Sudafrica per caso

CapeTown, Kgalagadi, Agulhas, DeHoop: un miracolo a cielo aperto, tanti bei posti, spazi infiniti, contraddizioni e nodi da sciogliere. Un paese orientato verso l'ecologia e la grande bellezza.
Scritto da: laurasergio
sudafrica per caso
Partenza il: 31/03/2019
Ritorno il: 13/04/2019
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Ben 14 giorni in Sudafrica : è la seconda volta che partiamo per il paese arcobaleno e dopo Zululand, Swaziland, Kruger e la regione del Nord-Est e poi giù a Soweto, ora decidiamo di visitare il bel western cape e il Nord al confine con il Botswana/Namibia. Ethiopian Airlines ci ha fornito ad un buon prezzo il volo A.R., e arriviamo a Cape Town domenica 31 marzo alle 14. In programma ci sono due giorni e mezzo a Cape Town; per oggi ci accontentiamo di girare il Waterfront, siamo indecisi tra la preoccupazione sulla sicurezza e la curiosità. Il Waterfront ci pare molto carino al tramonto, Sembra un bel parco dei divertimenti, con tanto di ruota panoramica, molta musica, locali e localini, tanti giovani e turisti, i riflessi del tramonto sull’acqua del porto, la presenza massiccia e onnipresente della Table Mountain. Un buon inizio, siamo solo un po’ frastornatati dalla nottata sull’aereo, assaporiamo già delle belle sensazioni e ci tiriamo un 11 ore di dormita per recuperare.

La penisola – 1 aprile – Per questi due giorni a Città del Capo non abbiamo noleggiato nessun’auto, ma ci facciamo portare in giro da Craig. Il suo nome ci è stato segnalato dal nostro amico olandese e compagno di viaggio in Dancalia, Danny, . E così alle 8 siamo sulla sua auto e partiamo per la penisola del capo. Un giro ad anello in senso orario molto bello. La penisola è affascinante e in mattinata anche freddina, ventosa e nuvolosa. Dapprima vediamo la mega e lunga spiaggia con le cabine da spiaggia in stile vittoriano e in legno multicolor, siamo a Muizenberg. La spiaggia a quest’ora è frequentata solo da pochi surfisti e da padroni con cani. Poi ci fermiamo a Boulders Beach, per un incontro ravvicinato con una numerosa colonia di pinguini africani, carini, piccoli e senza paura, che hanno occupato una spiaggia circa trent’anni fa, solo a poche centinaia di metri dal centro abitato. Ci sentiamo degli Attenborough e sarebbe bello poter stare di più ad osservare la loro goffa camminata, l’elegante agilità tra le onde, la difesa a turno dei cuccioli, i loro comportamenti sociali, l’accoppiamento in questa bella spiaggia nascosta da grandi massi di granito. Qui purtroppo inizia anche a piovigginare. Ma noi continuiamo a percorrere la lunga passerella di legno immersa nel bosco e recintata a protezione degli animali. Regnano una grande pace e armonia. Craig ci ha accompagnato al capo Good Hope, ci ha lasciato e ripreso a Cape Point dopo quasi tre ore, dopo una bella e lunga passeggiata con sosta in una stupenda spiaggia deserta. I due fari, questi sì molto pieni di turisti, arrivano in auto o con la funicolare. L’ambiente è selvaggio, ventoso, con vista sui due oceani che si incontrano e gli stormi di cormorani che volteggiano liberi. Torniamo percorrendo la stupenda strada di Hout Bay, la Chapman’s Peak Drive una spettacolare strada litoranea a picco sul mare con la catena dei 12 apostoli sopra le nostre teste. Infine, Craig ci porta alla base del sentiero alla base del Lion’s head , un picco meraviglioso che si affaccia su CapeTown, con qualche passaggio non proprio facile, tra scalette, catene e stretti passaggi a picco. Dall’alto godiamo e assorbiamo l’energia del sole al tramonto che si butta nel mare infuocandolo. Ma giunge anche l’ansia di tornare quando ancora c’è un po’ di luce, per quei tratti e passaggi poco sicuri da superare.. incontriamo solo giovani scattanti e noi ci sentiamo un po’ fuori luogo, ma felici. Uno, simpaticone, ci ha detto persino che ce l’ avremmo fatta entro domani. Serata e buona cena nello stesso locale di ieri sera, comodo e conveniente, con wifi e cameriere gentile che già conosce i nostri gusti. Gran bella giornata e luoghi imperdibili.

