Yellowstone, Real America e Hawaii: ecco il nostro viaggio di nozze made in USA

Itinerario on the road di una settimana, alla scoperta delle meraviglie naturali del parco di Yellowstone e delle praterie del Sud Dakota, patria di cowboy e bisonti allo stato brado, per poi volare alle remote isole Hawaii, visitando Oahu, Maui e Kauai in poco più di due settimane
Scritto da: francelucarelli
yellowstone, real america e hawaii: ecco il nostro viaggio di nozze made in usa
Partenza il: 03/09/2013
Ritorno il: 27/09/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €
Premetto che questa era la nostra terza volta negli Stati Uniti, dopo il tour on the road nell’ovest del 2010 e quello nell’est del 2011. Il parco di Yellowstone è sempre stato il nostro sogno comune fin dai tempi di Yoghi e Bubu, mentre le Hawaii ci avevano incantato con i lori paesaggi naturali unici. Ed ecco che il viaggio di nozze ci ha dato l’opportunità di combinare entrambe le mete, in un unico grande viaggio.

Essendo una lista di nozze, abbiamo dovuto affidarci a un tour operator (I viaggi del Toghiro), che ha prenotato per noi i voli, gli alberghi e l’auto a noleggio, anche se il tutto lo abbiamo scelto noi passo per passo, indicando le tappe e gli alberghi, preferendo strutture di livello medio ma con un certo carattere.

Premesse a parte, ecco le tappe del nostro viaggio, durato 25 giorni (dal 3 al 27 Settembre):

1 notte a Jackson Hole; 3 notti a Yellowstone; 1 notte a Cody; 3 notti a Deadwood; 5 notti a Honolulu; 5 notti a Maui (Lahaina); 4 notti a Kauai (Poipu).

Giorno 1 (Martedì 3 Settembre)

Partenza da Firenze ore 7.05 con destinazione Jackson Hole (Wyoming), dove l’arrivo è previsto per le 19 ora locale (ci sono 8 ore di fuso orario). La compagnia aerea è Air France-Delta e faremo due scali, il primo a Parigi e il secondo a Salt Lake City.

Purtroppo, all’arrivo, accade il grosso inconveniente della perdita di entrambe le nostre valigie. Non mi dilungherò nei particolari della vicenda, ma mi limiterò a dire che una valigia ci è stata recapitata dopo una settimana circa, mentre l’altra non è mai arrivata e, in tutto questo, sia il tour operator, che la compagnia aerea, si sono dimostrati piuttosto incompetenti.

Arrivati a Jackson Hole, noleggiamo la nostra auto prenotata con la Alamo, categoria media, con il pacchetto comprensivo di pieno carburante, assicurazioni e navigatore, al costo di circa 500 euro per una settimana, compreso anche il drop-off per la restituzione a Rapid City, in South Dakota. Pernottiamo all’hotel The Lodge at Jackson Hole, molto bello, dove ci danno un upgrade ad una camera enorme con camino. Purtroppo è già tardi e quindi non abbiamo modo di visitare la cittadina.

Giorno 2 (Mercoledì 4 Settembre)

Oggi inizia il tour vero e proprio, quindi ci svegliamo di buon ora e alle 8 siamo già sulla strada per il Gran Teton National Park, che dista circa un’ora di auto.

Dopo il diluvio che ci ha accolto la sera prima al nostro arrivo, stamani splende un bellissimo sole, anche se fa piuttosto freddo, visto comunque che siamo in alta montagna. Il parco ci affascina subito con le vette della Teton Range che s’innalzano fino a 4000 metri. Decidiamo di prendere la barca che attraversa il Jenny Lake, per poi percorrere il sentiero di circa 30 minuti che porta fino alle Hidden Falls. Escursione consigliata poiché è semplice e affascinante, molto belle sono sia le cascate, che il lago.

Riprendiamo l’auto e ci dirigiamo a nord verso il parco di Yellowstone, fermandosi ovviamente nei vari punti panoramici che ci offre ancora il Gran Teton. Passando attraverso stupendi scenari di alta montagna, in circa due ore raggiungiamo l’Old Faithfull Inn, lo storico hotel all’interno del parco che ci ospiterà per due notti. L’emozione è grandissima quando lo vediamo da fuori, con la sua imponente struttura interamente in legno, che spunta dalle fumarole dei geyser, ma è ancora più forte quando entriamo all’interno della hall, con il gigantesco camino e il soffitto a travi, che tante volte avevamo visto in foto, ma che dal vero ha qualcosa di veramente unico e magico. Ci accomodiamo nella nostra camera situata nell’ala ovest, piccola ma molto carina e subito usciamo per esplorare a piedi l’area dei geyser intorno all’hotel, chiamata Upper Geyser Basin. È una zona stupenda, piena di pozze dai mille colori, fumarole e geyser di tutti i tipi, primo fra tutti, naturalmente, l’Old Faithfull Geyser, la cui eruzione ci lascia letteralmente a bocca aperta (controllate sempre gli orari esposti nel centro visitatori, che sono molto utili per programmare la visita dei principali geyser e vederne l’eruzione). La zona si gira facilmente a piedi su un percorso di passerelle rialzate: noi abbiamo impiegato circa un paio d’ore.

Per la sera andiamo a West Yellowstone, una piccola cittadina che si trova all’entrata ovest del parco e che dista circa quaranta minuti in auto. È abbastanza carina, se non altro per fare una passeggiata di sera nei vari negozietti di souvenir, che rimangono aperti fino alle 21, anche se l’unico reale motivo di questa deviazione è stata la necessità di comprare qualche bene di prima necessità, non avendo con noi praticamente niente. Sicuramente, almeno se soggiornate qui pochi giorni, consiglierei di assaporare appieno la magia del parco, anche di sera. Ceniamo in un ristorante sulla via principale con i nostri primi hamburger e birra di una lunga serie e poi a letto.

Giorno 3 (Giovedì 5 Settembre)

Il programma della giornata è quello di visitare in mattinata la zona di Mammoth Hot Springs, per poi tornare indietro e fermarsi a Norris Geyser Basin e le zone di Lower e Middle Basin. Anche oggi fortunatamente la giornata è bellissima.

Per raggiungere Mammoth ci vogliono circa due ore, su di una strada bellissima. Si alternano paesaggi stupendi di natura incontaminata e, naturalmente, non mancano gli animali, in particolar modo bufali e cervi, che spesso riusciamo a fotografare a una distanza di pochissimi metri. Anche la zona di Mammoth è indescrivibile, sia per bellezza che unicità, sembra davvero di essere in un altro mondo, circondati solo dalla natura immutata da milioni di anni. Il percorso, anche in questo caso, è ben segnalato, si snoda attraverso passerelle di legno e piccoli viottoli, che permettono di raggiungere i punti di maggiore interesse. Noi abbiamo dedicato mezza giornata alla visita di questa zona.

