Nel regno di mezzo: in Cina tra passato e futuro

Itinerario: Roma, Shanghai, Chonqing, navigazione su Yangtze, Diga delle Tre Gole, Wuhan, Guangzhou (Canton), Macau, Hong Kong, Roma Il seguente diario si riferisce ad un viaggio realizzato “in solitaria” a distanza di 10 anni da 2 esperienze precedenti, effettuate con un gruppo di amici durante le estati del 1994 e 1995. Essendo passato...
Scritto da: Stefano G.
nel regno di mezzo: in cina tra passato e futuro
Partenza il: 11/08/2005
Ritorno il: 23/08/2005
Viaggiatori: da solo
Spesa: 2000 €
Itinerario: Roma, Shanghai, Chonqing, navigazione su Yangtze, Diga delle Tre Gole, Wuhan, Guangzhou (Canton), Macau, Hong Kong, Roma Il seguente diario si riferisce ad un viaggio realizzato “in solitaria” a distanza di 10 anni da 2 esperienze precedenti, effettuate con un gruppo di amici durante le estati del 1994 e 1995. Essendo passato ormai un po’ di tempo e leggendo dei grandi cambiamenti che stanno interessando la Cina, ho deciso, così, di tornare in alcuni posti già visitati, per cercare di apprezzarne i cambiamenti, (Shanghai, Guangzhou, Macau e Hong Kong) e di approfittarne per passare attraverso le famose “Tre Gole” del fiume Yangtze, che presto spariranno, come conseguenza della messa in servizio dell’omonima diga.

Giovedi, 11 agosto – La Partenza Volo intercontinentale da Amsterdam per Shanghai. 8921 Km. Da percorrere in 9 ore e 50 minuti di volo. Decolliamo verso il mare, e viriamo verso nord. Il pesante aereo prende lentamente quota; sotto di noi i canali formano dei rettangoli perfetti di verde brillante. In una via d’acqua, nel verde, svetta una piccola nave carica di containers colorati.

Il volo prosegue. Passiamo sul tratto di mare a nord dell’Olanda, quindi sotto Copenhagen, verso la Svezia. La sera si avvicina; dopo aver passato San Pietroburgo, cominciamo l’attraversamento della Grande Russia. Parte finale del volo sulla Mongolia, quindi Pechino, Tianjin e Ji’nan.

Venerdì, 12 agosto – Shanghai: La nuova capitale economica d’oriente ? Atterraggio con giro lungo sopra la foce dello Yangtze (che si riconosce benissimo) ed il tratto finale del fiume Huangpu. L’aeroporto, è modernissimo e abbastanza esteso; solo un’insegna in caratteri cinesi rossi, sul tetto dell’aerostazione, richiama una grafica anni ’60. Per il resto sembra di essere in Giappone o a Singapore, con strutture aeroportuali iper-moderne, e aerei di grandi dimensioni.

Hall pulitissima e controlli molto rapidi; dopo poco mi trovo sulla scala mobile, che all’interno di un grande spazio, scende verso l’area del ritiro dei bagagli. Step successivo, la stazione del Maglev, il treno a lievitazione magnetica, che collega il nuovo aeroporto di Pudong, con la altrettanto moderna ed efficiente rete della metropolitana di Shanghai.

Il treno, largo e piatto, arriva puntuale. Uscito dall’aeroporto, comincia il suo viaggio, aumentando progressivamente la velocità; un display, in cabina, indica costantemente il livello raggiunto. Durante il percorso, in cui sembra compiere un ampio semicerchio, viene raggiunta la velocità di 430 Km/ora. Eppure non sembra. Il tragitto dura, in effetti, solo 8 minuti. Me ne accorgerò al ritorno, quando, effettuando il percorso inverso di 35 Km con il pullman, sentirò notevolmente la differenza … Per velocizzare l’arrivo in albergo, al capolinea del treno, cerco di prendere un taxi. L’albergo, che ho prenotato per la prima notte, via Internet, è sul Bund. Ad occhio non sembra essere una grandissima distanza. O almeno, non sembra giustificare la somma spropositata che mi chiede il taxista che mi carica (280 Yuan = circa 30 Euro). Non ci accordiamo sul prezzo, e quindi me ne vado con la metropolitana. Con la metro, anche questa bella e modernissima, me la cavo benone. Circa 2 ore dopo l’atterraggio dell’aereo, sono all’hotel. Esco sul “Bund”, il lungo fiume della città. Dopo 10 anni, Shanghai, eccomi ancora qui !! La passeggiata sopraelevata, il ponte di ferro, la torre dell’Orologio della vecchia dogana inglese, il massiccio edificio con cupola già della Hong Kong & Shanghai Bank e gli altri edifici coloniali sono sempre li. Di fronte, dall’altra parte del fiume, Pudong, una piccola Manhattan, con i suoi grattaceli scintillanti, e le palle della “perla d’oriente”. Nel 1995, nulla di quello che sto vedendo,sull’altro lato dell’Huangpu, era stato costruito. Il Bund risaltava per i suoi edifici massicci ed eleganti, che richiamavano la “Belle Epoque” (per gli occidentali, ovviamente) del periodo delle concessioni straniere.

La skyline è interessante. I nuovi edifici, oltre alla modernità dell’aeroporto, del treno a lievitazione magnetica, il confort dell’albergo, ancora non mi fanno rivivere i ricordi della Cina dei miei viaggi di 10/11 anni fa.

Ma qualcosa della Cina che ricordo, si fa presto sentire. Da Nanjin Lu, basta prendere una delle traverse interne, e subito le viuzze cinesi di sempre, fanno capolino. Ma anche le strade commerciali continuano a mantenere la loro personalità cinese. Odore di umido, e di non so che altro, rumore di condizionatori, vocio di gente. Poliziotti che aiutano il traffico a defluire, o sotto gli ombrelloni, che riparandosi dal caldo, cercano di dirimere il traffico di esseri umani e biciclette che si incrociano sulle strade. Biciclette (certo non più i fiumi silenziosi di una volta …), ma soprattutto l’odore… L’odore è ciò che dopo 10 anni, più mi è tornato in mente. Ad occhi bendati, e fuori da ogni contesto, avrei riconosciuto l’odore sentito fin dai primi istanti in giro per il centro di Shanghai, e l’avrei ricondotto all’analogo che ricordo a Chengdu o a Canton, e che per tutto questo tempo, non ho più sentito.

Sto scrivendo queste pagine al tramonto, seduto su una panchina del Bund, lungo il fiume.

La città è diventata sicuramente più occidentale, nel corso degli anni, e così anche la gente. Le persone sono cambiate soprattutto nel vestire. Molto nelle scarpe (non si vedono più tante persone in ciabatte infradito di plastica, ma molti sandali, scarpe da ginnastica, scarpe con i lacci.. E così anche il modo di vestire è molto più vario, con magliette colorate, polo, ragazze alla moda).

Mentre scrivo, tant’è, un paio di persone si fermano a vedere come scrivo in caratteri latini (almeno un paio di ragazze sulla ventina d’anni – data la mia calligrafia, non hanno certamente un buon esempio ..).

Alle cinque di pomeriggio, quando il forte caldo viene meno, si sta proprio bene. La passeggiata è piena di gente che dal lungo fiume si gode i grattacieli di Pudong illuminati dal sole. Tra tutti, risaltano le “palle” del “Pearl of Orient” di Shanghai.

Alle spalle, i palazzi coloniali anni ‘20 e ’30 sono ormai in ombra. Nel pomeriggio ho fatto un giro, dando un’occhiata ad alcuni interni.

L’ex “Hong Kong & Shanghai Bank”, oggi “Pudong Dev. Bank”, con il suo possente edificio, ricorda molto la banca del papà dei bimbi protagonisti del film “Mary Poppins”. Edificio inglese, primi del ‘900, salone d’ingresso enorme, con cupola e mosaici, raffiguranti le principali piazza finanziarie del’epoca (Parigi, New York, Hong Kong, Shanghai, Calcutta): Mobilio e sportelli bancari, in legno massiccio nero. Nel grande spazio, divano per le attese.

Anche altri edifici in cui mi affaccio (in gran parte banche), hanno comunque interni originali dell’epoca delle concessioni. Molti edifici sono in fase di ristrutturazione., in alcuni di questi stanno aprendo grandi magazzini e negozi di moda; già fanno capolino le vetrine di Armani e di Ermenegildo Zegna.

All’ultimo piano di uno dei palazzi del bund, uno dei locali “trendy” del momento. Il bar / ristorante “Three on the Bund” è una bella terrazza in parquet di legno e una sala interna, a vetri e aria condizionata a palla, arredata in stile in po newyorkese dove, ammirando la parata di grattaceli della nuova Shanghai, il traffico del sottostante Bund e delle barche su fiume Hangpu, si possono sorseggiare costosi vini occidentali, Long drinks, e qualche piatto di cucina “fusion”. Fanno bella mostra decine di bottiglie di vino Sud Africano, Californiano, Cileno, ma anche Francese e Italiano.

Aspetto il tramonto. Al calare del sole, la temperatura diventa molto più vivibile; il lungofiume si popola a dismisura. Lo “struscio” aumenta e diventa difficile assicurarsi un posto vista “Pudong”. Il sole scompare alle spalle della città. Il Bund si illumina di luci gialle/arancione, creando un atmosfera abbastanza suggestiva. Meno coordinata l’illuminazione dei grattacieli di Pudong.

