Un’estate fai-da-te a mauritius
Per mia comodità nel citare nomi stranieri, soprattutto di origine francese, eviterò di mettere gli accenti, a meno che cadano sull’ultima sillaba. Tanto mi capite lo stesso.
VOLO, SOLDI, TELEFONO, GUIDE: il viaggio aereo Milano-Mauritius a/r ci è costato circa 900 euro (con Volare), scegliendo bene le date, perché altrimenti il prezzo sale immediatamente di 500 euro. All’andata abbiamo avuto un ritardo di un paio d’ore e uno scalo a Fiumicino; al ritorno abbiamo fatto uno strano volo (diretto per Malpensa), coccolati in 18 su un Boeing 747 da oltre 300 posti).
Abbiamo stipulato una polizza assicurazioni vacanze a prezzi abbastanza convenienti su Internet, e per fortuna non ci è servita.
La valuta locale è la rupia mauriziana. Ce ne davano circa 41 per un euro. Nelle località turistiche si cambia abbastanza facilmente (a Mahenbourg cambiavano in un negozio euro di qualsiasi taglio e quantità) e si può prelevare agli sportelli automatici. Molti accettano anche pagamenti in euro.
Sconsigliamo vivamente di telefonare o farsi telefonare usando il cellulare (costa molto e non sempre la comunicazione è garantita). Meglio invece comprare una scheda telefonica con chip, comode ed economicissime; ce ne sono da diverse tagli: con 1 e mezzo abbiamo fatto tranquillamente tre telefonate intercontinentali. Inviare un sms costa circa 1 euro. Più chiara, meglio impaginata e più aggiornata della classica Lonely Planet (avevamo l’edizione 2005) ci è sembrata “Mauritius” delle “Geoguide” del Touring Club Italiano (2006). L’impostazione è quella della Lonely Planet, con molte informazioni pratiche e sintetiche.
I prezzi indicati da quest’ultima sono risultati abbastanza congrui; l’eccezione più eclatante quella del trasporto in barca da Trou d’Eau Douce all’Ile aux Cerfs, con il perzzo raddoppiato da 200 a 400 rupie (a/r).
ANDARCI O NON ANDARCI? PERCHE’ ANDARCI: Mauritius è piuttosto bella. Ha belle spiagge, in genere di sabbia fine e chiara, bordate di palme da cocco o più spesso da filao, alberi dalle foglie sottili e filamentose, o da casuarina, dalle foglie larghe che tendono ad arrossarsi. Troveranno soddisfazione quelli che vogliono fare immersione, quelli che vogliono fare snorkelling guardando pesci e coralli, quelli che preferiscono farlo guardando attraverso il fondo di vetro di una barca, quelli che vogliono fare attività acquatiche come sci d’acqua, wind surf, surf o kite surfing, o farsi trascinare dai motoscafo in equilibrio su ciambelloni galleggianti, i bambini che vogliono giocare con paletta e secchiello o sguazzare nell’acqua bassa e tiepida. Inoltre è possibile fare escursioni in mare anche originali: oltre a barche, catamarani, ecc. C’è anche la possibilità di fare gite in sottomarino o passeggiate subacquee con pesi e casco per l’ossigeno.
L’interno è per lo più una gigantesca piantagione di canna da zucchero, che nelle zone pianeggianti ha sostituito gran parte delle specie vegetali endemiche. Ci sono però diversi rilievi montuosi (fino ad 800 metri circa), che movimentano piacevolmente il paesaggio, che hanno consentito la sopravvivenza di un minimo di flora originaria e che permettono anche di effettuare delle escursioni naturalistico-panoramiche.
Se vi piace fotografare le occasioni sono molte: spiagge, acqua verde e trasparente, uccelli colorati, pesci e coralli per le foto subacquee, tramonti (attenzione: il sole cala velocemente e una volta che è sotto l’orizzonte lo spettacolo è finito, perché i raggi non riescono a colorare le nuvole sovrastanti) e arcobaleni, visto il frequente alternarsi di pioggia e sole.
