della sua conchiglia.

Per fortuna il piatto successivo, un enorme piattone di cozze alla crema Normanda (una sorta di crema fatta con burro, cipolle e sidro) e’ delizioso e mi ripaga abbondantemente.

Ancora in debito con mia moglie divido il piattone con lei e ci alziamo da tavola decisamente soddisfatti.

Comunque sia andata non si puo’ andare a Cancale e non assaggiare le ostriche, l’unico rammarico che ho e’ che la prossima volta preferirei assaggiarle cotte e cucinate.

Approfittiamo di un altro temporale per fare spesa nel vicino negozio di souvenir e ci dirigiamo verso la macchina; sono oramai le 16 passate e la strada verso Caen, in Normandia, dove abbiamo gia’ prenotato per questa sera, e’ ancora lunga.

La macchina sembra reggere bene, sia come motore che come parabrezza, ancors “stabile” come nei giorni scorsi.

Una bella doccia per togliere il sale che avevo ancora addosso dal bagno della mattina, una bella cena e oramai alle 22 passate andiamo a dormire nel moderno e comodo Villages Hotel di Caen.

Sabato 14 Agosto 2004 Day: 10 Caen -> Pegasus Bridge -> Caen Km. Percorsi oggi: 82 Le giornate di oggi e domani sono dedicati allo sbarco in Normandia, di cui quest’anno ricorre il sessantennale (1944-2004).

Sbrighiamo subito la formalita’ della camera per stasera grazie, finalmente, al simpatico e disponibile gestore che ci prenota per quella sera nel vicino Fast Hotel (da loro era tutto pieno) e per domani, domenica, di nuovo in questo stesso hotel.

Prima tappa “obbligata” e’ il memoriale di Caen Un “museo non-museo” come lo definiscono loro, che vuole essere un inno alla pace tramite testimonianze, filmati e ricostruzioni, un percorso che guida il visitatore in diverse aree tematiche per ricordarci quanto dal 1900 ad oggi sia stata ed e’ tuttora instabile e precaria la Pace.

Ampio spazio viene dato alla seconda guerra mondiale e allo sbarco in Normandia e subito le cifre ci appaiono ancora piu’ impressionanti di quelle che ricordavamo.

50 milioni di morti dal 1939 al 1945 nel mondo a causa della guerra, 60.000 morti in pochi mesi solo in questa regione come conseguenza dello sbarco in Normandia.

Nel guest book all’ingresso, dove ognuno puo’ scrivere cio’ che vuole, notiamo subito 2 scritte in italiano, non senza tono polemico.

La prima dice in tono polemico ma ironico “la pace non ha prezzo, ma anche questo museo non scherza” e la seconda dice “dov’e’ il materiale in italiano ?”.

Un po’ preoccupati ci dirigiamo verso la biglietteria e apprendiamo che il “daily pass” per girare liberamente nelle diverse sezioni costa, con un piccolo opuscolo in italiano che e’ piu’ una cartina del museo, 40 euro a coppia.

L’altra cosa che verifichiamo e’ la lingua, tutte le documentazioni, con tanto di postazioni audio video e cinema con sottotitoli per due lungometraggi, sono in francese, inglese, tedesco e spagnolo.

Solo in quel momento nell’atrio notiamo una cinquantina di turisti, di cui ad occhio, almeno la meta’ e’ italiana. Di spagnoli nemmeno l’ombra e anche i tedeschi, da quando siamo arrivati in Francia, non ne abbiamo incrociati piu’ di tutti quelli che solo in quell’istante sono gli italiani nell’atrio.

Vorrei scrivere anche io due righe ma noto un piccolo cartello che dice “usate la vostra penna”, purtroppo la mia collezione di penne stilografiche del 700 e’ rimasta in macchina e mi trattengo dallo scrivere qualcosa di poco carina un posto come questo.

Il museo, non fosse per questa seccante e irritante scelta, e’ ben strutturato e la visita complessiva dura quasi tre ore.

Alle 12 e 30 cominciamo ad avere un po’ fame e scopriamo che il bar / sandwich chiude alle 11 e riapre alle 15, proprio per “costringere” i turisti a dirigersi verso l’unico ristorante / self-service contenuto all’interno.

Ci assicuriamo di poter uscire e rientrare con i nostri biglietti e, piu’ per ripicca che per i prezzi veri e propri, tutto sommato onesti, prendiamo un Sandwich-Menu nel chiosco di fronte al memoriale.

Nulla di particolare, ma un’enorme baguette tra quelle disponibili, una bibita in lattina a scelta e un dolce ci costano 5 euro a testa. L’unico neo e’ che non ci sono panchine in vista e mangiamo seduti in macchina.

Rientriamo nel memoriale per la seconda parte della visita e ne usciamo quasi alle 15.

Visto che oramai l’ora non consentiva la visita al cimitero americano o alle spiagge dello sbarco, ci dirigiamo verso la tappa piu’ vicina a Caen, il Pegasus Bridge.