Ritornando verso l’Old Faithfull, ci siamo fermati nella zona di Norris, un bassopiano di geyser, fumarole e pozze sulfuree dai colori indescrivibili e una bellezza difficilmente rappresentabile a parole. C’è sia la possibilità di ammirarlo dall’alto nella sua interezza (a pochi passi dal parcheggio), sia di passeggiarci all’interno godendone le più piccole sfumature. Unico appunto: portatevi qualcosa da mangiare e bere perché la zona è completamente sprovvista di qualsiasi punto di ristoro.

Per la cena avevamo prenotato un tavolo al ristorante dell’Old Faithfull Inn (nonostante fosse bassa stagione, la prenotazione era comunque necessaria; invece non c’è nessuna formalità riguardo all’abbigliamento). Non ne siamo rimasti delusi. La sala è bellissima, sembra di tornare indietro nel tempo e il cibo è ottimo, senza spendere una fortuna.

A questo proposito ci sentiamo di fare una considerazione sull’alloggio scelto, anche in merito ai commenti molto discordanti che si trovano su tripadvisor, su cui noi ci basiamo spesso. L’albergo NON E’ un albergo di lusso, non c’è tv, internet o wi-fi, quindi se quello che cercate è la comodità o la tecnologia sempre a disposizione, questo non è il posto che fa per voi. L’albergo è un hotel di charme, ovvero pieno di fascino, di atmosfera, di serate passate a sorseggiare una bibita davanti all’enorme camino o sulla terrazza sentendo gli sbuffi del geyser. Se, come noi, queste sensazioni vi soddisfano, pensiamo che sia uno degli hotel più belli al mondo.

Giorno 4 (Venerdì 6 settembre)

Fatto a malincuore il check-out, assistiamo alla nostra ultima eruzione dell’Old Faithfull Geyser, questa volta circondato da una fitta nebbia e ripartiamo verso il Middle geyser basin, dove si trova la famosissima Grand Prismatic Spring. Qui il tempo non è dalla nostra parte, fa molo freddo, c’è molta nebbia e per questo rinunciamo all’escursione di circa due ore, che permetterebbe di osservare e fotografare la pozza dall’alto, non riuscendo così a percepirne tutte le sfumature di colori che si vedono nelle cartoline. Ma il tempo è tiranno e ci aspetta un altro spettacolo altrettanto entusiasmante: il Grand Canyon of Yellowstone. Prima facciamo l’Uncle’s Tom trail, che permette, con una ripida scalinata, di addentrarsi all’interno del canyon per ammirare da vicino le Upper falls. Il tempo sembra migliorare e ci dirigiamo verso tutti i punti panoramici del canyon (tutti ben segnalati), che permettono di scattare delle foto impressionanti. Pranziamo in una caffetteria stile Old America nella grande piazza del Canyon lodge, dove dormiremo stanotte.

Dopo pranzo, ci dirigiamo a sud, verso la zona termale di West Thumb, dove facciamo un rapido giro per ammirare anche i geyser e le fumarole sotto il pelo del lago, prima che ci colpisca una grossa tempesta che si sta avvicinando all’orizzonte. Nel ritorno verso il Canyon Lodge, non possiamo evitare di fermarsi anche a dare un’occhiata all’altro storico albergo di Yellowstone; il Lake lodge, dove si respira un’atmosfera ancora diversa, sempre di un’altra epoca, ma notevolmente più elegante. Ci ha dato l’impressione di essere stati catapultati nella grande sala della prima classe del Titanic. Da vedere.

Prendiamo possesso della nostra camera al canyon Lodge e sorpresa! Si tratta di un bungalow completamente di legno con una vetrata immensa sulla foresta: “chissà che stanotte alla “televisione” non trasmettano qualche documentario con orsi, cervi e bufali!” Qui, in fatto di tecnologia, siamo ancora al di sotto dell’Old Faithfull Inn, infatti manca anche il telefono. In più, troviamo una graditissima sorpresa: essendo in viaggio di nozze ci hanno fatto trovare in regalo un plaid del parco, che ci ha riportato alla mente quei magici posti per tutto l’inverno.

Ceniamo al ristorante annesso (unica possibilità) e anche questa volta rimaniamo molto soddisfatti. L’atmosfera è davvero tipica, calda e familiare, con il pianoforte, un grande camino con divani e poltrone tutt’intorno e buon cibo.

Giorno 5 (sabato 7 settembre)

Purtroppo l’avventura nel parco sta per terminare perché la meta di stasera sarà la cittadina di Cody, ma Yellowstone ci riserva ancora delle forti emozioni. Di prima mattina visitiamo la zona di Mud Vulcano immersi in una fittissima nebbia e in un freddo allucinante, addentrandoci, sempre con un percorso segnalato, a tratti anche con passerelle, nella foresta. Siamo completamente soli, gli unici rumori che si sentono sono i nostri passi e ad un certo punto ci viene anche la paura di diventare la colazione di qualche orsetto di passaggio. Per fortuna, in questo caso, non c’è stato incontro con la wildlife! Invece, lungo la strada che ci porta alla Hayden Valley, il Serengeti d’America, si sta formando una coda spaventosa in quanto un bufalo gigante ha deciso di camminare indifferente lungo la striscia centrale della carreggiata. Altra emozione! L’Hayden Valley ci lascia senza parole, ma a quanto pare non solo a noi, infatti è pieno di fotografi professionisti o meno, appostati in queste immense praterie che si spingono fino a perdita d’occhio, per cogliere qualche segno di presenza animale, e qui non manca di sicuro. la più spettacolare, forse, è l’attraversamento del fiume caldo da parte di un branco di bufali, dai più grandi ai cuccioli, tutti intenti ad oltrepassare la corrente. Siamo anche molto fortunati, perché la nebbia della mattina se n’è andata e possiamo godere del panorama con un bellissimo sole.

Lasciamo Yellowstone dall’entrata est, percorrendo la Roosevelt Highway, non a caso definita dal presidente “le 100 miglia più scenografiche degli Stati Uniti”. Arriviamo a Cody nel primo pomeriggio, giusto in tempo per assistere allo spettacolo tipicamente western messo in scena davanti all’Hotel The Irma, carino, anche se non riusciamo a capire quasi niente. Per cena torniamo al ristorante Irma, bello il locale in stile, un po’ deludente il cibo, non eccellente e anche abbastanza costoso. Pernottiamo al The Cody, consigliato.

