Tour de France su due ruote…motorizzate!
Non voglio inoltrarmi in dialettiche stile "Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta" ma prima di partire c’erano tre decisioni da prendere...
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Tour de France: Normandia, Bretagna, Loira, Camargue e Provenza… Un viaggio di 6000 km (circa) Periodo: 31/07/2005 – 25/08/2005 Attrice protagonista: Honda VFR 800 VTEC ABS ovvero colei che ha fatto la maggior parte della fatica senza mai ribellarsi. Partecipanti: D – Daria: il road-book è tenuto quasi interamente da lei. M – Marco: oltre ad avere aiutato Daria nella stesura del romanzo (o road-book) ha voluto esprimere i propri brevi commenti su ogni giornata del viaggio. Premessa M – Non voglio inoltrarmi in dialettiche stile “Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta” ma prima di partire c’erano tre decisioni da prendere: · Dove andare? Stabilito di non voler inforcare la moto e andare dove ci portava il vento io volevo andare a Capo Nord mentre Daria preferiva un viaggio meno impegnativo. Abbiamo scelto una via di mezzo: la Francia del nord con estensione alla Camargue ed alla Costa Azzurra. · Dove pernottare? Il campeggio lascia più libertà ma comporta un bagaglio più voluminoso e pesante e maggior spirito di adattamento, l’albergo, soprattutto con il mal tempo, è più comodo: la nostra scelta è ricaduta sugli alberghi. · Prenotare o meno? Non pianificare lascia molta libertà e forse consente di godersi meglio i posti che si visitano ma amici che erano stati nelle medesime zone ci avevano avvertito sulle difficoltà di trovare un alloggio, specie in Bretagna, nel mese di agosto (alcuni di loro si erano addirittura visti costretti a tornare indietro). Per questo motivo abbiamo pianificato tutte le soste e prenotato tutti gli alberghi prima di partire, dopotutto questa scelta offre anche degli innegabili vantaggi in termini comodità (non essere costretti a cercarsi l’albergo talvolta consente di risparmiare molto tempo). 31/07/2004 MILANO-AUXERRE (711,9 KM) D – Tutto è pronto per partire, la moto è già carica (fin troppo) ed in assetto da viaggio, che consiste in due borse laterali rigide, un bauletto centrale con sacco cilindrico impermeabile montato sul portapacchi del bauletto, piccola borsa del serbatoio contenente il navigatore satellitare ed il necessaire minimo per la prima tappa di trasferimento. Prevediamo un tour di 26 giorni di cui abbiamo già steso un dettagliato programma e pianificato tutte le tappe, con la speranza di riuscire a rispettare senza grande difficoltà la tabella di marcia. Partiamo verso le ore 10:00 da Milano (non siamo amanti delle alzatacce e quindi le nostre giornate cominciano spesso verso quell’ora). La giornata è bella e fa abbastanza caldo, cosa che ci rende in parte felici e in parte preoccupati visto che l’abbigliamento tecnico non traspira un gran che. Per raggiungere la Francia abbiamo deciso di evitare i trafori che risultano poco gradevoli per chi è in moto ed è costretto a respirare fumi tossici ed abbiamo optato per il passo del Gran San Bernardo. La scelta si rivela subito azzeccata, il paesaggio è splendido, la strada a curve serpeggia tra le montagne, l’aria è fresca e c’è poco traffico. Ci fermiamo proprio in cima al passo e facciamo sosta per il pranzo in riva a un delizioso laghetto di montagna. Il viaggio procede caldo e tranquillo prima attraverso la Svizzera e poi la Francia. Verso sera raggiungiamo finalmente Auxerre, la nostra prima meta. Cena all’aperto e pernottamento in un grazioso e tipico hotel (Le Seignelay) all’interno di una casa a graticcio (la mia passione). Dopo cena riusciamo a trovare la voglia e la forza per fare un piccolo tour a piedi della cittadina e veniamo ricompensati dalla splendida torre dell’orologio perfettamente illuminata che sovrasta l’isola pedonale ed incanta i passanti con la sua aura dorata. M – La strada scelta oggi passa dal Gran San Bernardo (molto bello), costeggia sulla destra il lago di Losanna (zona trafficata ma interessante) e lascia la Svizzera dalle parti di Ballaigues. Entrati il Francia attraversiamo le basse montagne della Franca-Contea lungo strade statali (piacevoli) fino a Poligny dove imbocchiamo l’autostrada per gli ultimi 200 km circa. Questo ultimo tratto, fatto dopo una giornata trascorsa in moto e con 32° C (nonostante fossero le sette di sera), è veramente “mortale” e non finiva più. 01/08/2004 AUXERRE – ROUEN (352,9 km) D – Partenza da Auxerre verso le 9:30 e sosta in Autogrill per la colazione. La giornata è splendida e fa parecchio caldo. Io ho già abbandonato i pantaloni da moto, (che rimarranno piegati nella borsa fino al nostro rientro a Milano) per un paio di più “freschi” jeans, mentre Marco durante le soste ha già incomiciato a togliere le gambe ai suoi pantaloni da moto BMW trasformandoli in comodi pantaloncini (grande invenzione questi pantaloni). Facciamo un breve passaggio nelle cittadine di Grein sur Loing e Morait sur Loing ma senza fermarci. Sono graziosi paesini in riva al fiume Loing, dotati di ponti e case sul fiume adornate di fiori. La prima tappa della giornata è Fontainbleau. La residenza reale ed il parco sono interessanti e meritano una visita, ma la nostra è stata abbastanza “traumatica” e veloce perchè il caldo era veramente insopportabile e non vedevamo l’ora di trovare un posto meno afoso. Pranzo in Autogrill con aria condizionata e poi, abbandonata l’autostrada, affrontiamo finalmente qualche strada collinare per raggiungere il paese di Les Andelys. Qui c’è da vedere la cattedrale e le rovine dell’antico castello di “Riccardo Cuor di Leone” le quali si trovano in cima ad un colle che domina sia il paese che la vallata sottostante. Grazie a questa posizione gli Inglesi hanno tenuto in scacco i Francesi per lungo tempo ma, per noi cittadini dell’Europa unita, è più significativo il fatto che il paesaggio è davvero notevole. La strada per raggiungere le rovine è un po’ nascosta e parte dalla cattedrale per passare attraverso campi coltivati alternati a boschetti in ombra. Il caldo che ci perseguita si attenua leggermente salendo in collina. Ripartiti raggiungiamo Rouen verso sera e pernottiamo nel primo Etap del nostro tour (ce ne saranno diversi). Dopo la tanto sognata doccia facciamo un giro della città e ceniamo all’aperto nella piazza del mercato ove è stata bruciata sul rogo Giovanna d’Arco. Al centro della piazza c’è un grande edificio dal tetto a forma di barca rovesciata adibito in parte a chiesa ed in parte a mercato coperto: un edificio veramente particolare ed originale. Anche qui a Rouen c’è la torre dell’orologio, ma è un po’ sotto tono rispetto a quella di Auxerre. Dopo cena ripercorriamo la via pedonale che dalla piazza del mercato porta alla cattedrale e con nostra grande meraviglia ci troviamo nel mezzo di uno spettacolo “son e lumiere”. Questi spettacoli sono molto diffusi in Francia e consistono nel proiettare giochi di luce su edifici storici quali chiese, cattedrali e castelli, il tutto avvolto in un’atmosfera da sogno grazie a musiche di effetto. Era la prima volta che assistevo a questo tipo di spettacolo e ne sono rimasta affascinata. Per nostra sfortuna il seguito del tour ci ha portato nelle località sede di spettacoli “son e lumiere” nei giorni sbagliati o in occasione di giornate metereologicamente avverse e per questo motivo non siamo riusciti a vederne altri. M – Oggi siamo passati vicino a Parigi. La capitale Francese è molto bella e merita una visita accurata che richiede minimo un paio di giorni. Noi siamo passati oltre perché avevamo visitato la città in altre recenti occasioni e non volevamo perdere l’opportunità di vedere altri posti a noi sconosciuti. Certo che passare a pochi Km da Mont Mairtre, dalla torre Eiffel, da Notre Dame, dalla Senna, dal quartiere latino, da Eurodisney etc, etc. Senza potersi fermare è una vera sofferenza. Parigi, torneremo a trovarti! 02/08/2004 ROUEN – CAEN (296,5 km) D – Partenza da Rouen verso le 9:30, il tempo per il momento ci è amico e anche questa mattina c’è un bel sole: speriamo non faccia troppo caldo. La strada finalmente ci porta verso la costa e per la prima volta in questo viaggio vediamo il mare. Arriviamo infatti a Dieppe, città di mare e importante porto sulla costa della Normandia. La tappa è prevista breve e facciamo due passi per la via pedonale in cerca di una boulangerie in cui fare colazione. Troviamo ciò che ci interessa e oltre a un paio di brioches ci concediamo una gigantesca meringa alle mandorle, dolce tipico del posto. A Dieppe non c’è molto da vedere oltre ad una fortezza della quale ci limitiamo a fare qualche foto dal basso, in quanto si trova su un piccolo promontorio in posizione un po’ elevata rispetto alla città. Proseguiamo seguendo la costa e cercando disperatamente una strada che costeggi il mare e ci permetta di ammirare il paesaggio marino, ma sia la segnaletica sia il navigatore satellitare continuano a “spingerci” su strade interne in mezzo ai campi. Questo sarà il nostro cruccio per tutto il viaggio tra Normandia e Bretagna. Qui infatti le strade costiere panoramiche sono molto rare e non segnalate. A volte sono del tutto inesistenti e quando si trovano, dopo lungo zigzagare tra la costa e i campi dell’interno con grande dispendio di tempo, sono spesso dei brevi tratti: non vi aspettate insomma di vedere il mare dietro ogni curva. Nel nostro caso però lo zigzagare ci ha portato ad attraversare delle magnifiche stradine (da non perdere) attraverso i boschi ed a case stupende con rigogliosi giardini che hanno rapito i nostri sguardi e ci hanno fornito un piccolo assaggio dello stile di vita di chi abita da quelle parti (scopriremo in seguito con grande rabbia ed invidia che queste splendide case con dieci stanze, 2000 mq di giardino e piscina costano quanto un piccolo due locali a Milano). Dopo lungo girovagare arriviamo a Fecamp e facciamo una breve sosta al porto, facendo due passi su un piccolo molo con tanto di faro e pescatori. Alle spalle del molo una splendida falesia bianca a picco sul mare. Un vento sostenuto e fresco ci danno il benvenuto in Normandia. Dopo qualche foto di rito ci spostiamo nel centro del paese alla ricerca dell’edificio in cui viene prodotto il famoso liquore “Benedectine”. L’edificio in stile gotico è una vera bellezza architettonica dai toni rossicci, che sotto il sole sembra prendere fuoco. All’interno c’è la possibilità di visitare la fabbrica del liquore, ma noi, avendo poco tempo a disposizione, passiamo subito alla boutique ove Marco non riesce ad astenersi dall’acquistare una “piccola” bottiglia di liquore che inizierà ad appesantire il nostro bagaglio (nel corso del viaggio ci saranno molti acquisti che appesantiranno parecchio la nostra povera moto…). Per pranzo ci fermiamo in sulla spiaggia di Fecamp a gustare un’ottima crepes poi proseguiamo per raggiungere Etretat e le sue falesie. Il paese è raccolto attorno alla piazza del mercato su cui si affacciano, oltre all’antico del mercato in legno che ora ospita negozi di souvenirs, antiche case a graticcio adorne di fiori. Dopo aver parcheggiato la moto ed esserci spogliati per difenderci dal caldo afoso che ci perseguita raggiungiamo a piedi il lungomare. La vista che si apre è stupenda, una baia racchiusa fra altissime falesie che si tuffano a picco nel mare. Anche se siamo accaldati, rinunciamo al desiderio di sdraiarci in spiaggia e di buttarci in acqua e, dopo aver fatto un reportage fotografico ai gabbiani in posa sulle barche in secca, ci inerpichiamo in cima alle falesie per godere del panorama. La fatica è ampiamente ricompensata da un paesaggio spettacolare: imponenti falesie bianche dalle forme svariate (ce n’è una che sembra la proboscide di un elefante) si gettano nel mare turchese, sovrastato da un cielo blu cobalto il quale completa il quadro da