Peloponneso itinerante
Sabato 17.06.2017: Sveglia alle ore 8:30, colazione presso il bar convenzionato vicino all’albergo (bello, con cascatella naturale e laghetto all’aperto) situato appena sotto l’ingresso del Kastro, lungo l’inizio della scalinata per raggiungere la fortezza Palamidi. La mattinata è dedicata alla piccola spiaggia di Polemarkha, sconosciuta alla maggior parte dei turisti. L’abbiamo “trovata” scandagliando su Google Maps le coste dell’Argolide rivolte verso il Golfo Saronico: qualche settimana prima, mentre preparavamo l’itinerario di viaggio ci ha incuriosito la presenza di un piccolo isolotto a pochi metri da riva. Lo spostamento è di circa 30 minuti in auto da Nafplio, con un ultimo tratto sterrato (ma fattibile) che conduce al monastero di Polemarkha (da cui il nome della spiaggia). Parcheggiamo l’auto all’ombra delle tamerici e ci spostiamo verso la piccola baia a sud, dove (come accadrà spesso durante il viaggio) non c’è nessuno. La spiaggia di ghiaia è bellissima, l’acqua verde e trasparente, contornata da pini marittimi. Dopo aver fatto snorkeling con una maschera ormai deteriorata che butteremo di lì a poco, ci spostiamo verso la piccola isola raggiungibile camminando nell’acqua per pochi metri. Intravediamo tra gli alberi una tenda con qualche persona del posto e alcuni escursionisti che scendono dai sentieri tra il verde appena dietro la spiaggia, ma nulla di più, l’ambiente è quasi deserto. Ci posizioniamo sull’isolotto e notiamo che le rocce sono formate da conchiglie fossili, mentre il fondale tutto attorno è pieno di ricci. Riusciamo comunque ad entrare e nel lato sud troviamo anche uno scoglio da cui tuffarsi: bellissimo! Risaliamo il pendio nella parte nord per scattare qualche foto della baia dall’alto: acqua verde, trasparente e fondale a chiazze scure che a tratti ricorda le calette di Minorca. Dopo quasi quattro ore decidiamo di trovare un posto dove pranzare (la spiaggia è sprovvista di qualsiasi bar o punto di ristoro). Ripercorriamo a ritroso la sterrata, ci fermiamo nella spiaggia appena a nord ma solo per scattare una foto; la fame si fa sentire e decidiamo di tronare sulla strada principale. Diamo un passaggio a un signore che in compagnia della moglie e del figlio tentava invano la discesa a piedi verso il mare. Lo lasciamo proprio all’imbocco della strada asfaltata e ci dirigiamo nella vicina Arkaia Epidauro per pranzo. La cittadina di porto è piccola ma carina, pranziamo sul molo con feta grigliata, insalata greca, zucchine cotte con suvlaki e per finire l’immancabile caffè greco (24,50€). Facciamo un giro alla ricerca della crema solare che scarseggia e ne approfittiamo per recuperare una maschera da snorkeling nuova (12€). Oltrepassiamo la chiesetta costeggiando il mare, passiamo una prima spiaggia, ma ci dirigiamo verso una piccola baia a nord che ci sembra ancora più bella. Qualche albero qua e là, un praticello verde che si prolunga quasi fino a toccare il mare, rendono questa spiaggia particolare e affascinante. Facciamo un sonnellino mentre il sole scompare e il cielo comincia a coprirsi. Al risveglio decidiamo di andare a visitare il sito archeologico di Epidauro che raggiungiamo dopo uno spostamento di soli 20 minuti. Il sito rimane aperto fino alle 20:00 e l’ingresso costa 12€. Nonostante sia molto rinomato non sembra essere curato a dovere: lo si nota fin dall’ingresso dove i tornelli automatici sono completamente danneggiati e non funzionanti. Visitarlo è comunque d’obbligo se non altro per uno degli anfiteatri meglio conservati dell’antichità, la cui acustica è impressionante: consiglio a tutti di posizionarsi al centro e testare di persona questo fenomeno fantastico. Salite poi fino in cima e godetevi il colpo d’occhio della cavea e di tutta la vallata circostante: emozionante. Guida alla mano visitiamo anche la parte sud del sito passando per l’Abaton, il santuario di Asclepio e lo stadio: dopo circa un’ora ci avviamo verso Nafplio (25min di spostamento), dove una volta arrivati ci fermiamo nel primo super market a recuperare la crema solare e un fardello di 25 bottiglie di acqua da 0,5l da tenere in auto, utile per tutta la vacanza (16€). La giornata non è ancora finita quindi decidiamo di visitare la fortezza di Palamidi, ma giunti sul posto scopriamo che l’ingresso è a pagamento (8€) e le visite chiudono proprio al nostro arrivo, alle 20:00. Ritornati in auto, parcheggiamo alle porte del kastro e percorriamo la strada asfaltata che lo taglia per il lungo (dove per altro possono transitare le auto); la parte nord delle mura si affaccia direttamente sulla città e sul porto, mentre nel versante sud lo strapiombo dà direttamente sul mare: in entrambi i casi la vista è stupenda ed il mare, nonostante la vicinanza alla città, è azzurro e limpido con una piccola spiaggia di sabbia e parecchie rocce. Arriviamo fino all’estremo ovest del kastro dove una foresta di cactus sbarra la strada ricoprendo completamente la discesa a mare. Nel ritorno non possiamo che notare la presenza infelice di due relais costruiti proprio all’interno delle mura: un resort risulta meno visibile e quindi anche meno d’impatto, mentre quello del versante est è sinceramente un abominio cubico per altro abbandonato e in totale degrado che deturpa la vista del castello. Trovare parcheggio il sabato è obiettivamente un problema quindi lasciamo l’auto nella parte alta e torniamo in città a piedi. Per cena troviamo un posticino tipico lungo una delle tante viuzze del centro (Karima Kastro): mangiamo due orate, una dolmades e una feta grigliata, acqua, una bottiglia di vino rosso e un caffè greco (54€ in totale: ottimo). Per il dopo cena scopriamo una parte di città davvero affascinante, appena dopo il molo in direzione ovest si susseguono localini sul mare lontani dalla movida locale, appartati e illuminati quasi esclusivamente dal chiaro di luna. Ci fermiamo da Omilos dove beviamo un regal: bellissimo. Dopo un breve giro per la città andiamo diretti a letto alle 2:00 di notte stanchissimi.
