Viaggio lento verso Est, cercando il Danubio
Un’occasione: poter viaggiare su un vecchio pulmino Volkswagen, il glorioso T2, detto anche Kombi; insomma, avete presente il “pulmino dei figli dei fiori”? Ecco, un bell’automezzo così, rosso e bianco, classe 1973 ma aggiornato con alimentazione a metano, attrezzato a camper solo per i posti letto.
Una direzione: sempre verso Est! Con due bimbe piccole, un mezzo vecchio, e solo due settimane a disposizione non potevamo fare troppi programmi: semplicemente, siamo arrivati a Gorizia e da lì abbiamo girovagato, scegliendo i campeggi di giorno in giorno, con l’intenzione di raggiungere l’Ungheria e – se fossimo riusciti – anche la Romania. In Romania non ci siamo arrivati, ma il giro si è rivelato interessante lo stesso e abbiamo potuto scoprire posti nuovi, davvero poco noti in Italia. Per capirci, fate una prova: cercate su Internet informazioni turistiche o diari di viaggio sull’Ungheria. Troverete quasi solo Budapest (che peraltro avevamo già visitato); ma c’è tutto un Paese al di fuori della capitale, e un viaggio lento era l’ideale per scoprirlo.
Già dal giorno della partenza ci accorgiamo di quanto sia interessante viaggiare con un mezzo così “leggendario”: il camper in sé, infatti, rischia di chiuderti all’interno di un guscio protettivo che ti scherma rispetto alle relazioni con le persone del posto. Non è come interagire con la proprietaria di un B&B o con gli ospiti di un ostello, né come viaggiare su un treno o su un mezzo pubblico. Se però le persone ti fermano per strada per sapere quanti anni ha il pulmino, se ti suonano il clacson e tirano fuori dal finestrino una mano col pollice in su, se ti chiedono il permesso di fotografarlo… ecco allora che anche il mezzo su cui viaggi si trasforma in una chiave per interagire con le persone e stimolare un dialogo.
Al primo rifornimento di metano, verso Padova, un signore comincia a raccontarci dei tempi andati in cui anche lui viaggiava su un mezzo così. Poi chiosa: “Mica come adesso che non sappiamo più chi siamo… con tutti ‘sti romeni in giro…” Se sapesse che noi vorremmo andare proprio là, dai romeni! Ma tant’è, a quanto pare i vecchi motori stimolano il dialogo persino con gente che ha visioni del mondo diametralmente opposte dalle nostre…
Comunque sia, fuggiamo dall’Italia e percorriamo d’un fiato (si fa per dire, a 80 km/h) l’autostrada fino a Gorizia: sarà la nostra tratta più lunga, perché per tutto il resto del viaggio faremo tappe brevi e tante pause. Il primo campeggio è a Vrhpolje, quieto paesino nella verde campagna slovena. Il camping è accogliente, piccolo e tranquillo, e l’arrivo del nostro pulmino è un piccolo evento. Tanto per cambiare, alcuni ragazzi chiedono di poterci fotografare. Per puro caso, intanto, scopriamo dalla signora che gestisce il campeggio che la chiesa del paese è stata recentemente decorata con i mosaici di Ivan Rupnik (artista molto famoso in questo campo), e andiamo subito a vederla. Prima di cena la signora porta a tutti un vassoio con un gelatino per le bimbe e un bicchiere di vino rosso locale per gli adulti. Bella accoglienza!
L’indomani partiamo per avvicinarci al confine ungherese: lungo il percorso visiteremo Sempeter (necropoli romana), attraverseremo boschi, campi e filari di tabacco, e faremo tappa a Ptuj (cittadina medievale molto carina, anche se apparentemente semideserta). Al secondo rifornimento di metano, verso Lubiana, il fatto che il distributore sia self service ci mette un po’ in difficoltà (in Italia non esiste il metano self service). L’unico veicolo nei paraggi è un mezzo per la raccolta dei rifiuti che sta facendo il pieno. Scendono i due netturbini, che parlano solo sloveno, e ci aiutano a completare le operazioni. Nel frattempo osservano tutto, ammirano il motore, e a gesti cominciano a chiedere: quanti anni ha? Che velocità raggiunge? Da dove viene? Al termine dell’operazione, ci salutiamo contenti in chissà quale lingua e proseguiamo.