La popolazione di Mauritius è poi di per sé uno spettacolo: è composta da pochi bianchi, discendenti dei colonizzatori, una maggioranza indiana (discendenti dei lavoratori importati con contratti-capestro per lavorare nelle piantagioni di canna dopo l’abolizione della schiavitù), una forte minoranza creola (discendenti degli africani portati in schiavitù sull’isola) e una minoranza cinese (soprattutto commercianti): al mosaico etnico corrisponde quello religioso (con chiese cattoliche per gli europei e i cinesi, coloratissimi templi induisti simili a luna park per gli indiani e moschee bianco-verdi per gli indiani mussulmani), gastronomico, con la gustosa compresenza di culture culinarie europee, creole e indiane, e di stile di abbigliamento: in spiaggia capiterà di vedere fianco a fianco occidentali in bikini, indiane con sari eleganti e colorati, e mussulmane tutte coperte e col capo velato.
Gli abitanti sono in generale molto gentili (spessissimo si viene salutati o si ricevono sorrisi di cortesia da perfetti sconosciuti) e c’è il vantaggio che la maggior parte delle persone parla (oltre al creolo, che una specie di esperanto isolano dove sono confluite varie lingue e dialetti) sia l’inglese che il francese, rendendo la comunicazione abbastanza agevole per chi mastica almeno un po’ di una di queste due lingue.
PERCHE’ NON ANDARCI: nell’inverno australe il tempo non è buono (vedi oltre il capitolo clima), d’estate si rischiano i cicloni. D’inverno viene buio presto: durante la nostra permanenza il sole tramontava alle 5 e mezza circa. Alle 6 era buio. L’illuminazione nei centri abitati è scarsa, al di fuori pressoché nulla. Se siete fuori dall’albergo e dal centro delle (peraltro piccole) località turistiche vi capiterà di vagare nella semi-oscurità, dove i cani randagi sono molto più numerosi che i rari viandanti notturni male illuminati.
Conviene alzarsi presto e approfittare delle ore di luce del mattino: alle 7 è già chiaro e tutti gli alberghi dove siamo stati mancavano completamente di imposte, persiane o tapparelle, sicché al sorgere del sole in camera era luce piena, trascurabilmente filtrata da tendine eufemistiche.
Dire che la vita notturna (al di fuori delle attività proposte nei grandi alberghi e nei villaggi) è scarsa è gravemente eufemistico: in realtà manca del tutto la vita tardo-pomeridiana, serale e notturna. Almeno in inverno, una volta calato il sole è difficile trovare qualcosa di aperto; anche le agenzie turistiche e di noleggio auto fanno orari brevi e misteriosi. Se pensate di trascorrere la giornata in spiaggia e di rimandare alle ore di buio attività come la programmazione delle attività dei giorni successivi, o le compere, avete fatto male i vostri conti.
Non è scontato nemmeno trovare qualche locale dove bere qualcosa in serata, al di fuori degli alberghi e dei ristoranti, e anche per cenare sarà meglio sbrigarsi: noi una volta abbiamo cercato di cenare alle 10 di sera a Mahebourg e abbiamo scoperto che i ristoranti erano tutti chiusi o avevano già chiuso le cucine.
Gli eventi mondani, sempre al di fuori di alberghi e ristoranti, sono inesistenti: in due settimane l’unico evento al quale abbiamo potuto assistere è stato un concerto (peraltro carino, con blues mauriziano e zydeco creolo dalla Lousiana; e il pubblico creolo offriva uno spettacolo in se stesso) offerto dall’ambasciata statunitense! L’orario d’inizio della serata, tanto per intuire quali possano essere le possibilità di fare le ore piccole, era le 19… Non sempre è facile organizzare gli itinerari per conto proprio: v. Di seguito il capitolo dedicato.
Il turismo è prevalentemente di coppia o famigliare; inoltre i mauriziani amano recarsi al mare per giganteschi e organizzati pic nic in gruppi sovrafamigliari numerosissimi e affollati di bambini.
Malgrado la presenza del mare e l’esotismo, l’isola non è perciò per niente sexy: le immagini osè alle quali siamo abituati sono completamente assenti, i costumi (anche quelli di bagno) sono dal casto in su (il topless non è ben visto), l’abbigliamento non è provocante, e i luoghi della seduzione (bar, discoteche, ecc.) sono veramente pochi.
Se avete intenzione di cuccare in vacanza meglio cambiare destinazione, a meno che abbiate intenzione di cercare un mauriziano o mauriziana con cui dividere la vita: abbiamo visto molte coppie miste in entrambi i sensi (probabilmente franco-mauriziane) di tutte le età.