cartolina. Foto e filmati in quantità e poi giù per il sentiero per tornare alla moto. Dopo esserci in parte rivestiti e rinfrescati (oltre che alleggeriti, visto che una bottiglietta di acqua da 0,5L ci è costata 2 Euro) partiamo diretti ad Honfleur. La cittadina che ci accoglie è davvero caratteristica: un porticciolo pieno di piccole barche a vela, circondato su tre lati da bellissime case colorate e vivaci negozi e ristoranti con tavolini affacciati sull’acqua. Il caldo oggi ci ha davvero stremati e per non rischiare svenimenti ci sediamo sui gradini in riva al mare ad ammirare il piccolo porto con tanti suoni e luci e ne approfittiamo per fare un altro reportage fotografico. Il sole comincia ormai ad abbandonare la baia e le ombre si distendono quindi decidiamo di fare un giro per i negozi di souvenirs e di cominciare la ricerca di un ristorantino in cui poter cenare. Adocchiamo un posto in cui propongono un menu di pesce a prezzi accettabili e finalmente ci sediamo in un tavolino sul porticciolo di fronte ad un piatto di “moules frites” (cozze e patatine) e gamberi in salsa rosa. Terminata la cena riprendiamo il giro del porto e, con nostra piacevole sorpresa, notiamo che tutte le luci delle case, delle barche e dei lampioni si sono accese, illuminando in modo magico il piccolo porto e creando riflessi d’argento e giochi di luce sull’acqua. Adesso il porto è più bello di prima e siamo ancor più felici di essere rimasti qui per cena: ne vale davvero la pena. Terminate le foto (nel vero senso della parola perchè Marco aveva la memoria della digitale davvero stracolma) saltiamo in sella diretti a Caen, dove ci fermeremo poi per dormire. Arriviamo a Caen che è già notte e d’impatto la città non mi piace. Questa negatività è sicuramente condizionata anche dalla posizione del nostro albergo (ancora Etap), il quale si trova nella piazza della stazione ove regna un’atmosfera poco rassicurante. A volte basta qualche faccia poco raccomandabile per far nascere in te il timore di lasciare la tua tanto amata moto parcheggiata tutta sola ed incustodita in strada. Io sono dell’idea che siano meglio gli hotel fuori dal centro città poiché di solito si trovano in zone tranquille e hanno spesso il parcheggio privato e recintato sotto la camera. M –Il caldo è veramente insopportabile, per fortuna avevamo scelto il nord per evitarlo. I luoghi sono bellissimi (soprattutto Etretat ed Honfleur). Molto emozionanti anche i ponti che attraversano la baia di Le Havre. Questi sono due ponti in sequenza che danno l’impressione che qualcuno abbia legato la strada ad un filo e la stia tirando verso l’alto. Sono entrambi molto snelli: da lontano del primo si nota quasi esclusivamente la sede stradale mentre il secondo molto più alto, lungo ed a pagamento (ma non per le moto) è corredato da alti tralicci di sostegno. L’albergo a Caen è in una brutta zona e non è molto rassicurante lasciare la moto per strada: per fortuna mi sono portato catene, bloccadisco e un bustone impermeabile per proteggere la nostra compagna. 03/08/2004 CAEN – CAEN (104,9 km) D – La notte passa tranquilla e al mattino la nostra moto è ancora al suo posto. Il tempo non sembra essere dei migliori, è un po’ nuvolo e minaccia pioggia, ma non ci facciamo scoraggiare e cominciamo la nostra giornata con un giro nel centro di Caen con visita del castello e tour esterno della cattedrale che si trova di fronte ad esso. Abbiamo visto poco, un po’ di fretta e sotto un cielo grigio ma anche oggi la città non mi esalta particolarmente. Decidiamo di andare a visitare il museo Memoriale dello Sbarco, uno dei musei più famosi sull’argomento, ma arrivati di fronte ad esso ci accoglie una spiacevole sorpresa: una lunghissima fila di persone in attesa di entrare nel museo. Stimiamo dei tempi di attesa troppo lunghi per chi ha in programma anche altre mete e decidiamo di rimandare all’indomani un eventuale visita (nella speranza di trovare una coda inferiore arrivando al mattino presto). Giriamo la moto e decidiamo di visitare i musei a cielo aperto recandoci direttamente alle spiagge dello sbarco. Il tempo intanto è migliorato e le nuvole grigie hanno già lasciato il posto al sole, anche se per fortuna non sembra faccia caldo come i giorni precedenti. Percorriamo un primo tratto di statali e arriviamo a Saint-lo sulla spiaggia di Juno. Qui si vedono i primi segni dello sbarco, le lapidi commemorative delle truppe canadesi, i cannoni delle postazioni tedesche ancora intatti e tante bandiere delle nazioni alleate. Proseguiamo lungo la costa e i segni dello sbarco si alternano a spiagge e luoghi di villeggiatura. A dire il vero fa impressione pensare che tanti anni fa un intero esercito è sbarcato, ha combattuto ed è morto nei luoghi in cui oggi la gente ora si diverte e trascorre le vacanze e che probabilmente è proprio grazie a quei soldati che oggi noi possiamo permetterci questo. Prima di partire per la Normandia io e Marco ci siamo documentati un po’ sulle vicende storiche dello sbarco, per non arrivare qui del tutto impreparati. Abbiamo anche visto il film “Il giorno più lungo”, che a mio parere dà un po’ l’idea di come sono andate le cose, anche se, come tutti i film Americani, è molto romanzato e patriottico. Si parla tanto dello sbarco in Normandia avvenuto il 6 giugno del 1944, ma finché non si visitano questi posti di persona, secondo me, non ci si rende davvero conto della grandezza e della gravità di quanto è accaduto. A me questi posti hanno davvero toccato il cuore. Ripartiamo costeggiando il mare ed arriviamo al promontorio che sovrasta Arromanches les bains da cui di vede ancora il porto artificiale (Mulberry) trasportato fin lì dalla Gran Bretagna all’inizio degli sbarchi. Tale porto, allestito dal nulla, ha consentito di sbarcare un’enorme quantità di uomini e mezzi ed è considerato come una chiave di successo dell’intero sbarco in Normandia. Alla destra del promontorio la spiaggia di Gold. Sul promontorio c’è un cinema a 360° in cui vengono proiettati filmati sullo sbarco con effetti sonori molto realistici. La proiezione avviene all’interno di una sala cinematografica circolare, in cui gli spettatori stanno in piedi al centro della stanza e “rivivono” per qualche minuto le sensazioni della battaglia. Se vi appassiona il virtuale andate a vederlo, ma a me queste immagini a 360° hanno fatto girare la testa e non l’ho apprezzato molto. Per pranzo restiamo sul promontorio a mangiare la nostra fedele baguette farcita che avevamo acquistato in mattinata in una boulangerie a Caen. Dopo pranzo abbandoniamo la costa per raggiungere Bayeux procrastinando la visita alle altre spiagge all’indomani. Adesso il sole picchia più forte e il caldo comincia a farsi sentire in modo insistente. Arriviamo a Bayeux e dopo aver parcheggiato la moto e proceduto al solito spogliarello iniziamo il giro della città. Il paese è veramente carino e fascinoso. Le vie pedonali costellate di negozi e ristoranti si snodano in mezzo a corsi d’acqua, vecchie case, fiori e mulini. Prima di proseguire il giro a piedi della città decidiamo di andare a vedere il famosissimo arazzo di Bayeux al Musée de la Tapisserie. Il museo, a mio parere, non è organizzato benissimo: le sale di apertura contengono la riproduzione cartacea dell’arazzo con una lunghissima spiegazione del significato di ogni singola immagine. I commenti, in inglese e francese, sono scritti in miniatura. Dopo aver letto i primi cinque o sei metri non se ne può davvero più. L’arazzo in versione originale si trova alla fine del percorso e lo si visita entrando in un tunnel nel quale si può ammirare la meravigliosa tela in tutta calma e con una audio-guida gratuita nella propria lingua che ti racconta nuovamente tutta la storia. L’arazzo è forse il documento più importante della storia e della civiltà dei Normanni. Non si tratta di un arazzo nel senso tecnico della parola, bensì di un ricamo ad ago tracciato con fili di lana di otto colori differenti su una fascia di tela di lino grezzo lunga 70 metri e larga 50 centimetri circa. Vi si illustra la storia della conquista dell’Inghilterra da parte di Guglielmo il Bastardo, duca di Normandia, detto poi il Conquistatore. Fu realizzato, molto probabilmente, in una bottega inglese intorno agli anni 1070-1077 per volere del vescovo Odone di Bayeux. I ricami, dai colori freschi e vivaci, seguono un disegno fantasioso, sintetico, efficace. Sembra una pellicola cinematografica antica: un capolavoro che vale davvero la visita. Terminato il tour a piedi di Bayeux ci fermiamo per la cena in uno dei tanti ristoranti all’aperto nella via pedonale e poi rientriamo per la seconda notte all’Etap di Caen. M – Peccato per il Memoriale ma bisognava fare mezza giornata di coda. Impressionante pensare all’immane sforzo fatto per trasportare e montare il Mulberry (porto artificiale) in pochissimo tempo e nel bel mezzo di una battaglia cruentissima: peccato che ora si possa solo immaginare come poteva essere quello che è stato per breve tempo il più grande porto al mondo. Decisamente interessante l’arazzo di Bayeaux: saltate la prima parte del museo e andate a vedere subito l’originale! 04/08/2004 CAEN – CHERBOURG (200,8 km) D – Partenza dall’hotel alle ore 9:30 e visita all’Abbay aux Hommes di Caen. In questa abbazia è custodita la tomba di Guglielmo il Conquistatore, mentre la moglie è sepolta in un’altra abbazia l’Abbay aux Dames dalla parte opposta della città. Dopo aver fatto colazione in una boulangerie accanto alla chiesa e acquistato la solita baguette farcita per il pranzo decidiamo a malincuore di saltare definitivamente il Memoriale di Caen (piuttosto che fare le cose di corsa, a volte bisogna tagliare qualche meta) e di dirigerci a visitare le restanti spiagge dello sbarco. La prima destinazione è Long sur Mer, un promontorio pieno di casematte e bunker tedeschi quasi intatti da cui spuntano imponenti cannoni puntati verso il mare. Dopo un breve giro partiamo per Omaha Beach, una delle spiagge più famose e tristemente note dello sbarco. La spiaggia è enorme e lunghissima, ma non ci sono segni dello sbarco, fatta eccezione per qualche lapide commemorativa e qualche piccolo bunker in cima alla collina che domina la spiaggia. Non so perchè, ma me l’aspettavo diversa. Forse mi aspettavo di vedere delle rovine, resti di cannoni, casematte e quant’altro, invece non c’è quasi niente, non fosse per la stele, sembrerebbe una spiaggia come tante. Mangiamo la nostra baguette seduti in riva al mare col vento che ci scompiglia i capelli mentre guardiamo i temerari ed arditi normanni di nuova generazione avventurarsi nel mare gelido e grigio nel quale noi mediterranei non abbiamo avuto il coraggio di bagnare nemmeno i piedi. Terminato il “lauto” pranzo proseguiamo per Colleville dove si trova uno dei luoghi più toccanti di tutto il percorso: il cimitero americano. E’ uno dei tanti cimiteri sparsi su queste coste e probabilmente è il più grande e rappresentativo, noi comunque non ne abbiamo visitati altri. Qui l’atmosfera è quasi surreale e non trovo parole per spiegare le sensazioni che ho provato trovandomi al centro di un enorme prato verdissimo ricoperto da migliaia di lapidi bianche a forma di croce o di stella di David in funzione della religione e disposte in file perfettamente allineate. Qui si tocca con mano la tragedia dell’uomo, ma si percepisce anche una pace e una serenità “ultraterrena” che unisce gli uomini nella morte e li rende tutti uguali. Lasciamo Colleville e ci dirigiamo a Pointe du Hoc, un promontorio su cui è avvenuta una famosa scalata dei Rangers Americani. Il paesaggio che ci accoglie è scioccante: sembra un’enorme distesa di crateri vulcanici. Questi in realtà sono crateri di più di 10 metri lasciati dalle bombe lanciate dai bombardieri e dalle navi americane. Pointe du Hoc era un promontorio sulla cui sommità vi erano dei grossi e