Qui a mezzanotte del 6 giugno 1944 tre alianti con a bordo una sessantina di persone colsero di sorpresa le difese tedesche impadronendosi di un ponte prezioso e strategico, non senza un enorme contributo di sangue versato, segnando la prima operazione dello sbarco in Normandia.

Quando dopo poche ore, alle 7, iniziera’ lo sbarco massiccio delle truppe i tedeschi non potranno mandare rinforzi sui ponti gia’ controllati dagli alleati, costringendoli ad un ritardo di diverse ore che diventera’ poi’ fatale.

Con un po’ di fortuna scoviamo nel vicino “Cafe’ Gondree” la signora, oramai settantenne che all’epoca dello sbarco ebbe la fortuna/sfortuna di vivere l’evento in diretta con i propri genitori.

L’allora ragazzina di dieci anni con la propria famiglia fu la prima francese ad essere liberata dagli alleati e ora il bar e’ considerato monumento storico, tanto che l’avevamo vista poco piu’ di due mesi fa in televisione con veterani e capi di stato in occasione dell’anniversario della liberazione.

Un veloce salto alle lapidi commemorative poste oltre il ponte dopodiche’ vorremmo tornare a casa.

Il condizionale e’ d’obbligo in quanto abbiamo la fortuna di assistere ad un raro momento di alzata del ponte (il ponte e’ stato fedelmente “rimodernato” nel 1994 per essere adeguato al traffico moderno a due corsie ed e’ un vero e proprio ponte levatoio).

La sfortuna vuole che il ponte rimanga incastrato a mezz’aria e, dall’agitarsi del poco personale presente, capiamo che l’evento non e’ dei piu’ comuni.

La signora con cui parlo per chiedere informazioni al vicino museo-memoriale mi dice che da 20 anni che lavora li’ non era mai successo e che non c’e’ un altra strada semplice o veloce per attraversarlo.

Oramai sono le 17 e fretta particolare non l’abbiamo.

Dopo quasi 40 minuti di attesa riescono a riparare il ponte e riaprire la circolazione e ci dirigiamo piu’ per curiosita’ che per necessita’ verso un vicino, enorme, centro commerciale della Carrefour.

Lo scopo era quello di prendere una memoria in piu’ per la mia macchina fotografica digitale (avevamo gia’ superato le 400 foto e riempito entrambe le schede in nostro possesso) o di farci masterizzare le foto su un cd-rom per poterne cancellare e riusare una.

Nonostante i 2-3 negozi che giriamo i prezzi sono da capogiro.Una scheda di memoria da 128 Mb che in Italia si trova facile sui 25-28 euro qui ne costa quasi 40 e masterizzare un Cd, un’operazione che nel mio negozio non costa piu’ di 9 euro, qui ne costa 22.

Decidiamo allora di fare una piccola pre-selezione e eliminare un’ottantina di foto tra quelle doppie, mosse e quelle rimaste scure.

Ne rimangono ora circa cento da poter ancora fare, piu’ che sufficienti per i nostri ultimi 3-4 giorni di vacanza.

Una veloce cena e torniamo in camera.

Domenica 15 Agosto 2004 Day: 11 Caen – St. Mere Eglise -> “D-Day” Beaches -> Coleville -> Arromanches -> Caen Km. Percorsi oggi: 279 Oggi e’ il secondo giorno che dedichiamo allo sbarco in Normandia e da un primo e rapido conto, siamo in anticipo di due giorni sulla tabella di marcia.

Dobbiamo ancora decidere se fermarci da qualche parte due giorni o se rientrare in anticipo, sia per stare tranquilli con la macchina, che per risparmiare qualcosa rispetto al budget prefissato, che stiamo rispettando molto bene.

La tappa iniziale e’ il punto a noi piu’ distante: St. Mere Eglise.

Qui alle 5 di mattina del 6 giugno oltre cento paracadutisti americani arrivarono su questa citta’ e uno sfortunato di loro, anche a causa del buio e del forte vento, rimase appeso ad una guglia della chiesetta del paese fingendosi morto e rimanendo illeso fino al giorno dopo quando fu liberato..

Ora a ricordare questo evento c’e’ un paracadute e un manichino che, dicono scherzosamente da queste parti, e’ uno dei piu’ fotografati del mondo.

Ci dirigiamo ora verso la prima delle spiagge dello sbarco.

Gli alleati, capitanati dall’americano Eisenhower scelsero cinque spiagge su cui sbarcare a cui diedero altrettanti nomi in codice: Utah, Omaha, Juno, Gold e Swing.

Sulle prime due spiagge sbarcarono gli americani, sulle rimanenti sbarcarono inglesi e canadesi, questi ultimi desideroso di vendicarsi del massacro subito proprio qui 30 anni prima durante la prima guerra mondiale.

Lo sbarco non era previsto dai tedeschi, perlomeno non quel giorno, e fu una vittoria per gli alleati e per l’Europa oppressa che pero’ costo’ decine di migliaia di morti.