Table Mountain e Robben Island – 2 aprile – Oggi è la giornata del Table Mountain e naturalmente ci guardiamo bene dal salire con la funivia. La salita a piedi è prevista in due ore e noi stiamo nei tempi, ma è davvero in piedi, faticosa e notiamo con soddisfazione che non tutti i giovani riescono a superarci. La vista dall’alto sulla città abbracciata dai monti è stupenda e gratificante. Davvero da non perdere. Per fortuna oggi nel cielo non si vede una nuvola . A mezzogiorno scendiamo con la funivia rotante e facciamo una rapida visita nel bel quartiere variopinto Bo-Kaap Ex township, è ora uno dei quartieri più fotografati della città. Ci facciamo poi accompagnare da Craig all’ imbarcadero per la visita a Robben Island. Qui arrivano le sensazioni che ti puoi aspettare e ti pare un miracolo che la transizione dopo l’apartheid sia stata in pace e senza violenza. Un miracolo che sembra scaturire anche da quelle piccolissime celle di reclusione. Ritorniamo al Waterfront , ceniamo e torniamo al nostro alloggio. Domani si parte, ma devo dire che questi sono stati due giorni eccezionali, anche se ci rendiamo conto che per visitare meglio Cape Town ci vorrebbero almeno altri due giorni.

Il Kgalagadi – 3 aprile – Ore 7.10 aereo locale per Upington, a Nord del Sudafrica. Qui prendiamo la Suzuki 4×4, noleggiata prima di lasciare l’Italia, facciamo un po’ di spesa al centro commerciale e poi partiamo pieni di entusiasmo per il Kgalagadi Transfrontier Park, al confine con Botswana e Namibia. Percorriamo 200 chilometri nel pieno deserto del Kahalari. Il parco nazionale vero e proprio inizia solo quando arriviamo a Twee Rivieren. Prendiamo possesso del nostro lodge e dopo un breve riposino ci fiondiamo a fare un giro nel parco. Il cielo è temporalesco, vediamo una bella tartaruga, un cobra, gruppi di springbok e un ghepardo che con tranquillità percorre in parallelo la nostra strada. Alcuni alberi sono letteralmente coperti da immensi nidi. Il paesaggio è decisamente straordinario grazie anche alle nuvole nere, ai fulmini lontani e all’improvvisa pioggia violenta. Torniamo al campo con la grandine, che dura solo tre minuti. Ripartiamo più tardi con una guida per un giro organizzato al tramonto e con il buio: il ranger ci fa apprezzare i gufi e i rapaci nascosti in mezzo agli alberi, un enorme millepiedi, i gatti selvatici, il jackal e altri numerosissimi piccoli animali della savana, compreso un serpente velenosissimo con la pancia piena. Torniamo al lodge che è buio pesto, la stellata è meravigliosa, impariamo a riconoscere la croce del sud e l’orizzonte è pieno di fulmini. Ceniamo con tonno e fagioli in scatola, scaldati al micro-onde e prima di andare a dormire contempliamo la volta celeste con un “pigolio di stelle”. Gran bella giornata.