Giorno 6 (domenica 8 settembre)

Questo è prettamente un giorno di spostamento che ci porterà dal Wyoming al South Dakota, precisamente a Deadwood, dove alloggeremo per tre notti al The Lodge at Deadwood, un grande albergo con casinò poco fuori dal centro. In totale, oggi percorreremo 600 km. Prima di metterci in marcia, però, visitiamo il museo di Buffalo Bill (18$), un museo interattivo sulla storia, non solo di Buffalo Bill, ma anche di tutto il west.

Percorriamo la Scenic Byway in direzione Sheridan, attraverso gli spettacolari panorami della Bighorn Forest. Prima di raggiungere Deadwood, deviamo per la Devil’s tower, un monumento sacro agli indiani. Bello e imponente, dove ci accolgono tantissime marmotte che sbucano dalle loro tane incuriosite, e a tratti infastidite, dalla nostra presenza.

Si è fatto tardi e ci rimettiamo in marcia verso Deadwood, dove ad attenderci c’è davvero un paese fantasma, nel senso che l’8 settembre è già finita la stagione turistica, è tutto chiuso e fatichiamo per trovare un posto dove mangiare. Per fortuna all’interno dell’albergo c’è un pub che ci salverà le sere seguenti (attenzione perché il pub del casinò chiude alle 21.30!). Ma la Real America è proprio questo, e a noi piace così.

Giorno 7 (lunedi 9 settembre)

Piccolo appunto: ancora ignari del destino delle nostre valigie e con i vestiti del viaggio ormai abbastanza provati, ci fermiamo al primo centro commerciale incontrato dall’inizio dell’avventura (Rushmore Mall di Rapid city) per fare qualche acquisto, anche in vista della prossima partenza per le Hawaii, dato che non avevamo nemmeno un costume. Tralasciando le discussioni con il tour operator in merito alla loro idea di cose necessarie da potersi far rimborsare dall’assicurazione (pare che il costume non fosse per loro un bene di prima necessità in viaggio di nozze alle Hawaii. Neanche avessimo parlato di una borsa firmata!), acquistiamo rapidamente lo stretto necessario e ci dirigiamo verso la nostra prossima tappa: il Mount Rushmore.

Effettivamente non era una delle attrazioni americane che più ci entusiasmavano, ma vedendolo di persona assume un certo fascino. E’ molto imponente, più imponente di quanto possa apparire in televisione. La visita inoltre è gratuita (si paga il parcheggio) e non porta via più di un’oretta. Per pranzo ci fermiamo a Keystone, molto vicino, cittadina carina con qualche negozietto per souvenir di buon gusto.

La prossima tappa è il parco statale delle Black Hills e il Custer State Park, dove ci accoglie una natura favolosa e molto ricca di wildlife: bufali, antilopi, cerbiatti, alci, mountain goats (grosse capre pelose e barbute con enormi corni ricurvi), marmotte, fagiani e beggins burros (specie di ciuchini).

Ultima tappa della giornata è la sosta al monumento a Cavallo Pazzo, Crazy Horse Memorial, che però ci ha molto deluso, soprattutto perché quello che si vede prima di entrare, è esattamente la stessa cosa che ci aspetta dopo aver pagato ben 20$.

Giorno 8 (martedi 10 settembre)

Stamani partiamo presto per visitare la meta principale di questa zona: il parco nazionale delle Badlands. Si percorre tutto in macchina, fermandosi nei vari punti panoramici che permettono di avere una visione dall’alto del canyon al contrario che si estende a perdita d’occhio. Se vogliamo trovare una somiglianza, può ricordare il Bryce Canyon, ma un po’ più verdeggiante. La visita ci occupa tutta la mattina e, infatti, ci fermiamo per pranzo al punto di ristoro Ceddar Pass Lodge, all’uscita sud est del parco, che però non è all’altezza delle aspettative. Sulla strada del ritorno ci fermiamo al Wall Drug, un super mega negozio, dov’è in vendita qualsiasi oggetto che ti possa venire in mente. Una tipica pacchianata americana, con tanto di giostrine a tema western, attori in costume per farsi le foto, farmacia antica, cappella interna, due tavole calde con caffè a 5 cent. Non imperdibile, ma se passate da queste parti, vale la pena fermarsi, perché anche questa è America!!!

Giorno 9 (mercoledi 11 settembre)

Giornata di trasferimenti aeroportuali alle Hawaii.

Rapid City 12.35 – Salt lake City 14.20

Salt lake City 15.00 – Los Angeles 15.52

Los Angeles 17.48 – Honolulu 20.30

Altro appunto. Tredici voli di viaggio di nozze prenotati a gennaio 2014 per settembre e su nessun volo, io e mio marito, avevamo il posto accanto. Non è la prima volta che viaggiamo, ma abbiamo sempre optato per il fai da te e non ci è mai successa una cosa del genere. Non commento ulteriormente.

Ritiriamo la macchina a noleggio all’aeroporto di Honolulu (classe economy) con la Hertz e arriviamo al nostro albergo proprio in centro a Waikiki; Aqua Bamboo: albergo nella media, posizione eccellente, a due isolati dalla spiaggia principale di Waikiki, dove si trova la statua di Duke Kahanamoku, stanze piccole e con cattivo odore. Se possibile chiedetene una ai piani alti, con vista sulla piccola piscina.

Siamo piuttosto stanchi e provati dal lungo viaggio, inoltre per noi sono praticamente le due di notte, poiché ci sono quattro ore di fuso orario rispetto a Rapid City, quindi andiamo direttamente a letto.

Giorno 10 (giovedì 12 Settembre)

Ci svegliamo presto e siamo subito pronti per esplorare quest’isola. Usciamo per fare colazione da Starbucks, a pochi passi dall’albergo, e ne approfittiamo per fare una passeggiata mattutina sul lungomare di Waikiki Beach, dove c’è già un sacco di gente: c’è chi passeggia, chi fa jogging e, naturalmente, ci sono un sacco di ragazzi scalzi, con le lunghe tavole da surf sotto braccio, che si apprestano a cavalcare le onde. E’ così che respiriamo subito l’aria hawaiana.