poderosi bunker per sei cannoni che avrebbero potuto colpire tutta la costa degli sbarchi. Questi bunker non potevano essere distrutti con il solo bombardamento (nonostante Pointe du Hoc sia stata colpita da più di dieci kilotoni di esplosivo, l’equivalente della potenza esplosiva della bomba atomica di Hiroshima). Era quindi necessario conquistarli in un corpo a corpo. Il bombardamento terminò, come pianificato, alle 6:30 del mattino del 6 di giugno ma, per vari problemi, i Rangers sbarcarono solamente 40 minuti dopo lasciando ai Tedeschi il tempo per riprendersi. Lo sbarco e la ripida scalata con attrezzi costruiti appositamente avvenne quindi sotto il fuoco nemico incrociato. Nonostante questo i primi Rangers raggiunsero la cima del promontorio in 5 minuti e dopo un cruento combattimento conquistarono i bunker ma la sorpresa fu grande: i cannoni erano stati sostituiti con enormi travi di legno. I veri cannoni erano stati spostati tre mesi prima a circa 500 metri dalle casematte per preservarli dai bombardamenti. Due Rangers avanzati nell’entroterra li trovarono e li immobilizzarono distruggendoli parzialmente con delle granate termiche. Il promontorio, soggetto a contrattacchi fu tenuto per due giorni prima dell’arrivo dei rinforzi. Di 225 Rangers partiti solamente 90 erano ancora in condizioni di combattere: 80 dei restanti 135 erano periti nell’assalto. Visitare questo luogo dà l’impressione di fare un balzo nel passato perchè è rimasto com’era sessant’anni fa, macerie incluse. Qui infatti è proibito scavare perchè sotto alla terra potrebbero ancora esserci bombe inesplose o scheletri dei dispersi. Dopo un giro per i crateri e le casematte ripartiamo per Sainte Mere Eglise. Questa cittadina è stata la prima ad essere liberata ed è stata resa famosa dal film “Il giorno più lungo” il quale racconta la storia di una compagnia di paracadutisti lanciati per errore la notte prima dello sbarco proprio nel mezzo del paese. La sfortuna volle che in quel momento ci fosse un edificio in fiamme e la gente era sveglia per cercare di spegnerlo: la maggior parte dei paracadutisti furono falciati dalle mitragliatrici Tedesche prima di toccare il suolo. Un paracadutista rimase appeso per ore al campanile della chiesa fingendosi morto e si salvò. Da quel giorno, a Sainte Mere Eglise c’è un fantoccio vestito da paracadutista appeso al campanile in memoria dei caduti e dello sbarco. Dopo le foto al manichino si riparte velocemente per Cherbourg. Lungo la strada ci fermiamo a Barfleur ad ammirare il porto pieno di barche adagiate su un fianco, circondate da gruppi di gabbiani in cerca di cibo sul fondale rimasto scoperto per la bassa marea. Questo fenomeno ci affascina davvero e le barche colorate appoggiate al fondale verde ricoperto di alghe, il forte odore di mare ed il vociare dei gabbiani sono uno spettacolo che difficilmente dimenticheremo. In questa zona la costa è frastagliata e ricca di insenature e bellissimi fari. Di questi ultimi ce ne sono davvero tanti, piccoli e grandi, accessibili e non. Marco si scatena e appena avvista un faro inizia ad imboccare una miriade di strette stradine per riuscire a raggiungerlo. A fare da cornice a questo già meraviglioso spettacolo c’è anche un bellissimo tramonto. Aggiungete il suono del mare, il canto dei gabbiani e la persona che amate al vostro fianco e il quadro è davvero da favola. Purtroppo l’oscurità scende veloce e siamo costretti ad abbandonare la costa per cercare il nostro hotel. Arriviamo a Cherbourg in serata e scaricate le borse al Formule 1 concludiamo la serata degustando un’ottima cenetta all’aperto in un ristorante tipico vicino al porto, poi a nanna presto. Gli hotel Formule 1 hanno camere simili agli Etap ma non hanno il bagno in camera e quindi costano ancora meno. Personalmente preferisco gli Etap, ma se non si è troppo schizzinosi per una notte vanno benissimo anche i Formule 1. M – Molto interessante Long sur Mer. Toccante il cimitero di Colleville, soprattutto se ci si sofferma a leggere le lapidi dando un nome ai caduti. Leggendo le date dei decessi, tutte prossime se non coincidenti con il D-day, ci si immagina questi uomini nel loro immenso sacrificio sulle spiagge immediatamente sottostanti al cimitero il quale, infatti, si trova proprio sopra un tratto della spiaggia di Omaha. Pointe du Hoc è un posto incredibile che fa comprendere la tragedia della guerra per tutti i soldati di qualunque nazionalità. Oggi abbiamo visto i luoghi più toccanti di questo museo all’aperto sullo sbarco. 05/08/2004 CHERBOURG – LE MONT SAINT MICHEL (244 km) D – Partenza ore 10:00 dopo aver fatto colazione e caricato la moto. Direzione Cap de la Hague e costa occidentale della penisola del Cotentin, una delle zone più selvagge della Normandia. Il tempo sembra esserci amico e anche oggi c’è il sole. Ma si sa che il tempo, soprattutto da queste parti, è bizzarro e, come d’incanto, mentre siamo a poche centinaia di metri da Cap de la Hague ci troviamo immersi in una fitta nebbia da “novembre in val Padana”. Nel giro di pochi chilometri purtroppo il sole ci ha abbandonato, il termometro si è drasticamente abbassato e quel che è peggio la nebbia avvolge tutto e non si vede a più di qualche metro. Ci fermiamo a Cap de la Hague, facciamo lo stesso qualche foto tra nebbia, scogli e correnti impetuose e ripartiamo abbastanza velocemente costeggiando uno dei più bei tratti della costa selvaggia della Normandia ma non vedendo assolutamente nulla. Sosta a Barneville-Carteret per il pranzo. La nebbia si è dissolta ed è tornato il sole misto a nubi di passaggio. Qui mangiamo la nostra prima vera galette normanna (una crepe salata di grano saraceno), cibo che ci accompagnerà nel viaggio e sarà l’alternativa, soprattutto in Bretagna, al pesce ed ai frutti di mare. Passaggio veloce per Portbail e Lessay ed arrivo a Pirou per visitare quello che si dice essere il più antico castello della Normandia. Il castello è piccolo, ma ben tenuto e, quando siamo passati noi, c’erano dei personaggi in costume medievale che si aggiravano per le stanze e dialogavano con le scolaresche in visita. Il castello è carino, merita la sosta e l’ingresso è gratis con offerta. Saliamo in moto e ripartiamo per Granville, rinomata località di villeggiatura della costa normanna. Siamo accolti da un grandissimo caos di gente e macchine e il paese non ci piace. Ci fermiamo giusto il tempo di fare qualche foto alla baia dall’alto del promontorio, che sovrasta il paese, raggiungibile con una ripida e lunga scalinata. Ripartiamo verso la meta finale della giornata e finalmente dopo un po’ di chilometri di strade statali in mezzo ai campi, ci appare in lontananza la magica sagoma dell’isola di Mont Saint Michel. Giusto il tempo di lasciare le borse in hotel (hotel Vert), un cambio veloce di abiti e via verso l’isola. Lo spettacolo è grandioso e se da lontano è spettacolare, da vicino è davvero imponente. Quando arriviamo c’è bassa marea e nei parcheggi a lato della strada ci sono parcheggiate centinaia di auto; Alcune di queste dovranno però essere prontamente spostate quando arriverà l’alta marea perchè in questo periodo una parte dei parcheggi viene sommersa (in altre stagioni tutti i parcheggi sono sommersi). Noi con la moto non abbiamo problemi perchè c’è un bel parcheggio gratuito sulla strada che porta all’isola (o monte come viene chiamato). Arriviamo poco prima del tramonto e l’atmosfera è veramente da favola. Il monte pian piano si svuota, la gente se ne va, le auto scompaiono e il borgo diventa finalmente vivibile e si può girare con calma per le ripide stradine piene di negozietti e ristoranti. Decidiamo di restare a cena e di cercare un ristorante con terrazza sulla baia per riuscire a vedere lo spettacolo dell’alta marea. Non restiamo delusi. Ad un tratto durante la cena a base di freschissimi frutti di mare tutti si alzano verso la terrazza. Nel giro di pochissimi minuti l’acqua sale e dove prima c’era la terra ora c’è il mare. La notte è scesa, le luci delle case accese e l’abbazia completamente illuminata donano al luogo un’atmosfera magica che vorremmo non finisse mai. Dopo aver tempestato il borgo di foto da ogni possibile angolazione, ci allontaniamo e torniamo un po’ a malincuore in hotel. L’albergo è a pochi chilometri dal monte, proprio all’inizio della strada sopraelevata ed è davvero in posizione strategica. Un hotel all’interno della cittadella sarebbe stato più caratteristico e romantico ma, oltre ad essere tutto esaurito, sarebbe stato molto più scomodo trascinare borse e bauletto per le ripide strade del monte. M –La fortuna è cieca…… come noi sul Cotentin: Tra nebbia e condensa sul casco non ci si vedeva proprio nulla e quel che è peggio ci siamo persi uno spettacolo della natura. Per il resto la giornata si è rilevata più una tappa di trasferimento. Mont Saint Michel non tradisce le aspettative: domina tutta la baia per km e km ed è veramente molto suggestiva. 06/08/2004 LE MONT SAINT MICHEL – RENNES (128,6 km) D – Partiamo dall’hotel alle 10:30 e decidiamo di tornare a Mont Saint Michel per un’ultima visita al borgo, alla cattedrale ed ai negozi di souvenirs. Anche di giorno con il sole che ora ci accompagna nuovamente, il monte è sempre bellissimo. La brutta sorpresa ci accoglie all’interno: le vie sono straripanti di gente e si fa fatica a camminare. Con grande pazienza ci mettiamo in fila per visitare la cattedrale pentendoci amaramente di non averlo fatto la sera prima quando scopriamo che era aperta fino alle 22:00 con tanto di spettacoli musicali ad accompagnare la visita. Dopo lunga attesa riusciamo ad entrare ed affittiamo la solita guida auricolare che ci aiuta a capire un po’ più nel dettaglio ciò che stiamo vedendo. L’abbazia è immensa e imponente e la visita risulta molto più lunga del previsto, ma, a mio parere, ne vale davvero la pena. Accaldati e stanchi di stare tra la folla mangiamo una baguette, scattiamo le ultime foto e ripartiamo verso l’entroterra: direzione Fougere. La giornata è nuovamente caldissima e, arrivati a Fougere, facciamo un breve giro a piedi del borgo e poi ci riposiamo sdraiati sul prato all’ombra degli alberi di un bellissimo giardino panoramico. Questo giardino è curatissimo, pieno di aiole, fiori, piante e fontane ed offrono una splendida vista sul castello e sulla parte medievale del paese. Non abbiamo tempo di visitare l’interno del castello, quindi lo circumnavighiamo in moto e poi via verso Vitrè. Il posto ci delude, ci aspettavamo di trovare un altro bel borgo medievale, invece è un paese abbastanza anonimo con un piccolo castello (già chiuso al nostro arrivo) e qualche casa a graticcio ben conservata. Ci perdiamo poco tempo e ripartiamo verso Rennes e il nostro hotel. Arriviamo verso le 19:30 all’hotel Arvor, un albergo della catena Logis de France vicino alla stazione. Piccolo, pulito, senza ascensore ed in una zona tutto sommato tranquilla. Dopo esserci finalmente rinfrescati e liberati dall’abbigliamento da moto, armati di piantina, decidiamo di raggiungere il centro città a piedi e di cenare in uno dei tanti ristoranti consigliati dalla nostra guida. Rennes è una città davvero carina ed il quartiere vecchio, quello medievale, è pieno di case a graticcio colorate, ristoranti, locali e negozi. La città è animata e piena di giovani e l’atmosfera vivace, cosa abbastanza gradita, visto che i paesi visitati finora ci sono apparsi molto spenti la sera, soprattutto dopo le 22:00. Purtroppo i ristoranti consigliati dalla nostra guida sono tutti pieni e non c’è posto, quindi dopo estenuanti ricerche ci fermiamo in una creperie in cui gustiamo ottime galettes accompagnate dal sidro bevuto nelle apposite tazze e Brehiz Cola (la Coca Cola bretone). Soddisfatti della nostra cena gironzoliamo ancora un po’ per la città e torniamo stanchi ma felici in hotel. M – Belle Fougere e Rennes. Notevole la