Il Kgalagadi – 4 aprile – Questa giornata ce la ricorderemo come la giornata delle giraffe. Dopo una nottata di stelle e fulmini, partiamo il più presto possibile, per avere più possibilità di avvistare animali. Dobbiamo percorrere 120 chilometri nel parco, per raggiungere il nostro logde. La prima parte è completamente deserta: poche piante e pochissimi animali, molte piante a terra, secche, gli immancabili immensi nidi. Maciniamo i chilometri lentamente, avvistiamo simpatici suricati, tranquille tartarughe e laboriosi scoiattoli, una coppia di gnu con cucciolo, struzzi isolati, qualche springbok lontano dal gruppo, un bellissimo orice con le corna lunghissime. La strada scorre ai lati di un fiume in secca, con pozze di acqua di tanto in tanto. A metà strada la bella sorpresa: una decina di giraffe spuntano alla nostra sinistra, attraversano la strada per andare nella piana del fiume in secca. Si muovono lentamente, ci guardano dall’alto e ci ignorano. Come noi altre due auto ferme. Siamo immobili, il respiro si fa lento e trattenuto per timore di spaventarle. Assistiamo ad una meravigliosa e dolcissima fase di corteggiamento. I lunghi colli ballano simultaneamente, si intrecciano, i musi si avvicinano, paiono baciarsi . La danza continua per decine di minuti: pare di essere dentro ad un documentario. Alla fine si allontanano lentamente, placidamente, in gruppo e noi ci dirigiamo molto contenti verso il campo tendato all’interno del parco. Si tratta del tended camp di vicino a MataMata, dove gli animali possono passare tranquillamente. Raggiungiamo poi il complesso di MataMata, al confine con la Namibia per fare rifornimenti e alle 16 torniamo nel parco a presidiare una pozza, con la speranza di vedere qualche leone assetato – ci hanno riferito infatti che ieri in quella pozza ne sono arrivati ben quattro!!! Purtroppo però niente leoni. Lentamente invece si avvicinano altre giraffe. Molto circospette e prudenti. In quel momento una decina di auto si ferma a rimirare lo spettacolo. Il culmine arriva intorno alle 18,00. Sappiamo che si deve rientrare nel Camp entro le 18.30, al tramonto. Ma noi vogliamo rimanere il più a lungo possibile, anche quando le altre auto si allontanano. Rimaniamo solo noi accanto alla pozza di acqua, circondati da 11 giraffe a pochi metri da noi. Alle 18.15 ripartiamo per arrivare al camp all’ ultimo secondo! Il tempo di chiuderci nel nostro recinto/tenda e un ghepardo passa lentamente a 40 metri dalla nostra tenda. Lo rimiriamo alla luce del tramonto infuocato. Non resta che cenare con lo scatolame che abbiamo. Dopo la sorpresa dell’infinito cielo stellato andiamo a nanna, mentre raffiche di vento paiono muovere tutta la struttura e mentre i passi di un jakal che si aggira ci danno qualche brivido…

Il Kgalagadi – 5 aprile – Nottata non semplice: il buio cala velocemente e alle 19:30 siamo a letto. Il vento muove tutto, a notte fonda sentiamo i passi forse di un jackal fuori dalla nostra tenda che gratta alla porta. Al mattino fa anche freddino. Ripartiamo per tornare indietro, verso l’uscita del parco. Siamo molto soddisfatti per la giornata di ieri, pazienza per i leoni! Tornando a ritroso, si vede ancora qualche giraffa, gnu, springbox, ma sopratutto, quasi alla fine, un altro meraviglioso ghepardo che attraversa la strada a pochi metri da noi, poi si sdraia sotto un albero e infine si allontana saltellando fra i cespugli e sparisce dietro la duna. Una visione. Gran bello spettacolo. Torniamo a Twee Rivieren, dove rigonfiamo le gomme dell’auto e facciamo il checkout. Ci dirigiamo di nuovo verso sud, ma siamo nel deserto del Kalahari ed è opportuno trovare velocemente un alloggio prima che faccia buio. Troviamo una stanza carina in una azienda agricola , il tempio dei suricati con due baldi giovani che li nutrono e ci mostrano un tenerissimo cobra giallo col collare nero, ancora molto giovane e già velenosissimo. Ci spiegano bene di stare attenti a scorpioni e serpenti, loro sono appassionati e sembrano esperti. Ci fidiamo! Con le luci lunghe del tramonto facciamo un lungo giro nella loro immensa proprietà, un deserto verde di piante basse e dune di sabbia rosse, ci sentiamo sperduti nel nulla. Liberi al pascolo vediamo numerosi spingbox, impala e centinaia di suricati e scoiattoli. Qualche traccia di serpente nella sabbia. Torniamo: in casa non c’è nessuno, è tutto aperto, mangiamo quel poco che ci è rimasto nella sacca (scatolame), una camomilla da casa e purtroppo qualche zanzara. L’acqua , come nei giorni precedenti è scivolosa e salata, molto strana. Siamo lontano da tutto e noi molto vicini.