Ancora non fa molto caldo e il sole si alterna a qualche nuvola. Prendiamo l’auto, che abbiamo lasciato al parcheggio sotterraneo dell’albergo (circa 20 $ a notte) e ci dirigiamo verso il Diamond Head, che dista circa un quarto d’ora. Il Diamond Head è uno dei simboli più famosi di Honolulu: è un promontorio a picco sul mare, che si trova a sud-est della città, e dal quale si può godere di un bellissimo panorama su di essa, con i suoi grattaceli in primo piano. Per salire in cima, dobbiamo percorrere a piedi un sentiero ripido, che si arrampica su per la montagna, ed è veramente molto impegnativo. Infatti, sarà per il caldo o per l’elevata umidità, ma arriviamo in cima praticamente sfiniti. Il consiglio è di portare tanta acqua e non affrontarlo con troppa leggerezza. Comunque la vista e le foto ripagano appieno della fatica.

Ripresa l’auto, percorriamo la strada costiera verso est, in direzione di Waimanalo e ci fermiamo all’Halona Blowhole, un buco negli scogli dove l’acqua dell’oceano entra con forza e produce un suono particolare. Pochi chilometri più avanti ci fermiamo per un tuffo a Sunset Beach, spiaggia famosa tra i surfisti per le enormi onde e per essere una delle poche spiagge di Oahu dove le onde rimangono abbastanza alte anche durante l’estate. In effetti, ci sono delle onde che noi non avevamo mai visto prima e il mare ha una forza incredibile, infatti riusciamo appena a bagnarci a riva, per paura di essere travolti. La spiaggia è di un colore dorato intenso, molto bella.

Quello che ci aspetta dopo, però, è qualcosa di magnifico: la spiaggia di Waimanalo. Non si vede dalla strada perché coperta da una striscia di pini che, una volta attraversati, rivelano una lunga spiaggia bianchissima, quasi accecante, fine come borotalco, con l’acqua di un colore turchese magnifico, e incorniciata da due promontori verdi a est e a ovest. Inoltre è quasi deserta. E’ veramente una spiaggia da cartolina e, sicuramente, una delle più belle di tutte le Hawaii, e non solo. (IMPORTANTE: non fermatevi all’inizio, dove c’è un parcheggio con il cartello che indica Waimanalo State Park, perché quello è il tratto più brutto di spiaggia, ma continuate oltre per circa 1 km e poi prendete una strada sulla destra, non segnalata, che porta a un altro parcheggio in mezzo alla pineta, da dove si raggiunge l’oceano con pochi passi).

Dopo un bel bagno e un po’ di relax al sole, andiamo a mangiare i nostri primi gamberi all’aglio in un furgoncino giallo al di là della strada. Saranno i primi di una lunga serie! Per circa 12 $ ci viene preparato un piatto abbondante di gamberi freschissimi, con riso e insalata. In più assaggiamo due tacos di mare. Tutto davvero ottimo. Qui familiarizzamo subito con il concetto di “vita rilassata” degli hawaiani, infatti c’è un cartello molto significativo e simpatico che recita: “this is not FAST FOOD. We serve GOOD FOOD as FAST as we can make it. So hangloose. Mahalo!”. E noi lo prendiamo alla lettera.

Nel pomeriggio torniamo verso Waikiki per un altro bagno e per ammirare il tramonto dalla spiaggia, che ci regala un’esperienza fantastica. Ma per fortuna sarà solo il primo di una lunga serie, in quanto i tramonti hawaiani hanno qualcosa di unico, di magico, e non smetteresti mai di guardarli. Rimangono sicuramente nel cuore e sono una delle cose che si ricorda con più nostalgia, una volta tornati a casa.

Per cena andiamo da Duke’s, un ristorante famoso che si trova all’interno dell’albergo Outrigger. Dobbiamo aspettare un po’ per sedersi al ristorante e optiamo, quindi, per la terrazza esterna, dove servono un menù più semplice. L’ambiente è bellissimo e anche la terrazza è magnifica: si affaccia direttamente sulla spiaggia ed è illuminata solo dalle torce, che creano un’atmosfera davvero romantica. Ceniamo con piatti di pesce molto particolari e birra, per una spesa di circa 50$ e usciamo molto soddisfatti.

Dopo cena facciamo un rapido giro per le vie di Waikiki Beach, illuminate da centinaia di vetrine dei negozi che rimangono aperti fino a tardi, ma noi siamo troppo stanchi e quindi andiamo a letto piuttosto rapidamente.

Giorno 11 (Venerdì 13 Settembre)

Appena svegli ci rendiamo conto che il tempo oggi non sarà dalla nostra parte: il cielo è nero e piove incessantemente. Dopo lo sconforto iniziale, decidiamo di visitare Pearl Harbor, che si trova dalla parte opposta della città e che, con il traffico, si raggiunge in circa un’ora di auto. Facciamo il biglietto per la visita con audio guida al USS Arizona Memorial (7,50$) e, mentre attendiamo il nostro turno per imbarcarsi sul traghetto che porta al monumento, visitiamo alcune delle attrazioni, compreso un filmato di circa 10 minuti che narra le vicende della seconda guerra mondiale che hanno portato gli Stati Uniti ad entrare nel conflitto. Come per tante cose, gli americani sono molto bravi a valorizzare la loro storia e, infatti, il tutto è organizzato molto bene ed è davvero emozionante. Prendiamo poi il traghetto che porta al monumento costruito sopra la nave USS Arizona, affondata in seguito all’attacco dei Giapponesi. La visita è molto toccante. Si tratta di un parallelepipedo di cemento bianco, che simboleggia la sagoma della nave, e dal quale si possono ancora vedere alcune parti della nave che affiorano dal pelo dell’acqua. Al suo interno, inoltre, si trova una parete su cui sono incisi i nomi di tutte le persone che hanno perso la vita nell’attacco. Dopodiché torniamo a terra e terminiamo la visita del sito.

La pioggia continua a cadere, ma noi non ci diamo per vinti e ci dirigiamo verso la North Shore, una delle zone più famose di Oahu. Prima di tutto ci fermiamo alla spiaggia di Lost, la nostra serie tv preferita. È un po’ difficile da trovare perché non è segnalata, ma alla fine ci riusciamo e scopriamo che è proprio come la immaginavamo, selvaggia e isolata, con le montagne alle spalle: molto suggestivo.

Poi proseguiamo per Haleiwa, il centro principale della North Shore, un paesino molto caratteristico, con le classiche casette di legno colorate, le tavole da surf e i negozi tipici che vendono magliette, costumi e oggetti di antiquariato; è davvero molto carina. Qui mangiamo i soliti gamberi all’aglio, stavolta da Giovanni’s, il baracchino più famoso di tutta Oahu, che sicuramente si merita tutta la fama. Altrettanto non possiamo dire, invece, dello shaved ice di Matsumoto, anche questo molto famoso, ma che si rivela tanto scenografico a vedersi, quanto insipido nel gusto.

