Maui in Nuova Zelanda e Tauono alle Cook

Atterrare ad Auckland il giorno di Natale è un po’ strano; ma, si fa. La città, attraversata in taxi è deserta. Il tassista ci dà dei consigli; ci siamo sposati un paio di giorni prima, glielo diciamo e non fa che ripeterci di parlare, sempre, insieme, di confrontarci, di non pensare mai che uno è superiore all’altro. Fa caldo e...
Scritto da: Gaia Marizza
Partenza il: 23/12/2005
Ritorno il: 16/01/2006
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 3500 €
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Atterrare ad Auckland il giorno di Natale è un po’ strano; ma, si fa. La città, attraversata in taxi è deserta. Il tassista ci dà dei consigli; ci siamo sposati un paio di giorni prima, glielo diciamo e non fa che ripeterci di parlare, sempre, insieme, di confrontarci, di non pensare mai che uno è superiore all’altro. Fa caldo e abbiamo ancora i giacconi invernali fuori dalle valige. Ma quei discorsi, nonostante il sonno, ci fanno bene. Decidiamo: andiamo a ispezionare questa nuova città, visto che ci staremo solo un paio di giorni.

Non è difficile accorgersi che un paio di giorni per Auckland sono più che sufficienti. La città è piccola; è una mini Sydney, per chi l’ha vista. Non ha l’Opera house, ma ha la Sky tower, che incombe un po’ ovunque, non ha Bondi beach, ma ha Devonport che puoi raggiungere con un traghetto e gironzolartela in bicicletta, ha come Sydney una piacevole passeggiata lungo il mare, con alcuni simpatici posti dove mangiare qualche cosa e catturare qualche raggio di sole. Siamo troppo stanchi per continuare a camminare il giorno di Natale, per cui, rimandiamo a domani. E il domani è stato una corsa in bicicletta, tra grattacieli più o meno alti, microscopici parchi, e qui il paragone con i giardini botanici della città australiana proprio non regge, in una città natalizia, vuota.