In questa prima spiaggia i rimasti bunker tedeschi si alternano ai monumenti ai caduti e lungo la costa le “cicatrici” causate dalle bombe sono ancora ben visibili.

Prima di pranzo andiamo ancora a vedere “Cap du Hoc” famoso per essere una falesia a picco sul mare, considerata allora inespugnabile, da cui si potevano facilmente difendere le spiagge a est e a ovest (Omaha e Utah).

Un gruppo di rangers statunitensi riusci’ nell’impresa di impadronirsi dei bunker tedeschi, non certo preparatissimi ad un assalto via mare, ma qui e’ impressionante vedere le decine di crateri, alcuni profondi anche diversi metri, segni dei bombardamenti di quel giorno.

Facciamo ancora un giro nella non lontana Omaha Beach e, decisamente affamati, sono le 14 passate, andiamo a mangiare qualcosa nel vicino paese in riva al mare.

Anche qui ci stupiamo della poca gente che c’e’ al mare oggi, Domenica 15 Agosto e il nostro pensiero va, non senza qualche brivido, alle spiagge della costa romagnola o della liguria proprio in questo preciso istante.

Mancano ancora un paio di luoghi da visitare per completare bene questa doverosa visita ai giorni dello sbarco.

Il primo e’ a Coleville ed e’ il cimitero memoriale Americano.

Nonostante una massa enorme di turisti, forse tutti i turisti della Normandia oggi sono qui, il cimitero e’ qualcosa di impressionante.

Diciassettimila lapidi bianche, perfettamente allineate, si stagliano su un prato verde nel silenzio e nella sacralita’ del luogo; e’ difficile, se non impossibile, spiegare a parole lo spettacolo emozionante e commovente che abbiamo di fronte e fa riflettere sugli errori e gli orrori del passato e sull’aiuto, troppo spesso dimenticato, che diedero questi giovanissimi soldati americani.

Su ogni lapide si possono leggere nome, cognome, luogo di nascita e gradi al momento della morte mentre non viene menzionalita’ la giovanissima eta’ di gran parte dei caduti.

Il cimitero memoriale americano e’ uno dei piu’ grandi in Europa, mentre canadesi e inglesi, anche loro con un altissimo contributo di vite umane, hanno preferito far riposare i loro caduti in piu’ cimiteri anziche’ in uno solo.

Usciamo dal cimitero passando dal muro dei dispersi, dove sono scritti i nomi di altri 3500 soldati di cui non furono mai ritrovati o identificati i resti e, salendo in auto, partiamo verso l’ultima tappa odierna, Arromanches.

Qui, di fronte alla spiaggia denominata “Gold Beach” dove sbarcarono le truppe britanniche, ci sono ancora i resti di quello che fu un vero e proprio capovaloro militare. Un porto lungo diversi chilometri che venne costruito in soli 12 giorni con materiale trasportato dalla vicina Inghilterra e che fu di fondamentale importanza.

Ancora oggi, vedendo l’imponenza di blocchi di cemento lunghi decine di metri e pesanti diverse tonnellate ci si chiede come fu possibile, considerando anche l’epoca, portare al successo un’impresa cosi’ grande in cosi’ poco tempo e in quelle condizioni.

Si sta facendo tardi e oggi siamo particolarmente stanchi, una buona cena a base di carne alla griglia e torniamo in albergo. Lunedi 16 Agosto 2004 Day: 12 Caen -> Rouen Km. Percorsi oggi: 201 La vacanza e’ agli sgoccioli e oggi iniziamo quello che in tre tappe e in altrettanti giorni sara’ il nostro viaggio di ritorno di circa 1100 km.

Un rapido conto mi porta a considerare che, salvo imprevisti, saremo a casa Giovedi pomeriggio con 2 giorni di anticipo, causati in gran parte dal non aver trovato un albergo nella zona di Carnac e avere anticipo il nostro arrivo a Rennes.

Altre considerazioni che possiamo gia’ fare sono sulla spesa e sui chilometri. Siamo abbondamente nel budget prefissato come spesa ma siamo di oltre 1000 km oltre quello che sarebbe dovuto essere il nostro percorso.

Ad ogni modo la mia fidata macchina, una Fiat Bravo Turbo Diesel del ’98, risponde molto bene, la crepa nel parabrezza sembra essersi assestata e per me guidare non e’ un problema; finche’ e’ possibile preferisco far stare tranquilla Mirna che non ha mai guidato in autostrada in Italia ma solo, paradossalmente, su un tratto della Freeway Californiana nel 2002.

La tappa di oggi ci porta verso il confine est della Bretagna, a Rouen.

Il mattino ce la prendiamo comoda e lo usiamo solo come “trasferimento”, non abbiamo particolare fretta, l’albergo lo abbiamo gia’ prenotato tramite il Fast Hotel di Cannes e lo spettacolo che vogliamo vedere e’ stasera alle 22.