Cena in un ristorante nel quartiere “French Concession”. Trovo abbastanza casualmente il “Liu Hui Guan Restaurant” , specializzato in cucina de Sichuan e cantonese, oltre che nella cucina del “crab”, il granchio. Prendo un granchio con zenzero veramente molto buono, e una zuppa di pollo con wanton (raviolone), buon anche lui.

Non contento, finisco con dei dumpling (ravioli) a vapore. Ristorante molto buono, forse un po caro, ma molto cinese (locale pieno, unico occidentale…).

Le stradine intorno al ristorante sono vivissime. C’è anche una piccola zona (2/3 isolati) quasi pedonale, con una elevatissima quantità di locali, bar, ristoranti, aperobar, etc, etc, dove vedo ammassati tantissimi occidentali. Si tratta del quartiere di locali “Xintianda”.

Fine serata, al “glamour Bar” di “M on the Bund”, l’altro locale trendy sul lungo fiume. Bello, ma forse come ambiente mi piaceva più la terrazza panoramica del suo dirimpettaio. Comunque bell’ambiente, tanti occidentali (forse molti sono degli “expat”) e soprattutto, bel panorama.

Alle 23:00, le luci sul Bund, comunque si spengono. La vita ed il traffico della moderna Shanghai continuano, mentre me ne torno in hotel, nella mia “River view room”.

Sabato 13 agosto – Shanghai (2° giorno): l’anima antica della città Scrivo durante un oretta di relax che mi sono concesso sulla terrazza di “Three on the Bund”, dopo una giornata molto intensa di giri e vagabondaggio tra le viuzze della vecchia città “old town” cinese e le strade della “French Concession”.

In questo momento, dopo 8 ore di cammino al caldo umido della città, mi trovo su una bella sedia in legno, in una terrazza in parquet, al 7° piano, accanto alla famosa torre dell’orologio del palazzo delle dogane inglesi, sul fiume Hangpou.

Come ieri sera, sotto di noi, una piccola folla si sta godendo il lungo fiume. Sono ormai le 18:30; il gran caldo della giornata è passato e tira un bel venticello. Con una bibita fresca, che da una bella sensazione di sollievo, io tuttavia continuo a sudare.

In questi giorni, a causa del gran caldo (veramente micidiale, al limite della sopportazione) ho mangiato molto poco e bevuto tanto. Oggi, nel mio peregrinare, ho totalizzato un raviolo fritto (preso ad un banchetto per strada) , un the caldo della “Taiwan Province”, bevuto in una bella Tea house nella Baoquing Lu nella French concession, un frullato di papaia nella old-town cinese (speriamo bene …)e poi acqua a go-go.

Come ieri sera, mi pregusto una bella cena, da qualche parte … La “French concession” è un bel quartiere, abbastanza esteso, di vialetti alberati, con case in muratura anni ’30 e relativo giardinetto, che fanno di questa zona un posto tranquillo e ben insonorizzato nella città.

Nella giornata di oggi ho attraversato la vecchia città cinese e il quartiere coloniale francese. Mi sembra di avere capito che durante il periodo delle “concessioni” alle potenze straniere, la città doveva essere divisa così: – a nord, sopra il canale di Suzhou ci dovevano essere gli americani. Il io albergo, infatti, che si trova proprio dopo il ponte, era fino alla seconda guerra mondiale, un edificio di appartamenti per americani).

– Tra il Suzhou creek e Yan’an Dong Lu (quindi tutto il Bund e la Nanjing Lu) stavano gli inglesi.

– Sotto la Yan’An Lu i francesi.

Parte delle vecchie viuzze cinesi, dove la vita si svolge come in un villaggio, sono al momento, rimaste intatte. Ma nella Shanghai del 2005, molte parti dei vecchi quartieri sono in fase di smantellamento. In alcuni punti, qualche vecchia viuzza o semplice isolato è ormai circondato da una foresta di nuovi grattaceli. La porzione di città che è compresa tra il parco di Yuyan garderns e tutto l’arco della Remin Lu, ancora comunque è rimasta come era 10 vanni fa. Vicoli e vie strette, dove si affacciano barbieri, negozi, meccanici, gente che dorme su sdraio o che mangia noodles, guardando la televisione, per strada.

Un quartiere molto tranquillo, di casette basse, piccole, affacciate su cortili fatiscenti, in cui le donne stendono la loro biancheria, sfruttando i fili elettrici sopraelevati. Non so quanto potrà restare ancora così.

Posso capire che i cinesi dei nostri giorni non amino più vivere in questi posti, che a noi sembrano molto caratteristici, ma dove le case sono piccole e buie, senza molti confort (sicuramente quelli igienici). Dove però molti dispongono di TV e condizionatori.

Nella French concession, invece, si incontrano case in muratura, un po più grandi, sicuramente meno “ammassate” rispetto alla vecchia città, oltre a diverse ville coloniali, oggi trasformate in ristoranti, hotel, case di massaggi. Alcune case a schiera sono state visibilmente risistemate; penso che nella Cina del XXI secolo siano molto ambite da parte dei giovani rampanti cinesi, visto che sono pulitissime, con begli infissi, e alcuni condomini qualche volta hanno anche una guardia giurata all’ingresso del cortile.

Il sole sta scendendo sulla terrazza del Bund. Le navi e i barconi continuano a scorrere sul fiume sottostante. La terrazza si sta riempiendo, soprattutto di stranieri, ma anche di cinesi. Il personale accende su ogni tavolo una candela, all’interno di una lanterna di latta, di design prettamente occidentale (sembra dell’Ikea). La musica di sottofondo, easylistening, crea un’atmosfera da locale “schic” londinese o newyorkese. Al tavolo vicino al mio, un gruppetto di belgi parla dell’architettura dei palazzi di fronte a noi, al di la del fiume. (parlano fiammingo, ma sento spesso nominare Philip Stark …).

Finito il mio long drink, mi muovo per la cena. Torno nella French Concession, nell’enclave di bar/ristoranti di Xintiandi. Un posto per lo più da occidentali, dove già mi era capitato di passare ieri sera. Cerco un ristorante, segnalato dalla Lonely Planet. Menù in inglese, un po caro per gli standard locali, ma sono l’unico occidentale. Visto che durante la giornata non ho magiato praticamente nulla e ho perso litri di liquidi, penso che una buona cena sia meritata. Prendo un “Yellow fish” (sembra una nostra spigola) al vapore, con zenzero. Molto buona. Strano che i piatti non siano accompagnati da riso bianco …

Vista del Bund ‘in serale, da Pu Dong, e quindi rientro in albergo.

Domenica 14 agosto – Shanghai (3° giorno): il futuro è comunque alle porte Giornata di relax. In teoria, pensando al viaggio, la giornata di oggi la volevo utilizzare per andare a Suzhou o a Tong Li, ma visto il gran caldo di ieri e dell’altro ieri (ho perso quasi 2 chili !!) ed il fatto che voglio ancora vedere delle cose qui a Shanghai, meglio prendersela comoda.

Mattinata con ancora il solito tragitto sul Bund e quindi Nanjing Lu, fino alla metro. Quindi di nuovo verso le belle stradine della French Concession, alla ricerca della casa di Su Yantsen. La casa, purtroppo mi spiega una signora francese, che con la figlia è arrivata prima di me, è chiusa per restauri. Arrivando ho attraversato un bellissimo parco (il Fuxin) con anziani impegnati nel gioco della dama o a carte e papà impegnati a guidare con i propri bimbi, da apposite postazioni, delle barchette telecomandate sul laghetto. Ma quanti c’è ne sono di questi parchetti, nella città moderna !!! Mi avvio, sotto un caldo spaventoso, verso la Remin-square (piazza del popolo), dove voglio visitare lo “Shanghai Urban Planning Exibition Hall”.

L’edificio è molto avveniristico, anche se ricorda qualcosa di analogo che ho visto sulla baia di Tokyo. L’interno è molto interessante. Dopo un po di rianimazione in aria condizionata, una buona mezz’ora di sosta al bar panoramico e una flebo di bibita fresca, comincio il giro.

Al primo piano, foto di Shanghai anni ’30, e raffronto tra diversi posti, ieri e oggi. Al terzo e quarto piano, la Shanghai di oggi / domani. Il Master Plan per la trasformazione della città, dal 1995 al 2010. Un plastico dettagliatissimo, di almeno 500/600 metri quadrati, riproduce palazzo per palazzo, quasi tutta l’area urbana di Shanghai.

Da qui riesco a riconoscere e a capire che il quartiere cinese “old town” che ho attraversato e visitato ieri mattina, verrà poco a poco demolito. Rimarranno in piedi solo i giardini Yuyuan ed il tempio annesso (i giardini, cinesi, sono l’unica attrazione storica di un certo rilievo oltre ai palazzi coloniali del bund e della French concession). Il resto della “old town” sarà rimpiazzato da diverse espressioni dell’architettura moderna. La parte elegante della French Concession”, invece, rimarrà. Sono quelle strade, in cui in effetti, avevo notato, le case, anche quelle del primo novecento, erano sicuramente più belle. Il plastico è veramente fatto bene; ma tutta la mostra è molto interessante. Si parla di porto (anche questo molto avveniristico, con tutta una serie di isole artificiali); di aeroporto (per il 2008 è previsto un ampliamento per quello già enorme di Pu Dong); di mezzi pubblici. Bisogna dire che in questi giorni mi sono spostato per questa estesissima metropoli, sempre con la metropolitana; veramente efficiente, moderna, climatizzata.