Ausberge falls – 6 aprile – Stamattina partenza per Upington, con la nostra Suzuki Jimny 4×4 e poi per le Ausberge Falls national park. Sono 300 km di strada, i primi 160 km in mezzo ad un vero nulla, su una strada che attraversa il deserto del Kalahari e poi scorre a fianco dell’Orange river, accanto a distese di vigneti e strisce di verde coltivato alternati a sabbia e terra pietrosa del deserto. L’Orange river, malgrado passi in mezzo al deserto, è ancora abbastanza pieno, ma non certo come può essere durante la stagione invernale. Lasciamo le nostre cose nel bellissimo lodge dove abbiamo preso una comodissima stanza accogliente e ben arredata e ci dirigiamo subito al parco. Le cascate sono belle, ricordano le Gullfoss islandesi, naturalmente in un altro contesto. Decidiamo di fare un trail di 7 km la cui durata prevista è di circa 3 ore. Ci sembrano troppe ore, ma in realtà il sentiero si rivela abbastanza faticoso, sia a causa del caldo, sia per la scarsità di segnaletica ed infine a causa del terreno roccioso pieno di pietre e massi da superare. Non siamo troppo soddisfatti anche perché eravamo in un paesaggio che non meritava la fatica, lontani dal fiume, e in una conca caldissima (forse saremo arrivati a 40 gradi). Torniamo all’inizio del sentiero un po’ stremati; benché stanchissimi, ci godiamo un ultimo sguardo alla cascata dai bei terrazzi sospesi, in legno e poi di nuovo al lodge. Siamo cotti, assetati e affamati e per fortuna stasera la cena è di qualità davvero notevole, la prima fino ad ora in questa vacanza. Ci voleva proprio, altrimenti rischiavamo di estinguerci …

Volo per CapeTown – 7 aprile – Oggi giornata tranquilla. Ci svegliamo in questo splendido posto e ce la prendiamo super comoda: non abbiamo programmato nulla, solo stasera abbiamo il volo di ritorno a Cape Town così ci mettiamo in auto tardi. Sulla via di ritorno per raggiungere Upington, proviamo a trovare qualcosa di interessante, ma la domenica è sacra anche per i sudafricani, che si fanno vedere numerosi e sorridenti solo nel centro commerciale. Sulle strade e in giro non c’è proprio nessuno, solo sconfinati vigneti per decide e decine di km attorno all’Orange River e deserti e montagne in lontananza. Ad Upington ci rilassiamo comodamente sdraiati sul prato in una sorta di campeggio/ area attrezzata che organizza solo la sera giri in battello sull’Orange. Anche il titolare si trova lì, con altre persone a cucinare carne sulla brace, un must da queste parti. Abbiamo conosciuto anche una coppia di tedeschi in giro con il loro camper dal 2005….!! Incredibile e stupefacente. Infine il volo: l’aereoplano da 40 posti decollato tra fulmini e grandine ci ha riportati in un attimo a Cape Town. Noleggiamo un’altra auto e andiamo a dormire in un ostello di giovani, Zebra Crossing cavandocela egregiamente anche senza navigatore.