Ne approfittiamo per andare da Caen a Rouen tramite le belle e caratteristiche stradine locali che ci portano a essere a Rouen giusto per l’ora di pranzo.

Dopo un veloce pranzo cerchiamo un parcheggio e i prezzi cominciano a farci capire che Parigi e’ veramente molto vicina. Ne troviamo uno interrato a pochi passi dalla cattedrale al prezzo di 1,50 euro l’ora che rappresenta comunque un prezzo giusto e onesto ma e’ che comunque solo il terzo parcheggio che paghiamo in Francia dall’inizio della vacanza.

Andiamo subito all’ufficio turismo che ci conferma, come sperato, la presenza di un “Son et Lumier” (uno spettacolo di luci e suoni in cui saranno proiettati dipinti di Monet sulla cattedrale) per la sera e in cui un gentilissimo responsabile non solo ci dimostra che sa parlare un buon inglese ma nel giro di 2 minuti riesce a comunicare con altri turisti in tedesco, italiano e giapponese, tra gli occhi allibiti di tutti i presenti.

In questa citta’, dai pochi minuti che siamo qui, abbiamo visto piu’ giapponesi che francesi, sempre piu’ tecnologici che mai; il capoguida parla in un microfono, per non disturbare all’interno delle chiese o non dover urlare e i turisti hanno un auricolare wireless (senza fili) per ascoltare.

La prima cosa che vediamo e’ la bellissima cattedrale gotica del XII secolo, famosa per essere “asimmetrica” (la navata est e’ diversa da quella ovest e anche sul frontale i diversi stili con cui sono state costruite le due torrette lo sottolineano) e famosa anche per contenere le spoglie di Re Riccardo Cuor di Leone, vicino alla cui tomba mi faccio subito fotografare.

Decidiamo di fare un pezzetto di viale pedonale (tutto il grande centro storico qui lo e’) e vediamo “il palazzo del grosso orologio”, noto per essere stato uno dei piu’ grossi e antichi di Francia.

Proprio qui ne approfittiamo per visitare un carino, anche se non molto fornito, negozio di souvenir.

Il luogo verso cui ci dirigiamo a piedi ora, la vecchia piazza del mercato, e’ quello che rende Rouen piu’ famosa, anche se non e’ motivo di vanto, ed e’ legata alla guerra dei cent’anni e a Giovanna d’Arco.

Fu proprio qui, infatti, che la giovane francese poco piu’ che ventenne venne prima sommariamente processata e poi arsa viva dalla Chiesa nel 1431.

Ora, dal 1921, la giovane e’ stata dichiarata Santa e nel bel mezzo di una delle piu’ belle piazze di Francia e’ stata messa una lapide e una croce a ricordare il luogo esatto del rogo ma anche una modernissima chiesa che a noi, immediatamente, sembra quasi un ennesima offesa alla storia.

Ad ogni modo la chiesa all’interno e’ molto bella grazie ai preziosi vetri dipinti presi da una chiesa medievale non molto distante da Rouen.

In un internet point vicino, al finalmente onesto prezzo di 2 euro per 30 minuti, troviamo un computer decente e una tastiera inglese (addirittura con una velocissima connessione a 2 mbit) che ci permette di prenotare per il giorno successivo una camera all’Etap Hotel di Versailles, sicuramente uno dei posti piu’ visitati di Francia e in cui abbiamo paura di non trovare posto se non prenotando con un giorno di anticipo. Facciamo volentieri un percorso a piedi a ritroso che ci porta all’auto passando per altri splendidi palazzi medievali e andiamo a riposarci un oretta in albergo anche perche’ all’ora in cui solitamente andiamo a dormire questa sera vogliamo essere a Rouen.

Usciamo dall’albergo (distante una quindicina di chilometri a causa di un piccolo errore tecnico del responsabile del Fast Hotel precedente in cui avevamo prenotato) e torniamo a Rouen.

Con nostro stupore troviamo la citta’ semi deserta e tutti i ristoranti sono o in vendita o chiusi per ferie.

Mangiamo comunque nell’onnipresente McDonald e verso le 21 e 30 ci dirigiamo, un po’ incuriositi e un po’ scettici, verso la piazza della Cattedrale per vedere il nostro primo, e quasi sicuramente unico, “Son et Lumiere”.

Per le 22 la piazza e’ gremita e lo spettacolo e’ a dir poco stupefacente; uno spettacolo di luci e suoni ci lascia senza fiato per tutta la mezz’ora della durata.

I dipinti dell’impressionista Monet vengono proiettati sulla splendida facciata gotica con suoni e musica, perfettamente in tema, come accompagnamento.

Ce ne torniamo in albergo verso mezzanotte sicuramente felici per la giornata ma anche un po’ dispiaciuti per esserci persi, non sempre per colpa nostra, altri spettacoli simili, magari proiettati sui castelli della Loira.