Domenica 18.06.2017: sveglia ore 10:30 sotto un cielo grigio, in effetti il tempo è incerto, pioviggina e c’è nuvolo, decidiamo quindi di dedicare la giornata ai siti archeologici. Ore 11:00 partenza per Micene dove arriviamo dopo circa 30 minuti. Lungo il tragitto cerchiamo un bar per la colazione e dopo vari tentativi riusciamo a trovare chi ci serve un caffè greco con (in assenza di dolci) un toast: abbinamento azzardato. Affamati ci dirigiamo allora nel vicino super market decisi a fare scorta di croissant giganti confezionati (i famosi ”Molto”). Complici la pulizia del posto e lo stato dei gestori del supermercato, compriamo qualcosa che però buttiamo appena dopo senza nemmeno assaggiarlo. Affamati arriviamo quindi alla biglietteria per visitare il Tesoro di Atreo (o Tomba di Agamennone) una maestosa tomba a tholos situata appena prima della Rocca di Micene: costo del biglietto 12€ comprensivo di entrambi gli ingressi (Tesoro di Atreo e Acropoli di Micene). Impressionante il corridoio d’ingresso forse più della tomba stessa. L’aspetto purtroppo che colpisce è pero lo stato poco dignitoso in cui vengono tenute queste opere millenarie: l’interno è maleodorante e qui come anche a Micene certe tombe sembrano quasi abbandonate e se stesse, pochissima manutenzione delle stesse e dell’area circostante. Nel frattempo si alza un forte vento misto a pioggia fine, quindi via di corsa verso la fortezza. Riprendiamo l’auto che lasciamo poche centinaia di metri più avanti nell’ampio parcheggio e veniamo accolti da una ragazza che stacca a mano i biglietti perché tutti gli accessi ai tornello sono fuori uso! Prima di varcare la soglia dell’acropoli facciamo un tour delle tombe a tholos dislocate attorno alle imponenti mura (Tomba dei Leoni, Tomba di Clitemnestra e Tomba di Egisto). Finalmente varchiamo l’imponente e famosissima Porta dei Leoni e guida alla mano visitiamo il sito fino all’acropoli ed oltre, addentrandoci nella cisterna sotterranea e scattando qualche foto dalla porta dell’ingresso nord. Dopo circa un’ora di vento gelido che ci strapazza e destra e a sinistra decidiamo di ritirarci: tempismo perfetto, dopo pochi minuti inizia infatti un acquazzone tremendo. Rientrati a Nafplio pranziamo in uno dei ristoranti sul porto con una feta fritta con miele, crocchette di zucchine con feta ed un fritto misto di pesce esagerato (peccato che ci aspettassimo una grigliata di pesce: ricordarsi che “variety of fish” qui significa frittura di pesce!), beviamo una coca e una tonica per un totale di 37,50€. Dopo pranzo, anche se ormai sono le 15:30, decidiamo di visitare la fortezza di Palamidi: questo sito sembra meglio mantenuto degli altri visitati finora, è veramente immenso e richiede almeno tre ore per visitare tutti i 7 bastioni di cui è composto. La struttura merita sicuramente di essere visitata sia perché architettonicamente molto articolata sia perché la posizione garantisce dei panorami emozionanti. La giornata è ancora lunga e decidiamo quindi di sfruttare fino all’ultimo raggio di sole che finalmente comincia a farsi strada fra le nuvole: la prossima meta sono le doline di Didima. Attraversiamo distese rocciose e vallate con bellissimi panorami su campi di ulivi circostanti. Dopo circa un’ora di tragitto ci affacciamo sulla pianeggiante valle di Didima e di lì a poco notiamo la più ampia delle due doline sul pendio della montagna: le doline sono crateri circolari di origine carsica simile ai cenote messicani. Seguendo le indicazioni giungiamo alla prima delle due doline, la più piccola ma anche la più caratteristica perché ospita al suo interno una graziosa chiesetta tutt’ora ben tenuta dalla gente del posto. È possibile accedere all’interno della dolina tramite un tunnel a scalinata nel terreno che sbuca a pochi metri dalla base inferiore della dolina stessa. Una volta scesi all’interno il panorama è bellissimo con cascate di piante di capperi che scendono dalle pareti. È possibile fare il giro completo costeggiando le pareti verticali della dolina. Una volta risaliti in superficie a circa 300 metri si intravede la dolina dal diametro più ampio che appare come un immenso buco nella montagna. Purtroppo mentre ci avviciniamo in macchina veniamo assediati da pecore e capre; il proprietario ci viene in contro suggerendoci di lasciare la macchina in un campo e proseguire a piedi poi si defila lasciandoci in balia di sei cani minacciosi. Dopo vari tentativi di raggiungere la dolina, scattiamo qualche foto in lontananza rincorsi dai cani saltiamo in auto e facciamo un giro per Didima: ci rendiamo conto in poco tempo che ormai gran parte della gente del posto si è trasferita sulla costa per cercare lavoro nei centri turistici, tanto che il paese ci appare quasi completamente disabitato se non fosse per tre vecchiette per strada e una pazza che ci chiede un passaggio nella piazza della chiesa. Ignoriamo il tutto e ce ne ritorniamo verso casa. Facciamo benzina (40€) e giunti in albergo saldiamo il conto (160€ per tre notti). Prima di cena salutiamo la città e scattiamo qualche foto con la luce del sole, acquistiamo 2 komboloi (14€ e 5€) e una tutina per la neonata Lara (10€). Per cena ci affidiamo ad un ristorantino tipico (Christoforos) in una delle vie del centro dove decidiamo di mangiare a base di soli antipasti: scelta azzeccatissima e consigliabile per pagare meno e per fare molteplici assaggi di diverse pietanze. Assaggiamo di tutto: un green boiled (foglie di vite e spinaci bolliti), una fava (passato di fava e formaggio), una melanzana ripiena, una patata ripiena al formaggio, un caffè greco, una bottiglia di vino (rigorosamente rosso) e uno yogurt greco (con miele ovviamente) il tutto per 38€. Giretto per Nafplio e rientro in hotel verso mezzanotte.