galette, ha meritato un bis. 07/08/2004 RENNES – ST. MALO (104,6 km) D – Sole, sole e ancora sole; Caldo, caldo ed ancora caldissimo. Prima di lasciare Rennes decidiamo di concederci qualche ora di shopping in un grande centro commerciale (Le Colombier) vicino all’hotel. Con mio grande rammarico ci sono un sacco di cose belle che comprerei, ma che per ragioni di spazio mi devo limitare a guardare. Ad essere sincera, dal mio punto di vista, in quanto donna amante dello shopping, l’unico svantaggio della moto è proprio la limitatezza degli spazi a disposizione, che mi limita negli acquisti. In ogni caso anche durante questo viaggio sono riuscita a riempire fino all’ultimo buco disponibile trasformando la moto in un albero di Natale. Lasciamo Rennes e ci dirigiamo a Comburg per visitare il castello. Oggi il caldo è quasi insopportabile e visto che il castello ha solamente visite guidate ad orari prestabiliti (ma naturalmente non all’ora in cui arriviamo noi), decidiamo di pagare il solo ingresso al giardino del castello e pranziamo mangiando un gelato distesi sull’erba fresca all’ombra di un grande albero. Riposati e rinfrescati ripartiamo per Dinan. Appena a destinazione, prima di rischiare uno svenimento, decidiamo di liberarci dell’abbigliamento da moto e, lasciati gli stivali per le infradito, cominciamo a piedi il tour del paese. Questo borgo medievale è veramente bellissimo, ben conservato, pieno di case a graticcio e strade acciottolate. Molto turistico, pieno di negozi e di gente, ma comunque piacevole e assolutamente da non perdere. C’è anche una bellissima torre dell’orologio sulla quale Marco vuole assolutamente salire e, arrivati in cima, devo dargli ragione perchè la vista è mozzafiato. Da qua si può godere della vista della città dall’alto con i tetti di ardesia grigia, gli edifici antichi, la chiesa gotica, le case a graticcio: insomma una meraviglia. Dopo essere ridiscesi giriamo per il paese. Le strade sono composte di ciottoli sconnessi e sono in gran parte in pendenza. Percorriamo una lunghissima strada in discesa costeggiata di case a graticcio colorate e splendide finestre ornate di fiori. Giungiamo al fiume e poi risaliamo per un lungo e ripido sentiero (che si tramuta nell’ultimo pezzo in scalinata) per tornare alla cittadella ed infine alla moto. Siamo davvero stanchissimi, ma il posto è molto bello. Ci rivestiamo e partiamo per St. Malo. Dopo molte ricerche troviamo finalmente il nostro hotel (Nautilus) che si trova all’interno delle mura di questa caratteristica cittadina corsara. L’albergo è molto carino, dotato di ascensore ed il personale è gentilissimo, l’unica pecca è la mancanza di un garage. Lasciamo quindi la moto parcheggiata di fronte all’hotel, ci liberiamo dei vestiti sudati e fatta una doccia, decidiamo di fare il primo giro a piedi per St Malo. Questo è un borgo pieno di negozi, ristoranti, pub e locali e la vita notturna è fin troppo animata tanto che la prima notte proprio davanti al nostro hotel e sotto la nostra finestra si è accesa una rissa tra ubriachi, che hanno più volte rischiato di andare a sbattere contro la moto parcheggiata sul bordo della strada. Consigliamo, quindi, ai motociclisti apprensivi di cercare un hotel con garage, oppure di pernottare al di fuori delle mura. A parte questo inconveniente notturno, per fortuna finito senza danni per nessuno, l’antico covo di pirati è molto affascinante e molti negozi, ristoranti e pub riportano con la mente all’epoca dei bucanieri e degli assalti alle navi. Forse è tutto un po’ troppo turistico, ma a me è piaciuto molto. Ottima la cena di pesce al ristorante Le Brick (consigliato dalla nostra guida) su un tavolino all’aperto. M – Dinan e St. Malo sono entrambe molto belle. 08/08/2004 ST. MALO – ST. MALO (53 km) D – Oggi il sole ci ha abbandonato ed ha lasciato il posto a un cielo grigio carico di nubi minacciose di pioggia. Lasciamo la moto al suo posto e giriamo per St Malo a piedi, percorrendo buona parte del camminamento sui bastioni e passeggiando per negozi fino all’ora di pranzo. Dopo uno spuntino veloce, visto che il cielo si è aperto mostrando uno spicchio di sole, decidiamo di saltare in sella alla moto e di percorrere un po’ di costa per ammirare le ripide scogliere bretoni battute dal vento e dal mare spumeggiante. Raggiungiamo Pointe du Grouin, un promontorio davvero spettacolare da cui si vede un faro in lontananza e si intravede la lontanissima sagoma di Mont Saint Michel. La Bretagna è la patria dei fari e se ne vedono parecchi anche se i più famosi e grandi sono lontani dalla costa e non sono facili da vedere. Dopo un dovuto reportage fotografico al paesaggio selvaggio ci dirigiamo a Cancale, patria indiscussa della coltivazione delle ostriche, dove abbiamo appuntamento con Paolo ed Elena (il fratello di Marco e sua moglie), che saranno nostri compagni di viaggio in Bretagna (a bordo di un BMW GS 1150 giallo). A Cancale c’è un’immensa coltivazione di ostriche e sul molo sovrastante la coltivazione sostano bancarelle colme di cassette di ostriche di varie dimensioni a prezzi stracciati. Le ostriche vengono vendute alla dozzina oppure a peso (in funzione della tipologia) e si possono gustare direttamente lì, seduti sul muretto del molo. Si sceglie la qualità e la quantità desiderata ed il pescatore le apre al momento e te le serve su piatti di plastica con mezzo limone. Costo di 12 ostriche taglia extra large: 3,50 Euro!!! Marco ne ha fatta una scorpacciata…e poi vuoi mettere il gusto di mangiare le ostriche su un piatto di plastica, a cavalcioni di un muretto e poi lanciare i gusci sulla spiaggia sottostante dove i gabbiani banchettano ripulendo i resti dalle conchiglie?! Infatti quando ti vendono le ostriche ti dicono di buttare i gusci delle stesse sulla spiaggia sottostante, la quale ne è letteralmente ricoperta, ma di riconsegnargli la scorza di limone (!?). Finita la mangiata siamo tornati a St Malo, dove abbiamo passato il resto della serata passeggiando per il borgo assieme ai nostri nuovi compagni di viaggio e mangiando galettes col sidro di mele e di pere (abbastanza raro) in un locale all’aperto. M – Cancale mi ricorderà sempre uno dei momenti gastronomici più emozionanti della vacanza: mi accontento con poco. 09/08/2004 ST. MALO – LANNION (237 km) D – Per fortuna questa volta la notte passa tranquilla ed alle 10:00 del mattino siamo pronti per partire. Il tempo non è un gran che, pioviggina ed è grigio e partiamo nella speranza che spostandosi migliori. Per fortuna le nostre speranze vengono esaudite nel corso della mattinata. Costeggiando le frastagliate coste Bretoni arriviamo a Cap Frehel, un bellissimo promontorio con altissime pareti di roccia a strapiombo sul mare. C’è vento forte e le onde si infrangono violente sulla scogliera. Nella roccia, cosparsa di muschio verde, ci sono nidi di gabbiani ovunque ed il pigolio dei piccoli è molto caratteristico. Camminare sui sentieri al bordo della scogliera e guardare di sotto è uno spettacolo da brivido, ma davvero entusiasmante. Per pranzo saccheggiamo un supermercato e ci fermiamo ad Erqui per consumare i nostri acquisti. Poi proseguiamo tranquilli alla ricerca di Kermaria-an-Isquit, un paese in cui si trova un’antica chiesa del 1400 e sulle cui pareti è affrescata una “Danza della Morte”. Questo tema è molto ricorrente nelle chiese bretoni, ma si trova anche in parecchie altre chiese sparse in tutta Europa. L’edificio in semplice pietra è molto bello. I dipinti all’interno sono sbiaditi, ma la danza della morte si vede abbastanza bene. Inoltre è possibile consultare dei libricini in tutte le lingue con la spiegazione del dipinto e delle leggende nate nei secoli sulla chiesa e sugli abitanti del villaggio. E’ molto interessante ed anche se non è una tappa tipica consigliata dalla maggioranza delle guide turistiche, noi la consigliamo di sicuro. Proseguiamo il nostro tragitto lungo la costa fermandoci in diversi punti panoramici molto suggestivi come l’Arcouest e il Sillon de Talbert. Quest’ultimo offre un paesaggio molto particolare, quasi lunare. La marea ritirandosi lascia scoperte vaste aree rocciose con piccoli crateri ed è tutto molto suggestivo. Purtroppo c’è molto vento, la temperatura si è abbassata notevolmente e sta calando l’oscurità, quindi trasciniamo via Marco che vorrebbe invece restare a fare altre foto e ripartiamo per Lannion (unico posto in zona dove avevamo trovato da dormire) dove ci attende per la notte il nostro Ibis hotel. Cena in un ristorante sotto l’hotel con cameriere un po’ gay e molto fuori di testa e a letto presto. M – Ci stiamo addentrando sempre più nella Bretagna selvaggia (nonostante ad agosto vi siano molti turisti) ed i panorami offerti dalla natura sono entusiasmanti. 10/08/2004 LANNION – ROSCOFF (196,2 km) D – Partenza da Lannion verso le 11:00 dopo aver fatto un giro a piedi del paese, abbastanza deludente, fatta eccezione per un’ottima boulangerie nella piazza centrale in cui abbiamo fatto colazione con brioches e tortine alla frutta fresca. Prime tappe della giornata sono Perros Guirec e Ploumanach. Il primo è un paese di villeggiatura in riva all’oceano, con grandi spiagge e bellissime ville, mentre a Ploumanach sembra di essere in Sardegna. La giornata è bella, il sole fa brillare le rocce di granito rosa dalle strane forme levigate dal vento ed esalta i colori dell’erica e di altri fiori gialli che ricoprono prati e scogliere. In questa parte della Bretagna la costa è bellissima e occorrerebbe fermarsi ogni dieci metri per scattare foto ed ammirare il paesaggio. Purtroppo il tempo scorre in fretta e non possiamo fermarci ovunque, quindi proseguiamo il nostro viaggio veloci passando per Tregastel, Tonquedec, Saint-Luis e Morlaix in cui ci fermiamo per mangiare un gelato e sgranchirci un po’ le gambe. La nostra guida ci consiglia di visitare delle Encloses Paroissiaux (complessi parrocchiali) molto frequenti e tipici della Bretagna. Si tratta di antichi complessi formati da una chiesa, un cimitero, un ossario, una cappella ed una composizione scultorea in pietra rappresentante il calvario. Tutti questi elementi sono solitamente racchiusi all’interno di una cinta muraria. Visitiamo il complesso di Saint-Tegonnec e quello di Guimiliau che sono i più famosi della zona. La visita richiederebbe un sacco di tempo perchè ogni elemento ha mille dettagli, ricchezza di particolari e soprattutto una storia da raccontare, ma, come al solito, il tempo è tiranno quindi ripartiamo presto verso Roscoff. Malgrado il poco tempo a disposizione Marco riesce sempre a fare bellissime foto e grazie alla sua passione e pazienza, sto apprezzando soltanto adesso, riguardando le foto, tanti dettagli che avevo perso quando ero lì. A Roscoff il nostro hotel (Des Arcades) ha le camere con vista sulla baia e possiamo ammirare in tutta tranquillità lo spettacolo del tramonto e della marea. Roscoff è una cittadina portuale da cui partono molti traghetti per la Gran Bretagna e per l’Irlanda. Ha anch’essa tradizioni corsare ma è molto piccola e si visita rapidamente. Ceniamo a base di pesce in un bel ristorante di fronte all’albergo, facciamo una passeggiata per il paese e lungo un lunghissimo pontile che si addentra in mezzo al mare ed andiamo a letto. M – La costa Bretone offre ancora paesaggi molto belli. Da visitare almeno una Encloses Paroissiaux, consiglio quella di Guimiliau. Roscoff, pur essendo piccola e non offrendo spettacolari manifestazioni architettoniche, conserva una fascinosa atmosfera…. Come dire…. Bretone! 