Martedi 17 Agosto 2004 Day: 13 Rouen -> Versailles Km. Percorsi oggi: 207 Il programma di oggi e’ abbastanza semplice; la seconda e ultima tappa del nostro viaggio ci porta a uscire dalla Normandia per entrare nell’Ile-De-France, la regione francese di Parigi.

E’ proprio qui vicino che ci dirigiamo oggi, piu’ precisamente a Versailles.

Stimiamo un tempo di visita per Versailles di 3-4 ore, Mirna c’era gia’ stata una volta e dovrebbe essere un tempo “equo”.

I puristi o gli storici storceranno il naso, la reggia di Versailles, direbbero loro, merita piu’ giorni di visita, ma non e’ nostra intenzione camminare per piu’ di quelle ore, siamo pur sempre in vacanza e Versailles e’ interessante anche perche’ e’ sulla strada di casa e siamo sicuri meriti una visita.

Oltretutto abbiamo anche il timore del prezzo, se il memoriale di Caen costava quasi 20 euro a testa non osiamo immaginare quanto potra’ costare questa enorme meraviglia, perdipiu’ a due passi dalla non certo economica Parigi.

Decidiamo anche qui, per l’ultima volta, di prendere le stradine locali attraverso i paesini e il panorama ci da’ di nuovo ragione.

Arriviamo a Versailles per mezzogiorno e subito si puo’ intuire la maestosita’ della reggia. Abbiamo i giardini, con gli altissimi cancelli, alla sinistra e dopo oltre 2 km sono ancora li e non ne scorgiamo la fine.

Trovare parcheggio non e’ semplice, i cartelli portano tutti in vicoli ciechi e gli unici parcheggi che si trovano a vista sono “complete”. Decidiamo allora di metterci in coda in quello principale, anch’esso completo, ma di fronte a noi ci sono una decina di auto ma, forse per l’ora, altrettante ne stanno uscire, lasciando quindi il loro posto.

Dopo infatti meno di un quarto d’ora siamo gia’ nel parcheggio proprio di fronte all’ingresso principale, rivolto a est, al sole levante.

Decidiamo di fare una piccola pausa pranzo prima di tuffarci in questa meraviglia ma abbiamo gia’ qualche piccolo problema.

Quasi dieci ristoranti, tutti vicini all’ingresso e tutti con l’insegna “a vendre” (vendesi), l’unico che non lo e’, un pub/ristorante, e’ chiuso per ferie fino a settembre.

Subito mi viene in mente un cartello che avevo visto su internet con scritto “chiuso per raggiunta agiatezza economica”, sicuramente sarebbe piu’ adatto all’occasione.

Proviamo ad affidarci ai chioschi, ne vediamo due vicino all’ingresso principale e uno piu’ distaccato.

Al primo chiosco ci dicono che i panini sono gia’ finiti tutti e al secondo non va meglio. Mi viene spontaneo chiedere “perche” sono finiti e in uno sgarbatissimo francese l’addetto mi fa capire che a quell’ora e’ ovvio che sia tutto finito.

Provo a vedere il mio orologio, probabilmente ho sbagliato a leggere prima, in vacanza si perde un po’ il senso del tempo, ma vedo che sono solo le 12:27. Provo allora a chiedere a Mirna, il tizio si e’ comportato come se fossero le 15 passate, ma anche Mirna mi conferma la stessa ora, anzi, il suo orologia segna le 12:25.

Rimango per un attimo in dubbio se hanno un limite massimo di pane da dover vendere, se non ne hanno voglia, se sono “stipendiati” a prescindere dal venduto o se semplicemente non sono capaci a fare il loro lavoro.

Proviamo allora all’ultimo chiosco, l’unico in po’ in disparte, dall’altra parte della strada. Qui non vendono sandwich o baguette ma hot-dog, cosa che, in mancanza di ristoranti vicini, ci va benone e soprattutto ci evita una passeggiata chilometrica alla ricerca di qualcosa da mangiare.

Chiedo se ne ha ancora e questo, stavolta con un sorriso, mi risponde “of course”. Tradotto in italiano significa “certamente”, stavo per aggiungere un altra persona ai rarissimi francesi simpatici, quando questi mi dice di essere indiano.

Il suo modo di fare e’ gentile, garbato, disponibile e tutto cio’ che tocca lo fa con pinzette e guanti, proprio un’altra cosa rispetto alla media francese, avrei dovuto accorgermi subito che era straniero.

Nel frattempo inizia a piovere e approfittando di una vicina panchina riparata da grandi alberi, pranziamo con hot-dog e bibita ad un onesto 5 euro a testa.

Ora capiamo come mai cosi’ tante persone lasciano il parcheggio a quest’ora, vanno a cercare da mangiare altrove! Mi immagino gia’ in Italia le decine di chioschi con porchetta, wurstel e dolci vari che affollerebbero quella piazza in quel momento e, ne sono convinto, tutto cio’ andrebbe a favore degli italiani, che sicuramente sanno sfruttare molto meglio queste cose.