Dopo pranzo continuiamo la visita della North Shore soffermandosi nelle varie spiagge famose per le enormi onde, anche se l’estate non è il periodo migliore per osservarle. Nel frattempo è smesso di piovere e ha fatto capolino un timido sole, il che ci permette di fermarsi un po’ sulla spiaggia lungo la strada che costeggia la Windward Coast di ritorno a Waikiki.

Per cena andiamo da Cheesecake Factory, sul lungomare di Waikiki e ci gustiamo un ottimo hamburger, una pizza e due fette di cheesecake, naturalmente! Tutto molto buono. Stasera riusciamo anche a concederci un po’ di shopping prima di andare a letto.

Giorno 12 (Sabato 14 Settembre)

Stamani andiamo a Hanauma Bay, una bellissima spiaggia a forma di mezza luna, formatasi in seguito allo sprofondamento del cratere di un vulcano e dichiarata parco statale per preservare la sua natura. Si paga un biglietto d’ingresso e conviene arrivare molto presto, perché l’ingresso è riservato a un numero limitato di persone: quando il parcheggio è pieno, viene chiuso l’accesso. Prima di scendere alla spiaggia, ci mostrano un filmato per spiegare l’origine della baia e sensibilizzare le persone su come poter preservare il suo ecosistema. La spiaggia è molto bella, anche se purtroppo è piccola e si riempie velocemente, quindi dopo un po’ dà la sensazione di essere molto affollata e si perde un po’ di quella magia iniziale. Lo snorkeling è buono, anche se non eccezionale se paragonato, per esempio, al Mar Rosso, comunque si vedono molti pesci e qualche corallo. Noi siamo sempre rimasti all’interno della baia, nelle pozze riparate dalla corrente, poiché andare oltre ci sembrava troppo rischioso. Siamo rimasti qui quasi tutto il giorno e per fortuna anche il tempo oggi ci ha assistito, regalandoci un bel po’ di sole, alternato da qualche nuvola di passaggio; abbiamo avuto la conferma che il clima delle Hawaii è davvero molto variabile.

In serata abbiamo assistito allo spettacolo gratuito di hula al tramonto, proprio sul lungomare di Waikiki, che è stata un’esperienza davvero emozionante.

Per cena siamo tornati per la seconda volta da Duke’s, mangiando però al ristorante vero e proprio e anche in questo caso è stata un’ottima esperienza.

Giorno 13 (Domenica 15 Settembre)

Il sole splende alto e la prima tappa della giornata è Wailua Bay. La spiaggia è bellissima, un’immensa distesa di sabbia bianca e acqua turchese, con tanta vegetazione alle spalle. Il mare è mosso ed è molto divertente fare il bagno, poiché qui l’acqua è molto bassa per decine di metri e quindi non ci sono grossi pericoli. Troviamo anche un cane che fa surf col suo padrone e rimaniamo a bocca aperta ad osservarlo cavalcare le onde.

Dopo qualche ora riprendiamo il cammino verso nord, percorrendo la Windward Coast. Lo scenario è incantevole e a ogni angolo si aprono panorami mozzafiato, sia verso l’interno, che verso il mare, soprattutto nei pressi del Chinese hat, un’isolotto a forma di cappello che si trova nel mezzo di una laguna.

Pranziamo da Shrimp Shack, un camioncino lungo la strada con negozio annesso, e mangiamo molto bene. Spendiamo circa 15$ a testa per crab cake, gamberi e bibita.

Dopo pranzo proseguiamo il nostro cammino verso nord fino a Turtle Bay, dove facciamo un po’ di snorkeling. Questa spiaggia si è rivelata però, un po’ sotto le aspettative, forse a causa dell’imponente albergo che la sovrasta e che deturpa un po’ il paesaggio.

A questo punto ritorniamo verso sud lungo la stessa strada, fermandoci per un altro tuffo a Wailua e un po’ di frutta freschissima da uno dei tanti venditori ambulanti che s’incontrano lungo la strada.

Per cena scegliamo un ristorante messicano a Waikiki, a due passi dall’albergo, il Cucaracha, che però non si rivela una buona scelta.

Giorno 14 (Lunedì 16 Settembre)

A malincuore è giunto il momento di lasciare Oahu, un’isola che ci ha colpito molto, un’isola fatta di contrasti, dove si passa in poco più di mezz’ora dai grattacieli di Honolulu alla vita rilassata della North Shore e dal cemento alla foresta pluviale. Un’isola con un mare stupendo, spiagge bianche e selvagge, e panorami unici. Un’isola che incarna in pieno lo spirito delle Hawaii.

Per l’ora di pranzo, però, siamo già per le strade di Maui, con la nostra Nissan Versa (un po’ sottotono!) che ci porta dall’aeroporto di Kahului a Lahaina, dove soggiorneremo per 5 notti al Plantation Inn. L’albergo è molto bello, in pieno centro, a due passi dal mare, ma immerso nella tranquillità di una strada laterale, e dotato di un patio con piscina su cui affacciano le camere, davvero unico. Lo stile è quello coloniale, la camera è grande e molto accogliente e al nostro arrivo troviamo persino una bottiglia di champagne omaggio, che sorseggiamo rilassandoci sul dondolo in veranda: cosa si può desiderare di più?

Usciamo quando sta quasi per tramontare il sole e ci godiamo un primo assaggio del centro di Lahaina, che subito ci colpisce positivamente. Tutto si trova sulla via centrale che costeggia il mare, con i suoi edifici tipici in legno e tanti negozi e ristoranti in cui passare una piacevole serata.

Ceniamo da Cheesburger in Paradise, sulla terrazza vista mare con musica dal vivo. La location è suggestiva, il cibo è molto buono e la spesa è contenuta. Consiglio di andarci perché ne vale la pena.

Giorno 15 (Martedì 17 Settembre)

Oggi esploriamo la parte sud di Maui. In circa un’ora raggiungiamo La Perouse Bay, una serie d’insenature formate da piccole spiagge di sabbia chiara e rocce nere vulcaniche, con acqua cristallina. Lo scenario è molto bello e altrettanto lo è lo snorkeling.

La seconda tappa è Big Beach, una spiaggia che lascia senza parole. E’ una distesa immensa di dune di sabbia dorata con onde gigantesche. Proviamo a sfidarle, tentando di entrare in acqua, ma riusciamo a fare non più di un metro o due, prima di venire letteralmente travolti da una forza impetuosa: mai visto niente di simile.