Il 27 di dicembre saliamo sul Maui. È un piccolo camper, tanto siamo in due; ricordate il furgoncino della famiglia Bredford? Ecco, quello. A dirla tutta scopriremo presto che non è il massimo per girare i due isolotti neozelandesi, dove il vento soffia forte. Decidiamo: abbiamo programmato poco prima della partenza, ma andiamo a Nord. Prima però perdiamo molto tempo alla ricerca della Scenic drive, che conduce a Piha beach, dove hanno girato “Lezioni di piano”, della Jane Champion. La lonley planet la segnala male; i locali non hanno mai sentito di questa scenic drive. Ci riproveremo al ritorno. Vogliamo vedere il mare: Pakiri beach è una spiaggia con uno spartano campeggio. Ma è bella, grande, e le onde sono altissime. Non ci si può avventurare in un bagno, ma si sta bene. Proseguiamo, sempre a Nord per Wangarei Tutukaka coast, arriviamo a Russel; piccoli paesi, ma è il 29 di dicembre quando arriviamo,nel primo pomeriggio, in un magnifico piccolo fiordo. È Omapere – Oponoi, è da lì che dobbiamo ridiscendere l’isola del Nord. La vista è mozzafiato, ma, non sappiamo che in serata, dopo chilometri e chilometri, tra l’altro anche sulla blindatissima Scenic drive arriviamo a Piha beach, che è un posto magico. Insomma, sai di quelli che ti restano nel cuore? Non c’è nulla, o quasi. Il paese non c’è, la spiaggia è piccola, ma paradisiaca per le alte onde, per i surfisti. Due giganti massi incombono sulla riva. Un piccolo campeggio accoglie per lo più locali in vacanze in questo sperduto posto. Ci sembra tutto incredibile, tutto magico. Ripartire la mattina è faticoso; cerchiamo di imprimerci tutto nella memoria. Per qualche giorno abbiamo cercato di vedere i posti più importanti del Nord: Rotorua, vulcanica, piccoli geiser, ma con un turismo che si sta sofraffollando, Napier, dicono che assomigli a Miami. Non so. E’ una città di mare, con edifici art decò abbastanza significativi. Siamo a Wellington; ci facciamo un giro ai giardini botanici per vederla dall’alto. Ma non ci piace. Ci piace invece il fatto che a breve traghetteremo per il Sud. Si arriva a Pitcon, e prendiamo per l’Abel Tasman National Park. La spiaggia di Marahau è imbiancata dai gabbiani; leggiamo al sole, ci piace. Il vento, come sempre è fortissimo; il sole del giorno prima, ora è acqua. Con le raffiche che imperversano tentiamo di andare a vedere le formazioni rocciose a forma di frittella di Punakaiki. Davide vede una persona in carrozzina che non ce la fa e così lo aiuta, lo spinge e queste rocce piatte le intravediamo solo, ma sembrano particolarissime, un po’ come le Giant’s causeway, in Irlanda, ma di altra forma. Arriviamo al campeggio di Greymouth, che è l’unico campeggio trovato sinora in riva al mare. Proprio quando i venti, la pioggia, il temporale, ti farebbero sperare di non essere proprio così vicini all’oceano. Il Maui traballa a più non posso; è tra i mezzi più piccoli. Ma è pronto l’indomani per avventurarsi tra i ghiacciai di Franz Josef e Fox Glacier, i ghiacciai sul mare. Arrivano a strapiombo e tu nemmeno ci credi, ma è vero, alle nostre spalle c’è sempre la costa frastagliatissima, ripidissima, fortissima. Facciamo una bellissima passeggiata al Lago Matheson; anche qui la foresta tropicale è fittissima. Su, al Nord, imperavano i kauri, qui centinaia di alberi, simili a palme, ma non solo. Per arrivare a Queenstown imbocchiamo la Crown Range Road, segnalata come strada bella ma difficile. In realtà tanto ardua non è; il Maui si comporta egregiamente ed è solo così che arriviamo dall’alto in quella che è la città più bella della Nuova Zelanda: Queenstown. Incastonata tra montagne, il lago, le colline, è vivacissima, turistica sì, ma non troppo, ti perdi tra il passeggiare tra le strade con delicati locali e guardare un panorama che cambia nelle ore del giorno. Il giorno successivo, ormai è già il 6 gennaio, siamo stanchi di percorrere chilometri. Rallentiamo, facciamo una gita con un vecchio battello a vapore sul lago, troviamo un posto che noleggia canoe, andiamo a Dunedin. Salite e discese, ma non ci piace moltissimo. Partiamo l’indomani e siamo a Oamaru. Ora, capita che talvolta ci si fermi in un posto per caso o per necessità. Noi ci siamo fermati per caso e per cercare di vedere una colonia di pinguini, che, verso sera, abbiamo visto. Ma a Oamaru è difficile fermarsi; molti incontrano i pinguini a Dunedin. Il fatto è che non solo abbiamo visto i pinguini, ma siamo stati in un posto fuori dal mondo. Entri a Oamaru e pensi sia uno dei soliti micro paesi neozelandesi, poi, ad un certo punto, non sai in che secolo sei. Edifici rinascimentali, pochi, ma ricchi, curatissimi, in un brevissimo tratto di lungo mare. I pochi abitanti suonano il piano sotto dei vecchi tetti, alcuni vendono squisite ciliegie, ed è bello perché riesci a chiederti: cosa ci faccio qui? Non hai risposte, ma sei contento d’esserci stato. Il Maui è stato con noi fino alla fine, a Christchurch, cittadina inglese, elegante. Ci ha accompagnato nelle avventure/disavventure, ci ha fatto prendere una multa, ci ha ospitato, ci ha fatto cucinare, mangiare, ma è il momento di riconsegnarlo alla compagnia di noleggio. Ah sì, il suo nome era facile e divertente da ricordare: CCQ 164. Voliamo: Rarotonga. È la prima, e la più grande delle isole Cook. Ma tutto è piccolo; il paese, il parlamento, la stazione di polizia dove Davide ha conseguito senza esami la patente per la guida dello scooter. Iniziano a piacerci le isole. Ma è solo quando arriviamo ad Aiutaki, che capiamo di più. Conosciamo Tauono, ci andiamo a cena. Tauono non è un ristorante, è un vecchio e pacato signore che accompagnato dalla gigantesca moglie austriaca ospita pochi turisti nel suo giardino, per cena. Il cibo è delizioso; la sera mi fa un the con un’erba del suo giardino. Ignoro cosa sia, ma, è chiaro, è buonissima. Bighelloniamo in spiagge bianchissime, girovaghiamo in gialle canoe, andiamo a nuotare accompagnati dal capitano Kimi, e la sera torniamo da Tauono. Siamo in Italia e quando abbiamo nostalgia pensiamo a Tauono e alle Cook, vorremmo essere ancora là.

Non sono riuscita a raccontare tutto, ma questo è quello che sento più forte dentro di me.



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