Dopo questo piccolo ma apprezzatissimo pranzo ci dirigiamo verso l’ingresso e, l’incapacita’ nell’orientarci con i loro enigmatici cartelli stradali, si riflette anche sulla reggia.

Notiamo almeno 9 code differenti, Turist Info 1 e 2, ingresso A, B, B2, C, C2, D, F; una di queste, la A, si estende per decine di metri e conterra’ non meno di 500 turisti ad un primo e rapido conto.

Valuto l’idea che se quella e’ una coda da fare l’albergo oggi ci vedra’ arrivare molto presto.

Ci dirigiamo allora verso l’ufficio turismo con meno coda e dopo dieci minuti una delle addette, in un pessimo italiano, ci spiega le differenze tra le diverse entrate.

Io e Mirna pensiamo istantaneamente la stessa cosa, chiederle di parlare inglese, almeno qualcosa in piu’ forse si capirebbe ma la sua targhetta ci ricorda che lei parla solo francese o italiano; valutiamo allora l’idea di rifare la coda da capo per cercare di comunicare in modo migliore ma per l’addetta di lingua inglese bisogna rifare la coda dall’inizio.

Per fortuna ci lascia un volantino in italiano da cui riusciamo a capire qualcosa di piu’.

Escludendo l’ingresso riservato ai disabili, quattro ingressi possono essere acquistati separatamente e portano ai giardini e ad ali diverse della reggia, con costi dai 4 ai 7 euro l’uno.

L’alternativa e’ un “daily pass”, come gia’ visto a Caen, del costo di 20 euro a testa che permette di entrare negli ingressi “riservati” B2 e C2, senza code, e che comprende la visita di tutto, unica eccezione e’ il trenino che rimane a pagamento.

Decidiamo di comprare questo “Daily Pass” (solo in contanti perche’ qui non accettano nessun tipo di carte di credito) e iniziamo la nostra visita alle ore 14; se devo essere onesto pensavo di spendere quasi il doppio.

La gente e’ veramente tanta qui ma lo spettacolo e’ unico e supera ogni aspettativa.

Ogni stanza e’ come “ricamata”, piena di affreschi, arazzi, dipinti e colori. Dall’opuscolo in italiano, lasciatoci all’ingresso, apprendiamo che Versailles sta uscendo ora da un periodo di restauro durato piu’ di un decennio e che e’ da qualche centinaio di anni che non la si poteva ammirare cosi’ come la possiamo guardare in quel momento.

Solo quel lato della reggia finora visto, una minima parte, conteneva decine di stanze e decine di opere d’arte.

La sola cappella privata contenuta all’interno, occupante due piani, sarebbe stata oggetto di visita anche se fosse stata da sola in una qualche citta’ della Loira, sia per la sua bellezza che per il suo valore artistico.

Proseguiamo sempre piu’ meravigliati questa visita degli interni proseguendo tra le stanze della Regina, delle guardie, la camera del Re, gli appartamenti dei delfini (i figli primogeniti dei regnanti), il parlamento (un enorme stanza da 400 persone sue due livelli contenuta anch’essa nella reggia), la sala da ballo, la sala delle battaglie (con decine di enormi quadri raffiguranti le vittorie in battaglia di Napoleone) e altre ancora.

Anche la galleria dei personaggi famosi che sono stati qui e’ enorme, oltre a Napoleone e, ovviamente, tutti i re e tutta l’aristocrazione francese per 4 generazioni (da Re Sole Luigi XIV a Luigi XVI) e tutti personaggi piu’ famosi della letteratura europea.

Ogni singola stanza era un capolavoro a se stante e, con il denaro speso per la costruzione, avrebbero mantenuto interi paesi per diversi anni; l’ammirazione per quelle bellezze lascia ben presto spazio allo sdegno per il modo in cui l’aristocrazia aveva ottenuto quelle cose e la rivoluzione francese non poteva che essere l’unica prevedibile e naturale conseguenza.

La visita ai giardini non ci lascia meno interdetti, in quanto la parola giardino non si addice bene a 70 ettari di terre con vialoni d’acqua navigabili all’interno.

I viali, con enormi alberi potati a forma di siepe, si perdono a vista d’occhio e dopo quasi un’ora di camminata a piedi arrivamo a quelli che chiamano “grand trianon” e “petit trianon”.

In pratica le residenze di “campagna” in cui il re (nel primo) e la regina (nel secondo) accoglievano, tra le altre cose, i loro amanti.

Uno solo, a caso, di questi due complessi, ognuno con un proprio giardino e propri corsi d’acqua indipendenti (e nel caso del “petit trianon” anche con un lago) avrebbe un valore inestimabile, anche al di fuori di questi luoghi.

Sono quasi le 17 e la macchina e’ a parecchia distanza da noi, ci incamminiano allora, passando da un viale esterno e da giardini con fontane che neanche avevamo notato all’andata, verso la reggia prima e verso il parcheggio poi.