Faccio qualche acquisto. Tavolette di thé da regalare, libri sull’architettura moderna, magliette da Giordano.

Mi fermo in un bar. Un vicino di tavolo, un ragazzo di Hong Kong ha voglia di fare 2 chiacchere. Studia economia a Seattle, e sta passando un periodo di “stage” presso la Hong Kong & Shanghai Bank di Shanghai.

E’ a Xintiandi, perché non si sente molto a suo agio tra gli “ormai” connazionali cinesi. Si trova meglio tra i “western”. Parliamo un po del più e del meno.

Hong Kong tra qualche anno perderà il suo statuto speciale (oggi, dice, dal punto di vista politico, la differenza sta nel fatto che i cittadini di Honk Kong hanno molti più “rights”). A quel punto, Honk Kong dovrà essere capace per resistere alle altre città emergenti della Cina e rimanere (insieme a Shanghai, è inevitabile) una delle città faro della nazione.

Ceno in un ristorante per famiglie (cinesi), Tony Restaurant, una catena che fa cucina del Sichuan (lo slogan recita: “Enjoy ortodox Sichuan food, in Tony”). Sono l’unico occidentale; nessuno parla inglese. Il menù contiene 150 piatti. La mia scelta non é male, anche se ho mangiato cose che mi hanno dato maggiore soddisfazione. Melone amaro stufato, (una simil zucchina con pelle grinzosa verde, ma molto più larga), ripieno di formaggio, gamberetti e pera. Poi un piatto di funghi, peperoncini e fagiolini verdi saltati (non male, anzi, …). La realizzazione e la presentazione dei piatti è buona; solo l’amaro del melone mi da un po fastidio, nel tempo. In questo ristorante è la seconda o terza volta che sono costretto a spiegarmi utilizzando solo il frasario della Lonely Planet. Divertente. Ci vuole solo un po di pazienza reciproca.

Noto, come già avevo visto nei pasti precedenti, che in tutti questi posti un po’più moderni e pretenziosi, più curati rispetto ai soliti ristoranti di strada, nessuno prende il riso in accompagnamento ai piatti. Ed io sono l’unico occidentale … Ho visto passare copponi di noodles in brodo, ho visto portare le zuppe cumulative in tavola, e le persone servirsi nelle coppettine; piatti di zampe di gallina o di orecchie di maiale, come 10 anni fa, ma nessuno, in queste sere (dove ho mangiato in posti forse più per ricchi) ha preso la classica coppa di riso, su cui mettere poi la carne o le verdure prese dai piatti comuni.. Così come, ho notato, tra le vie di Shanghai, tanta gente vestita molto meglio rispetto a 10 anni fa. Sono sparite, ad esempio, le ciabatte in plastica infradito (come le chiamavano la flip-flop) che si vedevano calzate come normali scarpe da città … Le donne indossano scarpe aperte, magari sandali, ma comunque scarpe normali. Gli uomini, per lo più scarpe chiuse. Anche l’abbigliamento in senso stretto, è evoluto tantissimo. Magliette polo, camicie, pantaloni, tutto molto più vicino al nostro modo di vestire. E soprattutto sembra esserci una maggiore cura nel vestire. Tutto stirato, tutto pulito e ben indossato.

Ultimo drink all’aperto sulla terrazza di “Tree on the bund” davanti alla fantasmagorica skyline di Pu Dong, al Bund illuminato di arancione, alle centinaia di persone che al calar del sole e con l’arrivo del fresco passeggiano, schiamazzano, si fanno foto, etc, etc.. Domani si volta pagina.

Lunedì 15 agosto – Nel cuore della Cina: da Chonqing, lungo il fiume azzurro (Yangtze) Partenza dall’aeroporto di Pu Dong verso il cuore geografico della Cina, Chonqing.

All’andata, dall’aeroporto verso Shanghai centro, con il treno a 430 Km./ora, non mi ero reso conto della distanza. Oggi, con il pulmann preso davanti all’albergo, dove, dopo aver speso una buona mezz’ora nel traffico caotico di Shanghai, ho visto il cartello “Pu Dong airport – 33 Km” mi sono reso conto di cosa vuol dire, andare per 8 minuti a 430 Kilometri orari !.

Aeroporto trafficatissimo, con aerei di grandi dimensioni europei e cinesi (anche di grandissime compagnie interne cinesi, da noi sconosciute).

Atterraggio in perfetto orario nello spaziale aeroporto di Chonqing. Già all’aeroporto c’è lo stand di una delle agenzie che organizza i tour e acquistano i biglietti per la navigazione.

Tutto ben organizzato, ovviamente da un agenzia che ci lucra sopra. Il pacchetto acquistabile in aeroporto comprende, oltre al trasferimento in città, anche alcuni tour intermedi, durante le soste della nave, e la persona dell’agenzia (che non verrà sulla nave, in crociera) che parla inglese e può essere contattata sul cellulare per assistenza in caso di problemi durante la navigazione.

Il prezzo praticato dall’agenzia (1750 Yuan – cabina 1° classe) non si discosta molto da quanto indicato sulla guida Lonely Planet, ma di fatto, è possibile acquistare il biglietto base a meno. Sulla nave incontro 4 italiani che hanno acquistato i biglietti direttamente al ferry pier, seguendo questo secondo approccio.

Chonqing,, conosciuta come una delle fornaci della Cina, è in questo periodo, una città cantiere.

Arroccata su una montagna alla confluenza dello Yangtze con il fiume Jialing, è tutta in rifacimento. Grattacieli che prendono il posto di quartieri molto “Cina come la ricordavo”, cioè di viuzze con case fatiscenti, negozietti e vita di strada.

L’atmosfera è molto particolare. L’umido, lo smog, e la foschia rendono la città quasi buia, immersa in un atmosfera vaporosa permanente. Il centro è rialzato rispetto al livello del fiume. Dei montacarichi o delle piccole funicolari portano i carichi e le persone dai moli verso la città o viceversa.

Il centro della città, ripensandoci ora, mentre con la nave sto iniziando la navigazione del fiume, così grigio, con le sue stradine tortuose e le case fatiscenti, è veramente angosciante. Eppure, ho letto, durante la seconda guerra mondiale, quando parte della Cina era sotto il dominio giapponese, Chonqing era diventata la capitale della Cina.

Dal 1997, in realtà la municipalità di Chonqing si è separata dalla provincia del Sichuan, a cui è sempre appartenuta. La città sta cambiando aspetto; il centro sta diventado un’area pedonale; sulla piazza principale ha aperto un emporio Armani; l’aeroporto è veramente modernissimo. L’aera nei dintorni è una delle zone più industriali della Cina; il clima e la posizione geografica in cui la città si trova, difficilmente potranno cambiare.

La navigazione: Salgo verso le 18:00 sulla nave per la navigazione lungo il fiume. Si parte alle 20:00 da Chonqing, per arrivare dopo 2 giorni e 3 notti di viaggio, a Yichang, vicino al sito della diga delle 3 gole.

La cabina di 1° classe è a 2 letti, con bagno in camera. La seconda classe ha 4 letti, con bagno, ma con la finestra che si affaccia sul ponte laterale. La terza classe, nel sottosuolo della nave, è sempre a 4 letti, ma odora veramente di marcio, e ha i bagni in comune.

La nave, è in realtà una delle tante che fa il servizio di crociera lungo il fiume Yangtze per i turisti cinesi. Si può acquistare il biglietto al ticket office (1022 Yuan) che comprende il solo passaggio in cabina di 1° classe, o come ho fatto io, tramite una delle tante agenzie che forniscono anche un pacchetto di servizi. (soprattutto gli ingressi ai templi, durante le soste). Inoltre, sulla nave, un sistema di carte rosse o gialle, a pagamento, consentono di accedere ad una serie di servizi (thé a volontà, accesso al ponte panoramico, etc, etc).

Nonostante esista una nave riservata solo agli stranieri, non sono l’unico occidentale ad aver optato per fare un viaggio su una nave per cinesi. Conosco subito una ragazza del Sud Africa, che vive a Londra e che viaggia insieme ad una danese. Poi 2 uomini sulla sessantina d’anni, sloveni. Cinque spagnoli, 4 italiani di Milano (2 coppie), un canadese che parla un po di cinese, e ad occhio qualche inglese / americano.

Il cibo è abbastanza buono. Il thé è gratis ad ogni ora; tutto il resto si prende ad uno dei 2 ristoranti della nave, o allo spaccio, ed è a pagamento. Prezzi cinesi, quindi per noi, per il momento, poco.

Quasi puntuale, la nave si muove lungo il fiume torbido e marrone. A buio, lasciamo il porto di Chonqing, e la città, illuminata su tutti i versanti, dai neon. Sul fiume si incontrano altri barconi passeggeri e navi merci. Passo le prime ore a prendere il fresco all’esterno (non fa molto caldo, nonostante siamo in una delle fornaci … Si stava molto peggio a Shanghai ..).

Il fiume, in questo tratto, è molto largo, e scorre tra argini molto marcati, dalle montagne. Le correnti devono essere forti; l’acqua va nettamente a valle, ma spesso forma delle increspature e dei veloci vortici d’acqua.

