Zaino in spalla tra Patagonia, Cile, Argentina, la Terra del Fuoco e le imponenti cascate dell’Iguazú

Tra due città frenetiche, Santiago e Buenos Aires, un mese on the road per la Patagonia Cilena e Argentina, la variopinta isola di Chiloé, i pinguini di Punta Arenas, Ushuaia alla fine del mondo e le inimmaginabili cascate
Scritto da: MartinaBi
zaino in spalla tra patagonia, cile, argentina, la terra del fuoco e le imponenti cascate dell'iguazú
Partenza il: 05/10/2016
Ritorno il: 03/11/2016
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €
Ascolta i podcast
 
Decidiamo di organizzare un viaggio in queste terre intorno alla metà dell’afoso Agosto 2016, tra i miei turni di lavoro massacranti e la preparazione della laurea di Marco, il mio compagno di avventure ormai da qualche anno. La scelta della destinazione non è scontata: andiamo al mare per recuperare le mille forze perdute o ci immergiamo nella natura incontaminata ed immensa della Patagonia? Ma sì, addentriamoci alla fine del mondo! Zaino in spalla, google map sempre acceso, musica nelle orecchie e crema solare a portata di mano, a inizio ottobre inizia la nostra avventura a 13.000 km di distanza.

Il viaggio lo abbiamo organizzato in circa un mese e mezzo, il biglietto aereo intercontinentale lo abbiamo acquistato un mese prima, ma il consiglio è di rifarsi con più anticipo per giovare di prezzi concorrenziali: andata e ritorno si può trovare a 450-500 euro contro gli oltre mille se si prenota con poco anticipo.

Firenze – Parigi – Santiago con AirFrance (compagnia assolutamente sconsigliata!!) è la nostra tratta di andata e Buenos Aires – Parigi – Firenze quella di ritorno.

Santiago del Cile ti rapisce già quando metti piede giù dall’aereo: par d’essere a L’Havana pur non essendoci mai stata, case basse e colorate in periferia, giovani che giocano per strada, auto “d’epoca” e tanti tanti sorrisi. Il centro città è quello tipico di una grande città europea: strade trafficate, autobus e metropolitana sempre attivi, voci, colori, rumori, odori.

Un paio di giorni o tre bastano per avere un’idea superficiale della capitale cilena. Abbiamo deciso di affittare le biciclette per un tour diverso e più rapido della città, e perché è nostra abitudine nelle città che visitiamo: Valencia, Londra, Parigi, Amsterdam, sempre amiamo girare su due ruote!

Un’intera giornata di sole l’abbiamo passata a Valparaiso “Valpo” tanto amata dal Poeta Nazionale: “Valparaiso, qué disparate eres, qué loco, puerto loco, qué cabeza con cerros, desgreñada, no acabas de peinarte, nunca tuviste tiempo de vestirte, siempre te sorprendió la vida …” Porto internazionale e colli colorati e ricchi di arte di strada: murales variopinti ovunque accompagnano i turisti e gli abitanti per ogni loro passeggiata. Il compito da svolgere a Valparaiso è quello di lasciarsi trasportare da murales e perdersi tra i vicoli alla ricerca dei colori che ci piacciono di più.

La mattina del quarto giorno lasciamo la capitale cilena con un volo low cost (skyairlines) che ci porta a Puerto Montt dove abbiamo prenotato un’auto noleggio per spostarci all’isola di Francisco Coloane: Isla de Chiloé. Per raggiungere l’aeroporto di Santiago dal centro i trasporti sono comodissimi: metro L1 fino al Los Heroes o Terminal Pajaritos e bus – esistono più compagnie, circa un’ora in totale e si arriva. Noi la metro a Santiago l’abbiamo utilizzata solo per questi spostamenti, per il resto la città è visitabile a piedi senza problemi e senza furia.

L’isola di Chiloé si raggiunge con un poco più di un’ora di auto dall’aeroporto El Tepual di Puerto Montt e una mezzora di traghetto dall’agglomerato urbano di Pargua; è stata una gran bella scoperta: una grande strada diritta tra il verde dei campi, le mucche al pascolo e il terso cielo del sud.