I primi giorni, a dire il vero, alcune perdite d’olio ci fanno temere che il viaggio non potrà prolungarsi troppo. Diminuiamo la velocità media, cerchiamo di non allontanarci tanto da centri abitati dove eventualmente possiamo chiedere assistenza… insomma, viaggiare su un mezzo vecchio ha anche i suoi inconvenienti. Alla fine però capiamo che basta stringere qualche dado e tenersi dietro una latta d’olio in più: ci adeguiamo e via, verso Est.
Il terzo giorno visitiamo un bellissimo mulino galleggiante a Izakovci, con annesso piccolo museo, traghetto sul fiume, area picnic e un piacevole bar ristorante nel bosco. Poi varchiamo il confine con l’Ungheria. Il primo impatto non è dei più rassicuranti: la strada peggiora, il campeggio che cercavamo non si trova, e al suo posto c’è una specie di villaggetto di bungalow, affacciati su un laghetto e affittati a pescatori del posto. Il gestore parla solo ungherese e ci fa capire che, volendo, ci sarebbe posto. Ma preferiamo andare oltre: abbiamo ancora tempo e possiamo arrivare a Heviz, località dove vorremmo passare un paio di notti per poter provare le famose terme ungheresi. Arriviamo quindi in un altro campeggino molto tranquillo, questa volta frequentato solo da grossi camper di pensionati tedeschi che passano l’estate alle terme. Ci sentiamo un po’ fuori posto, ma siamo bene accolti e tra bimbe e camper suscitiamo la simpatia dei vicini.
E finalmente, dopo tanto viaggiare, una giornata fermi a fare bagni nel lago termale di Heviz, e a girovagare per il centro di Keszthely e sulle rive de leggendario lago Balaton. Il lago in sé ci lascia un po’ delusi: i laghi lombardi non hanno nulla da invidiargli, a parte il fatto che sono più piccoli. Festeggiamo comunque la prima giornata in Ungheria con una bella cena al ristorante: carne, peperoni, pesce di lago, paprika… abbiamo tante specialità da provare.
I giorni successivi ci portano a costeggiare il Balaton sulla sponda nord, a visitare il centro medievale di Veszprem, a campeggiare sul lago di Velence (con tanto di bagno, ma le acque sono un po’ melmose), a visitare il bellissimo centro di Szentendre, le rovine di Visegrad, e la basilica di Esztergom (dove fra l’altro ci imbattiamo nella ricostruzione di una battaglia storica tra turchi e ungheresi). A Szentendre raccomandiamo di entrare nella piccola chiesa serbo-ortodossa, con le sue icone, il profumo di cera d’api e la musica di cori ortodossi in sottofondo.
Siamo ormai sul Danubio, che ci offre dei bei panorami. A un certo punto sbagliamo anche strada, attraversiamo un ponte e finiamo in Slovacchia. Ne approfittiamo per acquistare qualche wurstel tipico e qualche lattina di birra locale per la cena, poi torniamo indietro.
Bello il Danubio: ampio, placido, e dal percorso incredibile. A parte il suo più noto tratto iniziale e il passaggio di Vienna, lo si trova poi lungo tanti confini. Qua traccia la frontiera con la Slovacchia; l’abbiamo incontrato l’anno scorso a Vucovar, dove segnava il confine tra Serbia e Croazia, con la sua drammatica storia di assedi e fosse comuni risalente soltanto a pochi anni fa. Più a sud toccherà anche la Serbia, e poi la Romania e la Bulgaria. Unisce il cuore dell’Europa con le propaggini dell’Asia. Occidente e Oriente. Storia e leggende, commerci e guerre. Vorremo seguirlo, il Danubio, per farci portare da lui fino al Mar Nero, ma non si può, ci vorrebbe un mese. Il suo richiamo però è forte, e ci ripromettiamo di ascoltarlo, un giorno.
