Sudafrica, l’altra Africa
Per attinenza anche “Sudafrica” richiama alla mente le stesse scene; ma la realtà è ovviamente spesso molto diversa e con il viaggio di quest’anno siamo proprio andati scoprire di persona quanto questo Paese sia molto più eterogeneo, vario ed articolato.
La tipologia di viaggio scelta – un tour organizzato – consente solo un contatto superficiale con la popolazione (e spesso con categorie di persone che se la passano meglio rispetto alla moltitudine, quali camerieri,facchini, guide, negozianti, ecc..) per cui tralascerò di esporre la complessa situazione sociale creatasi dopo la caduta dell’ “aparthied “ e mi dedicherò invece a quanto visitato ed alla descrizione dei paesaggi e degli ambienti che abbiamo attraversato.
Il viaggio prevedeva delle escursioni nella regione del nord-est del Mpumalanga ed in quella a sud attorno a Città del Capo con un’estensione finale in Zimbabwe alle Victoria Falls.
Dopo l’arrivo all’aeroporto di Johannesburg, il tour è iniziato con la visita di Pretoria, la capitale amministrativa situata solo a pochi chilometri di distanza e che in questo periodo dell’anno (inizio primavera) dà il meglio di sé con la fioritura delle migliaia di jacaranda, gli alberi dai fiori viola originari del Brasile che costeggiano i lunghi viali cittadini. Ci è sembrata un città ordinata, pulita e tutto sommato tranquilla.
La prima sorpresa l’abbiamo avuta proseguendo verso est ed attraversando la catena montuosa del Drakensberg. Qui i paesaggi sono quanto di più diverso uno si immagini l’Africa: verdi colline con prati tagliati, mandrie di bovini, boschi di eucalipti e pinete fanno pensare molto di più al nord Europa o alla Nuova Zelanda. Grandi tenute sono state trasformate in resort e alberghi di qualità, con campi da golf, laghi per la pesca sportiva e riserve di migliaia di acri, pronti ad ospitare chi cerca svago e tranquillità lontano dalle grandi città. Nei giorni successivi, visitando la zona, abbiamo scoperto dei luoghi stupendi con scenari magnifici come il Blyde River canyon, la God’s window, le Lisbon falls e le formazioni rocciose della Bourke’s Luck Potholes, dall’aspetto fatato e dai colori fantasmagorici.
Spostandosi più a est il paesaggio è cambiato ancora, avvicinandosi molto a quella che è l’idea comune di Africa. Il territorio appare più arido e secco: ci si sta infatti avvicinando al “bush”, il tipico ambiente di praterie, arbusti e boscaglie che è stato il teatro dei safari fotografici previsti dal nostro tour. Abbiamo soggiornato nella riserva privata Kapama, una delle tante che attorniano il famoso Parco Kruger e la scelta del T.O. ci è sembrata veramente valida: l’attenzione riservata ai clienti e l’approccio agli animali del parco durante i safari, discreto e poco invadente, ci hanno fatto dimenticare precedenti esperienze negative avute in altri Paesi… Nel corso dei quattro safari – due serali e due mattutini- abbiamo potuto ammirare gran parte della fauna che popola i parchi ( leoni, antilopi, rinoceronti, ippopotami, iene, giraffe, bufali ed un’infinità di uccelli) . In questi ambienti non si vedono le grandi mandrie di erbivori tipiche di altre zone africane, ma forse il fatto di dover prestare maggior attenzione nella ricerca degli animali tra la rada boscaglia, ne fa apprezzare in modo particolare la scoperta e la vista , quasi ad essere dei novelli esploratori. Anche se, in fin dei conti, non si deve poi far tanta fatica nello scorgere gli animali; a noi è bastato trascorrere un paio d’ore comodamente seduti nella terrazza della nostra camera per assistere a quello che ci è sembrato un documentario di National Geographic o di BBC Nature: un branco di elefanti intento a mangiare foglie e rami nel boschetto vicino al lodge, una timida antilope passare sotto il balcone mentre sulle fronde degli alberi di fronte si alternavano ogni sorta di uccelli e piccoli animali.
Terminate a malincuore le escursioni nel Mpumalanga siamo ritornati a Johannesburg per prendere il volo che ci ha portato circa 1300 km più a sud, a Città del Capo.