L’atmosfera è generalmente rilassata e tranquilla, ed è difficile pensare di poter avere dei problemi con i mauriziani; unico neo qualche venditore un po’ troppo invadente (si impara ben presto a riconoscere la sequenza pressoché immutabile delle frasi d’approccio: ciao-come-stai-da-dove-vieni-italiano?-italiani-che-vengono-qui-tutti-simpatici-prima-volta-a-mauritius?-ecc.): noi ne abbiamo incontrati diversi con un’aria particolarmente losca a Mahebourg.
CLIMA: guide e cataloghi turistici vi racconteranno che è estate tutto l’anno. Non è proprio così, almeno per quanto riguarda la nostra esperienza (2 settimane tra il 24 luglio e l’8 agosto 2007): in un tempo variabilissimo (con giornate intere “stop & go”, in cui i programmi sono da rifare ogni ora perché ogni ora il tempo cambia in maniera radicale, dal sole tropicale al cielo completamente coperto, alla spruzzata di pioggia) le nuvole che ci sono passate (o hanno stazionato) sulla nostra testa sono davvero tante. Abbiamo totalizzato alcune giornate di copertura nuvolosa totale, qualche bella giornata, molte giornate mutevoli, caldo, fresco, pioggia e pioggerella, arcobaleni. Pioggerelle fini o bervi rovesci sono stati relativamente frequenti, considerando che questa è la stagione secca.
E sulla costa est spirano gli alisei, venti freschi che raggiungono anche una discreta intensità. In spiaggia ci andavamo regolarmente con asciugamani, maschera subacquea, maglioncino e ombrello. Difficile poter pensare di stendere l’asciugamano sulla spiaggia e godersi una giornata intera di sole. Sul posto ci hanno detto che i mesi migliori sono quelli dell’estate australe, cioè del nostro inverno, da novembre ad aprile. Verso gennaio-febbraio però possono arrivare anche i cicloni. Non sempre e non sempre forti, però pare che ogni qualche anno ne arrivi uno tosto.
SISTEMAZIONE, TRASPORTI ED ITINERARI: a posteriori, la cosa migliore secondo noi sarebbe stata sistemarsi in una località del nord-ovest (probabilmente la soluzione migliore è Pereybere) e da lì muoversi con escursioni organizzate o affittando un’auto. Noi abbiamo alloggiato prima a Trou aux Biches (nord ovest), poi a Flic en Flac (ovest) e a Mahebourg (sud est), ma probabilmente non valeva la pena di effettuare tre spostamenti (con relativo dispendio di soldi e tempo). Pensavamo di esserci organizzati con una certa logica, ma la realtà ha smentito i nostri piani: a FeF, che pensavamo di utilizzare come punto di partenza per la visita nel sud, abbiamo scoperto che, malgrado la distanza fosse sensibilmente diminuita, le escursioni organizzate avevano raddoppiato o più che raddoppiato il prezzo, e anche l’affitto dell’auto era leggermente più caro; a M., che pensavamo di utilizzare come punto di partenza per le visite sulla costa est, e in particolare per la famosa Ile aux Cerfs, abbiamo scoperto che non ci sono praticamente agenzie turistiche, che noleggiare un’auto non è facile, che raggiungere l’IaC con i bus era molto laborioso (un bus per Centre au Flacq, nell’interno, per un viaggio di circa un’ora e mezzo, poi un cambio d’autobus per Trou d’Eau Douce, e infine la barca; idem al ritorno). Rimanendo a Pereybere con tre escursioni da 300-400 rupie (cioè con meno di 10 euro) si visita buona parte dell’isola, compresi anche alcuni punti d’interesse nell’interno. Con il bus (che costa in generale molto poco) si possono raggiungere tutte le località sulla costa, da Port Louis fino a Cap Malhereux, raggiungendo spiagge molto belle; si possono acquistare escursioni in mare alla barriera o alle isole vicine (se il tempo ispira), e infine si può noleggiare un’auto (a circa 900 rupie al giorno; la benzina costa un po’ meno che da noi) se si vuole vedere qualcosa che non si è riusciti a vedere con i mezzi precedenti.
Preciso che il consiglio si basa in parte su ipotesi teoriche, visto che noi non abbiamo mai fatto escursioni organizzate e quindi non abbiamo un riscontro su quanto valgano e come funzionino.
Con un paio di giornate di noleggio auto (una al sud e una al nord) ben studiate si riesce a vedere molto; c’è da tenere presente però che Port Louis, stretta tra il mare e i rilievi retrostanti, è un nodo stradale pressoché obbligatorio per chi viaggia sulla costa occidentale e particolarmente ostico, intasato ad ogni ora del giorno. E’ piuttosto grottesco ritrovarsi in un’isola tropicale intrappolati in un puzzolente ingorgo stradale che si porta ogni volta quasi un’ora di tempo-vacanza.
Il bus è un modo di spostarsi abbastanza lento e molto economico. Le località sono abbastanza servite e le fermate sono segnalate, ma da nessuna parte sono indicati gli orari e soprattutto bisogna fare attenzione a non lasciarsi sfuggire l’ultima corsa: dopo il tramonto praticamente i bus non ci sono più e di sera quindi bisogna ricorrere ai taxi. A Port Louis i terminal degli autobus sono due, uno per il sud e uno per il nord: non sono lontani ma se avete bagagli può essere scomodo.
Anche i taxi sono piuttosto economici e particolarmente convenienti soprattutto sulle piccole distanze (da una località al quella vicina si spende meno di 2 euro); è possibile noleggiare un taxi a giornata o per lunghi spostamenti, ma la trattativa in questo caso può diventare impegnativa. A noi è capitato di dover discutere per tre quarti d’ora – tutto il tempo del viaggio – con un tassista pentito di averci chiesto troppo poco e che tentava di guadagnare un po’ di più procurandoci l’albergo e chiedendoci il numero di telefono del nostro hotel in modo da poter disdire la nostra prenotazione, o di dover ricontrattare con un tassista assunto per la giornata che faceva delle questioni per rientrare prima e che poi ha tentato di rifiutarsi di venirci a riprendere all’ora convenuta.
In ogni caso le tariffe vanno concordate anticipatamente e nessuno usa il tassametro.
LE SPIAGGE: ho già detto che le spiagge sono belle: inoltre sono libere e pulite. Lungo molti tratti di costa lungo il mare si allineano hotel di lusso, villaggi, ville anche lussuose, ma la spiaggia antistante è comunque pubblica e quindi accessibile gratuitamente a tutti. Sulle spiagge principali ci sono larghe zone di accesso alla spiaggia, alle spalle della quale c’è sempre una bella zona alberata (filao, casuarina, palme) che fa da sfondo, separa dalla strada e dall’abitato, e offre un fresco riparo (magari anche da una pioggia leggera) in caso di bisogno, oltre ad ospitare molti uccellini colorati e canterini. Siamo rimasti inoltre piacevolmente ammirati scoprendo che ogni spiaggia principale è provvista di servizi igienici, docce e cabine per cambiarsi, tutto pulito, gratuito e funzionante. Alle spalle della spiaggia poi stazionano furgoni di venditori di cibarie e gelati, sicché il problema del pasto è risolvibile facilmente, comodamente, gustosamente e con poca spesa. In genere, se lo si desidera, è possibile anche affittare ombrelloni e lettini.
Il mare è bello, pulito e dei colori giusti, ed è praticamente sempre sostanzialmente calmo nelle belle lagune protette dai flutti oceanici dalla barriera corallina (che circonda quasi tutta l’isola), ma il bagno può riservare qualche delusione: ad esempio a Trou aux Biches la zona in cui è possibile nuotare è limitata perché a poca distanza dalla costa scorazzano i motoscafi delle attività ludico-acquatiche; a Blue Bay è limitata dal parco marino; a Flic-en-Flac la barriera corallina è raggiungibile a piedi nell’acqua bassa, ma per lo stesso motivo è difficile nuotare senza farsi male e quando l’acqua è mossa la visibilità cala drasticamente. Per la presenza di coralli spezzati, numerosissimi e diffusissimi, di ricci di mare e di altri inconvenienti è meglio calzare scarpette di gomma, che è meglio portarsi da casa: quelle che si trovano sul posto sono più brutte e non meno care delle nostre.