Ai lati del fiume, i versanti sono continuamente segnalati da luci verdi e rossi (a seconda dei lati). Aiutandomi con il frasario, ceno con un piatto di noodles fritti con il pollo e la cipolla fresca. Non male, anche se gli italiani che incontro sono fortemente schifati. Sarà che è già un po che loro sono in giro per la Cina, mentre io solo da pochi giorni … Martedì 16 agosto – in navigazione: 2° giorno – Le Gole Sveglia alle 5:30. Colazione con un raviolo a vapore (baozhe), una frittatina di uova e un bicchiere di latte caldo. (6 Yuan) La barca, alle 6:20 si ferma per 3 ore, alla città di Fengdù. Saliamo al tempio.

Il basso della cittadina è in fase di sbaraccamento; ad una certa altezza sulla riva del fiume si vede un cartello indicante i 175 metri, livello dove dovrebbe arrivare il lago formato dalla diga. La città vera, però, è tutta sull’altro lato del fiume. Ed è, come Chonqing, offuscata nell’atmosfera umida. Nelle vie del villaggio, che attraversiamo, qualcuno vende frutta o bibite, altri ombrelli. La gente vive praticamente per strada. Gli edifici moderni,sono un po come quelli che si incontravano 10 anni fa, un po fatiscenti, con grosse vetrate scure, o viola, dentro: grandi stanze e hall, disadorne e sporche.

Saliamo sulla montagna. Nel complesso del tempio, l’atmosfera non è sempre mistica. Tra le varie cose da visitare c’è addirittura un palazzo dei fantasmi, in stile Luna Park. Molto più bello, più giù, lungo il fiume, alla sosta successiva, il tempio “Stone Treasure Stockade” tempio in legno a 12 piani, arrampicato sulla roccia, e con una bella vista sullo Yangtze.

Il viaggio prosegue sonnolento. Acque scure, atmosfera sempre nebbiosa, ma per fortuna non molto caldo. Socializzo con gli altri stranieri della nave; ci sono anche altri 2 italiani. Un canadese che lavora per una società di consulenza, sta viaggiando anche lui da solo. Mi racconta di aver passato 8 mesi a Canton e di avere imparato un po di cinese. A bordo si instaura un clima da crociera. I gruppetti, gli appuntamenti al bar a prua o a poppa per giocare a carte o per bere una birra. Il mio compagno di cabina, Cheng-lie, di vicino Nanjing, è un tipo simpatico, allegro, sulla quarantina d’anni, ma parla solo cinese.

Comunichiamo poco, tramite il frasario della Lonely Planet, e un po a gesti. La pioggia di stamattina ha prodotto i suoi danni: zainetto e guida sono zuppissimi.

Ceno con i 2 italiani e con il francese. Coppetta di riso bianco (non come nei ristoranti di Shanghai) e piatti di carne. Io prendo del maiale in agrodolce , con cipolle. Assaggio dagli altri, gamberetti saltati, ed un piatto di verdure, con molte melanzane. Fine serata stanca, al karaoke.

Mercoledì 17 agosto – in navigazione: 3° giorno – La diga delle Tre Gole Durante la notte la nave si è fermata penso nella città di Fenije. Tant’è che ci svegliamo la mattina presto per l’attraversamento della prima gola, la Qutong Gorge. Replico la colazione di ieri mattina, con baozhe, frittatina all’uovo, e latte caldo.

Arrivati a Wushan, veniamo fatti trasbordare su 3 navi più piccole, per entrare nelle piccole 3 gole. Purtroppo diluvia fortissimo. E’ anche difficile stare fuori a vedere il paesaggio. A parte l’atmosfera vaporosa, che senz’altro è caratteristica, anche perché tutte le rappresentazioni che ho visto delle gole, sono sempre tra le nuvole , la pioggia da un po di fastidio.

Le 3 barcone si addentrano in questa specie di fiordo tra le montagne. Il canyon delle 3 piccole gole è un fiordo senza uscita, che partendo da Wushan, si addentra tortuosamente.

La navigazione dura, fino al punto finale, circa 1 ora e mezza. Nel punto finale, c’è un ulteriore travaso su delle piccole barchette da 10/15 persone, a motore , con cui ci si addentra in un canyon ancora più stretto.

Lo spettacolo della natura è bello, anche se i cinesi che mi sembrano un po gli americani d’oriente, tendono a disneyzzare il tutto. Ogni tanto, in un anfratto nelle gole, compare un suonatore di flauto o “popolazione in costume locale” , forzato per i turisti. Anche le barche piccole sono in uno stile orientale come potrebbero esserlo ad Orlando…

Al ritorno le barche si fermano ad un mercatino di paccottiglie varie, monete, statuette e piatti di Mao, etc, etc.

Riprendo la crociera. Pranzo al ristorante della nave (per noi ricchi occidentali, buono ed economico; per i cinesi, forse meno a buon mercato). Un pasto completo, costa comunque almeno la metà che a Shanghai.

Sosta pomeridiana, in attesa della famosa diga delle Tre Gole, al memoriale del poeta Zheojun.

Ripresa della navigazione verso le gole, purtroppo sotto la pioggia.

La navigazione volge al termine, nel punto forse più interessante. Alle 7:30 di sera, quando il buio della notte ha quasi del tutto preso il sopravvento sul giorno, arriviamo in prossimità della diga in costruzione. Per chi come me ha scelto di scendere dal battello, per andare a visitare la diga, la vera crociera è finita.

Veniamo fatti salire su dei pulmann, divisi per “agenzia turistica” che ha emesso il biglietto. Con un giro abbastanza lungo, arriviamo proprio di fronte alla diga. Il fiume a questo punto è ben più largo di quanto non lo sia stato durante tutta la navigazione. La diga è illuminata a giorno. Penso che stiano lavorando giorno e notte. E’ sera, e rimarremo in giro fino alle 23:30; c’è un continuo via vai di macchine, camion, persone. Purtroppo, oltre al buio, pioviggina.

La struttura della diga e le 5 chiuse laterali che permetteranno alle navi e alle barche di salire e/o scendere da una parte all’altra della diga, garantendo, anzi incrementando la navigabilità del fiume Yangtze da Shanghai a Chonqing, sono comunque ben visibili.

Lateralmente e da diverse valvole di sfogo, escono dei getti d’acqua fortissimi, verso valle. Tutta una parte della diga è avvolta dai vapori dell’acqua e dalle schiume.

Veniamo poi portati in alto, su un punto panoramico, da cui si domina tutta la diga e sia l’ambiente a monte che a valle.

Il buio, con le illuminazioni, conferisce fascino; certo, alla luce si sarebbe visto di più. Il giro turistico prevede poi la visita all’acquario degli storioni cinesi (comunque abbastanza interessante) e uno spettacolo di cavalli (che salto, per mangiare ad un baracchino per strada). Tutto ciò per prendere un po’ di tempo, aspettando che la nave scendesse giù per le chiuse. Alle 11:30 ci riportano al battello, affiancato da una bellissima e luminosissima nave da crociera, con la calotta superiore trasparente. Deve essere l’Oriental Cruise”, la nave per gli stranieri.

La nostra nave, che dopotutto non era affatto male, sfigura abbastanza…

Ultimo tratto di navigazione fino a Yichang, per 3 ore. Alle 3 del mattino ci svegliano per lasciare la nave e per trasportarci in pulmann fino a Wuhan.

Giovedì 18 agosto – Ricordando Mao: Wuhan Il viaggio da Yichang a Wuhan alla fine dura circa 5 ore. Arriviamo davanti alla sede dell’agenzia che ha organizzato il pulmann, poco prima delle 10:00.

Il gruppo si disgrega. Chiedo quanto costa l’albergo difronte, e decido di rimanere. Si tratta di una notte; già domani sarà una giornata di trambusto, con il volo per Canton alle 8:00 di mattina. L’hotel non costa molto, ma vale anche poco.

Reception fantasmagorica cinese (è un tre stelle, mi dicono …). Ai primi piani, larghi corridoi e stanze dedicate ad uffici di piccole aziende, molto spartani.

Ai piani più alti, dal nono in su, stanze d’albergo, molto cinesi, come me le ricordavo io, erano nella maggior parte dei posti, 10 anni fa.

Una parte della parete esterna è costituita dai 3 pezzi di una finestra scorrevole, abbastanza sgarrupata. Guarnizioni penzolanti, vetri che non si chiudono bene. La parte scorrevole, una volta aperta ece dai binari, e per richiuderla …

Il bagno è pulito, anche se molto vecchio; i rubinetti però sono stati sostituiti. Forse più che fatiscente, sembra tutto molto triste e vecchio, con piastrelle scure e bianche ingiallite, e una brutta vasca da bagno.

La veduta panoramica, da sia sui moderni grattaceli di Wuhan, alcuni dei quali in costruzione, e sulle classiche catapecchie cinesi.

Fatta la doccia, decido di uscire. Obiettivo di questa giornata, è vedere la villa di Mao, oltre che fare un giro per la città.

Mi incammino verso il centro di questa città, che già dal pulmann sembrava molto estesa. Oggi è nuvolo, ma c’è una temperatura/umidità veramente gradevole.

Altro che Shanghai. Saremo intorno ai 25 gradi. Si vede che Wuhan, come anche Congqing è più vicina alla Cina che mi ricordavo di 10 anni fa. Portatori, per strada, venditori di carbone (in pieno centro, vicino ai grattacieli, sui vialoni trafficati, ne avrò visti almeno 4 o 5), più negozi in stile cinese, con la bottega totalmente aperta sulla strada, ed il venditore che sonnecchia sul marciapiede.