Il sole purtroppo ci sta abbandonando in favore della pioggia e quindi decidiamo di risalire in macchina, mangiare uno smoothies nel parcheggio e tornare verso Lahaina. Lungo il tragitto però, il tempo cambia nuovamente e così ci fermiamo in qualche spiaggia nella zona di Wailea e Kihei per goderci un altro po’ di sole. Le spiagge di questa zona sarebbero belle di per sé, ma non hanno il fascino di tante altre che abbiamo visto qui alle Hawaii, poiché ci sono troppe costruzioni, troppo cemento, che rovina molto il paesaggio.

In serata facciamo nuovamente un giretto a Lahaina e ceniamo da Bubba Gump, tappa obbligata di ogni viaggio negli States, che non delude mai.

Giorno 16 (Mercoledì 18 Settembre)

Oggi è il giorno della gita in barca a Molokini Crater e Lanai. Dopo aver letto varie recensioni su tripadvisor, abbiamo scelto la compagnia Pacific Whale Foundation, prenotandola due giorni prima a Lahaina. Il costo è stato di 80 $ a persona, per una gita di un’intera giornata, con colazione e pranzo a bordo, compresi. Devo dire che siamo rimasti soddisfatti e quindi consiglierei questa esperienza.

Molokini Crater offre uno scenario molto bello mentre ci avviciniamo con la barca; appare come un’isola dalle alte scogliere a forma di mezzaluna, ed è il residuo del cratere di un vulcano sprofondato. Ci fermiamo per un po’ di snorkeling all’interno del cratere, purtroppo però ci sono molte barche e non è indimenticabile. Più bello è, invece, lo snorkeling che facciamo vicino alle coste dell’isola di Lanai, dove si vedono molti pesci e coralli. Nel tragitto di ritorno abbiamo anche la fortuna di incontrare un branco di delfini che fanno acrobazie vicino alla barca e tre tartarughe.

Per la serata ci aspetta la cena-spettacolo all’Old Lahaina Luau, che avevamo prenotato ben tre mesi prima via internet, al costo di 104$ a persona. Possono sembrare tanti, ma dopo aver visto di cosa si tratta, confermo che li vale tutti fino all’ultimo centesimo. Il posto, infatti, è bellissimo, romantico e suggestivo. Il mangiare è ottimo, abbondante, il tutto organizzato in maniera impeccabile; basti pensare che ci saranno state duemila persone e non abbiamo fatto nemmeno un minuto di fila. Per non parlare poi dello spettacolo: mai visto niente di simile! Noi avevamo scelto i posti seduti in terra a ridosso del palco, che hanno un sovrapprezzo rispetto a quelli al tavolo, ma sono vivamente consigliati perché si vede benissimo e permettono di essere nel fulcro dello spettacolo.

Giorno 17 (Giovedì 19 Settembre)

Ecco un altro dei momenti tanto attesi della vacanza: l’alba all’Haleakala National Park. Alle tre di notte siamo già in macchina, poiché ci vogliono circa due ore per raggiungere la vetta. La strada è bellissima anche al buio, con la luce della luna che la illumina, mentre si passa in pochi kilometri dal livello del mare fino a quota 3000 m. Il freddo è pungente. Per fortuna ci siamo vestiti adeguatamente, con pantaloni lunghi, maglione, giacca a vento, sciarpa, guanti e cappello. Arrivati al parcheggio, scopriamo che c’è già tantissima gente, ma per fortuna troviamo posto e riusciamo a ricavarci un varco tra la gente per raggiungere il punto panoramico in prima/seconda fila. Quando il sole inizia a far capolino, alle 5.15, lo scenario è fantastico. Pian piano il sole sale, scavalca quelle poche nuvole che lo ostacolano e illumina il cratere del vulcano, tingendo la terra scura di arancione. Ecco che pensiamo subito che ne è valsa sicuramente la pena.

Circa un’ora più tardi lo spettacolo è concluso, il sole è alto e noi saliamo un po’ più su per vedere il panorama in tutte le direzioni, a perdita d’occhio fino all’oceano. Ripercorriamo la strada in discesa e ammiriamo tutto con la luce del giorno.

Facciamo tappa allo Iao Needle, un pinnacolo ricoperto di vegetazione che s’innalza in mezzo alla foresta pluviale, molto suggestivo.

Dopo un’affannosa ricerca delle lenti a contatto per mia moglie (abbiamo scoperto a malincuore che negli USA ci vuole la prescrizione medica anche per queste!), esploriamo la parte dell’isola a nord di Lahaina. Percorriamo la bellissima Kahekili Hwy fino a Nakelele Point, dove si alternano scenari di roccia rossa, pini e baie di sabbia bianchissima; una di queste è Honokohau Bay, una spiaggia stupenda.

Tornando indietro, ci fermiamo a Honolua Bay (bella, con acqua calma e trasparente), Napili Beach e Kapalua Beach, tutte molto belle, anche se meno selvagge.

Per cena torniamo da Cheesburger in Paradise a Lahaina. Confermato!

Giorno 18 (Venerdì 20 Settembre)

Per il nostro ultimo giorno a Maui, ci siamo lasciati una delle cose imperdibili da fare sull’isola, e cioè la strada per Hana. E’ un tragitto molto suggestivo, una strada tortuosa, a tratti a singola corsia, che si snoda tra scenari mozzafiato di foresta pluviale e oceano, fino al paesino di Hana, isolato dal resto del mondo, dove il tempo sembra essersi fermato in un’altra epoca. La mattina ci assiste un tempo bellissimo e il blu del cielo si confonde con l’oceano e contrasta con le spiagge di sabbia nera (Waianapanapa State Park fra tutte), regalandoci scenari unici. Arriviamo fino a Ohe’o Gulch, dove si può fare il bagno in una serie di pozze formate da altrettante cascate (noi però ci siamo limitati a bagnarci solo i piedi perché c’era un cartello che indicava il pericolo di Legionella). Verso le 15 purtroppo il tempo si guasta e in un attimo ci troviamo sotto un violento acquazzone. Decidiamo, quindi, di tornare verso Lahaina e per cena andiamo da Jack’s, un ristorante in stile pub, con una bella terrazza affacciata sulla via principale. Anche qui mangiamo bene, allietati da ottima musica dal vivo. Per finire in bellezza ci concediamo un bagno serale nella piscina illuminata del nostro albergo. Tutto questo ci rimarrà sicuramente nel cuore per sempre.