11/08/2004 ROSCOFF – LANDEVENNEC (242 km) D – Da quando abbiamo lasciato St Malo il tempo è peggiorato e spesso ci minaccia con neri nuvoloni e pioggerellina, ma oggi sembra essere uno dei giorni peggiori incontrati fin qui. Dopo un breve giro per Roscoff partiamo indossando subito i completi da pioggia, che Elena ha, a ragion veduta, soprannominato “sudorina” per il chiaro effetto che questi materiali impermeabili hanno sul corpo dopo pochi minuti che vengono indossati. Oggi il percorso si snoda lungo la frastagliata e selvaggia costa bretone. Le soste sono brevi ma innumerevoli e i punti panoramici altrettanto vari. Dopo lungo peregrinare raggiungiamo sotto una pioggia ormai insistente il promontorio di Saint-Mathieu all’estremità occidentale della Bretagna. A questo punto Paolo ed Elena proseguono verso Landevennec, meta finale della giornata e sede dell’hotel, mentre io e Marco decidiamo di visitare il promontorio. Infagottati nelle tute da pioggia e senza togliere il casco camminiamo fino in cima alla scogliera, su cui sorge un bellissimo faro ed una vecchia cattedrale abbandonata distrutta da un incendio. Arrivati in cima alla scogliera siamo investiti da acqua e vento così forti che è difficile stare in piedi. Sembra strano, ma è proprio in questo paesaggio da tempesta perfetta che per la prima volta ci siamo sentiti davvero immersi nella natura e nel paesaggio bretone. Onde altissime, vento furioso e acqua che arrivava sia dal mare che dal cielo, un vero spettacolo! Malgrado la tempesta abbiamo abbiamo fatto il giro attorno al faro ed alla cattedrale e siamo anche riusciti, cercando di proteggere al meglio la macchina fotografica, a fare qualche foto. Il paesaggio, l’atmosfera, i resti dell’imponente cattedrale, il faro, ricordavano molto l’ambientazione dei classici film dell’orrore e nemmeno a farlo apposta, avevano appena girato un film per davvero e c’erano addetti che stavano ancora smontando le scenografie. Terminato il giro e stanchi dell’acqua scrosciante decidiamo di risalire in moto e proseguire per Landevennec nella speranza che durante il tragitto il tempo migliori. Questa volta però le nostre preghiere vengono ignorate e facciamo tutto il viaggio per quasi due ore sotto la pioggia battente. Passiamo attraverso l’orrenda Brest, bruttissima città industriale da evitare assolutamente ed arrivati nei pressi di Landevennec il nostro navigatore satellitare ci dirotta prima uno sterrato fangoso e poi nel mezzo di una splendida foresta stile Sherwood, affermando con assoluta certezza che l’hotel fosse esattamente lì. Appurato che l’unica cosa oltre a noi ed agli alberi fosse una casetta in legno del corpo forestale, decidiamo di abbandonare il satellitare al suo delirio e di chiedere informazioni alla prima casa sulla strada. Finalmente riusciamo a raggiungere l’hotel Beausejour in cui Paolo ed Elena ci aspettavano già da un po’ e concludiamo la serata con una buona cena in albergo e ad asciugare i vestiti col phon! M – Dopo quanto avevamo visto precedentemente riponevo maggiori attese sulla costa nord occidentale della Bretagna. Il paesaggio è indubbiamente bello ma visto un po’ di fretta come abbiamo fatto noi ed in uno dei giorni metereologicamente peggiori della vacanza risulta un po’ avaro di scenari spettacolari. Fantastico il promontorio di Saint-Mathieu, un posto che mi immagino stupendo con qualunque clima. Eccezionale anche il paesaggio attorno a Landevennec con bellissime foreste, fiordi, laghetti, e quant’altro: è una zona che meriterebbe più tempo. Il navigatore questa volta ha sbagliato le indicazioni sulla destinazione finale ma solamente per un mio errore in quanto non avendo un indirizzo preciso da immettere ed avendo fretta di programmarlo perché tempestato dalla pioggia ho indicato un posto a caso in Landevennec per scoprire solo successivamente di aver indicato la foresta demaniale di Landevennec. Per il resto del viaggio si rivelato uno strumento molto utile in grado di portarti sotto l’albergo o in ogni altro posto senza il minimo errore. A dimostrazione di questo stà il fatto che abbiamo girato tutta la Francia senza possedere o visionare una carta stradale. 12/08/2004 LANDEVENNEC – QUIMPER (233,2 km) D – Nuovamente asciutti e riposati ripartiamo verso le 11:00 dopo la colazione. Il tempo è migliorato rispetto a ieri e il sole fa spesso capolino attraverso le nubi che corrono veloci. Spesso però vediamo chiaramente dei piccoli acquazzoni che ci sfiorano a poche decine di metri ed allora, come ad uno partita a scacchi, ci spostiamo di corsa verso zone più promettenti. Tutto questo è uno spettacolo inconsueto per noi lombardi. Percorriamo tutta la penisola del Crozon, facciamo breve sosta a Camaret sur Mer e, successivamente, visitiamo la collina di Menez-hom battuta da un vento tremendo e freddo, ma suggestiva e davvero panoramica visto che è una delle cime più alte della Bretagna. Proseguiamo per Locronan, tipica cittadina medioevale perfettamente conservata ma decisamente turistica e sovraffollata. Bella la cattedrale e carini i negozi di tessuti e stoffe ricamate nella piazza centrale. Cerchiamo qualcosa di più “bretone” e meno turistico e ci dirigiamo a Point du Raz (dove la tradizione vuole che tiri sempre un gran “ventaz”). Questo promontorio è meraviglioso, qui la scogliera frastagliata sembra scomparire nel mare e le onde si infrangono con forza sulla roccia e sui lontani fari lasciando dietro di sé schiuma e odore di mare. Invece del vento ci accoglie uno splendido tramonto e restiamo seduti sulla scogliera per parecchio tempo ad ammirare rapiti questo spettacolo naturale. La tappa di oggi termina a Quimper in un’altro hotel della catena Etap. Dopo un giro della città, ceniamo in un creperie all’aperto sferzati ora da un fresco venticello. Mangiamo galettes bretoni accompagnate dal sidro di mele (una delle bevande che più ci accompagna durante questi giorni in bretagna). M – La penisola del Crozon merita sicuramente almeno un giretto. Le case in ardesia di Locronan sarebbero molto caratteristiche se la cittadina non fosse così turistica: non rientra nei miei schemi e scappiamo presto. Le case in ardesia sono una costante nel paesaggio bretone e le ammiriamo più volentieri in contesti maggiormente genuini. Point du Raz è altrettanto turistico (basta vedere le dimensioni del parcheggio a pagamento) ma c’è posto per tutti e lo spettacolo che offre la natura surclassa ogni altra considerazione. Quimper è una bella cittadina ove alle case in ardesia tornano ad affiancarsi le case a graticcio ma le città più a nord ci avevano entusiasmato maggiormente. 13/08/2004 QUIMPER – VANNES (210,6 km) D – Partenza ore 9:00, nuova visita veloce della città di Quimper per un po’ di shopping nei negozi che la sera prima abbiamo trovato già chiusi, colazione per strada e via nuovamente in sella. Tempo buono abbastanza sereno. Prima tappa delle giornata è Concarneau, in cui ci accoglie subito un grande mercato pieno di bancarelle colorate che, naturalmente, noi donne abbiamo visitato accuratamente. Segue la visita alla cittadella di Concarneau, racchiusa all’interno di alte mura, cui si accede tramite un ponte levatoio. All’interno delle fortificazioni una serie di strette strade con una miriade pazzesca di negozi per turisti, che alla fine ci hanno portato via mezza giornata causando il malcontento di Marco che non vedeva l’ora di andarsene per visitare posti sicuramente più interessanti già pianificati nella lunga tabella di marcia della giornata. Riempiti i bauletti con i nostri acquisti (io e Marco abbiamo preso, tra l’altro, due bellissime Vareuse, le giacche tipiche dei marinai bretoni) e le pance con una pizza dal gusto improbabile, abbiamo ripreso il cammino verso Carnac e i siti archeologici dei menhir e dei megaliti. I menhir sono massi di varie misure (che nei megaliti possono raggiungere anche dimensioni notevoli (fino a 6 mt)) piantati verticalmente nel terreno lungo file ordinate di difficile comprensione e disseminati un po’ ovunque su un’area che si estende per alcuni chilometri. Tutto ciò appartiene all’era preistorica e si ipotizza che i massi servissero per segnare il tempo e studiare il cielo e la disposizione delle stelle. Paolo ed Elena dopo la visita al primo sito di menhir ci hanno abbandonato, mentre noi abbiamo continuato la lezione di storia addentrandoci alla scoperta di altri siti archeologici, visitando persino un tumulo (una tomba semi-interrata) e un grande megalite dall’altezza impressionante. Lasciati i siti archeologici partiamo a razzo per vedere la penisola del Quiberon, che a dire il vero meriterebbe molto più tempo perchè è veramente molto bella e selvaggia. Purtroppo arriviamo in fondo alla penisola che il sole sta tramontando e possiamo quindi goderci solo pochi minuti di questo romantico paesaggio bretone. Girata la moto torniamo indietro e ci dirigiamo a Vannes dove ci attende un’altro Etap, già raggiunto da Paolo ed Elena. La sera ceniamo in centro a Vannes (abbiamo mangiato le migliori cozze alla bretone mai assaggiate prima), facciamo un giro a piedi per la città e poi andiamo a riposarci. M – Concarneau è carina ma il tempo perso in tentennamenti nei vari negozi di souvenirs lo paghiamo poi a sera quando non riusciamo a visitare opportunamente la penisola del Quiberon. Questa penisola è una delle zone più balneari della Bretagna ed è molto particolare e suggestiva in quanto è stretta (il punto più stretto misura pochi metri) e lunga ed è caratterizzata da una parte da una costa rocciosa e selvaggia e dall’altra da una lunghissima e bellissima spiaggia. Carnac è impressionante soprattutto quando si pensa al fatto che uomini preistorici hanno camminato su quei prati ed in quelle foreste trasportando ed innalzando, per motivi a noi sconosciuti, dei grandi massi che per le leggi della fisica non avrebbero potuto sollevare. Vannes è un’altra bella cittadina ma continuo a pensare che le città del nord siano più caratteristiche. Le cozze alla Bretone (con panna fresca, pancetta e funghi) sono una delle cose più libidinose mai assaggiate: da non perdere. 14/08/2004 VANNES – NANTES (196,6 km) D – Non contenti della visita della sera precedente, io e Marco decidiamo di tornare a Vannes e di vederla di giorno. La città è molto carina, c’è una bella cattedrale gotica dalla porta rossa e un sacco di caratteristiche case a graticcio, di cui non ne ho mai abbastanza. Elena e Paolo optano invece per un riposo più lungo ed un’itinerario differente ed oggi le nostre strade si divideranno. Il bel tempo ha lasciato il posto ad una grigia giornata con qualche piccola spruzzatina di acqua. Dopo colazione partiamo per Malestroit, una piccola ma graziosa cittadina piena di edifici particolari dalle decorazioni stranissime. La chiesa al centro della piazza è ornata di sculture rappresentanti strani giullari, ubriachi e saltimbanchi. Sulle case attorno alla chiesa ci sono sculture in legno raffiguranti animali come lepri e maiali in buffe pose. La casa più bella però è sicuramente quella prima del ponte, vicino al vecchio mulino, il cui tetto spiovente in ardesia è sorretto da travi le cui terminazioni sono scolpite in volti umani dalle espressioni buffissime. Ogni trave, un viso. Lasciamo questo piccolo paese per dirigerci verso Rochefort enTerre, un grazioso paese pieno di fiori in ogni angolo: fiori alle finestre, fiori sui balconi, fiori alle grondaie, sui lampioni, fioriere per la strada e persino una cascata di fiori sopra le pompe del distributore di benzina! In Francia c’è una specie di concorso per eleggere il paese più fiorito dell’anno (ville florie) ed in base a questa partecipazione, ogni paese concorrente riceve una valutazione e guadagna un cartello da apporre all’ingresso del paese. Questi cartelli segnalano il livello di fioritura del paese in questione (un po’ come le stelle degli hotel, solo che qui i cartelli hanno due, tre, quattro, cinque o più fiori). Nel caso di Rochefort en Terre, il paese è stato escluso dalla competizione in quanto vinceva ogni anno il premio di città più fiorita! Fiori a parte, il paese è carino e c’è una bella cattedrale con la statua della Madonna nera. Dopo la sosta pranzo in una creperie di fronte alla