Abbiamo passato solo una notte nella cittadina di Castro ed abbiamo girato in auto per vedere il più possibile nelle poche ore che avevamo a disposizione; consiglio però un paio di giorni perché l’isola è piuttosto grande ed ha molto da offrire: cibo, natura, panorami, animali. Nella cittadina di Quemchi c’è il museo di Coloane, che purtroppo resta chiuso la domenica e il lunedì (ovvero i nostri due giorni sull’isola).

Il secondo giorno rientriamo all’aeroporto per restituire la macchina, autobus per Puerto Varas (circa 15 euri a testa) dove arriviamo in una piovosa serata di Ottobre. Non possiamo vedere niente in questa cittadina turistica tanta è la pioggia: ci accontentiamo di una cena in un pub consigliato dal nostro padrone di casa (elbarista.cl) e ci infiliamo sotto le coperte: ci aspettano una decina di ore di bus, l’attraversamento delle Ande e delle due frontiere: siamo diretti a San Carlos De Bariloche, la capitale argentina dello sci, la capitale argentina del cioccolato.

Marco ed io ci siamo dimenticati la noia delle frontiere. Personalmente l’unica volta che in Europa sono stata costretta ad attraversarne una era il lontano 1991 in un viaggio in auto da casa a Parigi. Poi abbiamo iniziato ad entrare ed uscire continuamente, velocemente e senza rendercene conto dall’Italia verso la vicina Francia, verso la Germania, la Grecia, l’Austria … e senza capire la bellezza e la modernità che ha portato l’Europa Unita.

Ore 15.00: prima frontiera. Siamo dalla parte cilena del parco nazionale delle Ande e sotto una pioggia torrenziale che prosegue senza sosta dal giorno precedente scendiamo tutti i nostri bagagli e li rimontiamo dopo che sono passati nel rullo e sotto al metal detector cileni. Non si può portare in Argentina frutta e verdura cilene, né semi, né piante. Il passaggio alla dogana può richiedere diverso tempo: dipende da quante persone ci sono; scegliere il giusto giorno della settimana è dunque fondamentale, consiglio di non attraversare la frontiera durante i giorni festivi e prefestivi, si potrebbe rimanere bloccati per svariate ore. Dopo un primo passaggio dalla frontiera cilena, si rimonta in bus e dopo circa 40 minuti si arriva a quella argentina. Non importa più scendere i bagagli ma è comunque necessario farsi riconoscere dalle guardie, fare un nuovo timbro di entrata sul passaporto e quindi perdere altri minuti preziosi (se non ore…).

Piove. Il viaggio è in compagnia di tanta pioggia e neve, ma noi siamo al riparo! La compagnia di bus (Andesmar) organizza una sfida a bingo ed in palio c’è una bottiglia di Chardonnay di Mendoza. “Giochiamo?” “Non capisco i numeri!” – mi confida Marco “Ma sì, giochiamo!” . E ci portiamo a casa la bottiglia! I due italiani 😉

San Carlos de Bariloche ci accoglie con un timido sole ed un forte vento. In ostello, pulito e curato (Pudu hostel, a pochi minuti dal centro), ci aspetta una stanza matrimoniale con bagno (circa 30 euro a notte) ed una finestra immensa vista lago. Spettacolo indimenticabile: lago e Ande innevate con il sole, con la pioggia, con l’arcobaleno. Fuori fa freddo, noi ammiriamo il panorama da dietro al vetro della nostra finestra in una camera piccola ma accogliente. In questa cittadina, caotica seppur piccola, abbiamo conosciuto il famoso cambio nero (blu) che fino ad ora solo avevamo letto nelle guide turistiche o su internet. Per le strade trafficate da auto e da pedoni del centro si mescolano numerosi argentini che invogliano il turista a cambiare “euros, dolares, reales” in maniera sicuramente (?) vantaggiosa. Noi non ci lasciamo abbindolare! Cambiamo in una delle due case di cambio, anche se nella maggior parte dei posti (bar, ristoranti, alberghi, ma anche ogni negozio) accettano euro o dollari. A Bariloche ci incontriamo (o scontriamo?) con il clima patagono: tutte e quattro le stagioni si susseguono durante la stessa giornata e non riusciamo a visitare il grande parco Circuito Chico perché la primavera sopraggiunge solo la sera inoltrata! Nevica la mattina, nevica il pomeriggio e piove, tira vento e fa freddo nel resto della giornata. La sera c’è un tramonto e un cielo limpido da brividi.

