Spettacolo Faroe

Quando lo spettacolo della natura ti riempie gli occhi e ti rimette in pace con il ritmo della vita, facendoti dimenticare, realmente, lo stress
Scritto da: marcodonna
spettacolo faroe
Partenza il: 25/07/2017
Ritorno il: 30/07/2017
Viaggiatori: 1
Spesa: 3000 €
Ascolta i podcast
 
Isole Faroe oppure Far Oer oppure Farøer e, perché no, Føroya? Forse, è la prima volta che visito un posto per il quale non sono affatto sicuro su come sia il modo corretto di scriverlo. Ma poco importa, quando lo spettacolo della natura ti riempie gli occhi e ti rimette in pace con il ritmo della vita, facendoti dimenticare, realmente, lo stress per alcuni giorni.

Sono stato nelle isole la settimana dell’Ólavsøka, i festeggiamenti nazionali in onore di Re Olav che si tengono il 28 e il 29 luglio. Se pensate di viaggiare e comprare qualche regalino, tenete conto che quella settimana i faroesi (ma si chiameranno così?) fanno festa e i pochi negozi nei piccoli paesi delle isole sono quasi totalmente chiusi.

Grazie a un volo Atlantic Airways da Copenaghen, sono atterrato nel piccolo aeroporto di Vágar da dove ho raggiunto, a piedi, l’omonimo hotel che dista solo 8 minuti dalla struttura (se vi sbagliate, come ho fatto io, e prendete la strada delle automobili; in realtà, se uscite dall’aeroporto e girate a sinistra, immediatamente, superate un parcheggio e trovate un sentiero che vi porta all’hotel in meno di cinque minuti).

Avevo letto alcuni vecchi articoli secondo cui all’aeroporto si trovava l’ufficio degli autobus in cui chiedere informazioni, la mappa con gli orari e comprare l’abbonamento settimanale. Non è vero (o quantomeno non lo è più nel 2017): all’ufficio informazioni sanno poco e i più informati sono gli autisti degli autobus. L’unico ufficio dei bus si trova a Tórshavn ed è chiuso nei giorni festivi (come, d’altra parte, quasi tutti gli uffici informazioni). Quindi, vi consiglio di caricarvi sul telefonino un pdf con tutti gli orari come ho fatto io.

Abbigliamento per il viaggio? Giacca vento tecnica, pantaloni impermeabili, fascia para orecchie per il vento e scarpe da trekking.

In Hotel mi chiedono se voglio prenotare un tavolo per la cena e sono titubante, riservandomi di confermarlo più tardi. La gentile receptionist sorride, perché sa cosa mi aspetta.

Dall’hotel, prendo il sentiero di cui vi parlavo prima e mi dirigo a piedi verso la cittadina di Sørvágur che si raggiunge in meno di mezz’ora e si apre ai vostri occhi con uno spettacolare panorama di verdi colline che cadono su colorate casette di pescatori in una baia blu e marrone (il pomeriggio la bassa marea fa affiorare i fanghi del fondo dell’oceano). È il mio primo approccio alle Faroe ed è il modello dei paesi che andrò a incontrare nei giorni successivi. Si cammina volentieri tra le strette vie, fino al porto da dove, il giorno successivo, ho prenotato un traghetto. La zona è anche famosa per gli attacchi ambientalisti in quanto, in occasione della pesca delle balene, la si vede nelle foto con il pescato, gettato sull’asfalto, che diventa rosso per il sangue delle bestie sventrate.

Avevo visto sulla mappa un ristorante e un bar in paese. Tutti chiusi. Le uniche attività aperte sono un piccolo supermercato e il benzinaio che fa anche da bar. Mi capacito che la sera sarò costretto a dar retta alla receptionist e cenerò (male) nel ristorante dell’hotel, molto frequentato anche da gente del posto.

Dopo cena, rifaccio la passeggiata e si apre uno spettacolo di luci sulla baia dovuto ai raggi solari che trafiggono le nuvole. Sono appena arrivato, ho visto un solo paesino e ho già fatto una montagna di foto.

Il mattino successivo parto in traghetto per Mykines. La tratta è spettacolare e gira attorno agli scogli di Gáshólmur e Tindhólmur la cui forma particolare è uno dei simboli delle isole Faroe. Gáshólmur è formato da due rocce: una specie di fungo e un arco con una enorme fessura al centro. Sembrano un troll che esce dall’acqua per rientrare in casa. Tindhólmur, invece, è una vela alta e storta, come se fosse piegata dal vento. Inutile dire che nidificano migliaia di uccelli (le Faroe sono il paradiso del birdwatching).