cattedrale, torniamo alla moto e ripartiamo per Redon. Tappa breve in quanto la città non è un gran che: ci sono un po’ di canali, dighe e ponti, ma nulla a che vedere con Amsterdam o Venezia. Mi fermo in un negozio e, intanto che Marco fa un po’ di foto, ne approfitto per comprare un paio di jeans nuovi. Infatti quelli che indosso gridano ormai vendetta ed hanno bisogno di un sostituto. Purtroppo i miei pantaloni da moto si sono rivelati troppo pesanti per le temperature incontrate finora e sono stata costretta ad abbandonarli nella borsa. L’alternativa per viaggiare sono stati i jeans, di cui però avevo portato un solo paio…capirete perchè dopo quindici giorni di uso ininterrotto dovevo assolutamente comprarne un paio nuovo. Ripartenza per Nantes dove ci aspettano Paolo ed Elena che nel frattempo si sono dati allo shopping selvaggio in città prima di ripartire domani per tornare a casa. L’appuntamento con loro è davanti alla splendida cattedrale in marmo bianco la quale, illuminata dal sole, risplende come fosse fatta di ghiaccio. Anche all’interno la cattedrale è meravigliosa e ha vetrate enormi e coloratissime che creano giochi di luce spettacolari. Finalmente arrivano Paolo ed Elena carichi come somari di borse e sacchetti in buona parte pieni di abbigliamento ed accessori per Greta, la loro bimba di 4 anni che aspetta a casa ansiosa per il loro ritorno (e per i regali promessi). Io ed Elena, visto l’orario, cominciamo a consultare la guida per cercare un ristorante per cena e dopo aver trascinato per più di un’ora i due poveretti al nostro seguito avanti e indietro per tutto il centro della città, approdiamo finalmente in un ristorante in cui l’ingrediente base di ogni piatto è la patata. La cena è ottima, e dopo un giretto per smaltirla si va tutti a letto. M – I paesini visitati oggi sono carini ma solo Rochefort enTerre merita una vera menzione. Nantes è una grande città con tanto di castello, cattedrali, palazzi storici e non. E’ il nodo di congiunzione della Bretagna con la valle della Loira e con il resto della Francia e qua si perde completamente quell’aria provinciale ma romantica che si respirava nel resto della Bretagna e che gradualmente abbiamo visto scemare negli ultimi giorni. 15/08/2004 NANTES – TOURS (254 km) D – Oggi è ferragosto ma ce ne accorgiamo poco (se non per i negozi chiusi). Siamo un po’ tristi perché ci siamo lasciati alle spalle la Bretagna ed il mare e perché Paolo ed Elena ci lasciano (purtroppo la loro vacanza volge al termine) ma, contemporaneamente, siamo emozionati perché entriamo nella famosa valle della Loira. Salutare la Bretagna è un’enorme dispiacere, non solo perchè è una regione meravigliosa, che mi è davvero entrata nel cuore, ma anche perchè la nostra vacanza ha fatto il giro di boa e i giorni scorrono troppo veloci. Ci salutiamo davanti all’albergo e partiamo verso le 11:00 con Paolo ed Elena che stanno ancora caricando il loro BMW con tutti gli acquisti fatti. La prima tappa è ad Angers: parcheggiamo la moto e facciamo per allontanarci quando sbuca un GS giallo alla ricerca di un parcheggio: sono ancora Paolo ed Elena che hanno deciso di fare anche loro una sosta ad Angers. Contenti di essere ancora assieme per qualche ora visitiamo la bella cattedrale che si trova in cima ad una lunghissima scalinata e domina la città dall’alto. All’interno ci sono vetrate e rosoni policromi davvero meravigliosi. C’è anche un castello i cui bastioni circumnavighiamo a piedi ed un’antica casa a graticcio completamente ricoperta di sculture intagliate nel legno: sembra più a un libro di storia illustrata, piuttosto che un’abitazione. Lasciata Angers e salutati definitivamente Paolo ed Elena, facciamo rotta per Douet la Fontaine dove ammiriamo (sotto un sole cocente e un caldo tremendo) le abitazioni troglodite, stranissime case costruite all’interno della roccia, che nulla hanno a che vedere con le caverne, ma sono case vere e proprie con finestre, porte, e persino l’antenna parabolica per la televisione satellitare. Spesso queste abitazioni sono costruite al di sotto del livello del suolo, ma talvolta se ne vedono sui lati della strada scavate nel fianco delle colline. Il caldo ci sta tormentando e dopo un veloce passaggio per Samur, con vista dall’esterno del castello, facciamo sosta in un Mc Donalds per rifocillarci un po’. Rinfrescati e rimpinzati ripartiamo per Fontevraud Abbaye, dove si trova l’Abbaye Royale. E’ l’abbazia più grande di Francia, e, nonostante il tempo a nostra disposizione sia limitato, decidiamo di visitarla pur dovendo fare la visita un po’ di corsa. L’abbazia è molto bella, anche se è totalmente spoglia di arredi, poiché inoltre viene utilizzata per mostre e concerti molte sale sono occupate da sedie. Usciti dall’abbazia ci fermiamo in un negozio ove propongono la degustazione di vini e Marco assaggia i primi vini della valle della Loira. Purtroppo, con suo grande rammarico, visto lo spazio disponibile sul nostro mezzo di trasporto, non ha potuto portare a casa neanche una bottiglia di vino (ha comunque messo nel bauletto una bottiglia di Calvados il tipico liquore di mela normanno, una bottiglia di Benedectine, un liquore prodotto a Fecamp e una bottiglia di sidro). Al contrario io sono riuscita a portare qualche litro di Coca Cola alla vaniglia che purtroppo trovo solo in Francia! Riprendiamo la rotta verso Rochecorbon, vicino a Tours, dove pernotteremo per due notti consecutive in un B&B (una bellissima villa in collina, ospiti di una famiglia deliziosa). Scarichiamo i bagagli in camera e facciamo un primo giro a piedi del centro di Tours. La città sembra carina, c’è un centro medievale tipico con una piazza centrale rotonda circondata da case a graticcio e numerosi ristoranti con tavolini all’esterno. Ceniamo in un ristorante all’aperto che serve cozze preparate in un innumerevole numero di modi ma ormai la Bretagna è lontana e non rimaniamo particolarmente soddisfatti e poi ci dirigiamo verso il meritato riposo. M – Delle cose visitate oggi Tours è sicuramente la migliore anche perché è una cittadina abbastanza viva dove è piacevole trascorrere una serata (cosa non frequente da questa parti). Le altre tappe sono interessanti ma non lasciano un ricordo indelebile. 16/08/2004 TOURS – TOURS (151 km) D – Partiamo alle ore 10:45 dopo una eccellente ed abbondante colazione preparata dalla padrona di casa e ci dirigiamo verso il nostro primo castello della valle della Loira: Villandry. Il castello esternamente non è nulla di particolare (internamente non lo abbiamo visitato), ma quello che veramente colpisce ed incanta sono i curatissimi ed immensi giardini botanici che circondano il castello. Ci sono fiori di ogni tipo, piante ornamentali, piante officinali e persino verdure. La giornata è bella e si potrebbe camminare per ore in questi giardini dai vialetti di ghiaia bianca, passando sotto tralci di vite e volte fiorite. Purtroppo, come al solito, la nostra tabella di marcia è fitta di impegni e dobbiamo lasciare Villandry per passare al castello di Langeais. Qua decidiamo di visitarne gli interni, anche se, con un po’ di delusione, scopriamo che gran parte degli arredi non sono originali, ma, al contrario, sono pezzi di antiquariato “raccattati” qua e là. Il castello è uno dei pochi difensivi (gli altri sono più degli splendidi palazzi che castelli intesi come li intendiamo noi) ed è comunque interessante. In particolare è interessante la sua storia, visto che qui si sono sposati in gran segreto Carlo VIII e Anna di Bretagna introducendo la Bretagna nella sfera di controllo Francese. Questa vicenda è tra l’altro rappresentata mediante una messa in scena con personaggi (manichini) in costume dell’epoca e la narrazione della storia fuori campo. Dopo un’ottima baguette con formaggio di chevre (la mia passione) lasciamo Langeais e facciamo delle soste veloci attorno al castello di Ussè ed al castello di Chinon, i quali vediamo solo dall’esterno per ragioni di tempo. Ripartiti riusciamo ad arrivare appena in tempo per visitare, sia internamente che esternamente, il castello di Azay Le Rideau. L’edificio è molto caratteristico ed è circondato da bei giardini e da un lago nel quale si specchia. Il lago è stato creato dall’ideatore del castello che per ottenerlo ha fatto deviare il corso di un fiume. Gli interni sono decisamente più interessanti di quelli di Langeais e sembrano essere originali. Il castello meriterebbe una visita molto più accurata, ma purtroppo ci cacciano perchè devono chiudere e riusciamo a mala pena a vedere tutto di corsa. Stanchi, ma soddisfatti della giornata, ci dirigiamo a Tours dove facciamo un altro giro nella città vecchia, ceniamo all’aperto e poi torniamo nella bella casa in collina. M – Decisamente notevoli i giardini di Villandry, io non sono un grande appassionato di fiori e piante ma questa volta sono rimasto veramente affascinato. Interessante il castello di Langeais ma forse è sufficiente vederlo all’esterno. Molto bello il castello (anche se è più un palazzo) di Azay Le Rideau che avrei preferito vedere con più calma. A questo riguardo consiglio di stare molto attenti agli orari in Francia perché se ti dicono che chiudono una cosa ad una certa ora è molto facile che non facciano più entrare nessuno mezzora o anche un’ora prima perché per loro all’orario di chiusura (e qualche volta anche qualche minuto prima) nessuno deve essere più dentro. 17/08/2004 TOURS – BLOIS (82 km) D – Partiamo da Tours alle 11:00 dopo la solita ottima ed abbondante colazione preparata dalla gentilissima padrona di casa ed, ahimè, dobbiamo indossare subito i completi antipioggia: purtroppo oggi il tempo ci è ostile e piove. La prima tappa è la cittadina di Amboise, famosa per il castello che è stato al centro di diverse vicende storiche durante il rinascimento e per la Clos-Lucé, un maniero che ha ospitato gli ultimi anni di vita di Leonardo da Vinci. La pioggia è cessata ma il cielo è minaccioso. Per motivi di tempo decidiamo di non visitare il castello ma di ammirarlo solo dall’esterno per poi dirigerci alla casa di Leonardo. Giunti davanti alla Clos-Lucé scopriamo che l’ingresso costa 12 Euro, e che la traccia di Leonardo si limita alla ricostruzione di alcune sue macchine mentre gli arredi sono tutti ricostruiti e le opere del “maestro” non sono qui conservate. Considerato che a Milano abbiamo il “Museo della scienza e della tecnica Leonardo da Vinci” che è un’esempio nel mondo dell’opera di Leonardo decidiamo di spendere meglio il nostro tempo ed i nostri soldi e, fatte alcune foto del maniero, ripartiamo, per la meta successiva: il castello di Chenonceau. Questo è uno dei castelli più famosi e visitati della valle della Loira e ne ha tutte le ragioni. E’ un vero spettacolo sia dal punto di vista architettonico, che da quello storico e paesaggistico. Dal punto di vista storico questo castello è stato al centro di una lunga disputa tra la regina Caterina dei Medici, moglie di Enrico II, e Diana de Poitier, la favorita/amante dal re stesso. Enrico II dopo averlo acquistato per la corona con un contratto che gli vietava l’alienazione si fece convincere dalla favorita e glielo donò. Alla morte del re, Caterina de Medici si vendicò degli affronti subiti da Diana de Poitier e dopo una lunga battaglia legale riuscì a restituirlo alla corona e ne fece uno dei suoi castelli prediletti. Visitiamo gli splendidi interni con l’ausilio di un’audio-guida: in ogni stanza si intuisce l’intrigo e la rivalità tra Diana e Caterina. Tale rivalità è visibile anche all’esterno dove ci sono due magnifici giardini contrapposti ai lati dell’edificio: quello di Diana e quello di Caterina. Il castello è in una posizione meravigliosa, costruito a ponte direttamente sul fiume Cher. Dalle finestre del castello si vede scorrere il fiume e si ha l’impressione di essere su un’enorme barca ancorata alla riva. Una cosa molto carina è la gita in barca sullo Cher. C’è infatti la possibilità di noleggiare per mezzora o più delle piccole barche a remi e fare una romantica escursione trasportati dalla corrente. Molto romantica, ma tutt’altro che rilassante, soprattutto per chi rema, perchè la corrente è forte e prima o poi bisogna pure tornare indietro. Marco alla fine era sfinito, poverino! Purtroppo ricomincia a piovere e siamo costretti a rimettere i completi da pioggia e ripartire di corsa per Blois dove ci attende il nostro hotel Etap. Dopo essere arrivati ed esserci asciugati e cambiati, facciamo un giro a piedi della città e ceniamo in un piccolo ristorante di fronte all’hotel. L’unica attrattiva di Blois è uno storico castello sede di molti intrighi che dicono sia arredato in modo magnifico. Noi siamo arrivati troppo tardi per visitarlo e ci siamo pentiti un po’ di non esserci riusciti, ma non si può vedere tutto! M – Il castello di Chenonceau è sicuramente la destinazione regina della giornata: molto bello e coinvolgente. Peccato che la pensino come noi anche moltissimi altri turisti e quindi sia molto affollato. Degni di interesse sono sicuramente i castelli di Amboise e soprattutto di Blois: non aver visitato quest’ultimo è uno dei miei più grandi rimpianti della vacanza. Nonostante io sia un grandissimo estimatore di Leonardo da Vinci non provo nessun rimpianto per la Clos-Lucé: ritengo che in Italia vi siano molti posti più rappresentativi della sua opera. 