Giorno 19 (Sabato 21 Settembre)

E’ giunto anche il momento di lasciare Maui e trasferirci sull’ultima meta del nostro lungo viaggio, Kauai. Anche questa volta voliamo con la Hawaiian Airlines, volo tranquillo di circa 40 minuti e arrivo all’aeroporto di Lihu’e nel primo pomeriggio. Per il noleggio ci siamo affidati ancora una volta alla Hertz e stavolta abbiamo scelto un’auto di categoria superiore, un suv, che si è rivelato molto comodo per affrontare le molte strade sterrate che ci sono sull’isola.

Il nostro albergo è il Kiahuna Plantation a Poipu, nella parte sud dell’isola, dove rimarremo per quattro notti. È un complesso molto grande formato da blocchi di appartamenti su due o tre piani, in stile piantagione, immersi in un bellissimo parco a ridosso del mare. La location è veramente bella e anche gli appartamenti sono molto spaziosi, abbastanza puliti e ben rifiniti. La spiaggia su cui affaccia il complesso è piccola, ma molto carina e, soprattutto, è sempre balneabile grazie alla barriera corallina che la ripara dalle forti correnti. I tramonti qui, poi, sono davvero fantastici.

Passiamo il resto della giornata rilassandoci in spiaggia ed esplorando un po’ la zona circostante, dove ci sono un paio di centri commerciali all’aperto, molto carini, con vari negozi e ristoranti. Scopriremo presto che qui a Kauai non c’è un vero centro abitato (tranne la capitale Lihu’e), quindi la posizione scelta alla fine si rivelerà azzeccata.

Giorno 20 (Domenica 22 Settembre)

Poiché una delle attrazioni principali dell’isola è il Waimea Canyon, non potevamo non recarci subito a vederlo, ed è così che di prima mattina stiamo già percorrendo la strada che sale fino ai vari punti panoramici che si aprono sul canyon. Lo spettacolo è veramente suggestivo. Per chi, come noi, ha già visto il Gran Canyon, il paragone nasce automatico, ma sono due cose completamente diverse. Questo è sicuramente meno imponente, ma altrettanto affascinante, soprattutto colpisce il contrasto tra il rosso della roccia e la gran quantità di verde della foresta pluviale che lo ricopre. Dopo aver scattato un sacco di bellissime foto, continuiamo a salire lungo la stessa strada che, attraversando il Koke’e State Park, conduce fino al Kalalau Lookout, uno dei punti panoramici più belli di tutte le Hawaii e non solo. La vista si apre sulla Kalalau Valley e la Napali Coast, un panorama non a caso immortalato in moltissimi film; è qualcosa di indescrivibile a parole, di una bellezza da togliere il fiato. Volendo, poco più avanti parte un sentiero molto impegnativo, che si addentra nella foresta, fino al Monte Waialeale, il luogo più piovoso della terra. Noi però, ci limitiamo a osservarlo da lontano.

A malincuore lasciamo questo luogo favoloso e ci dirigiamo verso il Polihale State Park, una lunghissima spiaggia di sabbia chiara sulla parte ovest dell’isola, che si estende fino all’inizio della Napali Coast. La spiaggia è stupenda, enorme, con alte dune deserte, popolate solamente da qualche pick-up con famiglia al seguito. Il mare però, in questo punto è molto pericoloso, quindi ci limitiamo a fare un rapido bagno a riva e poi ci rilassiamo un po’ al sole.

Concludiamo la giornata, gustandoci un bellissimo tramonto sulla spiaggia del nostro albergo e ceniamo nel vicino centro commerciale al ristorante Dolphin, che propone un mix di cucina hawaiana e giapponese. Ambiente all’aperto molto carino, buon cibo e spesa nella media: consigliato.

Giorno 21 (Lunedì 23 Settembre)

Sveglia abbastanza presto, colazione da Starbucks, e rotta verso il molo di Eleele, dove ci aspetta il catamarano della compagnia Capt. Andy’s Sailing, per il giro della Napali Coast. La scelta è ricaduta su questa compagnia grazie alle recensioni molto positive che avevamo letto e il tour che abbiamo prenotato prevede un giro di circa cinque ore, con pranzo a bordo e snorkeling. Il costo non è indifferente: 160 $ a persona. Quando partiamo, il mare appare molto calmo, ma non appena oltrepassiamo il capo a sud-ovest dell’isola e ci avviciniamo alla Napali Coast, le onde iniziano ad aumentare, fino a diventare veramente agitato. Il capitano addirittura si ferma per chiedere se vogliamo proseguire oppure no, ma, dato che abbiamo pagato tutti questi soldi per vedere proprio la Napali Coast, quasi tutti votiamo per il brivido e decidiamo di andare avanti, sfidando le onde più grosse che abbia mai visto. Per fortuna riusciamo a vedere sani e salvi una parte della costa, con le sue caratteristiche conformazioni rocciose, canyon, spiagge e cascate, che la caratterizzano. La guida spiega quali siano gli innumerevoli film che sono stati girati qui, ma ovviamente è solo in inglese e noi non riusciamo a seguire più di tanto. Lo spettacolo è molto bello, peccato però che ben presto si rannuvola e cala la nebbia, e quindi siamo costretti a tornare indietro. Nel complesso devo dire che la gita non è stata entusiasmante, perché gran parte del viaggio si svolge lungo un tratto di costa insignificante e non si spinge fin dentro la zona più importante della Napali Coast. Per quello che costa non credo la rifarei. Piuttosto sarebbe meglio fare un’escursione che parte da Hanalei, nella parte nord dell’isola, che si trova sicuramente più vicino alla zona clou della Napali Coast.

Al nostro rientro il sole è tornato di nuovo a splendere e non possiamo fare a meno di goderci un po’ di relax sulla spiaggia di Poipu, dove ammiriamo anche due tartarughe giganti che si godono il sole sulla spiaggia.

Per cena decidiamo di provare un ristorante di livello superiore, consigliato dalla Lonely, il Beach House Restaurant. Location unica, con una splendida veranda affacciata sul mare e ambiente molto raffinato. Peccato però che il cibo non ci sia sembrato all’altezza, né dell’ambiente, né del prezzo.

Giorno 22 (Martedì 24 Settembre)

Oggi ci dirigiamo all’esplorazione della parte nord dell’isola, arrivando subito fino a Ke’e beach, dove finisce la strada. Arriviamo presto, ma il parcheggio è già quasi pieno. Da qui parte il Kalalau Trail, un famosissimo sentiero della lunghezza totale di 11 miglia, che attraversa tutta la Napali Coast. Noi però non siamo abbastanza preparati, quindi rimaniamo sulla spiaggia, per altro molto bella, a goderci un po’ di snorkeling e una passeggiata, che ci permette di vedere da vicino due leoni marini che giocano sulla spiaggia.