Noto anche le impalcature, totalmente in bambù, come 10 anni fa. A Shanghai, ormai, sono miste, bambù e tubi in metallo… Ormai, nessuno, nemmeno qua, fa i calcoli, come una volta, con il pallottoliere. Non ne ho visto più veramente nessuno. In compenso quello che sto vedendo è una moltitudine di telefoni cellulari Le vie della città sono molto trafficate e piene di taxi. La maggior parte (diverse decine, se non diverse centinaia) sono tutti di un modello: la Citroen ZX.

Fermo un paio di taxi, per farmi portare alla villa di Mao (Maozedong Bieshu). Niente da fare, non sanno dov’è oppure è troppo lontana. Ci riprovo dopo una pausa mangereccia, in un ristorante di soli cinesi, con menù solo in cinese. Me la cavo, con il solito frasario e faccio capire che voglio del riso e del maiale. Mi portano effettivamente del maiale, con dei peperoncini verdi freschi. Buono. E ad un costo irrisorio. (15 Yuan = circa 1,5 Euro, in Italia poco più di 2 caffè) Torno alla carica con i taxi. Al quarto tentativo, l’autista guarda la mia Lonely Planet, e pur non capendo nulla, capisce che è indicato il numero di telefono del posto dove voglio andare. Dal suo cellulare, chiama, e si fa spiegare come arrivare.

La villa è molto lontana, dall’altra parte dello Yangtze; ci mettiamo sicuramente più di mezz’ora per raggiungerla.

Il complesso si trova all’interno di una tenuta militare, con la strada che passa vicino ad un boschetto, per poi passare davanti a caserme e a soldati in divisa che si aggirano nel parco. Non so come la guida possa consigliare di venire anche con l’autobus, facendo un pezzo a piedi … L’interno è molto ampio e pieno di cimeli e fotografie. Non c’è nessun altro visitatore, e la guida/receptionist, che parla un po d’inglese, mi spiega. Sembra un po di entrare in una casa nostra, degli anni 40/50. Moquette per terra, mobili scuri in legno, un po retrò, la sala da pranzo apparecchiata in modo semplice, con le coppette per il riso e le tazze in porcellana con il coperchietto, per il thè.

Una macchina per la proiezione dei film, poi lo studio di Mao, con le librerie (vuote), la dama cinese, un vecchio giradischi, e dei vecchi dischi a 78 giri, dell’opera cinese di Pechino.

Al centro dello studio, un piccolo tavolino, con un servizio da thé per 2 persone.

Addiacente allo studio, la camera da letto, e quindi lo studio della moglie. Tutto, ovviamente molto ben tenuto. Sembra veramente di andare in visita, a casa di qualcuno. All’ingresso fanno togliere le scarpe o coprirle con un’apposita copertura.

Bello anche l’affaccio su questo parco immenso,dentro cui la casa è stata costruita. Nei corridoi, foto e tanti cimeli.

Il taxi mi aspetta. Questa volta mi faccio portare all’imbarco del ferry, per attraversare nuovamente il fiume Yangtze, avendo davanti il centro della città di Wuhan. Proprio in questo tratto di fiume, a Wuhan, Mao ed il suo “entourage” si erano esibiti, durante gli anni ’50 e ’60 nelle famose nuotate propagandistiche. Dal battello, vedo, oltre alla skyline, il ponte stradale e ferroviario a monte della città. Credo, da quello che ho letto, che sia stato per lungo tempo l’unico funzionante per collegare le 2 parti della Cina separate dal grande fiume azzurro. Cominciato insieme dai cinesi e russi, è stato poi terminato dai cinesi, in autonomia durante gli anni del gelo tra i 2 paesi.

Torno verso l’albergo, camminando sulla strada / area pedonale, che nell’anno 2000 hanno aperto nel centro. Sembra di essere sulla rue Neuve di Bruxelles, con la stessa lastricatura della strada.

Non mi aspettavo di vedere anche qui a Wuhan, tutta una sfilza di edifici coloniali, costruiti tra fine ottocento ed il 1936. Alle tre del pomeriggio, da un edificio che potrebbe benissimo stare sul Bund di Shanghai, rintoccano perfino i suoni del Big Ben, come a Londra.

Gli edifici coloniali, sono stati tutti risistemati, almeno all’esterno, e catalogati, con tanto di targa descrittiva in cinese ed in inglese, durante la recente creazione dell’area pedonale.

Rientro in albergo, passando attraverso il night market, un po smorto (forse anche perché ancora non è proprio night..) Noto ancora che le Citroen Zx, in questa città (e solo qui, fino ad ora), sono veramente tante. Forse raggiungono l’80% delle macchine in circolazione, che sono soprattutto taxi. Nel mare-magnum di veicoli, noto qualche Audi/Wolkswagen (molto presenti altrove) e addirittura 3 Fiat Palio (comunque più che in Italia !) Fine serata con un “Hot Pot” veramente memorabile. Un posto veramente divertente.

Presso la Kaiwei Beer House, suggerita dalla Lonely Planet, dopo 11 anni ho ripetuto l’esperienza dell’ Hot Pot cinese.

In un brodo di cottura non-piccante (normalmente è piccante, ma si può anche scegliere la soluzione mista, o non piccante. In alcuni posti, la soluzione mista è fatta con pentoloni a due scoparti tipo Yang e Yin), il ristorante, con la formula “mangia finche puoi” consente di cuocersi, condirsi e mangiare veramente di tutto.

Io ho provato e mangiato tanto, ma lungi da essermi avvicinato a provare tutto…I banconi, con le cose da immergere nel brodo di cottura, sono divisi per aree tematiche. Carni, peschi, verdura, noodles, lumache, frutta. In un angolo c’è la possibilità di prepararsi delle coppine, i condimenti in cui immergere il cibo, dopo la cottura. Su una base di diverse salse di soia, si possono aggiungere cipolle fresche, coriandolo, zenzero, peperoncino, etc, etc.

Molti gli ingredienti a disposizione che non conoscevo, così come altri non li ho provati perché mi facevano senso (interiora, teste di pesce, zampe di gallina, …).

Cerco di fissare l’elenco di ciò che ho tuffato nel pentolino di acqua bollente: carne di manzo, a fettine sottilissime, striate di grasso, chiamate Yunnan Beef, in realtà molto simili al Kobe Beef giapponese (un piatto di almeno 2/3 etti di fettine), carne tipo prosciutto da cuocere, salsiccette; spinaci; carote; 3 tipi di funghi; gemme di bambu; spaghetti di riso; un’altra tipologia di pasta, tipo fettuccine spesse di grano; 2 tipologie di pesce e anguilla. Condimenti di 3 tipi. Con caraffa di birra, conto di 43 Yuan (circa 5 Euro. In Italia, anno 2005, non ci viene nemmeno una pizza; forse una birra con un tramezzino, al bar). In un ristorante non lussuoso, ma comunque bello e con un buffet molto assortito. Devo dire, pur avendo mangiato tanto, non ho spaziato moltissimo sulle varietà…

Venerdì 19 Agosto – verso sud: Guanzhou (Canton) Piccolo imprevisto cinese. Il volo Wuhan-Guanzhou che ho prenotato dall’Italia, non esiste più. Poco male, comunque. Dovrò aspettare all’aeroporto giusto un paio d’ore. Certo, in una giornata così intensa, sarebbero state comode.

Aeroporto di Wuhan forse rinnovato, ma niente di speciale. Volo tranquillo con un Embraer Brasilia 145 della China Southern. Aeroporto di Guangzhou totalmente nuovo e bellissimo.

Tutto in tensiostruttura e vetri. Belle anche le zone intorno all’aeroporto, con laghetti e viali fioriti.

Autostrada moderna a 4 corsie, con aiuole fiorite al centro e ai lati. Il taxi, dopo avermi caricato all’aeroporto, fa sentire un nastro registrato, in inglese, che spiega le regole tariffarie.

Arrivo in centro, sotto la pioggia. Mi faccio lasciare vicino ad una fermata della nuova metro, all’inizio dell’isola di Shamian.

L’isola, ma anche le strade del centro, con i loro filari di alberi e le loro case coloniali, esprimono comunque un’atmosfera di tranquillità al centro di una città molto caotica come Canton.

Giro, zaino in spalla, per le stradine ed i portici lungo il fiume delle Perle, sull’isola e sulla terra ferma, dietro Qingping Lu.

E’ un po cambiato, negli ultimi anni. Non ci sono più gli animali vivi in vendita, se non per uso domestico. Sono scomparse le gabbie con le anatre e i polli, le vasche in plastica con i pesci ed i gamberi. Come fino a pochi anni fa, rimangono però sacchi di verdure e piccoli animali secchi (cavallucci marini, stelle marine, piccoli animaletti…). Il centro di Canton, in alcune zone, è cambiato molto; interi isolati e quartieri, in zone centrali, sono stati totalmente rasi a suolo e ricostruiti.