Cape Agulhas – 8 aprile – Colazione in una buona bakery e partenza: méta di oggi è Cape Agulahs. Passiamo per la costa. La Table Mountain stamattina è limpida e meravigliosa, peccato salutarla. Fatti 50 km, comincia la strada tra montagne e mare, il cielo che si è completamente coperto. I luoghi sono decisamente turistici, ma siamo fuori stagione e non c’è quasi nessuno. Le spiagge si aprono tra strapiombi rocciosi. Arriviamo in fondo alla False bay, si dovrebbe vedere dall’altra parte del golfo il Capo di Buona Speranza, ma le nuvole coprono tutto. A farci compagnia, a Betty’s Bay, ci sono i piccoli e simpatici pinguini africani. Passiamo a Hermanus dove in altra stagione arrivano balene e turisti, ed infine, tagliando per strade interne, dove pare di essere nelle colline toscane bruciate di fine agosto, arriviamo a capo Agulhas, il punto più a Sud dell’Africa, dove ci installiamo in un bellissimo cottage di legno a forma di nido d’ape, del SanPark prenotato dall’Italia, completamente isolato ma super organizzato. Il posto è magnifico. Siamo completamente circondati dal nulla e più tardi solo dalle stelle della notte dopo che lo spicchio di luna scompare all’orizzonte.

Agulhas – De Hoop – 9 aprile – Sveglia prestissimo e giro a piedi di 3 km. in mezzo ai fynbos, la tipica macchia verde sudafricana. Praticamente un giro ad anello attorno al nostro cottage. Il bello è solo già dopo pochi passi non si vedevano più i cottage: solo verde, cespugli, sabbia, cielo plumbeo e umidità a mille. Molto carino. Chiudiamo tutto e ripartiamo, toccando il capo Agulhas, dove non lontano da un vecchio relitto, hanno appena inaugurato una splendida mappa fisica dell’Africa, posta sul terreno: un monumento a questo meraviglioso Continente africano, nel punto più meridionale, punto di incontro fra i due oceani Indiano e Atlantico. Sono solo le 11 di mattina e abbiamo già goduto di questi bei posti. Gustiamo una deliziosa colazione in un bel locale e di nuovo in auto ci dirigiamo verso De Hoop natural reserve, senza prenotazioni o programmi. Arriviamo dopo molti chilometri, in gran parte su strada sterrata, mentre il cielo si rischiara. La riserva è splendida. Rimaniamo senza fiato non appena ci appaiono le dune bianche in lontananza. Mentre senza programmi ci dirigiamo verso uno dei lodge – non avevamo prenotato nulla – avvistiamo un bel po’ di animali, babbuini e bentabok. Troviamo alla reception di questo complesso bianco e ai confini del mondo, una grande professionalità e cordialità. Decidiamo di rimanere non una, ma due notti! Poi la nostra baita (rondavell) è davvero tanto carina e accogliente, con doccia sotto gli alberi e vista sul lago sottostante e con il sottofondo dei canti degli uccellini. Desideriamo approfittare subito della bellezza del posto e facciamo un bel giro lungo 13 km che corre lungo il fianco di un bellissimo lago pieno di volatili e persino di scimmie che verso il tramonto tranquillamente passeggiano sulla spiaggia! Rientriamo stanchi morti ma contenti. Doccia all’aperto, cena squisita e infine tragitto dal ristorante al cottage completamente al buio, solo con la torcia, con rumore di zoccoli e altri rumori strani molto vicini inquietanti, ma siamo riusciti ad arrivare…. Che posto incantevole!!

De Hoop – 10 aprile – Oggi sveglia presto e gita verso le bianche dune, che si trovano qui vicino. Nell’arrivarci, incontriamo zebre e numerosi bontebok una specie di antilope che, leggiamo, stava per scomparire: hanno lunghe corna a forma di lira e un caratteristico muso e sedere bianchi (per noi è l’antilope con lo slip). Le dune sono in cre di bi li, davvero belle, davanti a un mare da favola con 5 o 6 onde lunghissime, in fila una dietro l’altra. Sulla sabbia delle dune si può fare il surf, non c’è nessuno. Basta allontanarsi un po’ per immedesimarsi veramente in un granello di sabbia, tra mare e cielo. Sono enormi, immense, maestose, bianche: non si può fare altro che rimirarle e abbracciarsi. Rimaniamo lì un po’, girando tra spiagge, scogli, conchiglie fino a quando, un po’ a malincuore è l’ora di tornare al lodge. Recuperiamo subito la gioia, nel tardo pomeriggio, con un bel giro in barca sul lago per vedere da vicino fenicotteri, aironi, cormorani e numerosi altri uccelli che qui vivono benissimo. La sera ceniamo ancora al ristorante e ritorniamo al nostro bungalow a piedi, con la luce della torcia, senza pericolo di perderci al buio come ieri. Che bella giornata e che bel posto!