Approdati sull’isola di Mykines, fate un giro nel piccolo villaggio con le caratteristiche casette dai tetti ricoperti d’erba. Nel bar potete acquistare il biglietto per pagare le fee di ingresso nel parco naturale. Infatti, dal paese parte un sentiero molto impegnativo che vi porta fino a un’isoletta attaccata a quella principale e collegata con un ponte che è un parco naturale nazionale. Il percorso è molto impegnativo. Io sono stato fortunato nell’incontrare una bella giornata di sole, anche se le nuvole minacciano sempre di cambiare il tempo improvvisamente. Pur essendo ben tracciata, la strada vi porta in alcuni tratti che tagliano perpendicolarmente ripide scogliere che si gettano nell’oceano. È abbastanza pericoloso e, se il sentiero fosse bagnato, è richiesta la massima attenzione. In ogni caso, fin dai primi metri sarete circondati di simpatici pulcinelle di mare (puffins), gabbiani, beccacce e, ovviamente, pecore a non finire. Il panorama sulle scogliere che si scagliano nell’oceano sarà spettacolare fin dalla prima salita quindi non vi preoccupate se, a un certo punto, vorrete desistere in quanto, comunque, avrete già visto qualcosa di sensazionale.

Dopo due ore abbondanti di camminata, pranzo con un’ottima zuppa di pesce al bar del villaggio e passeggio nei dintorni, in attesa del traghetto delle 17:00. Rientrato a Sørvágur corro veloce in hotel (venti minuti, record!) per recuperare i bagagli e salire sul bus delle 18:25 che, dall’aeroporto, mi permette di spostarmi a Tórshavn. Quei cinquanta minuti di tragitto, sedetevi in uno dei posti in prima fila e godetevi i verdi panorami delle colline faroesi che si susseguono uno dopo l’altro.

Arrivato nella fermata degli autobus della capitale, in cinque minuti si raggiunge il centro storico dove avevo prenotato una stanza in un hotel. Su consiglio di alcuni amici, la sera ho cenato al Café Natur, un locale in una casa con i tetti d’erba, in mezzo a due strade con delle gentilissime cameriere.

La sera precedente avevo prenotato il traghetto per la visita delle scogliere del Vestmanna, un altro simbolo delle isole. Il mattino prendo l’autobus per la cittadina dell’isola di Streymoy. Il percorso è molto breve e, in meno di mezz’ora, sono arrivato. L’autista mi invita più volte a scendere all’ufficio del turismo che si trova nel porto della cittadina ma io insisto per arrivare fino all’ultima fermata, in centro, in quanto ho più di due ore di anticipo. Capisco l’insistenza dell’autista: la cittadina è carina, adagiata su una splendida baia, ma non c’è assolutamente nulla da fare! Nessun bar, nessuno per strada, perfino la chiesa è chiusa. Ma io passeggio felice in quell’oasi di pace e raggiungo, a piedi, il porticciolo con l’ufficio informazioni, l’unica struttura aperta nel villaggio con un bar e il museo delle Saghe che visito e che ricrea, con statue di cera, i momenti più importanti della storia faroese e del brutale processo di cristianizzazione. Pranzo anche nel bar ristorante annesso al centro con l’ennesima zuppa di pesce. Quindi, finalmente, salgo sul traghetto che mi porta a una delle gite più belle del viaggio. Le scogliere di Vestmanna cadono a picco sull’oceano e ricordano, vagamente, le Dolomiti. La piccola barca si addentra fin dentro le scogliere, entrando in grotte naturali che sono casa per milioni di uccelli. Vi forniscono di caschetto per eventuali pietre che potrebbero cadere all’interno delle grotte (e, magari, qualche ricordino di qualche uccello troppo emozionato). Il tutto è realmente meraviglioso. Ho ancora fortuna in una giornata di buon sole con solo qualche lieve scroscio di pioggia e i colori nelle grotte sono indescrivibili. Il colore dell’acqua mi ha ricordato la Grotta Azzurra a Capri e si mischia al verde dei prati e al grigio striato delle pareti rocciose.

Ritornato al porto di Vestmanna arriva, immediatamente, l’autobus per il ritorno nella capitale (la fermata non è segnata ma si trova sulla strada principale, in corrispondenza del cartello che indica l’ufficio informazioni).