Qui, 5 ore e 4 minuti ci vengono simpaticamente conteggiati come 6 ore per un totale di circa 10 euro; decisamente la vicinanza con Parigi si fa sentire, ma almeno su questo, mi consola sapere che in Italia non sarebbe stato diverso.

Possiamo quindi concederci una bella doccia all’Etap Hotel della vicina citta’ di Saint Cyr (considerato il paese-dormitorio per chi visita Versailles e “contenente” tutte le principali catene hoteliere) e una buona cena nell’unico locale che troviamo aperto in un raggio di diversi chilometri e che, stranamente ma fortunatamente, non e’ neppure affollato.

Domani ci aspettano altri 500 km e cerchiamo di andare a riposare prima possibile.

Mercoledi 18 Agosto 2004 Day: 14 Versailles -> Cluny – > Macon Km. Percorsi oggi: 505 Oggi affrontiamo la meta’ quasi esatta della distanza che ci separa da casa. Per non fare 1000km in un giorno solo, decisamente troppi per noi e per la macchina, abbiamo programmato una sosta a meta’ strada, approfittandone per visitare l’abbazia di Cluny, vicino a Macon, circa 100 km a nord di Lyon (o Lione, come scriviamo noi).

Questa volta a causa della grande distanza e del minore interesse per le stradine e le regioni che attraverseremo, optiamo per l’autostrada a pagamento.

A mezzogiorno usciamo dall’autostrada per fermarci in un tranquillo ristorante, molto lontano dalle rotte turistiche.

Dopo un buon pranzo ci rilassiamo nella macchina all’ombra per una ventina di minuti prima di continuare il nostro cammino.

Arriviamo a Macon, dove lasciamo l’autostrada dopo circa 450 km e 22 euro di autostrada, intorno alle 15.

Da qui a Cluny il tragitto e’ di 20km che, grazie a veloci superstrade, raggiungiamo in poco piu’ di dieci minuti. Due veloci treni che ci sfrecciamo di fianco come se fossimo fermi anziche’ ai 100 all’ora ci dicono che siamo anche vicini alla linea ad alta velocita’ Lione-Parigi, dove i famosi treni TGV raggiungono punte di velocita’ prossime ai 300 km/orari.

Cluny ci e’ stata consigliata ed e’ famosa per essere stata dall’anno 1100 al 1400 circa la culla della cultura medioevale europea insieme ad un numero ristrettissimo di abbazie inglesi e italiane.

La fama che oggi ha Cluny e’ anche dovuta al suo inserimento nel libro “Il Nome della Rosa” di Umberto Eco, da cui ne e’ anche seguito un ottimo e apprezzato film con Sean Connery come protagonista.

All’arrivo in paese la delusione pero’ non e’ poca.

Dell’abbazia non ci sono che i resti, ma questo lo avevamo gia’ appreso, ma anziche’ le rocca di un’abbazia diroccata in stile “Irlanda” per intenderci, troviamo qualche pietra, qualche torre e qualche pezzo della Chiesa.

Decidiamo di entrare lo stesso, pagando un non economico ed evitabile biglietto di 6 euro a testa, e apprendiamo che l’abbazia, dopo essere caduta in disgrazia, fu venduta a dei mercanti e smontata pezzo a pezzo per poi essere rivenduta”; un’opera d’arte inestimabile valore venne trattata come una cava di pietra e suppellettili.

Cio’ che rimane dell’abbazia e’ piu’ che sufficiente per capirne la grandezza che fu, alte navate, bellissimi chiostri e le ricostruzioni possibili non fanno che sottolineare questa idea.

Purtroppo pero’, allo stato attuale, la visita a Cluny ci ha un po’ delusi, anche perche’ abbiamo rinunciato alla visita all’abbazia di Fontenevraud, “viva e vegeta”, tranquilli poi di avere potuto visitare questa.

Comunque ci consola il fatto che eravamo di passaggio e Cluny distava solo dieci minuti dall’albergo dove avremmo dormito quella sera.

In anticipo sui tempi ne approfittiamo per andare a cercare un albergo, che troviamo quasi subito, ci riposiamo un’oretta e ne approfittiamo per cominciare a tirare le somme di quella che e’ stata una magnifica esperienza.

Dopo la cena faccio un ultimo rifornimento di carburante francese, per poter avere la macchina gia’ pronta per l’ultimo viaggio di rientro di domani.

Giovedi 19 Agosto 2004 Day: 15 Macon -> Strevi (AL) Km. Percorsi oggi: 486 Ci svegliamo con tutta calma e ben riposati dopo quasi 10 ore di sonno, come del resto in quasi tutta la vacanza, e dopo l’ultima, ottima, colazione al McDonald, ci avviamo verso casa.

Da Macon dove siamo abbiamo due percorsi simili per arrivare a casa: il primo passa dal Monte Bianco ed e’ di circa 470 km, il secondo passa da Lione e dal Freyus (il tratto fatto all’andata) ed e’ di 500 km.