La soluzione migliore per qualche bagno spettacolare è farsi portare al largo da qualche barca, magari col fondo di vetro, e da lì fare snorkelling (un’uscita di un’ora costa circa 300 rupie). L’uscita più bella l’abbiamo fatta a Blue Bay, nel parco naturale marino chiamato non a caso “il giardino di corallo”: ci sono enormi formazioni coralline di varie forme e dimensioni e molti pesci, che è possibile attirare a nuvole offrendogli del pane. Una delle spiagge più belle tra quelle che abbiamo visto è quella di Trou aux Biches, bordeggiata da palme; molto belle e lunghe quelle di Mont Choisy nel nord, de La Morne nel sud-ovest ai piedi del Morne Brabant, di Pointe d’Esny nel sud est (bisogna cercare con attenzione vicoli d’ingresso quasi invisibili tra le muraglie delle ville di lusso; qui non c’è barriera corallina e la spiaggia è battuta dagli alisei), di Flic en Flac nell’ovest. Carine anche le spiagge di Pereybere nel nord e di Blue Bay nel sud-est, affacciata sullo splendido parco naturale marino. Ovviamente tutte le spiagge dell’ovest offrono lo spettacolo del tramonto sul mare.
Dev’essere stupenda l’Ile aux Cerfs, che noi abbiamo avuto la sfortuna di vedere in una giornata metereologicamente particolarmente brutta. In compenso le guide turistiche si lamentano per il suo affollamento mentre noi abbiamo visto lunghe spiagge praticamente deserte.
ALTRI LUOGHI D’INTERESSE: qualsiasi guida turistica vi dirà cosa c’è da vedere. Spiagge a parte, sicuramente meritano la visita il giardino botanico di Pamplemousse, il sito delle terre colorate (piccolo ma suggestivo; e quando l’abbiamo visto semideserto di visitatori) e le cascate di Chamarel; l’attraversamento della foresta del Black River Gorges National Park, la sosta sul Grand Bassin (un lago sacro agli indù, circondato da colorati templi e statue di divinità e frequentato dai macachi che vengono ad approfittare delle offerte in frutta rese agli dei), l’affaccio sulle scogliere di Gris-Gris in un paesaggio quasi irlandese.
Paesi e cittadine sono in genere poco interessanti, o brutti. Ogni tanto però fa capolino un po’ di colore tropicale (non nel senso più scontato) e ci sono negozietti ed insegne che vale la pena di vedere e magari fotografare. Anche la capitale, Port Louis, non è particolarmente interessante, oltre ad essere sempre intasata di traffico. Si può fare un giretto sul waterfront, al mercato, alla moschea e al quartiere cinese. Sicuramente poi capiterà di visitare qualche variopinto tempio indiano: sono belli quelli di Triolet (vicino a Trou aux Biches), di Grand Baie, quelli intorno al Grand Bassin per il contesto naturale e le statue sullo sfondo del mare sulla spiaggia di Mont Choisy.
ALLOGGI: dormire a Mauritius non costa molto e può costare particolarmente poco. Noi abbiamo alloggiato a Trou aux Biches al Villa Kissen: una costruzione nuovissima (ancora in fase di ritocco), un po’ arretrata rispetto alla spiaggia ma in posizione comoda sia per andare al mare che per raggiungere i pochi ristoranti o l’unico supermercato e le fermate degli autobus. Per 23 euro a camera avevamo a disposizione un appartamentino lindo e spazioso con camera da letto, bagno, balcone e cucina perfettamente attrezzata. Nel prezzo era compresa anche una semplice colazione. La costruzione è un po’ kitsch e accanto dei lavori in corso risultavano un po’ fastidiosi nelle mattine lavorative.
A Flic en Flac abbiamo dormito all’Easy World: una costruzione a quattro piani, bianca e ricoperta di bouganville e in buona posizione centrale, comoda per tutto. La tariffa era di 15 euro per la camera e l’hotel era segnalato, nella categoria delle sistemazioni economiche, su entrambe le nostre guide. Ma la camera era piccola, tutto sembrava vecchio e malandato, tutto era sporco (abbiamo dovuto chiedere che ci cambiassero le lenzuola e le pulizie in camera comunque non sono più state fatte dopo il nostro ingresso – e magari neanche prima). Ci siamo rimasti pochi giorni, ma non ne valeva la pena; per poco di più credo si possa ottenere decisamente di meglio. L’hotel affitta anche auto a tariffe convenienti.