È il terzo giorno che arriva l’estate: ma a noi – ci – attende il volo per El Calafate quindi questa volta l’estate a Bariloche non ce la possiamo godere! A causa di vari scioperi il volo delle 13 partirà non prima delle 16 e quindi l’escursione prenotata per la sera salterà. Comunichiamo l’inconveniente e cerchiamo di rilassarci in aeroporto mangiando un po’ del buon cioccolato argentino.

L’arrivo alla capitale argentina del trekking non è dei migliori: se a Bariloche finalmente era arrivato il sole ed era sparito il vento… a El Calafate… nevica! La perturbazione ci segue. E noi non possiamo far niente se non farci amicizia!: guanti, cappello e gore-tex ovunque ci facciamo una birra in un pub alla moda della cittadina (La Zorra, dove producono birre home-made molto gustose ed a prezzi decisamente…europei!). Tutta la Patagonia turistica è molto cara, niente da invidiare come meraviglie alle nostre ma anche i prezzi si sono adeguati. È l’organizzazione che è decisamente migliore rispetto alla nostra! La città vive di turismo , le agenzie di turismo rivestono l’unica via asfaltata della città e vendono attività turistiche con prezzi non inferiori a 100 €, per scoprire le lontane bellezze della Patagonia.

Il nostro secondo giorno a El Calafate ci svegliano un gran sole e l’autobus di Hielo y Adventura che alle 6.50 è sotto il nostro albergo pronto per portarci insieme ad altri 40 ragazzi provenienti da tutto il mondo a fare l’avventura che più mi ha emozionato non solo in questo mese ma in tutta la mia vita: trekking sul ghiacciaio Perito Moreno. http://www.hieloyaventura.com/HIELO2015/bigice-glaciar-perito-moreno.html con un’autocertificazione sulla salute psichica e fisica, un’età minore di 40 anni e un bonifico di quasi 200 euro ti portano a “calpestare” per 4 ore il terzo ghiacciaio più grande al mondo, mentre con una cifra lievemente inferiore e senza limiti di età la passeggiata sul ghiacciaio è più soft dal punto di vista fisico ma indubbiamente – credo – altrettanto mozzafiato.

Modo migliore per spendere quei soldi non l’avrei potuto trovare! Le cose più importanti prima di partire sono l’avere un consono abbigliamento, portare con sé cibo calorico a volontà (per l’acqua…quella del ghiacciaio è potabile 😉 ) ed avere un minimo di allentamento perché è una giornata piuttosto impegnativa. Ed in assoluto una giornata che non si potrà mai dimenticare. Il medesimo pulmino che alle sette meno dieci era passato a prenderci dall’hotel ci riporta dodici ore dopo carichi di foto e di ricordi. A conclusione della giornata una cazuela de lentejas ed una grande dormita.

All’indomani, stessa ora, stessa modalità di “recogida” ma nuovo gruppo e nuova avventura: escursione in kayak nel rio la leona e trekking nella steppa patagonica (www.kayaksantacruz.com.ar/kayak-r-o-la-leona). Le guide istruiscono su ogni cosa: da come si tengono in mano le pagaie, a come si rema contro-corrente, ai nomi di flora e fauna presenti (a partire dalla leggenda sulla famosa bacca el calafate che se si mangia, come bacca o sotto forma di marmellate, torte, gelati, liquore, si ha la certezza di tornare).

Anche questa giornata di avventura è lunga e ricca di emozioni e il pulmann ci riporta in hotel circa 10 ore dopo la recogida.

Il giorno seguente decidiamo di partire per El Chaltén (esistono varie compagnie di trasporti che fanno la spola – più volte in giornata – tra le due cittadine), il paese ai piedi delle Ande, a pochi chilometri dalle vette più imponenti di tutta la nazione: il Fitz Roy e il Cerro Torre. Anche oggi l’autobus ci preleva direttamente dall’hotel e, carichi di zaini e borracce, partiamo per passare due notti da veri escursionisti.