Premetto che non sono un appassionato di architettura, ma la città non è che mi abbia colpito in modo particolare; forse anche per le condizioni meteo che abbiamo trovato, piuttosto variabili con acquazzoni, sole, nuvole e sprazzi di sereno. Non ci sono stili architettonici prevalenti e gli edifici, con poche eccezioni, sono abbastanza anonimi . Piacevoli il forte di Buona Speranza ed il coloratissimo quartiere malese mentre il famoso Waterfront spicca per la vivacità dei locali e la presenza di negozi, centri commerciali e frotte turisti. Della famosa Table Mountain , che svetta sulla città con i suoi 1060 metri, non posso dir molto in quanto durante il nostro soggiorno è stata praticamente sempre avvolta dalle nuvole ed anche la salita in cima con la cabinovia si è risolta con una passeggiata nel nulla totale…
Sicuramente più interessanti ed appaganti sono state le escursioni nei dintorni della città, soprattutto quella che, costeggiando il lato occidentale della Penisola del Capo consente la vista di baie e bianche spiagge e porta al Parco Naturale del Capo di Buona Speranza. Qui, attorniati dal “fynbos “, la tipica vegetazione del luogo simile alla macchia mediterranea ( ma popolata da struzzi e babbuini), si giunge al famoso Capo, per la foto di rito davanti alla tabella che ne indica le coordinate geografiche. Lo stesso Capo può esser poi visto da un’altra magnifica angolazione salendo a Cape Point, un promontorio poco più a sud-est raggiungibile anche in funicolare dove svetta un piccolo faro e dove si può ammirare l’incontro tra i due oceani : quello Atlantico e quello Indiano.
Risalendo la Penisola dal lato opposto, lungo la costa est, continua invece la scoperta di insenature e spiagge tra cui quella di Boulders dove vive una colonia di piccoli pinguini divenuta ormai un’attrazione internazionale.
Tagliando infine verso la Table Mountain e Città del Capo, si arriva al Giardino Botanico di Kirstenbosch con una ricca selezione di piante ed alberi endemici ed alla zona di Costantia: anche qui non sembra assolutamente di essere in Africa , ma in qualche tranquilla zona vinicola europea con le colline ricoperte di lunghi ed ordinati vigneti.
Lasciato il Sudafrica siamo poi volati in Zimbabwe dove, al confine con lo Zambia, il fiume Zambesi si è scavato nel corso dei millenni un percorso tortuoso fino a creare uno degli spettacoli naturali più belli che si possano vedere: le cascate Victoria.
Il nostro viaggio prevedeva una prima escursione serale in barca sullo Zambesi : un modo molto rilassante per ammirare la ricca fauna che popola le rive del fiume ( ippopotami, babbuini, antilopi ed uccelli) ed il magnifico tramonto che infuoca il cielo serale.
L’indomani abbiamo effettuato l’escursione alle cascate che si possono comodamente ammirare lungo un percorso che si snoda di fronte ai vari salti, provvisto di numerosi punti panoramici per godersi questo spettacolo. Il fronte delle cascate si estende per oltre un chilometro mentre l’acqua precipita con un salto di un centinaio di metri. Nel periodo primaverile australe le piogge non hanno purtroppo ancora ingrossato il fiume e non c’è l’imponente massa d’acqua che si può ammirare in maggio: la metà delle cascate, quelle dal lato zambiano, sono invece praticamente prive di acqua a causa della costruzione di alcune dighe ma devo dire che comunque anche quel lato ha un suo fascino, con le rocce ed i massi visibili in fondo al salto.
Abbiamo inoltre impegnato il tempo libero rimastoci nella giornata per effettuare due escursioni fuori programma.
Un breve volo in elicottero ci ha permesso una visuale insolita delle cascate e dello Zambesi, così come avrebbe voluto farlo il loro scopritore, l’inglese Livingstone, che scrisse che un tale spettacolo dovrebbe poter esser ammirato dall’alto come solo possono fare gli angeli…
Infine abbiamo optato per un’escursione particolare che ci ha consentito un contatto diretto con l’animale simbolo dell’ Africa : il leone. Superate le perplessità iniziali sull’opportunità di incentivare questo genere di “spettacoli” e sul trattamento che pensavamo riservato agli animali ( sedati ? maltrattati e privati degli artigli ? ) abbiamo acquistato l’escursione “Lion Encounter” che prevede di passeggiare in compagnia di tali felini . Ciò che ci ha convinto è stato il fatto che tali incontri vengono proposti in collaborazione con organizzazioni africane per la tutela, la salvaguardia e la reintroduzione dei leoni nei loro habitat.
Dopo la visione di un filmato esplicativo della drammatica situazione che vivono i felini in Africa ed un briefing per spiegare come comportarsi in loro presenza, si trascorre un po’ di tempo passeggiando nel bush con un paio di giovani leoni che possono essere anche accarezzati , con le opportune cautele. Gli animali fanno parte di un progetto che prevede, dopo questa prima fase di contatto con gli umani, la loro reintroduzione prima in un ambiente protetto affinchè imparino a cacciare ed a cibarsi da soli ed infine la loro liberazione nel loro habitat naturale.
E’ stato un modo simpatico ed in fondo positivo per congedarsi da questo continente che ti affascina per i suoi mille paesaggi e per i suoi contrasti e che ti fa voglia di ritornarci quanto prima per rivivere delle emozioni intense.