Lunedì 19.06.2017: Sveglia ore 8:00 e partenza ore 8:45 per Navarino nella penisola ovest del Peloponneso, la Messenia, dove arriviamo dopo circa 2 ore e trenta. Durante il tragitto, appena imboccata l’autostrada, ci accorgiamo come il paesaggio cambi rapidamente e le colline coltivate a piante da frutta (aranceti ovunque) si fanno montagne imponenti e verdissime. Ci fermiamo per colazione (due brioches e due espresso a 7€) in un punto ristoro con una parete a vetri esposta su una vallata coloratissima che garantisce una vista mozzafiato. Naturalmente autostrada significa pedaggio anche in Grecia quindi ricominciano le tappe ai caselli: paghiamo 2.35€ al primo e successivamente altri 1.90€, 1.20€ e 1.85€. Lasciata l’autostrada, il tragitto si fa tortuoso e la strada, sempre più stretta, attraversa molti centri abitati prima di affacciarsi sulla splendida baia di Navarino. Arriviamo all’hotel Miramare e da subito siamo molto soddisfatti della scelta: pulito, a due passi del centro, con parcheggio privato e affaccio diretto sulla baia. Decidiamo di sfruttare il bel tempo e, una volta recuperati due panini nella bakery della piazza principale (5.60€), partiamo alla volta di Voidokilia, una delle spiagge simbolo del Peloponneso. Complici alcuni lavori lungo la strada, ci impieghiamo circa 30 minuti per raggiungere la spiaggia. Parcheggiamo l’auto nello spiazzo al termine della laguna, attraversiamo la piccola macchia di arbusti ed eccoci finalmente di fronte alla mezza luna di sabbia bianca e acqua cristallina. Colpo d’occhio impressionante, non solo per i colori, ma anche per le forme: le due pareti rocciose che stringono a imbuto l’ingresso alla baia sono sovrastate dalla fortezza abbandonata del palazzo miceneo di Nestore che spicca nel lato sinistro. Si nota chiaramente, appena sotto le mura, la scura grotta di Nestore, mentre appena prima dell’apertura in mare aperto, spiccano due rocce centrali dove poco dopo faremo snorkeling trovandovi stelle marine arancioni. Sbrighiamo la pratica “panino” e subito ci buttiamo in acqua per godere a pieno di questa meraviglia. Più tardi, decidiamo di visitare la grotta di Nestore, dove si narra un tempo Nestore tenesse i suoi buoi. Il sentiero è semplice e ben visibile, in 20 minuti arriviamo all’ingresso alto circa 15 metri: la grotta si può inoltre percorrere in profondità per 15 metri con torcia alla mano, perché davvero buia. La vista è già bellissima da qui, ma proviamo a spingerci oltre ed imbocchiamo il sentiero in salita verso il palazzo di Nestore. Ci rendiamo conto da subito che la salita è troppo irta e i pochi punti di appoggio non favoriscono la scalata, quindi ci fermiamo appena sopra la grotta per ammirare lo splendido paesaggio e scattare qualche foto alla spiaggia di Voidokilia: fantastica. Tornati in spiaggia il cielo tutto intorno è carico di nuvoloni scuri minacciosi, ma per questa volta veniamo graziati e siamo solo sfiorati dal maltempo che si sfoga solo con una pioggerellina lieve per pochi minuti verso il tardo pomeriggio. Ne approfittiamo per salutare la spiaggia e dirigerci a Pylos (nome greco di Navarino). Dalla spiaggia di Karalis risaliamo a piedi il lato a nord del castello, costeggiamo le mura e raggiungiamo l’entrata: qui scopriamo che l’entrata non è libera (6€ il costo dell’ingresso) e che di lì a poco chiuderà al pubblico (apertura fino alle ore 20:00). Decidiamo quindi di riprovarci la mattina seguente. Ci concediamo un aperitivo nella piazzetta sul mare e dopo un calice di vino rosso (il peggiore della nostra vita), doccia e cena al ristorante appena sotto l’hotel: ristorante Poseidonia. Atmosfera da sogno con vista sulla baia di Navarino a due passi dall’acqua limpidissima, tramonto rosa e l’isola Sfaktiria a fare da sfondo. Qui mangiamo (bene) la consueta combinata di antipasti scelti ad hoc da noi per provare più specialità possibili: polipo all’aceto, polipo con fave, melanzane con peperoni, pityo di Kalamata, caffè, bottiglia di vino e acqua al costo di 74€. A fine cena ci viene offerto un liquore mai assaggiato prima, il Mastika Chios a base di mastice (resina del lentisco originariamente coltivato nell’isola di Chios): ottima scoperta. Giro per la città e finalmente meritato riposo.
Martedì 20.06.2017: Sveglia alle 8:00 e colazione in hotel. Una colazione con i fiocchi: abbondante, di qualità e curatissima (da provare il mix di marmellate da abbinare con yogurt e miele). Prima di dedicarci alla vita di mare decidiamo di visitare Neokastro: subito dopo l’ingresso a destra saliamo sul perimetro murario e percorriamo la cinta delle mura fino all’estremo est, arrivando nel punto più vicino all’arco di roccia dell’isola Sfaktiria: scattiamo alcune foto e scendiamo dal perimetro delle mura per dirigerci verso la chiesetta greco-ortodossa al centro del castello. Tutto intorno si nota una situazione di quasi abbandono, erbacce e rocce scomposte e disordinate disseminate qua e là, pareti e soffitti dissestati con angoli adibiti a magazzino, dove vengono accatastate vecchie impalcature arrugginite: peccato. Lasciamo per ultima la parte più caratteristica del castello: la fortezza esagonale nel lato sud-orientale. La struttura in questo caso è molto ben tenuta, nel cortile interno è anche adibita una mostra dedicata ai ritrovamenti rinvenuti nelle acque attorno a Pylos con foto e reperti di anfore antiche. Dopo circa un’ora di visita, riprendiamo l’auto in direzione Gialova Beach. Recuperiamo un panino al solito bakery nella piazzetta centrale (5.60€) e in circa 20 minuti arriviamo in spiaggia. Come bellezza è assolutamente paragonabile alla baia di Voidokilia, visitata il giorno prima, la sabbia è rosa per effetto di piccoli frammenti di corallo e conchiglie rosacee. L’acqua è piattissima e molto bassa, di conseguenza anche poco fredda, trasparente e via via sempre più celeste e blu allontanandosi dalla costa. Gialova è una lunga spiaggia con alle spalle macchia mediterranea utile per trovare ristoro nelle ore più calde; il paesaggio di fronte è dominato dall’isola Sfaktiria che svetta a pochi metri di distanza con pareti scoscese verticali chiare cosparse di cespugli verdissimi. Ci buttiamo immediatamente in acqua, impossibile resistere. Per un centinaio di metri l’acqua è talmente bassa che si può facilmente camminare senza problemi, decidiamo quindi di attraversare lo stretto che divide Gialova dall’isola e di raggiungere a nuoto (per alcuni minuti) la lingua di sabbia ai piedi di Sfaktiria. Qui incontriamo altri turisti (solo tre per la verità) che raggiungono l’isola via canoa direttamente da Navarino. Una volta ritornati sulla terra ferma ci godiamo il sole per tutta la mattinata, intervallando bagni a camminate lungo la costa alla ricerca di un porto sommerso, senza mai trovarlo. Alle spalle della spiaggia dopo i cespugli si innalza l’altura dominata dal palazzo di Nestore; per pranzo decidiamo di raggiungere una delle torrette di guardia e qui mangiare