Le emozioni si mescolano al sudore ma la fatica non riesce a prendere il posto della nostra felicità. I panorami si susseguono, sempre uguali e sempre diversi, la neve ci circonda, ogni tanto ci si ferma per recuperare le energie, per bere, per fotografare, e per immortalare, per mettere o togliere il cappello e i guanti perché sembra caldo, poi è freddo, poi c’è la neve, poi splende il sole. Clima folle in una terra incontaminata dai mille volti e dai mille colori.

Si fa amicizia con semplicità, in Patagonia. Viaggiatori di ogni età, turisti in cerca di emozioni nuove, fotografi in attesa dello scatto perfetto, scrittori, poeti e sognatori. Abbiamo incontrato mille persone. E per essere meno poetica abbiamo conosciuto psicologi, venditori di articoli sportivi, disoccupati, magazzinieri, ricercatori e scienziati di aziende farmaceutiche, vagabondi, dipendendi di multinazionali, economisti, baristi e avvocati. Tutto si fonde, tutto si miscela tra la steppa e il ghiaccio.

Merita il viaggio l’ascesa alle vette del Fitz Roy, Poicenot e Saint Exupery, ma l’allenamento è d’obbligo perché la salita fino alla Laguna de Los Tres mette a dura prova anche i giovani più allenati. Ma una volta lassù un urlo di gioia riempie la valle lontana.

Due notti e tre giorni nella terra del trekking australe, rientro a El Calafate con escursione serale in jeep (patagoniaprofunda.com) lungo il lago argentino e cena in una grotta con menù tipicamente patagonico: pan cordero casero e vino tinto. Serata decisamente meno impegnativa e meno emozionante ma comunque in compagnia di un magnifico tramonto e di buon vino rosso.

Il mattino del 19 ottobre di buon’ora si parte (dal terminal di Omnibus in Av. Roca) pronti ad affrontare ancora una volta le due frontiere per rientrare in Cile alla volta di Punta Arenas e dei suoi pinguini. Non siamo riusciti a farci incastrare il trekking a Torres del Paine, un po’ per il poco tempo (assicurano che servano almeno 4 giorni) un po’ per la tanta stanchezza. Decidiamo di concederci due giorni pieni e tre notti a Punta Arenas, la città più meridionale della terraferma cilena. Ad essere sinceri in questa stagione un giorno è sufficiente ma bisogna fare affidamento al meteo! Se c’è tempesta (ed è molto probabile…) non si può fare niente e dunque è tempo perso… Al nostro arrivo, appunto, il tempo non ci ha assistito: raffiche di vento e pioggia non hanno permesso la nostra escursione (con partenza alle 6.40 di mattina!) per vedere i pinguini alla Isla Magdalena, e abbiamo dovuto rimandare tutto al mattino seguente (tra l’altro ciò significa due giorni di sveglia all’alba!). Dunque un giorno lo abbiamo “perso”. Ma il mattino seguente ce lo siamo goduto!!! Pinguini ovunque! L’escursione prevede la partenza con un’imbarcazione a motore fino all’isola Magdalena popolata dai Pinguini Magallanes e dai cormorani. I pinguini di Magellano sono i più piccoli, altezza ginocchio, ma questa è l’unica opportunità che si ha in zona di passeggiare insieme a questi buffi peluche! (il prezzo della giornata, come tutti i prezzi delle escursioni in Patagonia e Terra del Fuoco, si aggira intorno ai 100-150 euro http://soloexpediciones.com/es/).

Nel pomeriggio abbiamo studiato la storia di questo ultimo e lontano lembo di terra continentale a Fuerte Bulnes, un tempo prigione alla fine del mondo.

I racconti di Sepúlveda e Coloane ci hanno accompagnato per tutti i trenta giorni di viaggio tra le brulle terre argentine e cilene vivendo e rivivendo i loro ricordi e le loro emozioni. Un giorno ho cercato invano di contattare Sepúlveda per qualche consiglio di viaggio!

