Oasi, cristalli e deserti inesplorati: l’altro Egitto è la meta da cartolina che ancora non ti hanno fatto conoscere

Quando si parla di Egitto, nella mente dei più si evocano immagini di piramidi, di antichi templi e delle placide acque del Nilo solcate dalle feluche. Tutto questo in realtà si concentra lungo la fertile fascia creata dal limo del fiume: una manciata di chilometri quadrati (10 mila) rispetto alla superficie totale del Paese, di oltre un milione di chilometri quadrati! L’Egitto è invece in massima parte una distesa di sabbie e rocce nella quale, oltre alla Valle del Nilo, sorgono talvolta delle piccole oasi. Va sfatato il mito dell’oasi costituita da un po’ di palme attorno ad una pozza d’acqua circolare: le oasi si sviluppano in realtà per molti chilometri (a volte decine) in depressioni del terreno attorno ad una serie di sorgenti, creando le condizioni per la vita di migliaia di persone distribuite in una serie di villaggi più o meno piccoli. Quelle egizie – situate nel deserto libico – sono state abitate per millenni senza soluzione di continuità da egizi, romani, copti e arabi.
Diario di viaggio in Egitto
Partendo da Il Cairo la nostra prima meta è stata l’oasi di Bahariya, a poco più di 400 km a sud-ovest.
Già lungo il percorso per arrivarci c’è la possibilità di effettuare alcune soste per scoprire i pochi resti di una foresta pietrificata di una quarantina di milioni d’anni fa e, più avanti, di un fondale marino con fossili di conchiglie e molluschi: soste più che altro utili per sgranchirsi un po’ le membra. Gli scenari lungo l’unica strada sono però suggestivi come solo i deserti possono esserlo, con distese di sassi, di sabbia e di dune dalle quali emergono formazioni rocciose erose dagli elementi: su tutto dominano i colori caldi del giallo e dell’ocra dalle infinite sfumature.
Bahariya è sorta all’onore delle cronache degli appassionati dell’antico Egitto per la scoperta di migliaia di mummie risalenti al periodo della conquista romana (I sec. a.C./III sec. d.C.), fatto che ha evidenziata l’assimilazione della cultura egizia da parte degli occupanti che hanno utilizzato le pratiche di sepoltura locali.
Alcune mummie particolarmente ben conservate e con maschere di cartonnage (un impasto di lino/ papiro e intonaco poi smaltato e dipinto, a volte color oro) sono visibili nel piccolo museo locale. Sempre nell’oasi sono presenti anche alcune tombe risalenti al VI sec. a.C. di funzionari /mercanti vissuti ai tempi del faraone Amose II, i cui interni dipinti in affresco si sono conservati talmente bene da non aver nulla da invidiare alle sepolture della valle dei Re a Luxor.
Una sosta d’obbligo è poi assistere al tramonto del sole dalla english house, resti di un fabbricato di epoca coloniale sulla sommità della collina che domina l’oasi.
Superata Bahariya ed inoltrandosi verso sud verso l’oasi di Farafra l’ambiente cambia ancora e si incontra il Deserto Nero che prende il nome dalla colorazione delle rocce, sassi e pietrisco di origine lavica che emergono dalle sommità di alte colline color miele: il contrasto cromatico che ne consegue lascia stupiti e ne fa un luogo assolutamente da visitare.
Ma le sorprese non finiscono con questo paesaggio: poco oltre si arriva alla Montagna di cristallo, una collina da cui emergono formazioni di calcite deformate dalle forze tettoniche ed erose dal vento le cui scaglie cristalline brillano alla luce del sole accecante e assumono forme bizzarre (tra tutte quelle che abbiamo soprannominato il dragone e il polipo) .
E poi ancora proseguendo con una piccola deviazione fuoristrada a est si apre la valle di Agabat alla quale si accede circondati da bellissime formazioni di rocce bianche di calcare e gesso che spiccano dal giallo e dal rosa delle sabbie (la nostra guida l’ha definita la valle delle meraviglie): sono le prime avvisaglie dei fantastici paesaggi che troveremo in seguito.
La valle è infatti considerata un po’ come il portale d’accesso al Deserto Bianco: una autentica meraviglia naturale e – senza esagerare – uno dei posti più suggestivi al mondo!
Da quello che un tempo era il fondo di un antico mare eroso dal vento e dalla sabbia emergono bizzarre formazioni di roccia bianchissima che assumono le forme più strane e sembrano migliaia di iceberg galleggianti su un mare di sabbia color miele: sembra proprio che nel deserto abbia nevicato e che qualcuno si sia divertito a comporre pupazzi di neve di mille forme e dimensioni. È difficile descrivere a parole questo spettacolo che la Natura ha creato nel corso di migliaia di anni: è un luogo che va assolutamente visto , dedicandogli il tempo ed i ritmi necessari, in quanto alle diverse ore del giorno la luce conferisce all’ambiente tonalità sempre diverse cambiando dal bianco abbagliante del pieno sole al rosa-arancio del crepuscolo (a mio parere il momento migliore) ed al bianco gelido della luce lunare.