il nostro panino all’ombra. Percorriamo lo sterrato che conduce al castello ma senza mai raggiungere la torretta, nascosta nella folta vegetazione; complici il caldo e la fame, decidiamo di scattare qualche foto e tornare in spiaggia. Lungo il percorso notiamo per la prima volta (diventerà frequente durante tutta la vacanza) ragnatele spesse e resistenti con ragni giganti striati bianchi e neri. La visuale da qui verso Sfaktiria e l’acqua sottostante è fantastica: dall’alto si riesce a vedere chiaramente il fondale di tutto il canale tra Gialova e Sfaktiria. Raggiungiamo a fatica alcune rocce all’ombra e ci mangiamo finalmente il panino. Verso le 17:30, dopo tanto sole e ancora bagni, un nuvolone comincia a coprire il sole, quindi riprendiamo l’auto in direzione Methoni, dove arriviamo dopo circa 40 minuti. La cittadina è molto tranquilla, una classica città di mare con il porto e una viuzza principale dove si affacciano ristoranti e negozi. La vera particolarità è sicuramente il castello che ingloba all’interno delle mura buona parte della penisola. Dopo una bibita e una brioches “Molto” acquistate al classico chiosco per strada, visitiamo il castello (biglietto d’ingresso 2€). Le parti meglio conservate della struttura sono sicuramente le mura che percorrono tutto il perimetro della penisola fino all’estremo sud, dove un ponte conduce alla vedetta fortificata. Qua e là si nota il tentativo di ristrutturazione, soprattutto nelle due torrette a sud quasi interamente ricostruite, ma la situazione è di generale degrado e abbandono. Purtroppo anche in questo caso, l’interno è completamente ricoperto da erbacce e piante che rendo impossibile l’accesso alle rovine. La nota particolare è che tra le mille erbacce che ricoprono l’interno del castello spiccano distese di piante dell’aglio fiorite, che donano un tocco di colore al paesaggio. Un aspetto degno di nota è il mare turchese e cristallino che si intravede appena fuori dalle mura nel lato est verso la baia, un vero peccato non potersi tuffare. All’uscita decidiamo di fare un aperitivo in spiaggia: poco dopo la piazzetta, lungo le mura ad est del castello, troviamo un barettino che fa al caso nostro. Qui beviamo vino e patate fritte (7€). Rientriamo a Pylos e dopo una doccia lampo optiamo per il ristorante sul molo (ristorante Aetos) dove ordiniamo la consueta cena a base di antipasti di cucina locale: halloumi grigliato, ratatouille, tuna souvlauki, tortino di formaggio, frittelle di pomodoro accompagnate da un greek coffe, una bottiglia di Merlot e un’acqua, il tutto al prezzo di 53€. Come accade spesso qui in Peloponneso, non è previsto nel menù alcun dessert, generalmente il dolce (un assaggio) viene offerto a fine cena. Nonostante la cena abbondante plachiamo la nostra voglia di dolce acquistando poco più avanti un kataifi e una coppa gelato (6,80€) presso un’ottima pasticceria in piazzetta. Dopo un breve giro della città, verso mezzanotte rientriamo in albergo.
Mercoledì 21.06.2017: Sveglia ore 8:00, ottima colazione in albergo, check-out e partenza verso le cascate di Polilimnio. Dopo soli 30 minuti di auto giungiamo alla diramazione per le cascate: una sterrata in buone condizioni con segnaletica ben visibile conduce all’ampio parcheggio per le auto. Lasciamo l’auto all’ombra e iniziamo la discesa verso il fiume. Il primo tratto è abbastanza ripido ma comunque asfaltato, quindi fattibile. Una volta giunti allo spiazzo inizia il sentiero sterrato, ma anche in questo caso si tratta di un percorso facile con solo qualche tratto disconnesso. Dopo circa 15 minuti di camminata arriviamo alla prima cascatella, da qui in poi il sentiero costeggia il fiume e risale passando da un lato all’altro su piccoli ponti in legno fino a giungere alla cascata principale alta circa 25 metri. Il torrente forma di continuo cascate che confluiscono in piccoli laghi naturali, l’acqua attraversata dai raggi del sole assume colori vivaci che vanno dal verde all’azzurro intenso ed il contesto è davvero suggestivo: sembrano laghetti incantati tipici delle fiabe, animati da uccelli coloratissimi, granchi e raganelle. La cascata principale crea un lago più ampio e profondo degli altri: qui è possibile fare il bagno, se non fosse che la zona resta all’ombra fino alle 11:00 di mattina e l’acqua gelida non risente del calore del sole fino dopo mezzogiorno. A fatica e dopo vari tentativi, riusciamo comunque a buttarci in acqua e a raggiungere la cascata senza però tuffarci (troppo alto). È inoltre possibile proseguire il percorso in salita risalendo sul lato destro della cascata, ma la salita si fa via via sempre più complicata quindi decidiamo di scaldarci al sole su un masso ai bordi della cascata e riprendiamo dopo circa un’ora la via del ritorno. Contrariamente a quanto indicato nelle varie guide on-line, per quasi tutta la mattinata siamo soli lungo il percorso e ai bordi della cascata: solo verso mezzogiorno comincia ad arrivare qualche turista, ma solo di passaggio lungo il sentiero, in pochi si fermano per tuffarsi in acqua. Dalla cascata alla macchina, in salita al ritorno ci impieghiamo circa 25 minuti. Riprendiamo l’auto in direzione Mystras: poco dopo aver attraversato Kalamata iniziamo la lenta e tortuosa salita del Taigeto, la catena montuosa più alta del Peloponneso che svetta ad est sopra la città di Sparta. Per circa un’ora la strada è un susseguirsi di tornanti e salite. Ad un tratto ci rendiamo conto di essere effettivamente in montagna: tutto intorno abbiamo roccia nuda e distese di pini accompagnati da una brezza decisamente frizzante. Arrivati in cima è impossibile resistere alla tentazione di scattare una foto: la vista è fantastica e spazia fino al mare. Ci lasciamo la salita alle spalle e ripartiamo in discesa tra tornanti, gole e strade incastonate nella roccia fino a giungere nell’altopiano di Sparta per poi risalire verso Mystras dove arriviamo dopo circa 1:40 di traversata. Parcheggiamo all’ingresso nord della città alta e acquistiamo il biglietto (12€) valido anche per l’ingresso nella parte bassa del complesso. Risaliamo verso il castello e qui ci godiamo una vista bellissima che spazia da Mystras fino a Sparta: riscendiamo e giriamo per i vicoli ancora ben conservati della citta bizantina, visitiamo i conventi di Agia Sophia e Agios Nikolaos, giungiamo fino quasi al palazzo, ma complice la fame e un tempo che non promette bene, decidiamo di dirigerci verso Sparta. In circa 20 minuti arriviamo in città e scattiamo la foto di rito con la statua di Leonida, simbolo di Sparta. Ci fermiamo in uno dei ristoranti nella piazza principale (Κεχριμπάρι restaurant) a pranzare a base di formaggio grigliato, fave, green boiled, omelette al pomodoro e due calici di rosso (spesa totale 27€ – buono!). Sparta conferma le attese: una città anonima, un insieme di strade parallele e perpendicolari che disegnano un reticolo regolare tra palazzi tutti molto simili tra loro: poco interessante.