18/08/2004 BLOIS – BOURGES (143 km) D – Anche oggi la giornata è grigia e piovosa, ma per fortuna visitando castelli si sta parecchio all’interno. Partiamo alle 10:00 e per fortuna riusciamo ad arrivare al castello di Chambord prima che cominci a piovere. Anche questo è un castello molto famoso e di sicuro non ci ha deluso. E’ molto grande e con una struttura architettonica particolarissima. L’edificio ha quattro ali ed un cortile antistante, ma in realtà tutto ruota attorno ad una scalinata a doppia elica che non si vede dall’esterno. Sembra che la scalinata sia opera di Leonardo da Vinci e, dopo averla vista, direi che è quasi una certezza perché è un capolavoro degno del suo genio. Anche qui gli arredi delle stanze sono belli e sfarzosi e la fedele ed immancabile audio-guida ci accompagna raccontandoci la storia del castello e delle sue sale, la vita dei suoi abitanti, le leggende ad esso legate e ricrea l’atmosfera del tempo con delicate musiche in tema. Purtroppo in questi castelli il numero di visitatori è impressionante e c’è una gran ressa. Qua però c’è meno gente che a Chenonceau e per fortuna riusciamo a girare più liberamente. Con nostra grande sorpresa e felicità il castello ospita anche l’esposizione provvisoria delle pagine originali del codice di Leicester di Leonardo da Vinci. Tale codice, di proprietà di Bill Gates che lo ha prestato al castello di Chambord, raccoglie gli appunti di Leonardo sui movimenti dell’acqua e delle canalizzazioni, sull’astronomia, la geografia fisica e la paleontologia. Visitiamo il codice con vivo interesse un po’ dispiaciuti del fatto che, per consentirne la visione a tutti, il tempo che ci viene concesso sia molto limitato. Terminata la visita del castello usciamo e ci accoglie la pioggia che ci fa desistere dall’indirizzarci ad altri castelli e ci ci accompagna insistentemente fino a Bourges. Raggiungiamo il nostro hotel (Les Cygnes) che è dotato di garage dove finalmente possiamo far asciugare la povera moto e, dopo esserci cambiati, ci muniamo di ombrelli e facciamo un giro a piedi della città. Come tante città precedentemente visitate, anche Bourges la sera è un po’ spenta e in giro per le strade incontriamo pochissima gente. Mangiamo couscous in un ristorante marocchino (di pesce e crepes non ne possiamo più) e proseguiamo il giro della cittadina. Sorpresa delle sorprese ci troviamo di fronte a una spettacolare cattedrale illuminata come fosse Notre-Dame a Parigi. Purtroppo è chiusa e non possiamo visitarne l’interno, ma rimango davvero incantata dall’imponenza di questa costruzione piena di archi e guglie che si innalzano luminose al cielo. Ha finalmente smesso di piovere e torniamo in hotel a riposarci: domani ci attende una giornata pesante. M – Chambord è una meta obbligata della valle della Loira. 19/08/2004 BOURGES – SAINTES MARIE DE LA MER (604 km) D – Oggi tappone di trasferimento dalla valle della Loira alla Camargue. Il tempo è incerto e molto variabile. Per fortuna prendiamo acqua solo a metà del viaggio (anche se abbondante) e quindi riusciamo ad arrivare a destinazione quasi asciutti. In Camargue per ora il tempo sembra migliore anche se scopriremo che nei giorni precedenti era stato molto inclemente anche da queste parti. Il nostro hotel è fronte mare in centro a Saintes Marie de la Mer ed è molto carino. C’è un gran vento e la temperatura non è altissima, ma per fortuna non ci sono zanzare nei paraggi (essendo questa una zona paludosa temevamo di diventare un succulento banchetto di questi fastidiosi insetti). Parcheggiamo la moto in garage, smontiamo i bagagli e facciamo il primo giretto in paese per cominciare ad assaporare le caratteristiche di questa nuova regione francese (anche se qua l’aria che si respira è molto spagnoleggiante). Il paese ci piace subito: è molto vivo, pieno di musica, colori, e profumo di lavanda. Per cena decidiamo di fermarci in un ristorante all’aperto al centro della piazza principale: molto turistico, ma ci offre a prezzi contenuti un primo gustoso assaggio della cucina regionale (bistecca di toro, telline alla provenzale…). La pancia piena e la stanchezza del viaggio ci riportano in camera abbastanza presto, dopo aver fatto un ultimo veloce giretto tra i negozi del centro che sono ancora tutti aperti (nel nord della Francia non abbiamo mai trovato località con i negozi aperti anche la sera). M – Il tappone di trasferimento si è rivelato estenuante perché un lungo tratto è stato fatto obbligatoriamente su strade statali trafficatissime e con lunghe code (l’autostrada è in costruzione). A questo si è aggiunta la pioggia ed un gran caldo afoso. Saintes Marie de la Mer è molto carina e viva: è un posto che consiglio soprattutto per la sera. 20/08/2004 SAINTES MARIE DE LA MER – SAINTES MARIE DE LA MER (0 km) D – Oggi prima giornata del viaggio di completo e totale relax. Niente moto, che lasciamo riposare tranquilla in garage e ci dedichiamo finalmente alla vita da spiaggia. La giornata comincia, con mia grande gioia, con un giro nel bellissimo mercato, che troviamo nella piazza principale del paese, pieno di bancarelle colorate, di profumi e di spezie. Facciamo subito un po’ di acquisti tipici (tovaglie provenzali, saponette alla lavanda, maglietta con i tori per Marco…), che sono solo la continuazione di tutto ciò che alla fine riempirà ogni buchetto dei bauletti della povera moto. Terminati gli acquisti ci trasferiamo in spiaggia e finalmente ci godiamo un po’ di relax, vita balneare e facciamo anche il primo bagno estivo. La giornata è soleggiata e fa caldo, ma c’è sempre il vento fresco che rende piacevole la permanenza in spiaggia. Non è il mare più bello che abbiamo visto ma dopo tanto girare è una vera goduria. La spiaggia è piena di gente ed anche in mare c’è affollamento, ma oggi nulla può turbare il nostro riposo. Prima di cena decidiamo di passare all’ufficio del turismo per prendere un po’ di depliant ed informazioni e ci facciamo convincere ad andare ad assistere alla rinomata corrida camarguaise in cui i tori non vengono uccisi e per questo è considerata non cruenta. Ci rechiamo all’arena, compriamo i biglietti e prima della corrida decidiamo di assaporare una bella paella (per restare in tema spagnoleggiante) in uno dei tanti ristoranti all’aperto. Alle 21 e 30 entriamo nell’arena e l’atmosfera è molto caratteristica. Ci sono luci e colori, la gente è eccitata ed in subbuglio e c’è anche una piccola orchestra che suona per intrattenere gli spettatori in attesa del protagonista della serata: il toro. Siamo emozionati perchè è la prima volta che vediamo una corrida, ma nello stesso tempo speriamo che sia davvero incruenta come dicono. In realtà quella di stasera è una corrida portoghese e per questo vengono usati anche i cavalli. L’atmosfera si scalda, la gente applaude, l’arena è colma di gente e finalmente entrano gli attori. I toreri sono due e sono a cavallo, poi ci sono altri personaggi a piedi che restano ai margini della pista. I vestiti sono bellissimi, tutti colorati e ricchi di ornamenti dorati. I volteggi che fanno fare ai cavalli a tempo di musica sono eccezionali. Ad un tratto la folla tace, il silenzio nell’arena si fa quasi irreale, poi entra il toro. L’emozione è fortissima e l’enorme bestia dal manto nero e lucente sbuffa e corre con irruenza per tutta la pista. A questo punto, con nostra grande amarezza e delusione, il povero toro viene infilzato numerose volte con le banderillas ed il sangue cola copioso dalle sue possenti spalle. Le bestie in effetti non vengono uccise, ma vengono comunque infilzate come spiedini. Noi con il termine “incruento” intendevamo qualcosa di differente! Alla fine di ogni esibizione la corrida portoghese prevede una scenetta divertente: un gruppo di ometti in costume tipico, a piedi ed a mani nude si mettono in fila indiana ed incitano il toro a caricare. Quando questo finalmente carica questi personaggi effettuano un placcaggio tipo rugby con i primo della fila che afferra il toro per le corna e tutti gli altri che fanno una gran mischia sopra all’animale il quale, ovviamente, cerca di liberarsi dagli assalitori. Alla fine saltano giù dal toro tutti contemporaneamente tranne uno il quale resta attaccato alla coda e si fa trascinare in tondo dall’animale che cerca di incornarlo. Solo a questo punto il toro, stravolto e sanguinante, viene fatto rientrare nelle stalle per essere, presumibilmente, curato. Questa sorte toccherà in totale a cinque tori. Usciamo dall’arena un po’ delusi per il trattamento subito dai tori e ci ripromettiamo, per l’indomani, di ricercare queste possenti bestie per vederle libere nel loro ambiente naturale. M – Ho sempre nutrito una grande simpatia per il genere bovino e poco apprezzamento per tutte le “discipline” che comportano la sofferenza gratuita di qualunque essere vivente: il torturare un animale per poi medicarlo credo che sia più crudele che ammazzarlo per nutrirsene. 21/08/2004 SAINTES MARIE DE LA MER – SAINTES MARIE DE LA MER (99,9 km) D – Altra giornata di sole ed altra mattinata di relax in spiaggia. Pranziamo sulla bellissima veranda di camera nostra e, quando il caldo si fa meno insistente, decidiamo di tornare in sella alla moto per percorrere un po’ di chilometri nello splendido entroterra della Camargue. Attorno a noi paludi piene di fenicotteri rosa ed immense distese di prati, recinti e cavalli. Tutto è pieno di vita e colori. Ci dirigiamo al paese di Aigues Mortes, parcheggiamo la moto fuori dalle mura della città ed entriamo a piedi. Il posto è carino, in stile medioevale con mura ben conservate e stradine acciottolate, una miriade di negozi di souvenirs e tantissimi, troppi turisti. Capitiamo ad Aigues Mortes proprio durante una festa medioevale e per le strade c’è la processione di personaggi in costume del tempo e suonatori. C’è anche un’area dedicata a bancarelle di prodotti tipici e cibarie varie ma troviamo assurdo che l’ingresso sia a pagamento (5€) oltre al fatto che, da quel poco che abbiamo visto, ci sembra che tutto sia stato organizzato alla benemeglio. Poiché in altre occasioni ci è capitato di assistere gratuitamente a manifestazioni del genere organizzate molto meglio (un consiglio su tutti: ai primi di giugno a Rottenburg ob der Tauber – Germania) e poichè qui ci sembra tutto carissimo, decisamente turistico e caotico decidiamo di lasciar perdere, completiamo il giro per il centro città e rientriamo a Saintes Maries per cena. Sulla via del ritorno ci fermiamo ad ammirare un grande pascolo pieno di tori neri che, pacifici, giravano liberi godendosi l’ultimo sole al tramonto. Marco, che ormai ha sviluppato un’immensa simpatia per queste bestie, decide di avvicinarsi pericolosamente al recinto e sparargli un reportage fotografico, mentre io, timorosa, mi tengo a distanza e riprendo la scena con la videocamera. Per fortuna i tori sono tranquillissimi e se ne stanno immobili ed incuriositi a guardare Marco avvicinarsi. Ceniamo all’aperto in un romantico ristorantino del centro, gustando le imperdibili telline alla provenzale. Poi facciamo due passi per negozi e rientriamo in albergo per goderci il meritato riposo. M – Aigues Mortes non mi è piaciuta moltissimo: troppo ad uso e consumo delle comitive di turisti. Molto meglio gustarsi la natura selvaggia di questa splendida Camargue. 