Noi invece abbandoniamo l’ansa del Danubio (così si chiama questa regione, per l’appunto), e ci dirigiamo a Sud: oltrepassiamo Budapest, girovaghiamo un po’ per Kecskemet, altra tranquilla cittadina dove compriamo qualche souvenir: la palinka, tipica grappa di albicocche, e un ottimo vino rosso. Dormiamo poi a Bugac, nell’area di un parco naturale, in un campeggio quasi deserto (ormai è bassa stagione, molti posti sono anche già chiusi). L’indomani ci dedichiamo a Szeged, dove apprezziamo molto la grande sinagoga. Nel pomeriggio sconfiniamo in Serbia: vorremmo visitare alcuni monasteri ortodossi ma ci rendiamo conto che sono troppo lontani e noi viaggiamo con calma, facciamo quindi un giro per il centro di Subotica (bella la sinagoga, purtroppo non visitabile) e torniamo in Ungheria.
Possiamo quindi dedicare la giornata seguente a Pecs, che merita particolarmente: ha una bellissima chiesa-moschea e un centro storico molto piacevole. Le cittadine ungheresi a dire il vero si somigliano un po’ tutte, coi loro centri storici molto mitteleuropei, ma questa è diversa dalle altre; sembra avere più storia, sarà per il suo passato conteso tra Austriaci e Ottomani. A posteriori, possiamo dire che tra le tante città visitate in due settimane tra Slovenia e Ungheria, quelle che abbiamo trovato più interessanti sono state Pecs e Szentendre. Per quanto riguarda le altre, se passate di lì esploratele un po’, ma sappiate che dopo qualche mese probabilmente inizierete a confondervele nel ricordo.
Andando sempre più a sud, siamo ormai arrivati in zone davvero poco turistiche: non si parla inglese, e a questo punto ringraziamo le poche reminiscenze di tedesco che ci permettono di scambiare due parole col doganiere, col cameriere, coi gestori del campeggio… A proposito, oggi i campeggi chiusi sono sempre di più, sono passate le 18 e cominciamo ad essere preoccupati. Per fortuna dopo vari tentativi ci imbattiamo in un posto particolare: le terme di Csokonyavisonta, campeggio con accesso diretto alle vasche. L’acqua ha un aspetto un po’ oleoso, ma la temperatura è piacevole, il posto è carino, e per la prima volta ci troviamo persino degli italiani. Il mattino dopo ci godiamo un bel bagno prima di ripartire.
Qualche nota a proposito dei campeggi: col nostro pulmino e con due bimbe piccole (10 mesi e 3 anni) avevamo bisogno sempre di infrastrutture ordinate e pulite. Un po’ di verde, un bel bagno, possibilmente un’area dove cucinare per non usare sempre il fornelletto da campeggio appoggiato sul prato… Abbiamo sempre trovato quel che ci serviva (non sempre la cucina), e bisogna dire che i campeggi sloveni e ungheresi sono tutti in stile nordeuropeo: tranquilli e ordinati. Spesso anche con giochi per i bimbi o piscine, ma senza diventare mai troppo caotici. I migliori li abbiamo trovati in Slovenia (guardacaso sempre frequentati da tedeschi).
Ripartiamo e attraversiamo un pezzo di Croazia, in mezzo ai girasoli e ai campi di mais; campeggiamo in Slovenia, poi visitiamo Celje (altra cittadina con un centro piacevole ma non particolarmente significativo), percorriamo una bellissima strada di montagna, fra boschi e panorami, per scendere infine su Ajdoviscina, vicino al confine, dove passeremo l’ultima notte prima del rientro in Italia. Festeggiamo con un bel bagno nella piscina del campeggio (piscina molto frequentata, ma campeggio totalmente vuoto: le scuole sono ricominciate e noi siamo rimasti gli unici!), poi un gran piatto di cevapcici (spiedini) e carni miste.
È stato un bel giro. Abbiamo scoperto posti relativamente vicini ma completamente sconosciuti, magari privi di monumenti famosi ma comunque interessanti da vedere, e molto tranquilli. Abbiamo capito quanto il mezzo di trasporto influisca su un viaggio, e abbiamo avuto l’ennesima conferma di come il lato orientale dell’Unione europea sia tutto da esplorare.
Infine, per l’appunto, abbiamo sentito il richiamo del Danubio: prima o poi, lo seguiremo.