Nota da sottolineare per i guidatori: non vi sono segnaletiche stradali ai molteplici incroci e sinceramente non siamo riusciti a capire le regole delle precedenze, però con prudenza ce la siamo cavata. Con la pancia piena ci rimettiamo in viaggio in direzioni penisola del Mani, prossima tappa del viaggio. Scendiamo lungo la penisola del Mani e via via il paesaggio si fa sempre più brullo e desolato, il traffico scompare e anche i centri abitati sono sempre più rari. Dopo aver attraversato la città di Areopoli lasciamo la strada principale e prendiamo l’unica strada che percorre da nord a sud la penisola nel lato occidentale: l’impressione è di essere fuori dal mondo. Siamo solo noi, il mare a destra e la catena montuosa a sinistra: bellissimo. Dopo circa 1:15 di viaggio intercettiamo la segnaletica per Stavri dove abbiamo prenotato una camera in un hotel ricavato all’interno di una delle tipiche case-torri. Imbocchiamo una stradina asfaltata stretta e tortuosa in mezzo a piantagioni di ulivi. L’impressione che abbiamo una volta arrivati a Stavri è di essere arrivati in un paese fantasma, nonostante le case siano tutte restaurate o comunque ben tenute, la sensazione è di essere gli unici abitanti del paese. Sensazione poi confermata dal gestore del hotel, che gentilissimo ci accoglie nella casa-torre di Tsitsiris castle. Ci offre da bere e ci fornisce utili dritte sui posti da visitare, ma soprattutto dove poter cenare in questa regione tanto isolata quanto affascinante. La casa-torre è l’edificio simbolo della penisola del Mani: durante le differenti dominazioni e soprattutto per difendersi delle aspre faide locali, gli abitanti di questa zona hanno iniziato a edificare case sempre più simili a piccole fortificazioni a base quadrata, con spesse mura alte anche fino a cinque piani. Tsitsiris Castle è strutturata su due piani e costituita da due edifici immersi in un bellissimo giardino cintato da alte mura. Il proprietario che agli inizi degli anni ’80 decise di ristrutturare questa struttura e adibirla a hotel è stato un vero pioniere; oggi la tendenza diffusa in tutta la penisola è la rivalutazione di queste caratteristiche strutture. Prima di cena visitiamo il minuscolo villaggio di pescatori di Mezapos a nord di Stavri. Il programma era di passare a fare un tuffo nel pomeriggio ma, avendo avuto un po’ di ritardo sulla tabella di marcia abbiamo optato per una visita fugace prima di cena: la baia è davvero particolare per la forma a semicerchio con pareti verticali a picco sul mare scavate dal mare e dal vento. Peccato che la baia sia adibita a porticciolo per pescatori locali e per turisti stranieri; l’accesso al mare non è dei più semplici ma l’acqua e il contesto si presterebbe molto di più ad un bel bagno piuttosto che ad attraccare le barche. Appena prima del tramonto lasciamo Mezapos e ci dirigiamo a Gerolimenas per cena come consigliato dal gestore dell’hotel. Inaspettatamente ci troviamo in un contesto vivace con qualche ristorantino sulla spiaggia e alcuni centri turistici: tutto molto composto e tipico, nulla di mega turistico, quindi piacevole. Bellissima anche la parete rocciosa illuminata sulla destra della baia ad incorniciare tutto il paesaggio verso sud. Ci fermiamo in un ristorante sul molo, dove veniamo colpiti da un pesce enorme in esposizione simile ad uno squalo; rimaniamo un po’ disorientati quando il cameriere ci assicura che sia stato catturato a pochi metri dalla baia. Per rassicurarci ci spiegheranno in seguito che si tratta di un palombo (… e non di uno squalo). Ceniamo in riva al mare (ristorante Orama) con feta alla griglia, formaggio fritto come antipasto e due scorfani freschi, un’acqua, una bottiglia di vino rosso e un caffè greco: il tutto per 57€. Dopo cena ci concediamo un giretto nel paesino, percorriamo prima un lato e poi l’altro della baia fiancheggiando sempre il mare: atmosfera tranquilla e villaggio ben tenuto. Nel rientro verso Stavri in auto (15 minuti circa), nel buio della notte (strade non illuminate) notiamo qua e là strani animali che ci attraversano la strada; sembrano piccole iene o volpine o piccoli lupi, non capiamo. Arriviamo in paese dove siamo sorpresi di trovare almeno tre persone sedute in una veranda di un bar, mentre il resto delle abitazioni sembrano disabitate. Dopo un breve giro per le viuzze deserte del paese torniamo in albergo per un meritatissimo riposo.
Giovedì 22.06.2017: Sveglia ore 8:00 e colazione in albergo; ci viene offerto un buffet tanto vario e abbondante da farci sentire quasi in imbarazzo per essere gli unici ospiti della struttura a godere di tante attenzioni. Partiamo alla scoperta dell’estremo sud della penisola del Mani. Lungo il tragitto facciamo benzina (30€) in una delle rare aree di servizio della zona, mentre poco dopo ci imbattiamo in un piccolo lupetto che probabilmente è lo stesso incrociato la sera precedente durante il rientro a Stavri. La prima tappa è la spiaggia di Kapi dove arriviamo dopo circa 20 minuti. Lasciamo l’auto in un piccolo spiazzo a bordo strada e in tre minuti di sentiero arriviamo al mare. La spiaggia composta da grossi sassi chiari degrada a nord in un’acqua cristallina che assume colori che vanno dall’azzurro al blu intenso, mentre nella parte sud è cintata da scogli che disegnano una penisola e una grossa grotta ad ovest visibile solo dalla spiaggia. Scattiamo qualche foto dagli scogli, ma subito decidiamo di tuffarci e fare snorkeling tra le rocce: bel fondale molto articolato, ma purtroppo pochi pesci. Facciamo un tuffo anche nel lato sud decisi a raggiungere la caverna: una volta all’interno scopriamo che la cavità prosegue e sfocia dal lato opposto tra pareti che si sgretolano e onde possenti. Ci asciughiamo distesi al sole e riprendiamo l’auto in direzione Vathia, la città simbolo delle case-torri; un paese arroccato sull’altura che domina la costa ovest del Mani, interamente costituito da case-torri che svettano da lontano. Il villaggio è pressoché disabitato, se non fosse per un ristorante lungo la strada, ma la maggior parte delle case è in fase di restauro. Attraverso una parete crollata di una casa disabitata riusciamo anche ad intravedere un vecchio frantoio dismesso e altri attrezzi per ricavare l’olio. Lasciata la cittadina, percorrendo la strada verso sud si aprono scorci da cartolina con Vathia in lontananza. Proseguiamo lungo la strada tortuosa fino ad arrivare all’istmo che conduce alla parte finale della penisola, creando due baie speculari ad est (Porto Kagio) e ad ovest (Marmari) entrambe spettacolari per acqua e per vedute: scattare una foto che immortali le due baie divise dall’istmo è inevitabile. Oltrepassiamo l’istmo e ci spingiamo fino all’estremo sud raggiungendo Capo Tenaro dove pranziamo nella graziosa e tipica taverna con stupenda vista sulle tre insenature sottostanti. Mangiamo bene ordinando un saganaki, un green boiled, una mega omelette, una feta grigliata, e due lattine di coca il tutto a 28€. Il sole è alto e il caldo si fa sempre più sentire, non riusciamo ad aspettare un istante in più senza tuffarci in quello che a nostro parere è il posto di mare migliore di tutta la vacanza. Delle tre insenature noi scegliamo quella centrale: spiaggetta deserta in parte ombreggiata da una tamerice con di fronte una piccola baia costeggiata a destra e sinistra da rocce che degradano dolcemente in mare. L’acqua è fantastica, piatta, azzurra e trasparente. Nel fare snorkeling avvistiamo una razza sul fondale intenta a litigare con una sogliola e a ridosso della spiaggia troviamo gamberetti trasparenti e stelle marine spinose. Dopo un’oretta circa lasciamo questo paradiso alla volta di un’altra spiaggia altrettanto affascinante poco più a nord. Lasciamo l’auto nel minuscolo paese di Paliros e proseguiamo fino al mare seguendo un percorso sterrato per 10 minuti. Non conosciamo il nome della spiaggia; l’abbiamo individuata in fase di preparazione del viaggio scandagliando con Google Maps le coste del Mani alla ricerca di un angolo nascosto. La spiaggia, già vista dall’alto lungo la strada verso sud, è deserta e composta di ciottoli chiari. Ci buttiamo in acqua prima che l’ombra raggiunga la baia e facciamo snorkeling tra correnti di acqua fredda e pesci colorati; avvistiamo anche un pesce lungo di cui non riconosciamo la specie che si mimetizza lungo la parete rocciosa di destra. Purtroppo il sole cala dietro la vicina collina, quindi siamo costretti a lasciare anche questo splendido posticino. Per l’ultimo bagno della giornata scegliamo una spiaggia rivolta ad occidente per godere del sole fino all’ultimo raggio; ci dirigiamo quindi nella baia di Marmari, unica spiaggia di sabbia della penisola. Acqua blu trasparentissima anche qui, inutile dirlo, spiaggia deserta. Per l’aperitivo ci spostiamo nella baia di Porto Kagio dove ci servono un calice di rosso ai tavolini posizionati sulla spiaggia a pochi centimetri dall’acqua. Peccato non essere venuti anche qui a fare un bagno perché l’acqua prometteva bene: consigliabile. Per cena non ci convince il menù quindi una volta bevuto il rosso torniamo a Gerolimenas e ceniamo nel ristorante a fianco di quello dove abbiamo cenato la sera prima. Questo locale punta decisamente sulla quantità: mangiamo tantissimo, dalla bruschetta gigante con feta alle patate ripiene, dalle patatine fritte alle polpette di pomodoro e per finire caffè e acqua il tutto per 35€. Rientriamo in serata alla casa-torre e notiamo con stupore che ci sono altri ospiti (due non molti di più) però ci fa piacere non essere gli unici abitanti di Tsitsiris Castle questa sera. Doccia e via a letto.
Venerdì 23.06.2017: Sveglia ore 8:00, saldiamo il conto e salutiamo il simpatico gestore del hotel. Alle 9:00 siamo già in viaggio in direzione Monemvasia. Appena passata la città di Githio, ci fermiamo lungo la costa a scattare una foto al relitto di un mercantile arenato sulla spiaggia proprio sotto di noi: volendo si potrebbe raggiungerlo e fare il bagno in prossimità del grosso scheletro di metallo, ma la nostra tabella di marcia è come al solito molto fitta quindi proseguiamo. Dopo poco più di due ore arriviamo a Monemvasia, la città dall’unica via d’uscita (come suggerisce il nome) e di conseguenza anche dall’unica entrata. Superiamo la sottile lingua che collega la singolare penisola alla terraferma e troviamo parcheggio lungo la strada che conduce alla porta d’ingresso della città. La città è arroccata sul lato sud del promontorio e interamente fortificata da mura perimetrali che l’hanno resa inespugnabile per centinaia di anni. È possibile accedere alla città solo a piedi ed è davvero piacevole passeggiare tra le strette viuzze del centro dove si affacciano innumerevoli localini e laboratori di oggettistica artigianale a fianco degli immancabili souvenirs. Visitiamo la città bassa perdendoci nel reticolo confuso di stradine; arriviamo nella piazza principale, con bella terrazza sul mare, ci spingiamo fino alle mura ad est, passando per Agios Nikolaos e terminiamo la visita della città bassa nello spiazzo di Panagia Chrysafitissa. Dopo una bibita rinfrescante iniziamo la risalita verso la città alta e la chiesa di Agia Sophia: in 15 minuti arriviamo alla porta d’ingresso della città alta, non senza difficoltà legate al caldo e al sole. Dall’alto la veduta è stupenda, sia verso sud sulla città bassa che sul lato nord del promontorio dove si può ammirare dal dirupo verticale un mare turchese splendido. La discesa è alquanto più complessa della risalita soprattutto per la scivolosità dei gradini levigati e resi lucidi dall’usura: non osiamo immaginare con il fondo bagnato come potrebbe essere scendere questa scalinata, dato che in queste condizioni già ci muoviamo a velocità moviola. Ripercorriamo a ritroso le viuzze della città bassa, acquistiamo una guida del Peloponneso per 11€ (ormai divenuto un rito dei nostri viaggi) e ci soffermiamo qua e là nelle diverse botteghe: i prezzi sono più alti qui che altrove complice il fatto che Monemvasia sia una delle attrattive turistiche più rinomate di tutta la Grecia. Recuperiamo la macchina e ci dirigiamo a sud verso l’imbarco per l’isola di Cervi (Elafonissos in greco perché la forma dell’isola ricorda un cervo capovolto). Arriviamo a Pounta beach proprio di fronte ad Elafonissis in circa 45 minuti dopo aver superato la cresta montuosa che attraversa la penisola laconica. Individuiamo subito il punto d’imbarco: si tratta in realtà di un molo piuttosto isolato con tre chioschetti per la vendita dei biglietti, tutti rigorosamente chiusi al nostro arrivo, ma dotati di orari aggiornati e chiari (consultabili anche via internet comodamente da casa): due traghetti si alternano ogni mezz’ora e impiegano circa 10 minuti per la traversata. Sbrigata la pratica “imbarco” ci dedichiamo al mare, e che mare. La spiaggia di Pounta è la spiaggia che più si avvicinano al paesaggio caraibico in assoluto: spiaggia infinita e chiara, acqua calmissima e bassa, con colori quasi irreali e una trasparenza incredibile. Lasciamo l’auto nell’immenso spiazzo alle spalle della spiaggia, che scopriamo essere generalmente una laguna, e ci godiamo per qualche ora il sole e il mare. Facciamo due passi anche lungo la spiaggia fino a raggiungere la punta estrema della distesa di sabbia, scattiamo qualche foto e poco dopo riprendiamo l’auto alla ricerca di una taverna dove pranzare. Raggiungiamo il centro abitato più vicino (Vigklafia) e qui troviamo una graziosa tavola calda dove veniamo accolti da una gentilissima signora che ci cucina un calcioni (non sappiamo se si scriva così ma capiamo solo più tardi che si tratta di un calzone fritto ripieno di verdure verdi e feta: ottimo!) e un’immancabile feta. Ci viene offerto anche un dolce che nonostante i nostri innumerevoli viaggi in Grecia, non abbiamo mai provato: la Halva, dolce di pasta di semolino con cannella. Paghiamo solo 24€ in totale. Con la pancia piena ritorniamo in spiaggia ma questa volta ci posizioniamo sulla punta della penisola dove la visuale su Elafonissos è ancora migliore. Proprio nel momento in cui stendiamo i teli in spiaggia avvistiamo a poche decine di metri da riva una tartaruga. Purtroppo scompare quasi subito perché spaventata dal traghetto che puntuale ogni mezzora sfila davanti a noi, avanti e indietro verso Elafonissos. In effetti la mattina al molo avevamo notato dei cartelli che indicavano la presenza di caretta-caretta che transitano e si spingono fino a riva per nidificare. Alle ore 19:30 compriamo il biglietto direttamente sul traghetto e ci imbarchiamo per Elafonissos: 13€ per due persone e l’auto. La traversata è veloce, ma abbiamo comunque il tempo di ammirare l’acqua che in questo breve tratto è splendida; a ridosso del porto di Elafonissos il fondale è cosparso da grossi crateri circolari, non capiamo il motivo, ma sono comunque singolari e inaspettati. Il nostro hotel (Berdoussis) è situato a 200 metri dal porto, con parcheggio privato e veramente ben tenuto (sembra essere stato inaugurato da pochi mesi). Personale gentile e disponibile e camera con vista mare: ottima scelta. Facciamo un giro per il lungomare della città e notiamo fin da subito come qui a differenza dei luoghi finora visitati sia arrivato il turismo di massa: molti stranieri (anche molti italiani), innumerevoli negozi di souvenirs, locali alla moda e ristoranti sul molo. Ricorda per certi aspetti Formentera piuttosto che una tipica città greca. Decidiamo di distaccarci dal turismo di massa, acquistiamo sidro e patatine in un minimarket e andiamo a gustarci l’aperitivo in spiaggia davanti al tramonto. Torniamo in albergo giusto il tempo di una doccia e poco dopo siamo già per strada alla ricerca di un ristorante di pesce. Scegliamo di pranzare sulla spiaggia presso il ristorante Μπούκας: ordiniamo un tonno con verdure, un’octopus, l’immancabile fava, melanzana, polpette di pesce, ma purtroppo niente vino perché non tengono vino rosso: abbiamo notato durante tutto il viaggio come sia poco scontato riuscire ad ordinare una bottiglia di vino. In questo caso ci offrono una graditissima Halva: paghiamo in totale 45€. Facciamo un giro per la città e capiamo da subito che la parte interessante è sicuramente il lungo mare visto che le vie interne non sono altro che un susseguirsi di case e ville private prevalentemente affittate a turisti stranieri: l’isola sta subendo una forte urbanizzazione dovuta al crescente turismo estero. Visitiamo la piccola chiesa ortodossa di fronte al porto e beviamo un calice di rosso terribile in uno dei bar sul lungomare (alla modica cifra di 8.5€). Rientriamo in hotel per una buona dormita.