Il tempo si rannuvola facilmente e inizia anche a piovere, quindi risaliamo in macchina e torniamo indietro, fermandoci a Tunnels Beach, Lumakai Beach e Hanalei bay. Sono tutte spiagge molto belle, soprattutto l’ultima, caratterizzata da un pontile di legno che si addentra nella baia riparata, e da dove si gode di una vista fantastica sulle montagne circostanti. Peccato non averle viste col sole, anche se riusciamo comunque a scattare delle bellissime foto. Pranziamo con un ottimo hamburger dal famoso Bubba’s di Hanalei.

Dato che il meteo non accenna a migliorare, ci incamminiamo verso la strada del ritorno, sperando che nella parte sud dell’isola il tempo sia migliore, ma oggi non è proprio dalla nostra parte e fa’ anche piuttosto freschino. Per la nostra ultima cena, decidiamo di prendere del cibo da asporto e un paio di birre da gustare nella veranda del nostro albergo, godendoci queste ultime ore di profumi hawaiani.

Giorno 23 (Mercoledì 25 Settembre)

Purtroppo è giunto l’ultimo giorno di questa splendida luna di miele e con l’amaro in bocca ci svegliamo per preparare le valigie. L’aereo parte in tarda serata, quindi decidiamo di goderci ancora qualche ora di mare e sole sulla spiaggia del resort, dopodiché ci rechiamo con calma a Lihu’e. Pranziamo, approfittiamo di qualche altra ora di sole sulla spiaggia cittadina, dove si riversano flotte di vacanzieri in crociera e verso le 18 ci rechiamo in aeroporto. Ci aspetta un viaggio molto lungo, che ci riporterà in Italia alle 15 circa di Venerdì 27 Settembre, con scalo a Los Angeles e Parigi. Almeno stavolta l’unica valigia rimasta arriva a destinazione correttamente e all’aeroporto di Firenze rientriamo finalmente in possesso dell’altra valigia, dopo ben 25 giorni!

Siamo provati, ma felici dell’esperienza vissuta.

Per concludere, possiamo dire che è stato sicuramente un viaggio indimenticabile, all’altezza dei sogni e delle aspettative di partenza.

Yellowstone ci ha incantato con la sua magia, i panorami spettacolari, l’atmosfera fuori dal tempo. I gayser che sbuffano quando e dove meno te lo aspetti. I bisonti che camminano indisturbati in mezzo alla strada, consapevoli di essere i padroni del loro territorio e ti fanno sentire piccolo, piccolo. E’ sicuramente un posto da vedere e da vivere, almeno una volta nella vita.

La Real America incarna il vero spirito americano dei Cawboy, delle praterie sconfinate, delle mandrie di bufali allo stato brado e dei km su strade deserte, dove può capitarti di incontrare un cartello dopo ore e ore di nulla, con scritto “Emblem: popolazione 10 abitanti”, che sembra sia quasi una metropoli. E poi c’è l’affascinante Mount Ruschmore, il Custer State Park, con tutti i suoi animali, gli scenari naturali delle Black Hill’s e le Badlands, che sembrano un quadro astratto venuto fuori dalla mano di un visionario.

Infine ci sono le Hawaii, un posto unico sulla terra. È vero, non ci sono le spiagge delle Maldive, quindi chi si aspetta SOLO questo è bene che vada altrove, ma ci sono degli scenari naturali che credo sia possibile vedere in pochi altri posti del pianeta. L’alba sul vulcano, i canyon, le scogliere, i grattacieli di Waikiki, e il verde della foresta che contrasta con l’azzurro del cielo e del mare. Per non parlare degli arcobaleni, delle ballerine di hula, del suono dell’ukulele, delle tavole da surf in ogni angolo, dei tramonti indimenticabili e della musica di Israel Kamakawiwo‘ole che risuona in ogni angolo e che riempirà di nostalgia le giornate nella vita reale, costringendoti a pensare continuamente a quando potrai finalmente rimettere piede su queste splendide isole. Mahalo Hawaii!

Riferimenti tecnici

– Voli aerei:

Firenze – Jackson Hole (scali a Parigi e Salt Lake City), Delta – Air France.

Rapid City – Honolulu (scali a Salt Lake City e Los Angeles), Delta.

Honolulu – Kahului (Maui), Hawaiian Airlines.

Kahului – Lihue’e (Kauai), Hawaiian Airlines.

Lihue’e – Firenze (scali a Los Angeles e Parigi), Delta – Air France.

Tutti prenotati tramite agenzia a fine gennaio; costo circa 2000 euro a persona.

– Autonoleggio:

Con Alamo, noleggio di 7 giorni, ritiro a Jackson Hole e consegna Rapid City.

Hertz per le isole hawaiane.

– Hotel:

1. The lodge at Jackson Hole http://lodgeatjh.com/

2. Old Faithfull Inn (Yellowstone)

Http://www.yellowstonenationalparklodges.com/lodging/summer-lodges/old-faithful-inn/

3. Canyon Lodge (Yellowstone)

Http://www.yellowstonenationalparklodges.com/lodging/summer-lodges/canyon-lodge-cabins/

4. The Cody (Cody) http://www.thecody.com/

5. Daedwood Lodge (Daedwood) http://www.deadwoodlodge.com/

6. Aqua Bamboo (Waikiki) http://www.aquabamboo.com/

7. The Plantation Inn (Lahaina)

Http://www.kbhmaui.com/plantation-inn/

8. Kiahuna Plantation (Poipu)

Http://www.castleresorts.com/Home/accommodations/kiahuna-plantation-and-the-beach-bungalows

– Guide:

Per la parte continentale abbiamo utilizzato la Lonely Planet USA Ovest; per le Hawaii, le guide Lonely Planet e Rough Guide. Oltre a queste, per organizzare il viaggio, ci siamo serviti del sito Turistipercaso, dove abbiamo letto decine e decine di diari di viaggio, di Tripadvisor per le recensioni su hotel, ristoranti, attrazioni e attività e, inoltre, abbiamo scaricato delle guide molto utili su cosa fare e vedere nelle varie isole, tramite i loro siti turistici (visitoahu.com, visitmaui.com e visitkauai.com).

– Assicurazione:

Globy rosso, con copertura illimitata spese mediche. Nel nostro caso ci è stato riconosciuto un rimborso di 200 Euro per lo smarrimento dei bagagli.

Il costo totale del viaggio è stato di 10.000 Euro in due, escluso pasti, vizi ed escursioni.



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