Infine a Mahebourg abbiamo alloggiato all’Hotel Orient. Per 20 euro una buona camera vista mare (benché non in prima linea), con balconata e bagno, cambio degli asciugamani ogni giorno, e con un’ottima colazione. Il responsabile è gentile ma ha avuto la colpa di convincerci ad andare all’Ile aux Cerfs in una giornata di tempo pessimo, assicurandoci che ben presto il cielo si sarebbe schiarito… MANGIARE: anche al ristorante si spende ben poco. Per una cena abbiamo speso da un minimo di 5 euro ad un massimo di 30 per una cena per due persone. Ovviamente dipende da cosa si mangia e dove, ma anche pasteggiare ad aragosta non è proibitivo rispetto ai nostri standard. Le cifre più alte le abbiamo spese per cene particolari: buffet di specialità mauriziane in un ristorante elegante, cena con menù degustazione in ristorante con piano-bar e spettacolo di séga (musica e danza tipica di origine creola), o fonduta cinese con pesce, carne, verdure, tofu, aragosta, granchi, ecc.
La cucina come dicevo è un misto di ingredienti, salse, spezie e modi di cottura cinesi, indiani ed europei. Ci si può sbizzarrire: noi abbiamo mangiato mediamente bene e senza mai alcun problema. Per chi gradisce il piccante, ci fa un grande uso di peperoncino e salse chili. Tra le cose che si possono mangiare ci sono i mine (spaghettini) fritti, il bol renversé (riso con carne e uova servito sotto una tazza capovolta), molti piatti con curry, o con rougaille (salsa creola), o con vindaye (una salsa per il pesce o il polipo).
Per chi vuole spendere di più ci sono aragoste, carne di cervo, ecc.
A pranzo ci si arrangia con spuntini a ridosso della spiaggia: panini con kebab, o con pesce, polpette, focaccine, samoussa (triangolino di pasta ripieni di carne o legumi), ecc. Anche in questo caso il tutto andrebbe accompagnato con salse speziate.
Molto carente il reparto dessert; per bere ci sono le solite bibite più alcune sconosciute (ne abbiamo assaggiata una buona al gusto di pera, ad esempio) tè di produzione locale. Tra gli alcolici ci sono anche birre di produzione locale (la Phoenix) e buoni vini sudafricani non molto cari (al ristorante viene servito anche a bicchiere); tra i liquori ci sono rum prodotti sul posto e rum arrangè (con spezie e aromi vari; ogni volta che lo si ordina può essere una sorpresa).
ANIMALI: all’interno pare ci siano cervi e gheppi, sull’Ile aux Aigrettes il rarissimo piccione rosa, al largo delfini e chissà quali altri animali marini.
Per quanto ci riguarda abbiamo visto in mare intorno alle formazioni coralline pesci angelo, pagliaccio, sergente, farfalla, flauto, trombetta, sogliole, calamari, barracuda, ecc.; lungo le spiagge e le coste innumerevoli stelle marine, un’impressionante lumaca di mare e granchi di varie dimensioni e colori e carapaci.
In cattività testuggini giganti e cervi; in libertà belle farfalle, una mangusta (importate per combattere i topi), lumache di vario tipo e dimensioni, gechi, stupende lucertole dipinte con colori vivacissimi, topolini, macachi. Questi ultimi hanno offerto gustose scenette di gioco alle Alexandra Falls (Black River Gorges National Park), e sono numerosissimi intorno al Grand Bassin. Per quanto possano sembrare molto simpatici e giocosi, è meglio trattarli con discrezione: c’è il caso che possano interpretare la nostra amichevole curiosità come un atteggiamento aggressivo o indiscreto, soprattutto se si tratta di una madre con il cucciolo da proteggere.
Siamo rimasti stupiti dall’assenza quasi totale di uccelli marini; gli appassionati di ornitologia e non solo potranno comunque vedere e facilmente fotografare svariati tipi di uccelli: oltre ai conosciuti passerotti e colombi cardinali rossi, vari uccelli di colore giallo e giallo-grigio (molti osservabili nei propri nidi), uccelli bianco-neri con ciuffo e macchie rosse, uccelli neri con una mascherina gialla sugli occhi, tortorelle dalle zampe viola e dall’elegante collare, ecc.
Le zanzare sono poche. I cani, domestici o randagi, sono numerosissimi, ma anche quelli selvatici non sono mai stati aggressivi; di sera diventano i padroni delle strade, insieme ai gatti che escono per le passeggiate notturne.
BUON VIAGGIO: beh, se avete deciso di andare, speriamo di esservi stati utili e vi auguriamo buon viaggio! Mauro e Alessandra