Sabato 24.06.2017: Sveglia ore 8:00, colazione in hotel e partenza per la spiaggia di Simos che raggiungiamo dopo solo 5 minuti in auto. Vista la folla in città la sera prima ci aspettiamo altrettanta gente anche in spiaggia, ma troviamo comunque comodamente parcheggio all’ombra; dal parcheggio che si trova leggermente rialzato rispetto alla spiaggia si vede molto chiaramente l’istmo che separa in due Simos beach e che conduce alla penisola rocciosa di fronte a noi. Decidiamo di posizionarci nella parte sud della spiaggia, quella che forma la mezzaluna più piccola. L’acqua, inutile dirlo, è caraibica e per ora la spiaggia non è ancora affollata. Scattiamo qualche foto di rito per immortalare i colori fantastici del mare dopo di che, armati di maschera e boccaglio, perlustriamo i fondali rocciosi lungo la parte sud della penisola. Prima di pranzo saliamo sull’altura che domina la penisola per goderci lo splendido panorama dall’alto della lingua di sabbia che disegna le due baie di Simos Beach. Nel frattempo la spiaggia si è popolata sempre più, mentre il sole è veramente forte, quindi per pranzo ci ritiriamo all’ombra di una taverna vicino al parcheggio dove mangiamo zucchine, feta strapazzata con pomodoro e frittata accompagnata da bibite e caffè il tutto a 36€. Riprendiamo l’auto decisi a visitare l’altra bellissima spiaggia di Elafonissos: Virgin Beach Panagias, meno nota e quindi anche meno affollata di Simos. Percorriamo un tratto nuovissimo di strada asfaltata inaugurata da qualche mese e non ancora segnalata sui GPS. La strada fiancheggia la montagna e collega la spiaggia di Simos con Panagias in 10 minuti. La spiaggia per colori e dimensioni ricorda la precedente con molta meno gente, nei tratti finali ad est e ad ovest è praticamente deserta (dove si pratica nudismo). Di fronte alla spiaggia si scorgono alcune isolotte che ricordano le piccole isole di Illietes a Formentera. Trascorriamo qui il pomeriggio tra bagni, sole, ma anche un po’ d’ombra sotto le tamerici che cintano la spiaggia e creano bei ripari dal caldo pomeridiano. Prima di tornare in città facciamo un’ultima capatina a Simos dove ci concediamo un ultimo bagno al tramonto. Vorremmo fermarci a bere un aperitivo in spiaggia, ma purtroppo non ci sono bar in riva al mare e gli unici vicino al parcheggio interno sono deserti quindi optiamo per un aperitivo fai-da-te come la sera prima: due sidri e pop-corn al minimarket e spiaggia al tramonto. Mentre ci godiamo l’ultimo tramonto greco, fa capolino dall’acqua una tartaruga: quale finale migliore per una giornata fantastica. Al ritorno in hotel ci accordiamo con la proprietaria per lasciare la stanza l’indomani verso 7:30 in tempo utile per prendere il primo traghetto del mattino. La proprietaria molto disponibile ci offre anche un anticipo di colazione con fette di torte e frappe da poter magiare al risveglio la mattina seguente (visto che partiremo prima dell’orario di colazione). Per cena ci affidiamo ad un ristorante sul lungomare, assicurandoci in anticipo che tenga pesce fresco e vino rosso. Qui mangiamo fava, saganaki, due triglie accompagnate da una bottiglia di vino rosso e come dolce offerto dalla casa stasera assaggiamo carote caramellate accompagnate dal mastika (totale 80€ ben spesi perché abbiamo mangiato bene). Per finire la serata ci concediamo un drink a base di mastika simile al caipirinha in uno dei lounge sul molo (16€) e subito dopo a letto perché l’indomani la sveglia suonerà molto presto.
Domenica 25.06.2017: Sveglia ore 6:30, colazione in camera, carichiamo le valigie in auto e poi via al porto dove ci imbarchiamo alle 7:30. Anche in questo caso acquistiamo il biglietto sul traghetto (12.50€ per due persone più auto). Arriviamo a Pounta dopo circa 15 minuti di traversata e da qui ci aspettano altre 3:30 ore di macchina per raggiungere la spiaggia di Kechries nei pressi di Corinto. Durante la risalita verso nord passiamo per numerosi paesini ancora addormentati nella calma della domenica mattina greca; unica eccezione, un mega raduno indiano a Skala dove per le strade ci muoviamo a fatica perché invasi da mille colori. Ci fermiamo dopo circa due ore per fare rifornimento (50€) e sgranchirci le gambe e arrivati a Tripoli imbocchiamo l’autostrada con conseguente doppio pit-stop ai due caselli per il pagamento del pedaggio (2.35€ al primo e 2.45€ al secondo). Se vogliamo riuscire a goderci il mare per un paio d’ore e fare un giro sullo stretto di Corinto oggi più che mai dobbiamo cercare di attenerci al programma per non rischiare di perdere l’aereo ad Atene. Arriviamo nei pressi della spiaggia in perfetto orario, lasciamo l’auto in una minuscola area di sosta a fianco di una mega villa privata e percorriamo il sentiero sterrato per circa 10 minuti. La spiaggia è molto carina, di sassi gialli e bianchi che seguono la costa fino alla caratteristica roccia bucata: una singolare finestra naturale rivolta a sud verso la baia. Facciamo snorkeling, ma l’acqua è resa torbida qua e là da alghe verdi spumose che rendono difficile avvistare i pesci; ci concediamo un bagno, con calma ci mangiamo un panino all’ombra delle rocce e dopo un paio d’ore risaliamo alla macchina. Raggiungiamo lo stretto di Corinto in circa 15 minuti e facciamo una passeggiata sul ponte pedonale: la vista è fantastica da entrambi i lati. Due cose ci colpiscono più di tutto: la ridottissima larghezza rispetto all’altezza del canale e l’inattesa trasparenza dell’acqua (riusciamo perfino a scorgere il fondale tanto l’acqua è cristallina). Riprendiamo nuovamente l’auto (per l’ultima volta) in direzione Atene. Ci fermiamo lungo l’autostrada ancora tre volte per il pagamento del pedaggio (2.45€, 2.10€ ed infine 2.80€) e rabbocchiamo il carburante per poter consegnare l’auto con il pieno (18€). Quando lasciamo l’auto all’agenzia di noleggio il contachilometri segna 51.099 km, significa che in 10 giorni abbiamo percorso 1.596 km. Sbrigati i controlli aeroportuali, partiamo con volo Ryanair per Bergamo alle 18:15 con un ritardo di un’ora. Dopo 2:10 ore (alle 19:30 ore locali) atterriamo a Bergamo immersi fra nuvoloni bianchi carichi di pioggia.
Questi dieci giorni in Grecia sono stati più che un viaggio, un’esperienza itinerante che ci ha portato a vedere, conoscere e soprattutto vivere il Peloponneso. Abbiamo assaporato i gusti autentici della tradizione greca, abbiamo imparato frammenti di storia visitando siti archeologici unici, conosciuto persone autentiche e ci siamo persi in un mare da sogno godendo ogni attimo di questa Grecia, vera e bellissima.