Tra avventure e disavventure il 17esimo giorno di avventura si parte per la città alla fine del mondo!: Ushuaia. Come sempre armati di libri, di macchina fotografica, di musica nelle orecchie e di tanta voglia di avventura affrontiamo 10 lunghe ore di bus tra guanachi, pecore, lagune, frontiere e vento. Il vento patagonico, il vento del canale di Magellano, il vento della fin del mundo.

Ushuaia è la città delle cartoline, la città dove il turista si fotografa al faro del fin del mundo, la città dove un gelato costa 8 euro e una bottiglia d’acqua 5. Mi verrebbe da chiamarla la città acchiappa-citrulli ma la natura è così bella e sorprendente che non vengono acchiappati solo i citrulli ma anche gente in cerca di emozioni, di purezza. Con il senno di poi comincerei il mio viaggio da qui e poi risalirei, perché i panorami della Patagonia centrale ci hanno stregato al punto da rendere il resto molto più normale, sebbene di normale ad Ushuaia ci sia ben poco (a partire dai prezzi 😉 )! Per i più facoltosi, o per chi ha più tempo, da qui partono le crociere per l’Antartide scontate perché last minute. Con un minimo di 5 o 6.000 dollari si parte per una settimana al bianco, nel bianco. O forse al verde, nel bianco. Noi i nostri dollari li abbiamo spesi in una navigazione in barca a vela nel Canale di Beagle (www.tresmariasweb.com/) l’unico giorno dell’anno in cui il vento non c’era, la barca andava a motore e pareva d’essere a navigare nel lago di Massaciuccoli, se non fosse stato che eravamo all’estremo sud del mondo con i leoni marini che ci circondavano! Abbiamo poi deciso di avventurarci in un’escursione in mountain bike nella foresta di lenga e in una gita nel parco naturale di Terra del Fuoco.

All’arrivo ad Ushuaia (22 ottobre) le agenzie di viaggio che affollano la città ti propongono le più innumerevoli (e bellissime) escursioni, in barca, in canoa, a piedi, a cavallo, al lago, in montagna. Studiando e chiedendo alla gente del posto si scopre che le escursioni è possibile organizzarle da soli, con forza di volontà e inventiva perché neanche all’ufficio informazioni ti aiutano molto (preferendo, ahimé, consigliarti il nome dell’una o dell’altra agenzia per far girare ancor meglio l’economia… e sì che gira!). In Av. Maipu si trova il terminal dei colectivos, piccoli bus che, con prezzi non economici ma più ragionevoli delle gite in agenzia, fanno la spola con i punti più interessanti della zona: Parque Nacional Tierra del Fuego, Laguna Esmeralda, Laguna Azul, Lago Fagnano…) fermatevi per chiedere direttamente a loro.

Dopo 4 notti alla fine del mondo ci aspettano 9 ore di volo per arrivare al polo opposto dell’Argentina: las Cataratas de Iguazu al confine tra Argentina, Brasile e Paraguay. L’altra grande meraviglia che ci ha sorpreso alla fine di questa nostra avventura. Ariviamo a Port Iguazú la sera del 26 Ottobre e ci accordiamo con l’autista del remis (una sorta di taxi) che ci viene a prendere all’aeroporto per farci accompagnare i prossimo due giorni: dapprima alle cascate dal lato argentino, il giorno seguente – dopo l’ennesima uscita dai confini argentini – al lato brasiliano. Molti turisti dibattono su quale sia il lato più bello, più sensazionale o più emozionante. Per me semplicemente è una competizione che non può aver luogo: sono due posti totalmente, immensamente ed energicamente fuori dal comune!

Le cascate di Iguazú non si possono raccontare. Come del resto non si può raccontare questo viaggio, questa storia, le emozioni e tutti quei colori, quei sapori e quegli odori che ci hanno accompagnato da Santiago al Polo Sud, e poi al nord e fino a Buenos Aires. Smog, parchi, cieli blu, strade infinite, sporcizia e colori, tanti colori, tanta musica, tante persone, tante urla, tante auto, tante cose, tante case. Alla fine è un’esperienza che rimarrà dentro di noi. Tra me e Marco, e tra le persone che dopo i nostri racconti con gli occhi lucidi decideranno di mettere da parte tanti soldi e tanti giorni e di imbracarsi su uno scomodo sedile AirFrance.



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche