Weekend a Venezia
Arrivare a Venezia in un giorno di pioggia, le strade deserte, è tutto questo. Vi sono centinaia di percorsi possibili da intraprendere per questo arcipelago. Consigliato, sarebbe il primo giorno girare senza meta, facendosi trasportare come una gondola non dalla corrente, ma dai profumi delle osterie che si susseguono una dopo l’altra, dalle luci ambrate delle vetrine delle botteghe di vetri, merletti, di vestiario. Riservare un giorno alla visita delle isole, magari quelle più insolite tra le poche in realtà che si possono totalmente visitare. Un terzo giorno poi, si potrebbe scegliere uno degli itinerari più congeniali, senza contare le centinaia di esibizioni d’arte fra cui poter scegliere. Dove alloggiare, innanzitutto? Prendere casa nelle vicinanze di Sant’Elena, significa scendere decisamente di prezzo ma anche lasciarsi alle spalle la confusione delle calli più frequentate. Inoltre, i battelli sono a due passi ed è possibile fermarsi a mangiare da “La vecia Gina”, rientrando la sera. Provare l’ebbrezza di camminare tra i veneziani, ascoltare il loro dialetto dalle mille sfumature, sfidarli a chi passa per primo all’imbocco dei vicoli più stretti. Tutto questo è stranamente possibile, sia girando per i quartieri verso Santa Lucia, sia spostandosi dalla stazione Santa Lucia verso l’Arsenale in un grigio giorno d’autunno. Se l’obiettivo è raggiungere la Biennale, la cosa migliore è armarsi di pazienza e farsela tutta a piedi. Lungo il tragitto, ci si può improvvisare Corto Maltese. Il personaggio nato dalla fantasia di Hugo Pratt da Malamocco, Lido (ma non dimentichiamoci di un giovane Marco Steiner nella veste di suo prezioso assistente) vede una delle sue storie più avvincenti scaturire letteralmente da una piccola corte che si trova lungo l’asse Ovest-Est, per la precisione in Corte Botera, vecchia fucina di botti e abitazioni di bottai. Bisogna fare attenzione, non cercate “Corte sconta detta arcana” su Googlemap, o vi ritroverete sì in zona Arsenale, ma di fronte all’omonimo ristorante. Per arrivare alla vera corte della storia, bisogna seguire le indicazioni per l’Arsenale fino al’altezza della Basilica dei Santi Giovanni e Paolo. Una volta in zona, è consigliato chiedere. In caso di timidezza, caratteristica non certo consigliata per un viaggiatore, ecco qui le indicazioni: https://goo.gl/maps/3e6Qt45MKaA2. Sempre da quelle parti, non si dovrebbe mancare la visita della “Libreria della’acqua alta”, un locale unico nel suo genere, in cui libri e fumetti usati galleggiano all’interno di barche e vasche da bagno in una sorta di sotoportego con tanto di entrata / uscita sul canale adiacente. Altra cosa sono le numerose botteghe antiquarie che si possono scorgere ovunque, ben disseminate. Qui, realmente potreste dare uno sguardo ad una prima edizione dell’insaziabile Giacomo Casanova, toccare magari con mano un volume sopravvissuto alla peste del 1630. La morte rossa di cui parla Poe in uno dei suoi racconti più famosi, che Visconti ha così ben delineato nel suo film “Morte a Venezia”, dal romanzo di Thomas Mann. Un incessante vento gelido dà il benvenuto, una volta giunti all’Arsenale; qui è d’obbligo osservare i quattro leoni posti all’ingresso dello stesso, trofei di guerra riportati da Francesco Morosini dalla Grecia, proprio come una delle più famose tavole di Pratt. Un ingresso della Biennale è proprio qui, zona di costruzione nautica. Negli anni di maggior lavoro, offriva ospitalità a più di 5000 persone provenienti dai più disparati paesi del bacino del Mediterraneo. Si varavano anche 2 navi al giorno, assurdo se pensiamo alla mole di lavoro che vi stava dietro. L’altra zona della Biennale è quella dei Giardini, San’Elena. Zona di partenza e di ritorno se si alloggia da quelle parti. Attraverso uno dei ponti più celebri, Rialto, si può tornare in zona centrale, verso San Marco. Inutile dilungarsi sulla storia degli edifici che si affacciano. Il campanile, è stato teatro della sua stessa ricostruzione, dopo il crollo d’inizio ‘900; quasi cento anni dopo fu conquistato militarmente con un finto carro armato dai seguaci della Liga Veneta. All’imbocco del Canal Grande, risalendo per la coda del serpente che forma il corso d’acqua, si trovano diversi edifici interessanti. Dalla grandiosità della Basilica di Santa Maria della salute, all’Hotel Gritti proprio di fronte, riaperto da qualche anno e che ospitò Ernest Hemingway durante i suoi numerosi soggiorni in terra veneziana. Poco distante, al termine di Calle Vallaresso, vi è dagli anni ’30 l’Harry’s Bar, meta dello scrittore oltreché di altri grandi della letteratura americana e non solo. Oltre la basilica, sull’altra sponda del canale, vi è la singolare Ca’ Dario, abitazione al cui nome è legata la dipartita prematura e misteriosa di alcuni tra i suoi abitanti. Sorvolerò per non annoiare sul presunto legame tra la sua ubicazione e gli influssi negativi che avrebbe la coda del suddetto serpente secondo alcune filosofie orientali: il capo verso la terra ferma, l’estremità opposta rivolta verso il mare. Storie ovviamente del tutto surreali quanto piene di fascino, a riprova del fatto che la banalità della normalità non sia mai stata gradita dall’uomo in nessuna epoca. Il cortile interno della dimora affaccia sulla calle che si percorre per recarsi alla Peggy Guggenheim Collection, immancabile tappa verso l’incompiuto Palazzo Venier dei Leoni. Poche opere, importanti, ben proposte: un esempio seguito dai musei del passato, modello indiscusso per i musei che verranno. Proseguendo controcorrente lungo il canale, l’errare senza meta farebbe giungere allo stupendo ponte in legno dell’Accademia. Poco oltre, si scorge un altro grande palazzo delle esposizioni veneziane: Ca’ Rezzonico. Poi Ca’ Foscari e la sua università. Dopo la prima svolta decisa del canale, si giunge fino a Rialto, grande esempio di ponte dalle numerose attività commerciali. Dopo aver scorto in pieno San Polo il Campo della Pescheria, ancor oggi uno dei più importanti mercati ittici della città, in un attimo si è di nuovo verso Piazza San Marco. Gremita nei periodi di festa, il giorno di Carnevale sembra sul punto di sprofondare per il peso dei suoi ospiti agghindati di tutto punto. Qui il carnevale è una cosa seria, tanto è vero che il costo dei costumi può anche arrivare a cifre considerevoli per maschere classiche eseguite artigianalmente: Pantalone, Colombina, il Medico della peste si aggirano furtivi nella notte, al rientro dai festeggiamenti: quest’ultimo è riconoscibile per la caratteristica mascherina a becco, in cui un tempo erano pressate le erbe aromatiche che si diceva tenessero lontana la morte. Nel ritorno verso la stazione, merita di certo fermarsi qualche istante a visitare l’ex Ghetto Ebraico. La sua antica storia cinquecentesca, è ricollegata alla promulgazione da parte della Serenissima di una legge che imponeva la segregazione a tutti gli ebrei abitanti in città. Essi, malvisti dai cristiani, erano costretti, durante le ore di buio, a rinchiudersi all’interno delle calli del quartiere. Quartiere peraltro collegato al resto della città mediante due soli ponti che venivano chiusi la notte mediante cancellate.
Ad ogni ora dai moli partono battelli, impossibile non avere la curiosità di salire su uno di essi e lasciarsi trasportare verso le vicine terre emerse. La sera è magica l’atmosfera sul canale, scendendo verso il mare aperto. Le luci dei palazzi che vi si affacciano, i canali minori laterali da cui sbucano inattesi motoscafi dai lumi fiochi. Da San’Elena invece parte l’avventura verso tutte le isole limitrofe. Molti turisti di limitano alle case variopinte di Murano e Burano, le isole del vetro e dei merletti. Nulla da obiettare, certamente sono da vedere, ma basta munirsi di abbonamento giornaliero e una buona giacca a vento e si può passare tutto il giorno ad errare per l’arcipelago. Tra le terre più vicine, vi è la Giudecca, isola residenziale piuttosto tranquilla. Se si vuole staccare la spina basta giungere all’attracco di fronte alla Chiesa del Redentore e voltarsi per rimirare il profilo del centro città da una lontananza del tutto relativa. Una volta stanchi del vento incessante, ci si può rifugiare in una delle osterie più vicine, prima di riprendere il traghetto e spostarsi di nuovo. La vicina isola di San Michele, divenuta cimitero della città dalla seconda metà del’800, ospita la tomba del poeta Ezra Pound. San Servolo, una tempo manicomio lagunare e prima ancora convento benedettino, oggi ospita all’interno la succursale dell’Accademia di Belle Arti di Venezia. Al Lido, è buona cosa attraccare in occasione della Mostra del Cinema. Qui, ogni cosa è pellicola 16:9, compresa la spiaggia in cui furono girate memorabili scene di “C’era una volta in America” e quella conclusiva di “Morte a Venezia”. A Malamocco, si diceva, vi è anche la casa in cui risiedeva Hugo Pratt. Tornando ad Hemingway, egli, al ritorno dalle sue battute di caccia mattutine in laguna, era solito fermarsi a mangiare dall’amico Giuseppe Cipriani, all’omonima Locanda a Torcello. Da qui venne l’ispirazione che lo portò a dedicare a questi luoghi numerose pagine del suo romanzo “Di là dal fiume e tra gli alberi”, composto proprio sull’isola. La locanda esiste ancora oggi, la si scorge lungo il canale che dall’attracco dei battelli conduce verso la piazza di Torcello, poco dopo il ponte del diavolo. Torcello è uno dei più antichi insediamenti umani in laguna e oggi è quasi disabitata. I silenzi offerti durante la visita delle strutture ecclesiastiche presenti, la Chiesa di Santa Fosca e la Basilicia Di Santa Maria Assunta, sono impagabili. Ma l’isola di gran lunga più incantata, è di certo San Lazzaro degli Armeni. Visitarle non è facile, i battelli verso questa destinazione non sono moltissimi, basta segnarsi le poche partenze. La sua storia recente narra di una confraternita di padri Armeni, che spinti ad espatriare in seguito all’invasione turca, si rifugiarono su quest’isola creandovi uno dei centri di cultura armena più importanti al mondo. Attraccarvi la domenica mattina, significa avere la possibilità di partecipare ad una messa dal rito davvero affascinante, all’interno della minuscola chiesa di San Lazzaro. Nel chiostro poi, sono presenti mostre fotografiche sulla terra d’origine dei sacerdoti. Curioso, il fatto che vengano prodotte e commercializzate nelle stesse strutture, confetture di petali di rosa.
La meraviglia che destano in noi questi piccoli mondi a se stanti, un tempo quasi del tutto isolati, è direttamente proporzionale alla perdita di curiosità che ci investe troppo spesso a causa del fatto di poter avere quasi tutto in qualsiasi momento. Venezia è una chiave di lettura antica per un mondo che qui, per certi versi, è rimasto quello di un tempo: geograficamente isolato, concettualmente più legato al mondo nelle navigazioni marittime che a quello della terra ferma.
Volendo osservare tutto ciò da lontano, per meglio mettere a fuoco, è consigliabile con la bella stagione recarsi all’estremo occidente della penisola di Jesolo. Spingendosi oltre gli stabilimenti balneari che lasciano poi il posto a campeggi e piccoli centri, si giunge prima al Cavallino ed infine a Ca’ Savio. Da qui, l’ideale è abbandonare l’auto e salire in sella ad una bicicletta in direzione Lio Piccolo. Tra abitazioni immerse tra terra e canali, poche osterie lungo le strette strade, si arriva dopo qualche chilometro alla piazza del Lio, una antica corte con tanto di campanile e frasca dove abbeverarsi alla buona. Un tempo qui vi erano orti, pascoli, stagni da pesca e qualche piccola attività artigianale. Oltre a tracce di insediamenti di epoche lontane. Salendo sull’alto campanile ristrutturato da poco, ci si rende meglio conto di essere ospiti di piccoli lembi di terra strappata al mare. Dai sentieri limitrofi, percorribili solo a piedi o in bicicletta, è meraviglioso abbandonarsi alla visione di garzette, gabbiani, aironi e persino di fenicotteri in alcuni periodi dell’anno. Sullo sfondo la laguna veneta e Venezia sullo sfondo, così lontana e così vicina.
Venezia vale bene dei giorni di pioggia.