Dove sto girando, in realtà, mi sembra, almeno dal punto di vista urbanistico, forse l’unica parte della città ancora non toccata. Nel groviglio di stradine, gli alberi e le poche biciclette rimaste, creano un’atomsfera un po da paese. Un paese estesissimo, in cui ogni strada, ogni crocicchio, costituisce un mondo a se stante, isolato da tutto il resto della metropoli. Compro 2 teiere, e mangio in un ristorante di strada, in un negozio aperto. Seduto su uno sgabello, pranzo con una zuppa di noodles (spaghetti) tipo tagliatelle con delle verdure tipo spinaci. Costo: 3 Yuan (circa 40 centesimi di euro).

Dopo un giro di circa 2 ore sotto la pioggia, affaticato dal peso dello zaino e di tutti i miei affari, decido di raggiungere con la metro (bella, anche se quella di Shanghai è sicuramente più scenografica) l’hotel China, da dove prenderò il pulmann per Macau.

Il viaggio verso Macau si svolge tutto sotto la pioggia battente. Dopo aver impiegato più di mezz’ora a liberarsi dal traffico caotico e dai diversi svincoli delle sopraelevate che solcano il centro di Canton, il pulmann prende la strada del sud.

Ad un certo punto del viaggio, si entra nella zona di sviluppo economico agevolato di Zuhai. Si passa attraverso un posto di controllo/dogana, oggi non più in uso. Più ci si avvicina al confine, più la città si fa strutturata.. La città vera e propria, come d’altra parte Gangzhou, è tenuta molto bene. Aiuloe fiorite e inservienti che puliscono con continuità la strada. Il pulmann, nel tardo pomeriggio piovoso, scarica al capolinea, dopo circa 2 ore e mezza di viaggio, il suo carico di passeggeri. Il terminal si trova in un garage di un centro commerciale, proprio a ridosso del confine con Macau.

Ingresso a Macau. E’ ormai buio, e la pioggia continua ad essere battente. Il Centro Commerciale, è nel pieno della sua attività. Gente che entra ed esce dai negozi, giocolieri che si esibiscono in una specie di piazza coperta, famiglie che si ritrovano dopo aver fatto acquisti. Si accede alla dogana, come in altri mall ci si avvierebbe verso la stazione dei treni o della metropolitana. I controlli, in file ordinate, all’interno di un terminal moderno, sono molto rapidi. Tanti sono i cinesi o i macanesi che attraversano il confine con carrelli porta bagagli, carichi di mercanzie.

La famosa Porta della Cina (o Porta do Cerco) , varcata da padre Matteo Ricci nel 1600 e tramandata dagli occidentali nei secoli, come la porta dell’oriente, in colore giallo pastello, è li, quasi incastonata all’interno del nuovo e moderno edificio a vetri della dogana di Macau. Tante le citazioni letterarie di quella porta. Oggi, all’interno di una scenografia moderna e molto più imponente, ne esce molto sminuita… Continua a piovere. E’ venerdì sera, la gente viene a Macau per il week end: divertimenti e gioco. La piazza davanti alla Porta do Cerco sembra la piazza antistante una delle nostre stazioni. Mi metto in fila, sotto una pensilina coperta, per prendere un taxi. (non prima di aver cambiato un po di Yuan in Patacas).

Con il taxista, non ci riusciamo a capire. Io, in realtà non ho un posto dove andare. Alla fine, mi faccio lasciare al posteggio taxi davanti all’hotel Lisboa, per poter cominciare le ricerche per un posto dove passare la notte, partendo da un punto certo.

Raggiungo abbastanza facilmente una delle pensioni che avevo in elenco, la Pensao de Nam In, dove trovo subito posto. Niente male; un po spartana, ma molto economica. Tanto, per domani sera ho prenotato via internet la Puosada de Mong Ha, sulla collina.

Cena ad un ristorante portoghese/macanese (A Lorcha) con zuppa “Caldo Verde” (zuppa con patate, verdura e chorizo) e riso con granchi, carne e frutti di mare. Niente di che.

Fine serata con giro al casinò dell’hotel Lisboa. Atmosfera fumosa, con tanta gente affannata a giocare. Era stato più interessante 10 anni fa, al casinò flottante, vedere il gioco cinese del Fan ton, con le puntate degli spettatori, calate in cestini di vimini, dall’altro della balconata, sui tavoli da gioco, al piano terra. Sabato 20 agosto – Carruggi genovesi, vicoli mediterranei ? No, Macau La pioggia forte battente continua, e continuerà tutto il giorno.

Di prima mattina, trasferimento di albergo, alla Pousada. Bell’hotel, molto curato nel restauro e nell’arredamento. Azulejuos portoghesi (recenti) e mobili cinesi. Lascio la mia residenza coloniale e comincio il giro per le strade, stradine e colline del centro cittadino.

– Tempio di A-ma, quasi sulla punta della penisola, con i suoi zampironi votivi. Si tratta di un tempio antico, dedicato alla divinità del mare (A-Ma) e da cui si dice abbia preso il nome, nel XIV secolo la città (A-Ma-Cau, la baia di A-Ma). Luogo interessante.

– Museo del mare di Macau: con una bella mostra sulla pesca, sulle tecniche di cattura del pesce e sulle tipologie di imbarcazioni e giunche cinesi. Un po più propagandistica l’esposizione temporanea su Zhon He, navigatore cinese del XVI secolo, che a detta dei pannelli esplicativi, effettuò 7 viaggi in occidente, in modo molto più pacifico rispetto agli occidentali venuti verso est, e con tecniche più sofisticate. Per quanto riguarda le tecniche di pesca con le giunche, non ho capito come possa funzionare la tecnica degli ami, fissati su un lunghissimo filo di pesca. Centinaia di ami, calati in mare con le rispettive esche. Il filo, gestito da due giunche, veniva ad un certo punto tirato su una delle due barche. Ma come facevano i pesci a non scappare ? – Dall’estremità della penisola, vicino al tempio di A-Ma e al Museo, torno verso il centro di Macau, passeggiando per le stradine e viuzze del centro. Vicoletti molti cinesi in contrapposizione a edifici e chiese coloniali in color pastello. Carina la piazzetta “Largo de Lilau” e il giardino di piante rigogliose, davanti alla chiesa in stile barocco di Sao Lorenço. – Il Mercato rionale di Sao Lorenço, che stando al libro di J. Pons, Macau, aveva ispirato addirittura Baudelaire, è molto vivo. Nei reparti di polleria, ancora ci sono le gabbie con le galline vive, spiumate davanti al cliente nel caso, e le vasche con i pesci vivi, uccisi e sfilettati a richiesta. Lampade in peltro rosso vivo, illuminano la merce sui banconi del mercato. Tutto è organizzato su diversi cerchi, su un solo livello.

– Giro per le viuzze del centro. Sembra di essere nel centro storico di una Genova, di una Napoli o di una Barcellona cinese. Tante botteghe che vendono ferramenta, carni secche, tessuti, impresa de comida con polli caramellati appesi e wok che friggono e saltano spaghetti, carni, granchi, per strada. Tutto in uno spazio ristrettissimo. Si va dagli edifici fatiscenti di 5, anche 10 piani, a palazzi coloniali, normalmente gialli, ma anche verde rubino o rossi.

– Bella la struttura della biblioteca patrocinata e dedicata a Sir Robert Hu Tung, ed il teatro Pedro V, così come tutto il comprensorio di piazza e piazzette li intorno (Sant’Agostinho).

– Scendo verso la piazza del Leal Senado, turistica, ma effettivamente molto bella con i suoi edifici con i portici, e con il cortile e gli azulejous della Senate Library.

– Avevo letto del tempio di Guan-di. All’incrocio di due strade, una porticina sembra portare in casa di qualcuno. Invece, al secondo piano di un’abitazione qualsiasi, c’è questo tempio del 1750 (Incrocio tra Rua Ervanarios e Rua Estalagens) – Passaggio d’obbligo dalla chiesa di Sao Paulo (solo la facciata; la chiesa è stata distrutta nel 1840 circa).

– Mi fermo in due negozi di “antichità” con cose veramente belle. Quasi compro un “Abaco” (un pallottoliere) molto bello, ma ho paura del costo elevato. La stessa cosa per delle scatole in legno. Quando torno, i negozi sono già chiusi e un po mi pento per il mancato acquisto.

– Pomeriggio al villaggio di Coloane; purtroppo il tempo continua ad essere inclemente, e anche questo villaggetto, a quasi tre quarti d’ora di autobus da Macau, ha l’aria desolata. Bella la piazzetta con il porticato su cui si affaccia la cappella di St. François Xavier (porticato, edifici bassi gialli). Nella spiaggia proprio di fronte al villaggio, la bassa marea scopre gli allevamenti di mitili.

Rientro a Macau centro. A causa del tempo brutto, il nuovo ponte con forma avveniristica, che collega l’isola di Taipa con la terra ferma, è chiuso al traffico.

Cena con spaghetti (Chao-mien) saltati con calamari e verdure, in un’affollata bettola del centro (uno di quei ristoranti con la cucina all’entrata, che sia affaccia sulla strada e i polli, le anatre ed i pezzi di carne, appesi fuori.

Rientro in albergo, anticipato dalle condizioni atmosferiche.

Macau ha comunque il suo fascino. Dai negozietti che nella “China Mainland” non si vedono più, alle viuzze che scendono tortuosamente verso il mare come in alcune città del mediterraneo, agli edifici coloniali che si affacciano su strade e piccole piazzette, anch’esse poco “orientali” e ai giardinetti rigogliosi. Scritte in portoghese che ormai non capisce più quasi nessuno. I mercati.

