Maurice luxuriant
Indipendente solamente dal 1968 dall’Inghilterra, l’isola è stata colonizzata a lungo anche dalla Francia. La popolazione è un’affascinante crogiolo di razze e religioni diverse e rappresenta un felice esempio di convivenza e tolleranza, una vera rarità di questi tempi. L’inglese è la lingua ufficiale, tuttavia i locali sembrano preferire il francese, visto che il dialetto creolo è poi l’idioma universalmente conosciuto e parlato dai mauriziani. Il turismo è una preziosa risorsa per l’economia di questo piccolo paese e gli stranieri sono sempre ben accolti, visto che ha permesso una diversificazione da quello che inizialmente era il principale introito del passato: la coltivazione della canna da zucchero. Abbiamo soggiornato al Resort Berjaya di Le Morne situato lungo la costa sud occidentale. La penisola di le Morne, ancora non eccessivamente sfruttata dal turismo di massa come la costa settentrionale, ha un scenografico promontorio quale sfondo alla spiaggia di sabbia bianca corallina. I mezzi pubblici non arrivano in questa zona e dunque si tratta di un area molto tranquilla e non affollata. Presto il resort sarà sottoposto nel mese di maggio ad una lunga ristrutturazione e forse rincareranno notevolmente anche i prezzi. Abbiamo preferito organizzare le escursioni per conto nostro tramite i taxi che stazionano di fronte all’albergo: le tariffe sono inferiori rispetto alle offerte dei tour operators anche se ormai sono fisse e consultabili alla reception. Il servizio è ottimo e consente di risparmiare oltre che di personalizzare le visite avendo più tempo a disposizione.
A breve distanza da le Morne c’è Chamarel, con le sue cascate omonime e le terre colorate. Con una escursione di mezza giornata si raggiungono anche altre località come il bel vedere sulle gole del Black river e il Grand Bassin, lago sacro per gli induisti mauriziani con i suoi piccoli templi sulle rive.
Immancabile la gita all’isola dei Cervi dove si trovano le più belle spiagge ma che occorre evitare durante i fine settimana a causa dell’eccessivo affollamento. Il numero di turisti comunque è sempre molto elevato. Nelle vicinanze, in fondo ad un piccolo fiordo, si gettano nel mare le cascate dell’est. Non abbiamo mancato di visitare la piccola capitale Port Louis. Interessante il mercato della carne e del pesce, ancora nella vecchia struttura coloniale con le cancellate in ferro battuto ottocentesche che conservano le insegne “VR” (Vittoria Regina). Nel resto della città si conservano vari edifici coloniali di origine francese ed inglese a cui varrebbe la pena di dedicare un po’ di tempo, tra cui il forte Adelaide da cui si gode un ampio panorama. Purtroppo era già chiuso il piccolo museo di Scienze Naturali dove si conserva la ricostruzione del Dodo, una specie di uccello endemica dell’isola estintasi a causa dei colonizzatori europei nel ‘600. Il Dodo infatti, grazie all’isolamento geografico e l’assenza di predatori, aveva perso l’attitudine al volo ed aveva raggiunto notevoli dimensioni. Oggi è divenuto un vero e proprio simbolo di Mauritius e la sua effigie è presente un po’ dappertutto: dalle magliette allo stesso visto di entrata ed uscita che le autorità stampano sui passaporti. Il Caudan Waterfront, in prossimità del porto, è poi un elegante centro commerciale che non ha nulla da invidiare a i suoi omologhi in Occidente. I souvenir sono piuttosto costosi ed in gran parte non prodotti sul posto ma importati dall’India. Tra l’artigianato caratteristico dell’isola, sono da considerare i modellini di navi e velieri d’epoca. L’abbigliamento contraffatto invece non mi ha per nulla entusiasmato.
Vicino alla capitale infine vale la pena di fare una tappa ai giardini botanici di Pamplemousses con le sue ninfee giganti dell’Amazzonia. Buon viaggio da Giuseppe & Gabriella