Decidiamo per il primo tratto per una serie diversa di motivi, e’ piu’ corto, e’ una strada che non abbiamo mai fatto e che quindi mi incuriosisce, ci viene consigliata da entrambi i software di navigazione utilizzati ed esce prima dalla Francia.

Quest’ultimo punto mi mette piu’ in tranquillita’ in caso di problemi all’auto, ci permette di risparmiare qualcosina come soldi poiche’ l’autostrada italiana e’ sicuramente piu’ economica di quella francese e di risparmiare qualcosa anche come tempi perche’ anziche’ avere un casello ogni 100-150km, ne abbiamo uno solo per tutta l’Italia, da poter attraversare tranquilli e senza neanche doversi fermare grazie al nostro Telepass.

La bellezza del paesaggio premia subito la nostra scelta. Dopo neanche un ora di strada siamo gia’ nel tratto Alpino e alte vette innevate e bellissimi laghi, ora azzurri, ora verdi, ci accompagnano fino al traforo del Monte Bianco.

Non ci sono per fortuna code ma alcune cose ci colpiscono.

La lingua gliaciale piu’ lungua d’Europa e’ a pochi metri da noi sulla destra, cosi’ come una lapide memoriale dedicata alle persone decedute nel disastro di pochi anni fa.

Ovunque qui ci sono cartelli e scritte contro la presenza dei camion in questa valle e in questo traforo.

Una commissione neutrale ha stabilito che in questa valle (sia dal versante italiano che da quello francese) l’inquinamento senza i camion e’ sceso dell’87% e le malattie respiratorie infantili del 35%. Ora si stanno battendo perche’ la proposta e’ quella di riaprire il traforo ad un numero di ben 5.760 camion al giorno, piu’ del doppio di quelli che transitavano prima dell’incidente.

Come dice un cartello italiano “Gli esseri umani e l’ambiente sono piu’ importanti delle merci”; resta da stabilire quanto gli interessi economici dei gioverni e delle multinazionali influiranno sulle decisioni finali.

Il prezzo del tunnel, nonostante i nostri timori, e’ lo stesso che nel Freyus, poco piu’ di 29 euro e anche qui, a prima vista, tutto cio’ che ci rassicura e’ un controllo termografico per evitare di far entrare veicoli pesanti con principi di incendio a bordo, causa che fu poi alla base dell’incendo del 1999 che causo’ la morte di 39 persone.

Il tunnel e’ lungo quasi 12 km e la velocita’ massima e’ di soli 70km orari; dopo pochi minuti il traforo, se possibile, sembra ancora piu’ basso e stretto del Freyus e gli 11 minuti necessari per percorrerlo tutto sembrano non finire mai.

Quasi alla mezza arriviamo in Italia e ora le direzioni sono semplici, A4 per Genova e uscita al casello di Alessandria Sud, il piu’ vicino a casa nostra.

Per strada un panino veloce al primo Autogrill che incontriamo e, finalmente, un buon caffe’, ci fanno di nuovo respirare l’atmosfera italiana.

Persino l’indaffaratissima cassiera dell’Autogrill mi sembra sprizzare gioia e simpatia da tutti i pori a confronti delle sue colleghe d’oltralpe e, nell’ora e mezza che ci separa ancora da casa, ne approfittiamo per fare due conti.

I chilometri totali sono stati 4.652, ben il 50% in piu’ di quello che pensavamo, con un costo carburante di circa 220 euro. Ad un primo veloce conto il consumo medio e’ stato di 17 km con un litro, decisamente ottimo per la mia amata Fiat.

Anche se dovessi aggiungere il costo del parabrezza (che poteva rompersi anche a casa comunque) il risparmio rispetto ad un volo piu’ autonoleggio e’ enorme.

La spesa totale e’ stata di €. 1.912 a cui vanno sottratti una sessantina di euro del caricabatterie che rivendero’ con facilita’ (essendo adattabile a tutte le marche) appena riaperto il negozio e che portera’ il conto a circa €. 1.850, tutto compreso, con la sola esclusione dei libri precedentemente acquistati e della cifra pattuita per scambiare la reperibilita’ con il mio collega.

Un risparmio di circa 200-250 euro rispetto al budget stimato iniziale, anche grazie, o a causa, dei due giorni di anticipo con cui siamo arrivati.

Ma almeno questo dimostra, al nostro terzo viaggio simile, che ho imparato con buona precisione a stimare un’idea di spesa, ovviamente salvo gli imprevisti che possono sempre esserci, in vacanza come a casa.

Sul mio sito personale www.Davidemartini.Net trovate anche le schede di viaggio (con riportati fedelmente i costi e i chilometri percorsi), i consigli e le considerazioni a mente fredda per chi volesse intraprendere un viaggio simile in Francia, oltre ovviamente alla cartina con il percorso effettuato e le foto, piu’ di 400, divise per ogni singola giornata.

Ultimo Aggiornamento: 29 Agosto 2004 da Davide Martini, Cassine (AL) viaggi@davidemartini.Net www.Davidemartini.Net



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