Il bel mercato di Sao Domingo, che avevo fotografato anni, fa, esiste sempre, ma è stato trasferito in un edificio moderno. I banchetti con i lumini rossi esistono sempre, ma sono divisi, in base al settore merceologico, in diversi piani ed aree. I diversi livelli sono addirittura collegati fra loro tramite scale mobili, e non esiste più la balconata superiore da cui avere una vista generale del mercato.

Il futuro di Macau, mi pare di capire, sarà sempre più casinò, scommesse e turismo; Sull’isola di Taipa, ho visto costruire una grande casa da gioco “Venetian Charme”. Il Lisboa è in fase di ampliamento; ovunque si sta puntando sul gioco, ma anche sul turismo, con alberghi, mostre, pubblicità di diversi eventi destinati ai visitatori. E sempre per il turismo, tantissimi edifici sono stati restaurati, con facciate e strucchi che sanno di fresco.

Rispetto alla Cina “Mainland” mi sembra tuttavia, che qui i cambiamenti degli ultmi anni siano stati meno rilevanti. E come anche a Canton, qui si respira un’aria diversa. Qui ancora di più, con tanta umanità ammassata in così poco territorio. Chissà quale saranno i cambiamenti futuri, in quest’area di mondo, dove più che altrove, oggi, tutto cambia a velocità vertiginosa … Anche qui si perderà la vita della strada/villaggio cinese, per lasciare il posto ad edifici meno fatiscenti e più moderni, senza cortili/prigioni, con inferiate, condizionatori ed insegne luminose ? Per il momento, Macau è comunque un posto unico, dove, il solo perdersi nelle stradine e nelle piazzette, consente di scoprire nei diversi angoli continui riferimenti a 500 anni di contatto fra occidente e oriente.

Domenica 21 agosto – Al di la della baia: Hong Kong Continua a piovere. Sono incerto se andare direttamente a Hong Kong, o passare a comprare due anticaglie vicino alla chiesa di Sao Paulo. Penso soprattutto all’abaco di ieri mattina… Alla fine decido.. I giorni di viaggio sono pochi, quindi, Hong Kong. Il collegamento, tra le due città, in aliscafo, è molto simile ad un viaggio in areo, tra aeroporti moderni e trafficati.

Corse frequentissime, terminal organizzati con check-in, consegna bagagli per la stiva, duty free, controllo passaporti/sicurezza e gates, come in aeroporto.

Il viaggio veloce. Con l’Hydrofoil, circa un ora. Da Macau, si può andare direttamente oltre che ad Hong Kong isola e a Kowloon, anche direttamente all’aeroporto internazionale.

Il tempo, ovviamente è brutto; arrivo intorno alle 11:00 direttamente a Kowloon, a pochi passi dal mio albergo.

La stanza “Bay-view” che ho prenotato via internet, all’Hotel YMCA di Salisbury Road è veramente spaziale. Scrivo il mio diario, sdraiato sul divanetto, con vista panoramica sui grattaceli di “Central District” di Hong Kong e sul terminal degli “Star Ferry” della baia. Una vista veramente fantastica !! Oltre al vicino hotel “Peninsula (tutt’altro standard!) e a qualche altro edificio sulla punta di Kowloon, non sono molti gli edifici che possano offrire una simile vista panoramica sulla trafficata baia, e sui grattaceli della città. Veramente esaltante ! Un disguido ha fatto si, che al posto della più semplice camera “Bay-view” da me prenotata, mi sia stata assegnata una “Suite Bay-view”, più grande e soprattutto,sull’angolo dell’edificio, quindi più panoramica…

La giornata si svolge in modo un po disordinato, “en flanant” per le vie di Hong Kong. Primo giro a Kowloon, nel Kowloon Park, poi in Natham Road, quindi sul traghetto”Star Ferry” per Central. Attraverso la scala mobile centrale, salgo verso il quartierino di Soho, con i negozietti di Hollywood street, dove compro una stampa di Hong Kong con i risciò e degli oggetti di Mao (libretti rossi, orologio a cipollotto commemorativo della nascita), da regalare.

Mi fermo in uno dei tanti locali alla moda, a bere qualcosa. Mi fa piacere che qui, a differenza di Shanghai, la cucina ed il vino italiano, siano più presenti. Ci sono locali, nelle strade, dai nomi italiani, e non solo le classiche pizzerie “O Sole Mio”, “Toscana”, etc, etc. Anche cose più raffinate, e vicine al gusto italiano odierno.

Sulla centrale “De Voeux road” salgo sull’upper deck di un tram a 2 piani, verso i quartieri di Wanchai e Causeway Bay. Soprattutto quest’ultimo sembra molto vivo; in un punto tanta gente è ammassata con i propri ombrelli, nelle viuzze che si diramano dalla via principale, su cui si è fermato il tram. Questa parte della città comincia a trasformarsi in una zona più residenziale. Il tram costeggia campi di basket e a parchi che sembrano più di svago.

Ritorno all’albergo, con un’altra traghettata. Alle 20:00, infatti, come tutte le sere, da Kowloon si può ammirare lo spettacolo di luci e fuochi d’artificio organizzato sulla skyline di Hong Kong Central. Lo spettacolo non è affatto male; per riuscire a coordinare i giochi di luce su così tanti edifici, devono essere stati molto bravi; la coreografia e le teste da mettere d’accordo non devono essere stati facili. E la baia di Hong Kong è veramente spettacolare.

Cena a Wanchai, in un ristorante cantonese alla buona, con i soliti polli e carni appese fuori. Ma ne valeva la pena. Sia l’anatra arrosto, che i wan ton di gamberi erano veramente buoni. I wan ton, in brodo, contenevano, dentro il raviolo, il gambero intero. (prezzo: wan ton, anatra e birra = l’equivalente di 8 Euro).

Rientro in hotel. Provo ad andare al Peninusula, per una bibita al bar panoramico, ma con i pantaloncini corti, niente da fare. Ci riproverò domani.

Girando oggi per Hong Kong mi si è confermata l’opinione che mi ero fatto ieri a Macau. In questi ultimi anni, enormi cambiamenti hanno riguardato la Cina, per lo più il “Mainland”.

Hong Kong e Macau, questi 2 territori tralaltro densamente popolati, e si vede, cresciuti nel loro limite territoriale, come dei bonsai, costretti nel loro vaso, sono più o meno rimasti uguali negli ultimi anni, ed oggi, per certi aspetti, sono più Cina della vera Cina.

Ricordo quello che diceva quel ragazzo di Hong Kong con cui avevo avuto modo di parlare a Shanghai. Per lui con il ritorno di Hong kong alla Cina, non era cambiato quasi nulla; Hong Kong si sente vicino anche all’occidente, qualcosa di diverso dal resto della Cina; Hong Kong cerca di mantenere i propri diritti acquisiti, … Mi sa, che le SAR (Special Administrative Regions) di Hong Kong e Macau, su direttive forse della stessa Cina, in realtà dopo il 1997 (e 99, per Macau) non abbiano volutamente cambiato nulla rispetto al pregresso, e continuino a mantenere notevole autonomia sui propri affari interni. Probabilmente anche per evitare la fuga degli stranieri e dei loro capitali verso altri lidi … Oggi, domenica, a proposito di stranieri, era pieno di ragazze filippine, in libera uscita. Saranno state veramente diverse centinaia, ammassate alle fermate dei ferries, e sotto le tettoie delle numerose passerelle sopraelevate che collegando i vari buildings di Central e Wanchai fungono anche da sovrapassaggio pedonale pubblico. Data la pioggia, tutti gli spazi coperti fungevano da posto d’accampamento per gruppetti di ragazze che chiacchieravano, mangiavano, giocavano a carte, ecc, ecc, semplicemente per terra, su un plaid, come se fossero ad un pic-nic in campagna.

Ho notato anche tantissimi indiani, nella zona di Natham Road (tutti quelli che vendono vestiti e orologi copiati). Nei fatiscenti edifici di Kowloon, a piani altissimi, senza finestre, del tipo dell’Hotel Flora dove andavamo anni fa, si vedono le indicazioni verso diverse pensioni Singh, New Delhi, ecc, etc. Ugualmente, nel basement di questi edifici, ho visto banchetti con improbabili daal, nan, ecc, etc.

Lunedì 22 agosto – Hong Kong: non solo grattaceli Ore 22.20, Kowloon, hotel YMCA, suite 1088. Sono nel salottino della mia “Harbour View Suite”, all’angolo del 10° piano della Torre Nord dell’albergo. Sotto e davanti a me, l’isola di Hong Kong. Non c’è niente da dire; è uno dei più bei panorami del mondo. I grattacieli, e la baia trafficata, con i traghetti ovali e perfettamente bifronti della Star Ferry, che vanno avanti e indietro tutto il giorno verso Wanchai e Central District. E le chiatte e le navi che ogni tanto si frappongono tra la terra ferma e l’isola, transitando con le loro mercanzie.

Ormai non sono più le 22:20. Riepilogando le cose fatte durante quest’ultima giornata, ne ho approfittato per farmi una “scorpacciata” di giochi di luce, di movimento, di grattacieli, davanti a me. I triangoli del grattacielo della Bank of China, il palazzo più basso, con le scale laterali illuminate di bianco e di rosso dell’Hong Kong & Shanghai Bank; l’edificio con la base più stretta del resto del corpo, che almeno, una volta ospitava la biblioteca cittadina.