Gaasbai – 11 aprile – Oggi comincia il ritorno verso Cape Town. Lasciamo la affascinante elegante ed incontaminata De Hoop nature reserve, senza programmi specifici, per dirigerci verso Gaasbai, passando da Elin, un grazioso paese di origini tedesche con le case dai tetti di paglia stile 1700 e una antica tradizione di fiori secchi: non resistiamo e acquistiamo un bellissimo mazzo colorato, sperando che passi al check-in. Ieri due turisti svizzeri ci avevano incuriosito su Gaasbai, dove partono le gite in mare aperto per vedere gli squali bianchi. A me puzzava di troppo turistico e falso, ma non ho detto nulla perché Laura era incuriosita. Comunque arrivati al porto, si è capito subito che si trattava di un circo all’aperto. Grandi motoscafi che portano tutte le mattine turisti al largo a vedere gli squali, attirati dal sangue e dal cibo, sempre allo stesso posto e tutti santi i giorni. I turisti contenti di provare il brivido delle gabbie in acqua fra gli squali eccitati: un circo nel mare. Speriamo solo che questo business non si diffonda troppo, altrimenti rischiamo di alterare anche la vita del mare, già abbastanza alterata. Certo, è meglio questo che gli squali uccisi dato che, dicono, con gli incassi finanziano il ripopolamento delle colonie di pinguini e la salvaguardia dello squalo bianco. Però non sono riuscito ugualmente a prendere parte allo spettacolo, che a Laura invece è piaciuto molto, pur rimanendo solo come osservatrice dall’alto della barca. Nel frattempo io mi sono diretto a Danger Point, a vedere la costa dove durante la guerra si sono inabissate due navi e a constatare che a fianco di ogni paese turistico si trova, un po’ nascosto, il paese delle baracche, quasi intatto dal tempo dell’apartheid, fatto di recinti invisibili e lamiere squadrate. Come non pensare al miracolo di Mandela, sempre presente, che ha permesso al Sudafrica di uscire da un periodo tremendo senza violenza: come ha fatto proprio non riesco a capacitarmi? e mi sembra, questo si, un fatto storico senza precedenti. Con il sole al tramonto ci dirigiamo a Stellenboch, nostra ultima tappa. Non facile guidare al buio, con guida a destra come in Inghilterra e con tanta gente a piedi sulla strada.

12 aprile – Oggi è la data del ritorno a casa, ma prima ci godiamo Stellenboch, grazioso paese universitario, pieno di cantine nel circondario, di giovani di arte e artigianato di bronzo. Alle 12 raggiungiamo l’aeroporto per il ritorno. Volo lungo pieno ma comodo, con scalo ad Addis Abeba. Ciao Sudafrica.

13 aprile – Torniamo a casa la mattina alle 9, stanchi e soddisfatti. Il Sudafrica è un paese che merita. Merita la visita e soprattutto ci sembra un miracolo a cielo aperto: tanti bei posti, spazi infiniti, contraddizioni e nodi da sciogliere, ma evidentemente hanno tutti la pazienza e la volontà di farlo, orientati verso l’ecologia e la bellezza. Un crinale difficile e magnifico che sembra il crinale di una esistenza e di una vita da assaporare, un milkshake alla vaniglia-cioccolato-fruttidibosco (gustati più volte, veramente) con la cannucce non di plastica ma di nostrani bucatini, tradotti metaforicamente in questo milkshake multietnico che io e Laura ci siamo gustati pienamente e goduti ad occhi e cuore spalancati.



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