22/08/2004 SAINTES MARIE DE LA MER – LE LAVANDOU (247 km) D – Anche questa sosta in Camargue purtroppo volge al termine e questa mattina ripartiamo per raggiungere l’ultima tappa della nostra vacanza: la Provenza. Lasciamo Saintes Maries alle 11 e lungo il tragitto facciamo tappa ad Arles, dove fiduciosa spero di trovare tracce del passaggio del mio amatissimo Vincent Van Gogh. La città è piacevole, c’è un bell’anfiteatro romano che ricorda il colosseo in piccolo e altri resti romani sparsi qua e là. Purtroppo di Vincent trovo solo un sacco di gadgets e magliette nei negozi di souvenirs e quindi, un po’ sconsolata, torno alla moto e saluto la Camargue. La seconda tappa del viaggio di trasferimento è un fantastico paesino arroccato in collina dal nome Les Baux en Provence. La vista che si gode da qui è molto caratteristica ed in questo posto si cominciano ad assaporare i sapori, i colori e i profumi provenzali. Fa abbastanza caldo, quindi decidiamo pranzare all’ombra del pergolato di un bar, prima di concludere il giro a piedi per le ripide strade del borgo. Anche qui ci sono mille negozi che vendono lavanda, saponette e profumi e si sente ovunque il trillare delle cicale (sia di quelle finte dei negozi, che di quelle vere nei prati). La discesa verso il mare è molto bella e le strade tra colline e ulivi sono davvero rilassanti. Arriviamo a Le Lavandou verso sera. Il nostro hotel (Hotel de la Plage) è direttamente sul mare, sulla spiaggia di Aiguebelle. In questa zona ci sono solo alberghi, alcuni ristoranti e due negozi di numero quindi, scaricata la moto e preso possesso della camera facciamo un breve giro a piedi per scegliere il ristorante ove cenare. Dopo aver mangiato a base di pesce su un tavolino all’aperto torniamo in camera per una bella dormita. M – La Provenza è una zona che già conoscevo: ci sono dei bei paesaggi ma, dopo aver visto la Camargue, mi sono convinto che sarebbe stato meglio restare a Saintes Marie de la Mer anziché trasferirci qua dove oltretutto è tutto molto più caro. 23/08/2004 LE LAVANDOU – LE LAVANDOU (22 km) D – Giornata di sole, spiaggia, mare e relax. La spiaggia è affollata, ma il nostro hotel ha una bella piazzola privata che si affaccia direttamente sulla spiaggia ed è dotata di lettini e ombrelloni per i clienti. Noi quindi non abbiamo problemi di spazio e ci godiamo la giornata di sole. Il mare è bello, l’acqua è limpida e trasparente ma i nostri bagni non sono molto lunghi perché è molto più fredda che in Camargue. A sera prendiamo la moto e ci dirigiamo verso il centro di Le Lavandou, che si rivela essere un paese turistico ed animato, pieno di negozi e locali in cui girare tranquillamente per l’acquisto degli ultimi souvenirs provenzali. Ormai ho terminato di riempire i bauletti di saponette alla lavanda e Marco è preoccupato che alla frontiera possano arrestarmi per contrabbando di sapone. Mangiamo crepes salate in un semplice e piccolo locale del centro, tornando con la mente alle squisite galettes di grano saraceno mangiate in Bretagna a cui le crepes provenzali non assomigliano nemmeno lontanamente. Essendo in viaggio da quasi venticinque giorni e mangiamo spesso le stesse cose (frutti di mare, crepes dolci e salate e baguettes) cominciamo ad averne abbastanza ed ormai la scelta della cena diventa difficile.. A me ed a Marco piace provare le specialità dei posti che visitiamo e difficilmente mangiamo italiano all’estero (anzi di solito evitiamo accuratamente di farlo) ma venticinque giorni sono tanti e siamo contenti di tornare tra poco alla nostra amata cucina italiana. M – Le Lavandou è animata ma meno di Saintes Marie de la Mer: confermo quanto detto ieri. 24/08/2004 LE LAVANDOU – LE LAVANDOU (98 km) D – Oggi abbiamo fatto un piccolo tour della costa di Provenza. Meta principale della giornata è la rinomata Saint Tropez. Qui tutto è sfavillante, il porto accoglie lussuosi yachts e gente snob dai vestiti marinari e all’ultima moda. Negozi, locali, vetrine e tantissimi turisti affollano le strade della città. Fa parecchio caldo e trovare un po’ di ombra e refrigerio è un’impresa ardua. Ad essere sincera preferisco i posti più tranquilli e più caratteristici, ma anche Saint Tropez ha il suo fascino. Decidiamo comunque di abbandonare gli ambienti alla moda e di assaporare ancora qualche bellezza paesaggistica costiera. Capitiamo quasi per caso su un promontorio su cui sorge un piccolo ma bellissimo faro. Per nulla stanchi di visitare fari, approfittiamo del fatto che il custode ci permette gentilmente di salire in cima e goderci il meraviglioso paesaggio. Dall’alto la costa provenzale è splendida e i colori caldi del tramonto ci fanno venire voglia di approfittare degli ultimi raggi per fare l’ultimo bagno. Dalla cima del faro vediamo in lontananza una bella spiaggia e decidiamo di raggiungerla. Marco non si fa pregare tanto e in pochi secondi è già a sguazzare in acqua, io invece, molto più freddolosa, mi rilasso sulla sabbia leggendo un buon libro. Da qui si possono ammirare in lontananza i grandi yachts al largo di Saint Tropez ed un bellissimo tramonto. Terminata la pausa relax, torniamo in hotel seguendo una stradina costiera tutta curve ed ulivi. Questa sera, per la prima volta, decidiamo di mangiare una pizza (che si rivela essere meno peggio del previsto, d’altronde l’Italia è ormai vicina). M – Quest’ultima sera ha voluto offrirci uno splendido ricordo della Provenza. La visita al faro (i fari come tutto quanto profuma di mare sono una mia passione) è stata emozionantissima; Il bagno al tramonto (uno dei momenti da me prediletti per tuffarmi) in un’acqua limpida, tiepida e deserta con il sole che risplendeva sulla superficie del mare è stato bellissimo, La strada del ritorno, panoramicissima e divertente da guidare, è stata un grande regalo che il sud della Francia mi ha voluto offrire. 25/08/2004 LE LAVANDOU – MILANO (462 km) D – Purtroppo il tanto odiato e temuto ultimo giorno è arrivato e ci prepariamo al caldo rientro a casa. Caricata la povera moto su cui resta ormai ben poco spazio, partiamo percorrendo la rinomata e molto italiana Costa Azzurra. Il paesaggio è bellissimo ed è tutto un susseguirsi di calette e scogli bagnati dal mare che prende, a seconda della luce e del fondale, tutte le possibili tonalità del blu, passando dal blu scuro all’azzurro chiarissimo. C’è molto traffico, ma saltare questo tratto di costa e spararsi in autostrada sarebbe davvero un peccato. Giungiamo al “Massif de l’Esterel”, la catena montuosa tra Saint Raphaël e Cannes, e qui i colori si accendono. Le rocce sono rosse come se le colline circostanti fossero infuocate e alcuni tratti ricordano i canyon americani. Naturalmente il rosso delle rocce esalta l’azzurro del mare, creando uno spettacolo naturale incantevole. Naturalmente, prima di proseguire, ci fermiamo a fare il reportage fotografico di rito. Seguiamo poi la costa fino a Cannes dove facciamo l’ultima sosta in un grande supermercato. Qui facciamo benzina (In Francia conviene sempre cercare di fare benzina ai supermercati perché costa meno) e decidiamo di comprare tutte le cose che siamo convinti di non trovare in Italia e a cui tanto ci siamo affezionati. Tra le varie ci sono la già citata Coca Cola alla vaniglia (che per me è una vera droga), il formaggio di chevre, il sidro, la mostarda ed altre piccole cose. Naturalmente, a parte la Coca Cola alla vaniglia (sob sob) tutto il resto l’ho poi trovato anche in Italia, ma si sa: le cose comprate sul posto sembrano sempre più buone. Comunque, con questi ultimi acquisti ogni bauletto, compresa la borsa del serbatoio è stato riempito fino all’ultimo e non ci entra più davvero niente (le ultime parole famose…). Quest’ultimo tratto di costa lo conosciamo e per questo decidiamo di prendere l’autostrada verso l’Italia. Prima di arrivare al confine però facciamo un’ultima sosta ad Eze, un bellissimo paese medioevale arroccato su una collina. In realtà ignoriamo il paese, che conosciamo bene, e ci dirigiamo subito verso una famosa fabbrica di profumi (Fragonard) dove compro mezzo litro del mio profumo preferito (alla vaniglia). Infilato pure quello nel bauletto, riprendiamo l’autostrada per Milano, questa volta definitivamente, ed arriveremo finalmente a destinazione senza tappe ulteriori (escludendo le soste per benzina e pipì). M – Il Massif de l’Esterel lo conoscevo bene ma ci tenevo a far vedere a Daria la zona che ritengo essere la più bella della Costa Azzurra. Per arrivarci è stato un tormento perché abbiamo trovato un sacco di traffico ed un caldo torrido: non è divertente guidare in queste condizioni una moto stracarica al punto che sembra ormai diventata una bestia da soma. Conclusioni D – Così termina, purtroppo, il nostro bellissimo viaggio in Francia e con esso anche questo lungo diario di viaggio. Spero che la lettura sia stata piacevole e che le informazioni fornite possano essere utili ad altri motociclisti che vorranno intraprendere lo stesso viaggio, così come è stato utile per noi leggere altri road-book prima della partenza. Personalmente trovo le guide turistiche utili ed indispensabili, però a volte un po’ impersonali, ed è per questo che prima di un viaggio preferisco sempre leggere anche qualche diario a completamento delle informazioni. Concludo ringraziando Marco che pazientemente mi ha scarrozzato per quasi 6000 Km e naturalmente anche la mitica VFR sempre affidabile e fedele. M – Abbiamo percorso 5676 km in 26 giorni, non sono tanti e non sono pochi. Mi sembra comunque doveroso fare alcune considerazioni: · Mitica la VFR che non ha mai accusato neanche un lieve giramento di testa anche se, obbiettivamente, le abbiamo chiesto veramente molto. A voler cercare il pelo nell’uovo gli unici piccoli nei che riesco a riscontrare in questa moto sono il fatto che tende a scaldare parecchio (e quando ci sono più di 30° si sente) e che non è proprio un peso piuma (anche se in questo viaggio i problemi di peso non sono da addebitare esclusivamente alla moto). · La scelta di pianificare tutto si è rivelata corretta ai fini della comodità ma limitativa ai fini della flessibilità nel viaggio. · Le destinazioni viste sono state tante, probabilmente troppe, e per questo troppo spesso ci siamo visti costretti a rinunciare alla visita di qualche cosa o ad effettuare visite troppo veloci e quindi superficiali. Questo ci ha inoltre creato problemi quando, per vari motivi, non siamo riusciti a rispettare la tabella di marcia. Il prossimo viaggio di questo genere cercherò di organizzarlo in modo da vivere di più le destinazioni (magari prevedendo di fermarmi più notti in alcuni posti e prevedendo più tempo per visitarne altri). · Viaggiare con amici è piacevole ma consiglio di essere flessibili e non intestardirsi a voler fare tutto assieme per forza: se gli interessi sono diversi ci si può anche separare e dare un appuntamento successivo. · Viaggiare con Daria è sempre e solo piacevole. · Capo Nord aspettami! A bien tôt