La sera a Tórshavn ci sono le prove per la Ólavsøka che inizia il giorno successivo ed è già occasione per cantare, ballare e bere (tanto). Ho colto l’occasione per visitare il TUTL, uno storico negozio di musica faroese.

La mattina successiva è dedicata a Tórshavn. Passeggio nella fortezza, nel delizioso centro storico, pieno di casette ben tenute, e poi salgo fino al meraviglioso parco di Vidarlundin. Vi consiglio assolutamente una passeggiata all’interno del parco, avvolti nel bosco silenzioso, accompagnati da statue e laghetti. Al termine del parco si trova il Listasavn Føroya, il museo nazionale di arte moderna, che raccoglie le opere dei maggiori artisti delle isole e, in particolare, Hans Pauli Olsen (le cui famose statue si trovano sparse in tutto il territorio delle Faroe), Sámal Joensen-Mikines (il Munch di Mikines), Ruth Smith, Steffan Danielssen (il mio preferito, che ha ritratto magistralmente i colori dell’isola di Nólsoy) e Thomas Arge.

Dopo tutta questa cultura, non mi resta che proseguire e santificare il dio pallone con il mitico Tórsvøllur, lo stadio di calcio che è tranquillamente aperto e si può visitare all’interno senza alcun controllo. Ok, non sarà il Bernabeu ma ha il suo perché.

Dopo pranzo, mi reco alla fermata degli autobus. È piena di gente in costume che sta arrivando in città per i festeggiamenti della sera ma io sono uno dei pochi che si allontanano. Salgo sul bus 400 che mi porta a Klaksvík, ultima tappa del mio tour. Il gentilissimo autista mi avvisa di tenermi pronto per una visione spettacolare nell’ultimo tunnel che collega la città di Leirvík con l’isola di Eysturoy. All’interno del Norđoyatunnilin, infatti, ci sono i giochi di luce, opera d’arte di Tróndur Patursson.

La gentilissima affittacamere mi viene a prendere alla fermata dell’autobus e mi porta in quello che sarà il mio appartamento per due notti. Mi informa che in città quella sera (il venerdì della festa di Re Olav) ci sono un solo ristorante e un solo supermercato aperti. E il giorno successivo (sabato) sarà tutto chiuso. La sera mi incammino per la città più importante delle isole settentrionali, con le sue casette colorate affacciate su una baia e il porto. Una sensazione di déjà-vu di cui non mi stancherei mai. Confermo che è tutto chiuso, compreso l’ufficio informazioni e la grossa chiesa!

Il mattino successivo prendo il traghetto per l’isola di Kalsoy. Tutta la pioggia che mi ha risparmiato nei giorni precedenti, si riversa su di me nell’ultima giornata. Un vero e proprio diluvio, esasperato dal fatto che è un sabato particolare (con orari dei mezzi pubblici da domenica). Attracco nel villaggio di Syđfadalur che sarebbe anche molto bello se, almeno, avesse una specie di bar o se, in contemporanea con l’arrivo del traghetto, partisse un autobus per raggiungere la parte settentrionale dell’isola. Invece, il primo bus parte 4 (quattro!) ore dopo e l’unico riparo è un bagno pubblico (pulitissimo).

Passeggio su una strada piena di pecore, fino a Húsar, dove sono costretto a fermarmi per cercare di asciugarmi dentro la bellissima chiesa del 1920 (che conosco a memoria).

L’autobus per Mikladalur, con la famosa statua della donna del mare a opera del solito Hans Pauli Olsen parte alle 14:00 in mezzo a una nebbia fittissima e sotto a un diluvio universale. La sera rientro volentieri nella mia casetta di Klaksvík dove mi preparo una cenetta con i prodotti comprati al supermercato il giorno prima.

Il giorno successivo un taxi mi porta in poco più di un’ora all’aeroporto per il rientro a casa, via Copenaghen.

Guarda la gallery
faroe-e1bfv

Il panorama di Mykines

faroe-2z3su

Compagni di viaggio

faroe-8hhf3

Sørvág by night

faroe-9c86c

Klaksvík

faroe-s2uvk

Di qui non si passa (Kalsoy)

faroe-vb2q6

Vestmannabjørgini

faroe-jfuq6

Listasavn Føroya, museo d'arte di Tórshavn



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche

    Video Itinerari