Proseguendo oltre, dopo una breve sosta ad Abu Minqar (ancora colline emerse da un antico fondale marino con fossili di molluschi e conchiglie) si arriva all’oasi di che riassume in sé duemila anni di storia egiziana: vi si trovano infatti il tempio di Deir el-Haggar di epoca romana, la coeva necropoli di el Mouzawaka con le splendide tombe affrescate di Petosiris e Petibastet e poi l’antica città islamica di el-Quassr particolarmente suggestiva con le costruzioni in mattoni di fango e paglia con i quali sono costruite la abitazioni, la moschea e la madrasa.
Si inizia a questo punto a chiudere il cerchio del percorso ad anello del tour puntando ad est verso l’oasi di Kharga, non prima di aver effettuata una sosta a Tunaydah per la foto di rito della roccia dalla forma di cammello e per ammirare le sfumature di colore dei vari strati di sabbia visibili semplicemente scavando pochi centimetri di suolo.
Kharga si trova a circa 300 km da Luxor, pressoché alla stessa latitudine della famosa località turistica.
Per gli appassionati di storia è possibile ammirare il pressoché intatto tempio di Ibis, una sorta di tempio di Luxor in miniatura con il suo vialetto di sfingi e che conserva magnifici geroglifici e colori originari, di epoca greco romana (anche se iniziato al tempo della XXVI dinastia) Poco fuori dall’oasi c’è la necropoli cristiano–copta di el-Bagawat, datata dal I al VII secolo d.C., con oltre 250 tombe di varie fogge dalle quali spiccano delle cappelle e chiese con cicli di affreschi a tema biblico.
Sempre in periferia si può attendere il tramonto sulla collina sulla quale si ergono i resti del Deir Mustafa Kashif, antico monastero copto e godersi i giochi di colore del sole sulle dune di sabbia ondulata.
Da Kharga inizia il lungo rientro verso Il Cairo, distante circa 600 km, puntando a nord lungo la strada parallela al Nilo: in circa 5 ore si raggiunge Wadi el-Hitan, la c.d. Valle delle Balene nelle vicinanze della grande oasi del Fayyum a circa 150 km a sud de Il Cairo.
Nella valle, un tempo una laguna dai bassi fondali, sono stati scavati i resti di centinaia di animali marini, tra cui i più impressionanti sono i basilosauri, antenati delle odierne balene lunghi fino ad una ventina di metri che una quarantina di milioni di anni fa iniziarono il percorso che li avrebbe trasformati da animali terrestri provvisti di zampe a divenire i conosciuti cetacei dei giorni nostri. Si possono ammirare scheletri ben conservati sia nel piccolo museo locale che nel percorso attrezzato nella valle.
A poca distanza si trova il Wadi el-Rayan, un complesso di laghi i cui due principali, trovandosi ad altezze differenti, sono collegati da cascate meta di un cospicuo turismo locale. Tutta la zona fa parte della depressione del Fayyum che già gli antichi egizi sfruttarono collegandola con un canale artificiale al Nilo per creare una fertile pianura coltivabile.
Superato il Fayyum ed entrati nella valle del Nilo, si attraversano villaggi e palmeti assistendo a scene di vita quotidiana dei locali con carretti ricolmi di ortaggi e merci trainati da asini e contadini che lavorano i campi ; purtroppo si nota anche l’enorme quantità di plastica abbandonata che forma delle vere e proprie isole in prossimità delle anse dei canali e del fiume.
A circa 40 km a sud de Il Cairo si arriva a Dashur dove si trovano alcuni complessi piramidali, tra i quali spiccano la piramide romboidale e la piramide rossa, entrambe fatte costruire circa 4.600 anni fa dal faraone Snefru, padre di Cheope e quindi precedenti alle più famose piramidi di Giza.
Mentre la piramide romboidale colpisce per la forma insolita per via del cambio di inclinazione a metà della costruzione (forse dovuta alla constatazione che l’angolo iniziale era troppo ripido con il rischio di crollo della struttura), la piramide rossa impressiona per la forma armoniosa e perfetta ; inoltre è possibile accedervi percorrendo una lungo corridoio discendente fino alla camera sepolcrale: una esperienza alla Indiana Jones nonostante i numerosi turisti che vogliono provarla.
Con il rientro a Il Cairo il tour storico/paesaggistico di Azalai si è concluso ma il fatto di avere i voli di rientro nella serata del giorno successivo e di pernottare nelle vicinanza di Giza ci ha consentito le visite sia del GEM – Grand Egyptian Museum (che andrà sostituire il museo archeologico cittadino e che al momento è solo in parte allestito) sia delle Piramidi di Giza e della Sfinge: una degna conclusione di un viaggio andato ben oltre alle aspettative per quanto visitato e per la gradevolissima compagnia dei partecipanti e della competente guida locale .