Ultimi scampoli di questo breve ma intenso viaggio di 13 giorni in Cina, a Macau e a Hong Kong.

Mi sono accomiatato (o quasi) da questa città, con una mangiata di granchio fritto nel wok, con fagioli neri, aglio e peperoncino, veramente buono.

Ma la giornata odierna è stata veramente densa di cose da ricordare: A) Mattinata nella parte nord dell’isola. Come al solito, per attraversare la baia, non me la sono sentita di rinunciare al ferry a vantaggio della più comoda ma meno sentimentale metropolitana. Arrivato a Central, autobus a 2 piani per la baia di Aberdeen. Dopo essere saliti verso la “Happy Valley” ultimo baluardo cittadino, con i suoi grattaceli da abitazioni, ma anche con i suoi campi sportivi e l’ippodromo, contornato da edifici di 20/30 piani, si entra in un tunnel. Al di la, una Hong Kong rocciosa e verde. Tutto un altro mondo; non s’immagina l’inferno di umanità e di urbanizzazione intensa nascosta dalla montagna.

B) Baia di Aberdeen. Giro d’ordinanza sulla giunca a motore nella Baia di Aberdeen. All’inizio vedo solo barche per turisti e yacht da diporto, sono molto titubante. Man mano che il giro va avanti, tuttavia, incontriamo anche barche da pesca vere e proprie. Certo, le giunche che al museo di Macau erano definite come “del Guandong”, grandi, con la grossa vela bianca a soffietto, quelle non ci sono più. In effetti, anche al museo era scritto che quel tipo di giunca, la cui linea è abbastanza familiare, ha cominciato lentamente e silenziosamente a scomparire all’inizio degli anni ’90. E qui, deve essere più o meno la stessa cosa. Cartoline e fotografie in giro per la città, ancora le ricordano, ma qui, dove erano stati spostati tutti i pescatori erranti, non c’è n’e più traccia.

C) Mercato del pesce di Aberdeen. Terminato il giro sulla giunca a motore, mi addentro in un mercato, punto di sbarco del pesce appena pescato. Non sembra aperto al pubblico, e non ci sono acquirenti. Le nasse (soprattutto delle nasse rotonde e basse) e le casse di pesce vengono sbarcate dalle barche presso diversi rivenditori. Il prodotto viene buttato, in molti casi ancora vivo, in vasche con l’acqua marina corrente. Il lavoro viene fatto a mano, tramite degli “smistatori”, uomini e donne, che prendono le varie specie e le immergono nelle vasche di competenza. Mi aggiro tra i diversi banchi e settori. La gente, che sta lavorando seriamente, si cura più del fatto che io non sia d’intralcio al loro lavoro che alla mia macchina fotografica. Questo mare deve essere pescoso di gamberi, data la grande abbondanza di nasse piene, che vedo passare davanti a me. E deve essere anche ricco di granchi e di molluschi. Il prodotto, scaricato e classificato, viene poi caricato su dei camion li, in attesa. D) Stanley Market. Prendo un pullman, che seguendo la strada rocciosa, si inerpica su per un pendio, e discende verso le spiagge di Hong Kong. Tutta l’isola, una volta doveva essere così… transito davanti alle spiagge di Deeper Water Bay e di Repulse Bay. Il sedicente Stanley Market ed il relativo villaggio non sono veramente niente di che. Il mercato, vende quasi solamente roba per turisti, tipo magliette “I Love Hong Kong” e cavatappi con giunche. Compro però, una bella stampa/litografia, realizzata da un architetto malese. Costa parecchio per i miei standard, ma effettivamente mi piace. Un disegno fatto con pennino in bianco e nero, che riporta lo spaccato di vita in una serie di palazzi nel quartiere di Wanchai.

E) Giro a piedi, nel Central District ed in Hollywood road, seguendo l’itinerario di 1 ora, consigliato dalla guida Lonely Planet. Soprattutto ad Ovest del West Market, molto interessante. Botteguccie di roba essiccata, di tutti i generi: dai pesci alle radici, dalle pinne di pescecane alle erbe medicinali. L’odore è forte, e molte delle cose che vedo, non saprei dire di cosa si tratta e soprattutto il possibile utilizzo pratico. Come a Guangzhou rivedo i funghi secchi, i cavallucci marini e le stelle marine, e altro …). Il West Market, tanto reclamizzato, invece è stato trasformato in una moderna food hall per turisti e uomini d’affari. Hollywood street è piena di bei negozi d’antiquariato cinesi. Ma anche qui in oriente, le cose veramente belle costano tra il tanto ed il tantissimo. Tra le belle cose: secchi in legno massiccio, qualche mobile e armadio cinese, le pitture a mano degli antenati “anchestors” (figure di uomini e donne, antiche, ritratti a figura intera e vestiti con abiti coloratissimi). Compro gli ultimi regali (non dagli antiquari, ovviamente …) F) Il Peninsula. Dopo essermi cambiato, con pantaloni lunghi, riaffronto l’hotel Peninsula, con l’obietivo di andare a bere qualcosa al bar panoramico Felix, disegnato dall’architetto belga Philippe Stark. Non c’è nulla da fare. Indicazioni non c’è ne sono. Bisogna per forza chiedere alla reception.. L’ascensore che sale al Felix è mimetizzata nella “Shopping Arcade” , e per niente evidenziato…

Ascensore scuro, sembra rappresentare un intreccio di radici e liane. All’arrivo (non-stop) al 28-imo piano, le luci si spengono e si illumina il pavimento. Quando la porta si apre, ci si trova in un corridoio stretto. Alla fine del corridoio, manco a dirlo, un panorama spettacolare sulla baia. Ambiente “fusion” ultramoderno. Tavoli rotondi, sedie con figure umane disegnate sullo schienale, isole centrali con i condimenti, a forma avveniristica. Per il bar, si sale una scala circolare e ci si trova, su un soppalco, con vista verso la parte principale della baia. Bancone del bar circolare e a fianco, tavolo un po’ ondeggiante, stretto e lungo, per gli ospiti. Sgabelloni alti. Prendo un cocktail e rimango ad ammirare il panorama, che in realtà poi, è lo stesso del YMCA, ma ad un livello più alto, e quindi più aperto. Il contrasto tra la hall del Peninsula, e la corte antistante l’hotel (lussuosissimo stile coloniale) ed il bar Felix, sul suo top,(anch’esso lussuosissimo, ma ultramoderno) è molto forte.

G) Foto dalla baia: provo, posizionando la macchina fotografica sul cavalletto, a fare una serie di fotografie da poi collegare fra loro, alla skyline di Hong Kong (Kowloon, davanti al pier degli Star Ferries). Non credo di esserci riuscito molto … H) Night Market di Temple street, Kowloon. Una delusione. Molto vivo, ma per niente interessante. Cartomanti, e materiale pornografico, I) Il granchio del Typhoon Shelter King Crab Restaurant. Molto buono. Da un menù, i camerieri fanno scegliere il tipo di granchio che si vuole mangiare (c’è ne sono 15/20 varietà diverse …), poi il tipo di cottura e gli altri ingredienti che si vogliono abbinare. La scelta non è facile, anche perché non ho granchè idea delle tipologie di granchio; per me uno vale l’altro. Mi lancio. Mi portano un piatto molto scenografico, con un granchio molto grande, fritto non in pastella, ricoperto di cipolla fresca e di granelli di altri ingredienti fritti. Veramente buono; spesa con birra, 220 HK$ (circa 24 Euro, ma Hong Kong ha prezzi già più occidentali …) Ne valeva la pena; l’idea mi era venuta, già stamattina, vedendo ad Aberdeen scaricare tutte quelle ceste di granchi … anche qui, come da noi, i prezzi variano in base al mercato.

J) Panorama terapia dal divanetto dell’albergo, nella camera con vista.

Martedì 23 agosto – Ritorno alla realtà Sveglia presto per il volo del rientro. Scrivo a 9600 metri s.L.M., in realtà molti meno dalla terraferma. Il Boeing 747-400 in volo da Hong Kong ad Amsterdam (9285 Km, in 11h35 min di volo), sta sorvolando ora una parte del Tibet Plateau. La distanza dal terreno è, in effetti, totalmente ridotta. Prima delle valli brulle con delle terrazze, poi delle grinzature sul terreno, e quindi, ora stiamo sorvolando un deserto vero e proprio. Non più strade, non più piccoli agglomerati urbani sotto di noi. In questo momento, solo terra rossa. Stamattina, prendendo il treno per l’aeroporto, mi sono reso conto di quanto è estesa Hong Kong. Il viaggio da Central dura circa mezz’ora su, ovviamente, dei bei ed efficientissimi treni. Gran parte del percorso si svolge fuori, allo scoperto, prima di raggiungere l’aeroporto, sull’isola artificiale. Anche qui paeseggi rocciosi e verdi, con un mare abbastanza turchese. Sul tragitto, quartieri di palazzi di 20/30 piani, con terrazzini tutti uguali, ingabbiati e campi sportivi all’interno dei condomini. (campi da tennis, da basket, piscine). Aeroporto moderno, bello, ma non eclatante. Molto grande e con aerei di grandi dimensioni. 11.40 – 17.20 HKG – AMS 20:35 – 22.50 AMS – FCO Rotta su Cina (Kwelling, Chengdu), altopiano del Tibet, Kazakistan, Russia, Polonia, Germania, Olanda.



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